U n presupposto basilare su cui difficilmente gli esperti di letteratura nordcoreana sono in disaccordo è l’assenza quasi totale di originalità nelle opere di narrativa, che finiscono così per essere considerate semplicemente alla stregua di romanzi e racconti scritti per indottrinare il popolo, con una prosa noiosa e personaggi inconsistenti. Allo stesso tempo, studiose come Meredith Shaw, professoressa di Social Sciences all’Università di Tokyo, e Tatiana Gabroussenko, professoressa di North Korean Studies presso l’Università di Seoul, sostengono che, per chi è interessato ai cambiamenti e ai colpi di scena della propaganda nordcoreana e al modo in cui il popolo nordcoreano vede se stesso e guarda il mondo esterno, “un’attenta analisi può offrire una significativa visione delle credenze, delle speranze, dei sogni e delle ansie di un regime altrimenti molto chiuso”.
Bestseller
A differenza delle economie capitaliste, inoltre, in Corea del Nord i libri vengono stampati secondo un numero prestabilito di copie, ed è raro che vadano in ristampa se la domanda lo richiede. Per questi motivi, è molto difficile riconoscere la letteratura davvero popolare e apprezzata. Di tanto in tanto, il partito pubblica una lista di libri molto consigliati, ma si tratta perlopiù dei libri che edificano la Corea del Nord, come i racconti agiografici dei leader, le storie di battaglia contro i giapponesi durante il periodo coloniale o quelle durante la Guerra di Corea. Questi libri non rispecchiano davvero i gusti della popolazione, tanto che gli esperti si guardano bene dal considerare queste classifiche come attendibili.
A fronte dell’inesistenza di dati sulle vendite, per capire se ci si trova davanti a un bestseller, Immanuel Kim, un esperto di letteratura e cinema nordcoreani, ricorre a un metodo più grezzo. “Se è vecchio e ridotto a brandelli”, ha detto in un’intervista a LitHub, “allora è un bestseller. Se è immacolato, non lo è”. Una soluzione, comunque, da prendere cum grano salis. E da tarare sul fatto che per il regime i libri sono molto costosi da stampare, motivo per cui si preferisce sempre più spesso usare carta riciclata o cartone di bassa qualità, tanto da renderli facili da rovinare e frequentemente soggetti a strappi. A questo proposito, Paek Nam-nyong, uno degli scrittori nordcoreani più affermati, ha raccontato a Kim un aneddoto divertente: mentre viaggiava in autobus, aveva incontrato una donna con una copia molto vecchia e usurata di un suo libro sotto il braccio. Avvicinandosi, le aveva allora chiesto se avesse intenzione di scambiare la sua copia molto vecchia per una nuova di zecca. L’autore voleva un souvenir da tenere in ufficio in modo da poter dire: “Guarda, il mio romanzo è un bestseller”. Ma la donna, che non lo aveva riconosciuto, lo guardò come se si trattasse di un pazzo e scese dall’autobus alla fermata successiva.
Il libro che la donna portava sotto braccio era Friend (in Coreano: 벗), la storia di un divorzio tra un uomo e una donna, raccontata dalla prospettiva del giudice che si occupa del loro caso. Venne originariamente pubblicato in Corea del Nord nel 1988, ed è oggi considerato, come hanno confermato numerosi dissidenti, uno dei libri più famosi in Corea del Nord, da cui sono stati tratti successivamente film e serie tv. A maggio di quest’anno, dopo essere stato tradotto in Corea del Sud nel 1992, e in Francia nel 2011, è stato pubblicato anche dalla Columbia University Press, tradotto proprio da Immanuel Kim. Si tratta della prima traduzione in lingua inglese di un romanzo approvato dal regime, rendendolo di fatto il primo libro nordcoreano a raggiungere un’audience potenzialmente globale.
