Q uesto articolo si sarebbe potuto intitolare “Tutti pazzi per Hedy”. E davvero, come si fa a non andare pazzi per la storia di Hedy Lamarr? In ordine sparso: diva tra le più grandi dell’età dell’oro di Hollywood; inventrice a cui dovremmo pagare le royalties ogni volta che usiamo il cellulare; fonte di ispirazione per Biancaneve prima e Catwoman poi; consulente di ingegneria aeronautica per Howard Hughes; esule austriaca, fuggita appena in tempo dal nazismo e una volta oltreoceano decisa a fare la sua parte per combatterlo; protagonista di un celebre tormentone in un film di Mel Brooks, che di lei disse: “la più bella star del cinema che sia mai esistita, e ho sentito che era pure una scienziata. Ma è vero?”. Eccome se è vero. Non che prima non si sapesse, ma ora la storia di Hedy torna alla ribalta con Bombshell (espressione inglese che riferita a una donna sta più o meno per il nostro “uno schianto”), documentario firmato da Alexandra Dean e presentato al TriBeCa Film Festival lo scorso novembre.
Lamarr era un personaggio difficile da incasellare e Dean, documentarista con un passato tra PBS e Bloomberg, in affari con Susan Sarandon (è loro la casa di produzione dietro al documentario), ne insegue tutte le sfaccettature, restituendole la statura che il maschilismo di produttori e registi, ma ancora più quello di ingegneri, generali e ammiragli, le negarono al suo tempo.
Hedy nasce Hedwig Kiesler nel 1914 a Vienna, all’inizio di quella guerra che finirà per trasformare la città austriaca da capitale d’Europa a periferia. La sua è una benestante famiglia ebrea. Il cinema, allora un’industria nuova e ancora in cerca di se stessa, la trova prestissimo. Ancora adolescente lavora come segretaria di edizione per diversi film austriaci, ma è talmente bella e magnetica che non ci vuole un genio per metterla davanti alla macchina da presa. A 18 anni si ritrova nel film Ekstase (Estasi, ovviamente) dove è, dicono gli storici del mezzo, la prima attrice a simulare un orgasmo sullo schermo e la prima ad apparire completamente nuda.
Il film (tutt’altro che un porno, anzi con decise ambizioni artistiche) fa scandalo, viene proibito in Germania e negli Usa, ma le procura notorietà e altre scritture, sia cinematografiche sia teatrali. Nel 1933 Hedwig sposa un mercante d’armi colluso col nazismo, che la tratta come cosa sua ma si accorge presto che con lei non è aria. Le cene eleganti con gerarchi nazisti (pare che qualche volta abbia incrociato anche Mussolini) non fanno per lei. Nel ’37 lo lascia, va a Parigi dove viene scoperta da Louise Mayer della Metro Goldwin Mayer, che se la porta a Hollywood e la convince a cambiar nome. Insieme a Enrst Lubitsch, Billy Wilder e Peter Lorre, Hedwig – ora Hedy – diventa parte del gruppo di esuli ebrei di lingua tedesca che fanno grande la Hollywood di quegli anni. A partire da Algiers di John Cromwell, Lamarr è la star di innumerevoli film di grande successo, recita con Clark Gable, Spencer Tracy, Victor Mature. Al suo apice è una della star più bankable di Hollywood, quelle che assicurano più incassi. Ma i ruoli che le propongono la annoiano, inevitabilmente schiacciati sullo stereotipo della femme fatale e della seduttrice. Certo, è di una bellezza luminosa e perfetta, tanto che i disegnatori della Biancaneve di Disney ammetteranno di essersi ispirati a lei, e molti molti anni dopo Anne Hathaway dirà di aver modellato la sua Catwoman proprio su Hedy.
Se la vita della diva la annoia, quello che davvero diverte Hedy è la tecnologia: autodidatta, ma colta e tremendamente intelligente, nel tempo libero fa l’inventrice.
Eppure anche allora non è difficile accorgersi che è molto più di questo. Mel Brooks, che di donne di genio se ne intende – ha sposato Anne Bancroft dopotutto – la adora. Anni dopo, nel 1974, chiama il personaggio del procuratore corrotto di in Mezzogiorno e mezzo di fuoco Hedley Lamarr, regolarmente storpiato in Hedy da tutti quelli che lo nominano. È un omaggio e una strizzata d’occhio, ma a Hedy – forse consigliata da avvocati esosi – non piace, e fa causa a Brooks per uso non autorizzato del nome. Il fatto è che ha tutto il diritto di essere suscettibile in fatto di copyright, visto che nel frattempo le hanno rubato un brevetto milionario.
Già, perché se la vita della diva la annoia, quello che davvero diverte Hedy è la tecnologia, di cui è appassionata fin da giovanissima. Autodidatta, ma colta e tremendamente intelligente, nel tempo libero fa l’inventrice. Progetta un nuovo modello di semaforo, tenta di sviluppare una pasticca effervescente da sciogliere in acqua per trasformarla in varie bevande gassate (non funziona, secondo la stessa inventrice il risultato sa invariabilmente di Alka Seltzer); un supporto per aiutare i disabili a entrare e uscire dal bagno; persino qualche miglioramento al design del Concorde (e col senno di poi ce n’era bisogno).
Durante la sua relazione con Howard Hughes (Lamarr ha diversi fidanzati celebri e molti mariti, alla fine saranno sei), il magnate fissato con l’aviazione interpretato da Leonardo di Caprio in The Aviator, Hedy ha la squadra di ingegneri del fidanzato a sua disposizione. In un’intervista, molti anni più tardi, racconterà di quella volta che ridisegnò per Howard le ali dei suoi aerei per migliorarne l’aerodinamica.
