N el 1955 il quattordicenne Emmett Till lasciava la sua casa di Chicago per andare a far visita ai parenti in Mississippi. Sarebbe tornato alcune settimane dopo, cadavere: ucciso nel modo più barbaro perché, così avrebbero sostenuto i suoi carnefici, aveva fischiato a una donna bianca. La madre di Emmett, Mamie, decise di lasciare la bara aperta perché tutto il mondo vedesse che cosa era stato fatto a suo figlio, e la vicenda – come pure il processo che ne seguì – trovò spazio su tutti i giornali, a livello nazionale, facendo di Emmett Till e della sua morte un’icona della stagione dei diritti civili. Se la storia di Emmett è ben nota, c’è però un lato oscuro nel passato della sua famiglia, che viene menzionato solo di rado. Dieci anni prima, nel 1945, il padre di Emmett, Louis Till, era stato condannato a morte da una corte marziale per stupro e omicidio, e infine impiccato. Il libro Scrivere per salvare una vita di John Edgar Wideman ripercorre la sua storia.
Livorno, in Italia, da noi nota anche come Leghorn, è il luogo in cui si è riunita la corte marziale contro Louis Till, dicono i documenti che alla fine, molto alla fine mi arrivano, dopo che ho messo per iscritto la richiesta al governo. Il dossier su Louis Till speditomi per posta dichiara inoltre che le esecuzioni di Till e del suo coimputato, Fred A. McMurray, sono avvenute ad Aversa, sempre in Italia, vicino Napoli. Sono stato ben lieto di ricevere queste informazioni, anche se portavano solo a ulteriori domande. Stando ai certificati di morte dei soldati semplici Till e McMurray, i due uomini furono impiccati lo stesso giorno, il 2 luglio 1945. Nel fascicolo, pur corposo, appare poco altro sulle esecuzioni di Aversa. Till e McMurray sono stati impiccati nello stesso momento, ciascuno cadendo in una botola diversa, alla fine dello stesso conto alla rovescia, 3… 2… 1? Chi ha contato? Un solo conto alla rovescia o due? Un unico patibolo doppio, o due patiboli, separati e identici? Ai condannati è stata concessa un’ultima occasione per parlare? E l’uno o l’altro hanno approfittato di quell’opportunità? Chi ha assistito al rito? L’esercito americano ha invitato la cittadinanza locale e i funzionari del luogo, come talvolta si usava fare per le esecuzioni dei soldati americani nella Francia occupata? In Bretagna, per esempio, il luogo dove si è tenuta l’esecuzione pubblica di un soldato di colore è ricordata nella lingua bretone come park an hini du, il campo dell’uomo di colore.
A chi fu chiesto di verificare che non ci fossero pulsazioni nei corpi morti di Till e McMurray, a un vero dottore o a uno studente di medicina addestrato dall’esercito? Pioveva quel giorno o c’era il sole? I condannati sono andati incontro al loro destino con determinazione o hanno vacillato? Quali pensieri passavano nelle loro menti sui gradini che li portavano alla forca? E quanti gradini erano? Gradini di legno? Scalette mobili? Furono scattate foto ai prigionieri quando erano in vita, o dopo la loro morte? E in quale archivio si trovano, se esistono ancora? Molto tempo dopo avrei trovato in un libro, The Fight Field, alcune fotografie che pare documentassero le impiccagioni di Till e McMurray. Sono autentiche, quelle foto? Uno dei due volti che si vedono in quelle istantanee sfocate è davvero la faccia di Louis Till?
Una copia del Rapporto sulle vittime di guerra (20 luglio 1945) appare in una delle prime pagine del dossier Till, e ne registra la morte. Le parole “in Italia” sono dattilografate in caratteri sghembi nella casella dedicata al Luogo del decesso. Un asterisco occupa la casella dove andrebbe registrato il Motivo del decesso. In fondo alla stessa pagina, appena sotto il margine del rapporto sulla sua morte, una nota, cui rimanda l’asterisco sopra, con-tiene la frase:“condannato a morte per impiccagione” e “solda-to morto non in azione a causa della sua cattiva condotta”. Mrs. Till affermò in diverse occasioni che solo la seconda frase era presente nel telegramma del 13 luglio 1945, inviatole per informarla della morte di suo marito.