Quasi tutta la letteratura nordcoreana in lingua inglese, e quindi conosciuta in occidente, è quella scritta da dissidenti o disertori. Ciò che rende Friend interessante, invece, è che si tratta di un romanzo scritto da un autore nordcoreano, che vive tuttora in Corea del Nord ed è in ottimi rapporti con il regime, capace di offrire quindi una prospettiva su cosa sia la letteratura nordcoreana letta dai nordcoreani.Gli scorci di vita reale e quotidiana che si intravedono leggendo Friend sono molti, e lontani dagli stereotipi dei razzi nucleari, le parate militari e le infondate storie su una popolazione costretta a mangiare cani per combattere l’indigenza. Tra le tematiche che il libro affronta con più forza, oltre ai conflitti domestici e l’educazione dei figli, vi è la forte ambizione femminile delle protagoniste: donne in carriera che ribaltano gli standard di genere. Secondo il traduttore Immanuel Kim, non si tratta di un caso isolato. In molti romanzi di quegli anni emerge la forza delle donne e gli sforzi di combattere il patriarcato, in un modo anche più progressivo della vicina Corea del Sud, la cui società è ancora oggi molto sessista.
Stando a quanto mi ha raccontato Kim, a dispetto di ciò che si pensa comunemente, secondo lui gli scrittori nordcoreani sono più che capaci di scrivere belle storie. “Ma le opere che vengono pubblicate oggi”, dice, “sono il risultato di una lunga tradizione di narrazioni indesiderate, di editing ridicoli e di propaganda politica. Se si lasciassero gli scrittori liberi di scrivere quello che vogliono, so (anzi, ne sono certo) che potrebbero produrre opere che ci lascerebbero senza fiato”. A sostegno di ciò, Kim adduce anche il fatto che gli scrittori nordcoreani gli abbiano detto di essere stati esposti alla letteratura prodotta fuori dalla Corea. “Il Paese non è del tutto blindato. E quindi hanno tonnellate di idee su cosa scrivere, ma non possono a causa del sistema in vigore al momento”. Paek Nam-nyong, ad esempio, gli ha raccontato di essere stato molto influenzato, oltre che dai classici coreani ovviamente, dalle storie di Pushkin e Chekov, da Tolstoy e Dostoyevsky, da Stendhal, Dumas, Maupassant, Bronte, Victor Hugo, e anche da Hemingway, Steinbeck, Melville.
Quasi tutta la letteratura nordcoreana in lingua inglese, e quindi conosciuta in occidente, è quella scritta da dissidenti o disertori.
L’autore rimase orfano di entrambi i genitori quando era ancora un bambino: suo padre fu ucciso durante la Guerra di Corea da una bomba americana; e sua madre, un’operaia in una fabbrica di legno, lo introdusse alle favole coreane e di Esopo, morendo di una malattia terminale quando aveva undici anni. Una volta diplomato, Paek ha lavorato per dieci anni in un’acciaieria, continuando a coltivare la sua passione per la letteratura, leggendo o scrivendo racconti nei momenti di stacco dal lavoro. Dopo essere riuscito a pubblicarne uno su una rivista, decise di iscriversi alla facoltà di letteratura presso l’Università Kim Il Sung, seguendo i corsi da pendolare per non lasciare il lavoro in fabbrica. E quando ottenne la laurea, Paek entrò a far parte dell’Unità di Produzione Letteraria 15 Aprile.
L’Unità di Produzione Letteraria 15 Aprile (Il Giorno del Sole) prende il nome dall’anniversario di nascita di Kim Il Sung, nonno di Kim Jong Un, riconosciuto come il “Grande Leader” e immortalato nella Costituzione nordcoreana come “Presidente eterno”. Si tratta della sezione più elitaria (quella che si dedica alla scrittura dei racconti agiografici dei tre leader nordcoreani) all’interno del Sindacato Coreano degli Scrittori, ovvero l’organizzazione del Partito dei Lavoratori responsabile dell’intera produzione letteraria nordcoreana Questo è uno dei motivi che rendono la letteratura nordcoreana unica nel mondo: è interamente prodotta, controllata e finanziata secondo le prerogative dello Stato e del Partito al potere, che supervisiona tutti gli aspetti della produzione culturale, andando oltre quindi all’estrema censura praticata durante il regime stalinista in URSS o presente ancora oggi in paesi autocratici come l’Iran e l’Arabia Saudita.