La maggior parte di queste invenzioni non vanno da nessuna parte – d’altronde lo stesso vale per la maggioranza delle idee di Thomas Edison, di cui ricordiamo i trionfi ma non i ben più numerosi buchi nell’acqua. Ma ce n’è una, a cui Hedy lavora negli anni della guerra, che è davvero una bomba, per citare ancora il titolo del documentario.
La maggior parte delle sue invenzioni non va da nessuna parte, ma una rimane alla base di tutte le tecnologie di comunicazione senza fili che usiamo oggi.
Hedy era stata sposata a un mercante d’armi e ora, mentre assisteva inorridita alla guerra e alla prospettiva di una vittoria nazista, ricorda due o tre cose sui siluri e su quanto siano utili nelle battaglie di mare. Sa anche quanto sia facile disturbare i sistemi usati per radiocomandarli. Le viene un’idea per proteggerli dalle interferenze e renderli infallibili: se la frequenza radio usata per comandare il siluro dalla nave cambia continuamente, secondo uno schema noto alla nave e al siluro ma non al nemico, il sottomarino bersaglio non può far nulla per disturbarlo. Hedy si mette al lavoro assieme a un amico, il pianista e compositore George Antheil, a sua volta con un passato nell’industria bellica. Qualche anno prima, per un suo balletto sperimentale, Antheil ha escogitato un meccanismo per sincronizzare 16 pianoforti automatici. Con parecchie notti di lavoro, Lamarr e Antheil adattano quel meccanismo al controllo sincronizzato di una trasmittente e un ricevitore radio: il segnale emesso salta da una frequenza a un’altra in modo prefissato, e il ricevitore a sua volta salta in modo sincronizzato raccogliendo il segnale completo.
Il loro brevetto, richiesto nel giugno del 1941 e accordato l’11 agosto del 1942, prevede un meccanismo simile ai rulli perforati dei pianoforti automatici per sincronizzare i salti di frequenza (non a caso le frequenze usate sono 88, come i tasti del piano). Il trasmettitore deve stare su un aereo, che dall’alto segue il siluro dotato di ricevitore e lo comanda a destinazione. L’idea c’è (anni dopo si scoprirà che la marina tedesca sta lavorando a un principio molto simile). Ma un po’ per la difficoltà tecnica di usarla su grande scala, e molto per la diffidenza delle gerarchie militari verso un’invenzione che veniva non solo da fuori l’esercito, ma addirittura da una star di Hollywood, il brevetto rimane in un cassetto.
Solo a guerra finita, alla fine negli anni Cinquanta, la Difesa Americana inizia a usare il sistema che oggi chiamiamo frequency hopping spread spectrum. Anche perché nel frattempo è nato il transistor, che offre un metodo molto più efficiente rispetto alle schede perforate per controllare i cambi di frequenza. Peccato che nessuno si preoccupi nemmeno di informare Lamarr, con la scusa della segretezza delle applicazioni militari.
Secondo l’autore di una biografia di Hedy, l’invenzione di Lamarr e Antheil genera un giro di affari di almeno 166 miliardi di dollari l’anno.
Più tardi ancora, a brevetto ormai scaduto, lo spread spectrum diviene la base di tutte le tecnologie di comunicazione senza fili che usiamo oggi. Prendiamo per esempio il WiFi di casa nostra: normalmente usa la banda di frequenza a 2.4 GHz, che però è la stessa usata da forni a microonde, telefoni cordless, sistemi di allarme antifurto, telecomandi del garage, e varie altre cose. Senza un sistema di spread spectrum, scongelando una lasagna rischieremmo di interrompere il download di quel file così importante, e mandano un messaggio WhatsApp potremmo aprire inavvertitamente la porta del garage. Un modo per evitarlo sarebbe assegnare una precisa porzione della banda a ogni dispositivo. Ma sarebbe uno spreco, perché molte bande sarebbero inutilizzate per la maggior parte del tempo, e una interferenza che colpisse precisamente quella banda bloccherebbe del tutto il segnale. Per fortuna c’è una funzione matematica (più complessa e affidabile del sistema meccanico proposto da Hedy e Antheil, ma il principio di fondo è sempre quello) che spacchetta i segnali dei vari dispositivi su varie frequenze e li fa passare a turno dall’una all’altra. Le frequenze sono sempre utilizzate, e un’interferenza può al massimo far saltare qualche byte, non tutto il pacchetto.
Alla fine del secolo Hedy, lontana dalle scene dalla fine degli anni Sessanta, a tratti alle prese con tossicodipendenza e problemi economici, guarda con amarezza la sua invenzione diventare un pilastro della tecnologia moderna, senza che quasi nessuno la associ al suo nome. Molti anni dopo, in un’intervista a Forbes, nel 1990, se ne lamenta: “non capisco perché non ci sia alcun riconoscimento quando viene usata ovunque. Mai una lettera, mai un grazie, e mai un soldo”. Secondo Richard Rhodes, autore di una biografia di Hedy, l’invenzione di Lamarr e Antheil genera un giro di affari di almeno 166 miliardi di dollari l’anno.
Solo nel 1997, tre anni prima della sua morte e grazie agli sforzi di un colonnello in pensione, Hedy riceve finalmente l’Electronic Frontier Foundation Pioneer Award, e solo nel 2014 entra nella National Inventors Hall of Fame, un riconoscimento postumo che forse in vita avrebbe gradito di più della stella sulla Walk of Fame di Hollywood che porta il suo nome dal 1960. Ora Bombshell – basato in buona parte su nastri di una lunga intervista degli anni Novanta a Hedy, rimasti in un cassetto finché Dean non li ha fortunosamente ritrovati – riporta il suo nome sul grande schermo, questa volta per tutte le giuste ragioni.