b ell hooks scriveva Feminism is for everybody: passionate politics nel 2000. In Italia è stato pubblicato nel 2021, per edizioni Tamu, con la traduzione di Maria Nadotti, poco prima che la pensatrice e scrittrice statunitense morisse. Nell’introduzione bell hooks precisa che il testo è destinato in primo luogo agli uomini: “più e più volte gli uomini mi dicono che non hanno idea di cosa vogliano le femministe […] È per questi uomini, giovani e anziani, e per tutte noi, che ho scritto questo libro”. Leggendolo spesso ci si ritrova a desiderare ardentemente che a studiarlo fossero tutte, femministe comprese, perché il pensiero di bell hooks si fonda su una concezione politica radicale, da cui deriva un importante avvertimento: “rappresentando il femminismo come uno stile di vita o un bene di consumo si oscura automaticamente l’importanza della politica femminista”.
La scrittura di bell hooks è molto chiara, nel corso di tutto questo compendio, suddiviso in capitoli, dedicati ognuno a un aspetto fondamentale della vita privata e sociale. Il suo approccio è didattico: in prima istanza, definisce il femminismo come una lotta al sessismo e al classismo, una costante attenzione su dinamiche di dominio, che non possono mai essere tollerate, che a innescarle siano discriminazioni di genere, di razza o di classe. Per questo bell hooks chiarisce fin dalle prime pagine, ribadendolo poi nel corso del testo, che il femminismo è una teoria e una pratica politica: “tutto ciò che facciamo nella vita si fonda sulla teoria”. Questo assioma la conduce da una parte a chiedersi se lo sviluppo dei women’s studies negli stati Uniti non abbia comportato una sorta di isolamento: “ha influito negativamente sull’opera di ampliamento di un vasto pubblico nel movimento femminista”. Dall’altra, le permette di ribadire l’importanza del pensiero femminista, come ineludibile fondamento della politica.
Il passaggio dalla teoria alla pratica politica si sostanzia poi nella relazione tra donne. bell hooks sottolinea come nei gruppi di autocoscienza e poi nei collettivi più in generale, a confrontarsi, a discutere, a ideare o a confidarsi fossero donne di estrazione sociale molto diversa. A essere maggiormente visibili, a trovare spazio nei media e a fare carriera, però, erano le bianche e borghesi, tanto che a un certo punto: “sempre più donne hanno cominciato a dirsi ‘femministe’ o a usare la retorica della discriminazione di genere per modificare il proprio status economico”. Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che questo travestimento ha conseguenze devastanti sul perpetuarsi del sistema patriarcale. Senza la pratica della relazione fra donne,
in cui le donne si misuravano con il loro stesso sessismo nei confronti di altre donne, il movimento femminista ha potuto imboccare una direzione diversa e concentrarsi sulla parità nel mondo del lavoro e sul confronto con il dominio maschile. Poiché l’impegno era sempre più rivolto a disegnare la donna come “vittima” della disuguaglianza di genere che merita risarcimenti, l’idea che per approdare al femminismo le donne dovessero innanzitutto affrontare il proprio sessismo interiorizzato è andata fuori corso […] Senza misurarsi con il sessismo interiorizzato, le donne che raccoglievano la bandiera femminista spesso tradivano la causa nella loro interazione con altre donne.
Il sessismo interiorizzato, che potrebbe anche essere definito come una collusione con dinamiche di dominio e di ingiustizie di genere, di classe, razziali, ha un ruolo fondamentale anche nella lettura importante che bell hooks offre qui della violenza domestica: “oggi del problema della violenza domestica si parla in così tanti ambiti, dai mass media alle scuole elementari, che spesso si dimentica che è stato il movimento femminista contemporaneo la forza che ha palesato la sua persistente realtà”. A questa considerazione aggiunge – attingendo alla placida e severa lucidità che caratterizza il suo pensiero – che la violenza domestica è violenza patriarcale e che le donne che non affrontano il proprio sessismo interiorizzato perpetuano l’ingiustizia del dominio sui bambini e sulle bambine, per esempio.
Nominando la violenza agita dalle donne, che è un tabù, nonostante tutt* ne facciamo esperienza in modo più o meno dolorosissimo, bell hooks nomina l’evidenza che se è il sistema a essere patriarcale, non è matematicamente possibile che le donne, cioè la maggior parte dell’umanità, sia estranea al funzionamento strutturale di tale sistema. Il femminismo è la teoria che aiuta a diventarne consapevoli e la pratica politica che attua il cambiamento, e non è – come viene ripetuto molte volte in questo testo – l’odio contro gli uomini: “man mano che il movimento progrediva e che il pensiero femminista avanzava, le attiviste femministe illuminate hanno capito che il problema non erano gli uomini, bensì il patriarcato, il sessismo e il dominio maschile”.
bell hooks scrive Il femminismo è per tutti, perché così deve essere: solo se diventa una pratica politica e un pensiero condiviso da tutti, è possibile poter rivoluzionare le dinamiche della società, in un’ottica di libertà e giustizia. Nonostante la sua istanza ecumenica, però, non evita argomenti complessi e posizioni scomode. Infatti, dichiara che una delle tematiche fondanti della teoria e della pratica politica femministe era la sessualità, e non esita a concludere che:
ogni discussione femminista radicale sulla sessualità è cessata quando nel movimento le donne hanno cominciato a farsi la guerra intorno alla questione se fosse o meno possibile essere una donna liberata, lesbica o eterosessuale, se si praticava il sadomasochismo sessuale.
Così, ci racconta bell hooks, bloccate in questo paradosso irrisolvibile, molte femministe hanno smesso di parlare di sesso e alcune si sono anche convinte che non si tratti neanche di un aspetto tanto importante dell’esistenza… Eppure, ad avere rivoluzionato il matrimonio e quindi la società, è stato soprattutto il femminismo, con le sue battaglie per i contraccettivi e per l’aborto libero, per esempio. Nel testo è spiegato molto chiaramente che la questione su cui dibattere non è se l’embrione sia già una vita oppure no, ma che senza la libertà di abortire i rischi per la salute delle donne diventano incalcolabili, mentre la libertà sessuale acquisita si dissolve. A tal proposito, è davvero interessante come bell hooks, tra i tentativi di controllo sul corpo delle donne, ponga anche la rinnovata importanza per l’allattamento e rifletta su quanto sia indicativo che “l’establishment medico patriarcale che in precedenza aveva svalutato l’allattamento al seno, d’un tratto abbia cominciato non solo a considerarlo con favore, ma a promuoverlo con insistenza”.
In quasi ogni pagina di questo saggio divulgativo si trovano dei punti cardinali, a partire dai quali dovremmo orientarci, per smettere di considerare il femminismo una lotta tra gruppi di persone che si identificano con sigle diverse, a seconda del proprio orientamento sessuale, o una battaglia contro gli uomini, e concentrarci su obbiettivi ben più pericolosi.