Viste le tante aporie nella relazione ufficiale, siano esse volontarie o inevitabili, contestate, superficiali o premeditate, come potrebbe anche il ricercatore più diligente sperare di ricostruire con la dovuta accuratezza una doppia impiccagione ad Aversa, in Italia, a più di mezzo secolo dallo svolgimento dei fatti?
Alcuni di noi non sono affatto soddisfatti di fronte alla prospettiva di rimanere per sempre avvolti nell’oscurità. Un’oscurità profonda e inquietante al pari di quella in cui molti soldati di colore giacciono sepolti.
Finché c’è vita, c’è speranza, diceva sempre mia madre, anche se poi mio padre, quando era nei paraggi, finiva per commentare: E per ogni albero, una corda avanza, una risposta che avrebbe irritato mia madre ancora di più se avesse saputo (ed effettivamente con ogni probabilità lo sapeva) che era la battuta finale di una barzelletta che ridicolizzava un negro del Sud, ahahah, ossessionato dall’idea di rimediare un assaggio di passera bianca, ahah, prima di morire.
Finché c’è vita, c’è speranza.
Louis Till ha mai rimediato un assaggio di pollo Livorno? Alcuni storici sostengono che la città di Livorno abbia preso il nome dai polli che i suoi primi colonizzatori trovarono sul posto quando arrivarono a erigere una cittadella fortificata durante il Medioevo. Altri affermano che i galli Livorno – una razza piccola e inadatta all’allevamento al chiuso, nota per l’elevata produzione di uova – prendono il nome dalla città dove furono allevati per la prima volta. Per quanto la città di Livorno, affacciata sul mar Ligure nell’Italia nordoccidentale, e non lontana da Genova, abbia giocato un ruolo importante nella sua breve vita (ventitré anni), si può supporre con una certa sicurezza che Louis Till non si fosse minimamente posto il problema se i polli o la città avessero ricevuto per primi il nome di Livorno. Ma avrà mai assaggiato quel pollo locale? Louis Till probabilmente conosceva il pollo nello stesso senso in cui lo conosceva Charlie Parker (noto anche come Bird per la sua passione per questi uccelli), ma, indipendentemente da quanto Louis Till pensasse dei galli Livorno o della città dallo stesso nome, tali pensieri sono ormai perduti nel silenzio che mi sono trovato di fronte quando ho cercato la sua voce nei documenti contenuti nel dossier.
Malcolm (noto anche come Malcolm X), il cui cognome è Little, proprio come quello del famoso uccello paranoico Chicken Little, non era letteralmente presente nel corso del processo e dell’esecuzione di Louis Till, eppure informò il mondo con parole inequivocabili sul motivo per cui i proverbiali polli, che come le maledizioni tornano sempre indietro, nel loro viaggio verso l’America, si sarebbero fermati a Livorno per esprimere chiocciando la loro disapprovazione verso la farsesca condanna della corte marziale e l’impiccagione dei soldati semplici di colore Louis Till e Fred A. McMurray. Louis Till, mio padre e moltissimi altri veterani della seconda guerra mondiale, fossero o meno di colore, ormai non ci sono più, e l’umanità non è più vicina a risolvere i problemi generati dal dilemma della razza di quanto tutti noi lo siamo a capire se siano nate prima le galline Livorno o le loro uova. Cerco di sorridere e annuire con aria rassicurante mentre giuro a Louis Till, Mamie Till, mio padre, i miei fratelli e mia sorella, mia madre, Emmett Till, Malcolm, Martin, Mandela e tutti gli altri che alcuni di noi non sono affatto soddisfatti di fronte alla prospettiva di rimanere per sempre avvolti nell’oscurità. Un’oscurità profonda e inquietante al pari di quella in cui molti soldati di colore, giustiziati così come Till e McMurray e James Hendricks, giacciono sepolti.
Un estratto da Scrivere per salvare una vita. La storia di Louis Till di John Edgar Wideman, traduzione di Dora Di Marco (minimum fax, 2021).