Realismo socialista
Come ha raccontato Tatiana Gabroussenko nella sua antologia, considerata fondamentale per comprendere l’evoluzione della letteratura in Corea del Nord, subito dopo la divisione della penisola coreana e l’ascesa al potere di Kim Il Sung, si era iniziato a riferirsi agli scrittori come “i soldati del fronte culturale” (per Stalin era: “ingegneri dell’animo umano”), da cui ben si capisce il ruolo a loro affidato dal nascente regime comunista. Nel contesto creatosi durante la Guerra Fredda, con i sovietici che si riferivano ai nordcoreani come i loro “fratelli minori comunisti”, la letteratura cominciò a svilupparsi seguendo le logiche del “realismo socialista”, un genere sulla cui definizione i dibattiti teorici non sono riusciti a fornire risposte univoche. Il termine venne introdotto originariamente da Lenin in un articolo del 1905, riferendosi a una letteratura “che non può essere frutto di un impegno individuale, ma parte di una causa comune del proletariato: un ingranaggio e una vite di un unico grande meccanismo socialdemocratico, messo in moto da tutta l’avanguardia operaia politicamente consapevole”.
Ma in Corea, così come il marxismo-leninismo declinato in ottica nazionalista ha dato vita alla Juche, l’ideologia ufficiale della RDPC (da intendere come “autosufficienza”); così anche il “realismo socialista”, unito al patriottismo, ha preso le sembianze di un’ideologia culturale “socialista nei contenuti, nazionalista nella forma”. La totale messa al bando delle idee personali degli scrittori, considerate come una forma di “individualismo” e perciò da scongiurare dapprima con l’autocensura e poi con il controllo dell’Apparato di Propaganda, è stata confermata anche da Kim Ju-sŏng, un dissidente nordcoreano che, dopo aver tentato per anni di farsi spazio nella difficile trafila del Sindacato Coreano degli Scrittori, è riuscito a pubblicare, fuggendo in Giappone, The Frog that Couldn’t Jump: The Reality of North Korea’s Brainwashing Literature.
Tra gli anni cinquanta e sessanta, comunque, la letteratura coreana riuscì perfino a travalicare i confini domestici per essere studiata all’estero. Per decenni, infatti, i funzionari di partito dell’Unione Sovietica cercarono di proteggere la popolazione “dall’influenza demoralizzante della cultura di massa americana di stampo capitalista”. Così, per controbilanciare la musica occidentale e i film di Hollywood, ararono il terreno per la fioritura di uno spazio culturale comunista, importando film, musica e libri da paesi ideologicamente più vicini o neutrali. Ma se i bambini sovietici andavano pazzi per le favole tradizionali Cinesi, e i drammi di Bollywood riscuotevano grande successo tra le casalinghe, non si può dire lo stesso per i romanzi nordcoreani, che, come ha scritto Gabroussenko in un articolo per NK News, annoiavano perfino i traduttori che dovevano recensirli a causa dei toni eccessivamente melodrammatici, il linguaggio povero e burocratico, e “gli strani contenuti”.
Inversamente, in quei decenni i Coreani iniziarono a essere sottoposti alle forti influenze della letteratura sovietica, con le traduzioni di libri russi che crebbero vertiginosamente. Capitava persino che gruppi di autori russi venissero mandati in visita in Corea a dare qualche dritta, cercando di convincere loro a scrivere non solo a proposito del Partito e di Kim Il Sung, ma anche di amore e cambiamenti. Un canale che con gli anni si fece sempre più bidirezionale, facendo nascere in Corea del Nord una vera e propria corrente letteraria di diari di viaggio in Unione Sovietica. Questi, anche se presentati come “documentaristici”, avevano in realtà l’intento di essere scritti a scopo meramente propagandistico, e con un format abbastanza ripetitivo in cui i sovietici venivano descritti sempre come persone molto accoglienti e cortesi.
Tra le tematiche affrontate dalla letteratura di regime c’è la forte ambizione femminile delle protagoniste: donne in carriera che ribaltano gli standard di genere.
Yi T’ae-jun, ad esempio, che visitò l’URSS nel 1946, un anno di grande carenza di cibo nell’URSS del dopoguerra, scrisse: “Tutto era gratis! Negli ultimi dieci giorni abbiamo dimenticato come si usa il denaro!” In Splende il sole del comunismo di Yi Ki-yŏng, quando l’autore arriva in URSS,si può leggere:
Il sole del Comunismo splende sopra l’umanità. Chi odia il sole? Solamente quegli insetti odiosi che passano la loro vita nel buio totale come le mosche, i pidocchi, o le sanguisughe. I Capitalisti odiano il Comunismo poiché sono in realtà proprio come quegli insetti cattivi. Vogliono vivere nell’oscurità e succhiare il sangue dei lavoratori… Non ci sono popoli che odiano il Comunismo! Solamente i capitalisti e i loro accoliti possono odiare il sole del Comunismo.
Yi T’ae-jun e Yi Ki-yŏng ricoprono, secondo Gabroussenko, due ruoli speciali, e tra di loro opposti, per comprendere l’evoluzione della letteratura in Corea del Nord. Se il secondo viene ancora oggi osannato come un “eroe inflessibile della letteratura proletaria”, “voce della lotte di classe rivoluzionaria”, e “pilastro del realismo socialista nordcoreano”; Yi T’ae-jun è relegato a una posizione antitetica. Prima della divisione della penisola coreana, Yi T’ae-jun era un aperto oppositore della Korean Proletarian Art Federation, l’organizzazione di estrema sinistra fondata nel 1925 come versione coreana della RAPW (Russian Association of Proletarian Writers). Secondo lui, infatti, l’arte doveva restare pura e apolitica.
Per questi motivo gli studiosi non sono riusciti a fornire risposte al perché, dopo la liberazione dalla dominazione giapponese, scelse di trasferirsi nel nord comunista, dove l’arte era imbavagliata e ostacolata dalle direttive del Partito. L’argomentazione più quotata è quella che fa risalire il suo trasferimento, prima di ogni altra cosa, a un errore di valutazione: fomentato dalla speranza di trovare nella RDPC un mondo ideale, Yi T’ae-jun è rimasto vittima delle sue illusioni. In una sua opera intitolata La maledizione del matrimonio, ad esempio, riflette: Non ci sono barriere nel cammino degli occidentali. Quando fa freddo, usano stufe a vapore. Quando fa caldo, usano ventilatori. Di notte si divertono a guardare le belle stelle e a sdraiarsi in comodi letti. La mattina, hanno il prosciutto o le salsicce che li aspettano, preparati per loro a molti chilometri di distanza, a New York o a Parigi. Ovunque vadano, non c’è posto al mondo in cui debbano affrontare umiliazioni personali o nazionali. Quando i loro figli nascono, le scuole e i luoghi di lavoro sono pronti per loro. Dio non ha diffuso le sue benedizioni in modo uniforme. Quali benedizioni ha il popolo coreano?
In questo passaggio, l’autore sta esprimendo critiche sulla perdita di orgoglio nazionale e personale della Corea, minacciata dalle pressioni del colonialismo. Ma è significativo che “l’idea di benedizione”, scrive Gabroussenko, “è associata non all’età dell’oro della Corea, ma piuttosto a stufe a vapore, letti comodi, e gustose salsicce”, elementi che, all’interno della storia, sono prodotti proprio dalla società capitalista che sta invadendo il paese. Al termine della Guerra di Corea, quando l’armistizio tracciò una linea di demarcazione sul 38° parallelo, spiega l’autrice, i critici letterari iniziarono a ricoprire praticamente il ruolo di giustizieri politici, incaricati di scovare e accusare chi, deviando dalla linea realista socialista del Partito, cedeva alle lusinghe dell’ideologia borghese. Come da copione, Yi T’ae-jun fu tra gli intellettuali perseguitati durante le purghe politiche di quegli anni.
La letteratura nordcoreana diventò col tempo sempre più propagandistica e intransigente. Anche quando, dopo la morte di Stalin e le denunce di Chruščëv, i rapporti con Mosca iniziarono a deteriorarsi, l’intera idea di cultura rimase ben piantata sulle fondamenta erette sotto l’influenza stalinista. A chi si chiede, giustamente, perché, anche durante lo stalinismo, la letteratura nordcoreana ha imboccato una strada così settaria rispetto a quella battuta dall’URSS, Gabroussenko risponde ipotizzando che, oltre alle considerazioni politiche, potrebbero esserci stati alla base motivi personali: Stalin, da giovane, era un poeta promettente, amava la letteratura e l’arte di alta qualità. Kim Il Sung, invece, non mostrò mai alcun interesse personale per la letteratura.
Vite dei leader
Nonostante l’omogeneità stilistica, comunque, la letteratura nordcoreana può rivelarsi uno dei migliori mezzi in grado di fornire una prospettiva degli obiettivi del Partito, senza il filtro ideologico con cui i media occidentali o sudcoreani tendono a interpretare la RDPC, e senza i naturali difetti delle informazioni frammentarie di seconda e terza mano. In merito a questo, è da menzionare il grande lavoro svolto dalla Dottoressa Meredith Shaw, grazie a una borsa di ricerca Fulbright per studiare le politiche culturali nelle due Corea, poi sfociato nel blog North Korean Literature in English. Da decenni, le opere di narrativa vengono pubblicate in una delle delle poche riviste letterarie esistenti, il mensile Chosŏn Munhak (Letteratura Coreana). E all’interno del blog, Shaw traduce e analizza, sia linguisticamente che politicamente, stralci di racconti e romanzi pubblicati nei numeri del Chosŏn Munhak con cui è riuscita a entrare in contatto, contrabbandati sul confine con il nord est della Cina e poi spediti in Corea del Sud.
Gran parte delle storie, come si è già detto, ruotano attorno alla vita dei leader nordcoreani per edificare il mito della famiglia Kim. Quelle del leader Kim Il Sung, raccolte all’interno della serie “Immortal History”, raccontano la vita del Presidente Eterno dall’inizio dei suoi giorni di guerriglia, alla fondazione del paese, la guerra, la ricostruzione fino agli ultimi anni. A suo figlio Kim Jong Il è invece dedicata la serie “Immortal Leadership”. Queste storie drammatizzano all’eccesso la vita dei leader, con personaggi che incarnano i valori socialisti, e in cui vengono espresse preoccupazioni per il contesto geopolitico. Capita spesso, inoltre, che presidenti e first lady statunitensi facciano le loro apparizioni in queste storie.
La letteratura può fornire una prospettiva degli obiettivi del Partito, senza il filtro ideologico con cui i media occidentali o sudcoreani tendono a interpretarli.
In Incanto (매혹), ad esempio, un racconto apparso sul Chosŏn Munhak nel 1998, viene fatta una ricostruzione fittizia dell’incontro avvenuto nel 1994 a Pyongyang tra l’ex Presidente Jimmy Carter e Kim Il Sung. Nel 1994, i due Paesi erano ai ferri corti a causa dei programmi nucleari portati avanti dalla Corea del Nord. Carter fu il primo ex presidente americano (nel 1994 il Presidente era Bill Clinton) a mettere piede in Corea del Nord. Ma in Incanto ricopre un ruolo marginale perché è narrato interamente dal punto di vista di sua moglie Rosalynn che, arrivata a Pyongyang con il marito, alla vista di Kim Il Sung, si innamora perdutamente.
Mentre i Carter sospettano continuamente che il leader nordcoreano stia per tendergli qualche trappola, Kim si dimostra invece amichevole e fiducioso. Per gran parte del testo, viene descritto il bagliore delle sue guance, il sorriso caldo e il timbro della sua voce. In uno scambio tra Kim e Rosalynn Carter, si legge: Mentre il Leader dirigeva il suo caldo sguardo verso Rosalynn, lei sorrideva vivacemente e diceva che avrebbe voluto portarlo nella città di Pocatello, nell’Idaho, nel nord-ovest americano. Conosciuta come la “Città del Sorriso”, ha emanato una legge che stabilisce che “tutti i cittadini devono portare il sorriso sul viso”, e ogni anno ospita un grande Festival del Sorriso. (…) Leader, fino ad ora credevo che mio marito Jimmy avesse il sorriso più brillante e accattivante… Ma il suo sorriso (rivolgendosi a Kim Jong Il) è davvero come il sole. Se andasse in quella città, sicuramente tutti i cittadini accoglierebbero con entusiasmo il suo sorriso. E sicuramente vincerebbe il primo premio.
Un altro passaggio interessante, invece, è quello in cui Kim Il Sung e Carter iniziano a discutere di salmoni per parlare in realtà delle divergenze ideologiche dei loro due Paesi. A un certo punto, Carter ammette di voler portare Kim a pescare salmoni in Alaska. Kim scherza sul fatto che probabilmente Carter venderebbe tutto il salmone che ha pescato ad alcuni eschimesi e se ne andrebbe con il bottino.
“Come potrei fare una cosa del genere? Leader, la prego di credermi!”, Carter sbuffava indignato.
“Stavo solo scherzando. Io ti credo. Tuttavia, non venderei mai un solo salmone che ho pescato. Piuttosto, li donerei tutti al mio popolo. Come potrei andare a pescare nel remoto Artico e tornare a mani vuote? Il momento più felice per me sarebbe quello di guardare la mia gente gustare una deliziosa zuppa di pesce calda e fumante”.
La crisi nucleare del 1993-1994 fa da sfondo anche a un altro romanzo, Ryŏksa ui Taeha, scritto da Chŏng Ki Jong. Nei primi capitoli, i Clinton stanno preparando le valigie e l’aereo privato per passare un weekend a Camp David. Dati i costanti impegni, la first lady Hillary Clinton appare impaziente di partire e vorrebbe che anche suo marito riuscisse a concedersi un giorno di libertà dalla politica. Ma dopo poche pagine, irrompe sulla scena un consigliere del Presidente ad annunciargli l’imminente crisi nucleare. Nella storia, Hillary Clinton viene descritta in termini perlopiù positivi, come una consigliera saggia e creativa, dallo spiccato senso politico. A differenza di suo marito Bill che appare invece fragile e insicuro, e finisce per rannicchiarsi terrorizzato sotto le coperte durante la crisi nucleare.
Da qualche anno, comunque, il vero protagonista su cui si sono incentrare le storie è Kim Jong Un. Siccome il giovane Kim, prima di essere designato ufficialmente come erede nel 2010, era praticamente sconosciuto alla popolazione nordcoreana (una popolazione abituata a memorizzare come un rito i racconti dei leader), il regime ha dovuto da subito affrettarsi a costruire una leggenda personale degna dei suoi predecessori. In Cielo, terra e mare, ad esempio, il racconto sovrappone Kim Jong Un ad eventi con cui in realtà ebbe poco a che fare (una procedura comune che Shaw definisce “costruzione retroattiva di curriculum”), come il lancio di prova di un missile nel 2009, descritto come un successo ma che in realtà fu un fiasco.
Con lui, inoltre, si è registrato un notevole cambiamento tematico, e le storie hanno iniziato ad affrontare temi come la giovinezza, la creatività e l’innovazione, ma anche l’ambientalismo e lo sport. Ci sono storie in cui, in linea con il suo operato, visita strutture come parchi acquatici e lunapark, e altre in cui si promuove il nuovo Zoo di Pyongyang come un “luogo magico e divertente dove trascorrere un pomeriggio – un posto dove, se siete fortunati, potreste anche incontrare Kim Jong Un!” Da quando è salito al potere, Kim Jong Un ha puntato molto al finanziamento di strutture di divertimento in stile occidentali come parchi acquatici e lunapark. Anche l’interessante canale YouTube nordcoreano “Echo of Truth”, che fa propaganda verso l’esterno tentando di raccontare momenti di vita quotidiana in Corea del Nord, dedica una puntata alla vita notturna dei cittadini di Pyongyang proprio al parco dei divertimenti di Kaeson.
Stando a quanto mi ha raccontato Meredith Shaw, un’altra particolarità consiste nel fatto che “Kim Jong Un è ritratto quasi esattamente come suo padre e suo nonno, come se fossero la stessa persona”. Vengono usate persino forme di linguaggio coreano che di solito sono associate ad anziani o ad insegnanti venerati, ma che suonano molto strane per un coreano se pronunciate da un giovane di vent’anni o trent’anni. È raffigurato con lo stesso senso dell’umorismo, l’atteggiamento gregario e la saggezza sagace di suo padre e suo nonno. “Ho intervistato un disertore del sindacato degli scrittori coreani che ha detto che quando Kim Jong Il è subentrato negli anni Novanta, c’era una direttiva specifica per trattare il leader ‘come se Kim Il Sung e Kim Jong Il fossero la stessa persona’, quindi penso che una politica simile sia stata messa in atto con Kim Jong Un.”
Il pubblico
Secondo Shaw, comunque, è tuttavia molto difficile risalire a un’idea precisa su come e chi legga questo tipo di letteratura in Corea del Nord. Secondo le interviste che ha condotto con i disertori che ha conosciuto, alcuni affermavano di conoscere bene il Chosŏn Munhak e che quasi tutta la popolazione sappia di cosa si tratta. Ma altri, provenienti probabilmente da ambienti più poveri, non avevano mai sentito parlare di Chosŏn Munhak o letto un romanzo nordcoreano, e rimanevano stupiti quando lei mostrava loro storie scritte in Corea del Nord.
Capita spesso che presidenti e first lady statunitensi facciano le loro apparizioni nelle opere che romanzano le vite della famiglia Kim.
Nel suo libro The Frog that Couldn’t Jump, Kim Ju-sŏng scrive invece che il Chosŏn Munhak è distribuito solo all’interno del Partito dei Lavoratori ed è inaccessibile ai cittadini comuni. Al grande pubblico, piuttosto, è distribuito il Chŏngnyŏn Munhak, che ha un unico obiettivo: mobilitare le masse. Kim scrive: “Ci sono solo due tipi di pubblicazioni nordcoreane: per lo studio e per l’agitazione/propaganda. Non esiste il concetto di intrattenimento”.
Secondo la Dottoressa Lim Soon-hee, che ha guidato Shaw nel suo progetto, e che ha scritto numerosi libri sulla letteratura e la cultura nordcoreana, per leggere il Chosŏn Munhak in Corea del Nord, bisogna ottenere un pass speciale per andare in una biblioteca, ma la maggior parte dei nordcoreani, anche se ottiene il pass, non ha molto tempo libero da dedicare alla lettura. Un opinione su cui Gabroussenko, invece, è in disaccordo: in linea con quanto propagandato dal Partito, “i nordcoreani”, ha detto, “presentano con orgoglio la Corea del Nord come ‘un paese di lettura’, in cui passare del tempo con un libro è un passatempo popolare, ed è più facile vedere una persona con un libro che una persona con una sigaretta”.
Nonostante il rigido controllo, non è dato sapere se esista in Corea del Nord anche una qualche forma di letteratura sotterranea che sfugge alle maglie della censura. Qualche anno fa, ad esempio, aveva fatto molto discutere una raccolta di racconti molto critici nei confronti del regime, scritta in Corea del Nord ma che non aveva mai visto la luce all’interno del paese, firmata con lo pseudonimo di Bandi. L’autore, che ancora vive e lavora sotto il regime nordcoreano, è un membro del Sindacato Coreano degli Scrittori. A lungo aveva ragionato sulla possibilità di fuggire, ma l’amore per la famiglia lo ha sempre fatto desistere. Un giorno, tuttavia, ricevette una visita da una sua parente che stava pianificando la fuga, e fu lì che decise di cogliere l’opportunità per far conoscere il suo lavoro al mondo. Il manoscritto venne nascosto e chiuso a sandwich tra due libri di propaganda. Dopo un tribolato percorso editoriale, Mr. Do, un attivista per i diritti umani dei profughi nordcoreani, è riuscito a far pubblicare il libro con il titolo The Accusation: Forbidden Stories From Inside North Korea (in Italia è stato pubblicato da Rizzoli), diventando poi un caso internazionale.
Il libro si apre con una poesia presente nel manoscritto originale, e che sembra un naturale contraltare all’invettiva di Yi Ki-yŏng nel suo diario di viaggio in URSS:
Quel vecchio Europeo con la sua barba folta
Sosteneva che il capitalismo è un regno nero come la pece
Mentre il comunismo è un mondo di luce.
Io, Bandi, di questo cosiddetto mondo di luce,
Destinato a brillare solo in un mondo di tenebre,
Denuncio davanti a tutto il mondo
Che quella luce è in verità oscurità insondabile,
Nero come una notte senza luna alla fine dell’anno.