D i lei non si sa con certezza neppure il nome: Trotula, forse Trota, oppure Trocta. Eppure, nonostante la scarsezza di dati, nonostante qualcuno dica che non sia mai esistita o, se è esistita, che fosse un uomo, ci sono ben pochi dubbi sulla storicità di questa figura, famosissima nell’epoca in cui è vissuta – intorno all’anno Mille –, ancora nota nei secoli successivi (è citata anche da Geoffrey Chaucer in uno dei famosi Racconti di Canterbury), poi dimenticata per molti secoli, e infine recentemente ristudiata.
Trotula De Ruggiero fu la prima medica d’Europa, o meglio la prima ginecologa: esperta di corpo e cose femminili, dalle mestruazioni alla gravidanza, dal parto fino alle cure di bellezza. In un’epoca in cui il ruolo della donna, pur con le dovute differenze da luogo a luogo, non era certo valorizzato, lei curava e insegnava: fu sanatrix e magistra, terapeuta e docente, incaricata dell’onore di trasmettere il sapere (secondo alcuni non fu in realtà magistra ma quasi magistra, non potendo ricevere il titolo pieno in quanto donna – in ogni caso fu una “specialista” la cui autorevolezza e sapienza era pienamente riconosciuta nella società e nelle circostanze in cui visse).
Il giornalista scientifico Pietro Greco le ha dedicato quest’anno una biografia (Trotula, L’Asino d’oro Edizioni), e l’editore Manni ha pubblicato i due principali trattati che le vengono attribuiti, uno di stampo medico e clinico (La sinfonia del corpo), e l’altro che riguarda la cosmesi e la cura del corpo (L’armonia delle donne). Recentemente è stata protagonista anche di due romanzi storici: Io, Trotula – Storia di una leggendaria scienziata medievale, di Dorotea Memoli Apicella, e Trotula, di Paola Presciuttini, scrittrice fiorentina.
Della sua vita sappiamo veramente poco, come racconta Greco, che nel suo libro riassume le varie teorie e presenta la documentazione sulla storicità della medica. La data di nascita si può collocare intorno al 1030 in una nobile famiglia di Salerno, quella dei De’ Ruggiero, di origini longobarde o forse normanne. Andò in sposa a Giovanni Plateario, anche lui medico, uno dei magistri più famosi della altrettanto celebre scuola di Salerno, ed ebbe due figli, entrambi medici a loro volta. Un anonimo riassume così la sua fama: “Vi dico di una donna filosofa di nome Trotula, che visse a lungo e che fu assai bella in gioventù e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità e utili insegnamenti”.
In un’epoca in cui il ruolo della donna, pur con le dovute differenze da luogo a luogo, non era certo valorizzato, lei curava e insegnava: fu sanatrix e magistra, terapeuta e docente.
Orderico Vitale, un monaco anglo-normanno, scrivendo nel 1142, racconta di una visita a Salerno di Rodolfo Malacorona, un nobile esperto di medicina il quale non avrebbe trovato in città nessuno all’altezza del suo sapere medico, fatta eccezione per una nobilissima donna e assai colta. Si tratterebbe di Trotula. La sua morte sembra sia avvenuta nel 1097, e le cronache ci dicono che tale era la fama e l’affetto di cui godeva, che a seguire il corteo del suo funerale si formò una coda di alcuni chilometri.
Che cosa ebbe di speciale Trotula? La sua capacità – continua l’anonimo – fu quella di svelare “una parte della natura delle donne”. Oltre a essere lei donna, e quindi meglio in grado di comprendere se stessa, nel suo mestiere e nei suoi studi era facilitata dal fatto che “tutte le donne rivelavano più volentieri a lei che non a un uomo ogni loro segreto pensiero e le aprivano la loro natura”.
Le sue capacità e la sua personalità ebbero modo di realizzarsi anche perché visse in un ambiente speciale. Ebbe una grande fortuna, Trotula, a nascere a Salerno, scrive Eva Cantarella in un intervento introduttivo a L’armonia delle donne. In un’epoca in cui il ruolo delle donne nella società era assai degradato, lei riuscì – per quel che possiamo saperne – a vedersi riconosciuti ruolo e autorevolezza, e forse – questo è quel che ci piace immaginare – anche a condurre una vita secondo i propri desideri.
Per capire Trotula bisogna partire da Salerno, che in quell’epoca era una città speciale, crocevia di commerci, e luogo d’incontro di persone e culture. Lì si confrontano la tradizione greca e le conoscenze degli Arabi, dei bizantini e degli ebrei, dei normanni e dei longobardi. Nell’ambiente circolano le traduzioni dall’arabo in latino dei classici della filosofia greca e della scienza ellenistica.
Quando visse Trotula, a Salerno si era già affermata la famosa scuola medica, il cui tratto distintivo è la fusione di teoria e pratica. Leggenda vuole che Salerno sia diventata città della medicina per l’incontro, in questa località, di quattro medici di diversa provenienza: un greco, un latino, un ebreo e un arabo. Più che leggenda, come spiega Greco, questo fantomatico incontro è la metafora della contaminazione tra culture che contraddistingue la medicina laica che qui si sviluppa fino a diffondere la sua fama in tutta Europa. Grande novità, nei primi decenni dopo l’anno Mille, comincia ad affermarsi a trasmissione del sapere non più solo a voce, ma attraverso i testi scritti.
Ed è un sapere che si basa sui principi della medicina greca di Ippocrate e Galeno, ma si confronta e si aggiorna con le nuove nozioni e conoscenze della medicina islamica, portate a Salerno da Costantino L’Africano, un medico nato a Cartagine e che ha girato il mondo di quei tempi – dal Cairo alla Persia, dall’Etiopia all’India, aggiornando le sue conoscenze. Costantino traduce in latino dall’arabo una serie di libri della scienza medica islamica. Così la tradizione greca ed ellenistica riemerge filtrata dalla cultura araba, tra cui quella del medico-filosofo Avicenna. A Salerno si studia la teoria e si fa pratica sull’anatomia con la dissezione dei cadaveri, anche se di animali. Non è un caso che un medico della Scuola scriva l’Anatomia porci.
La Scuola medica campana ha un’altra peculiarità: è aperta anche alle donne, come studentesse e come insegnanti, le famose mulieres salernitanae. Benché una parte della tradizione sminuisca il loro ruolo di medichesse, riducendole di fatto a levatrici, infermiere, o esperte di trucchi e cosmetici, è invece documentato che oltre a seguire i corsi della scuola, diventavano medici ed esercitavano la professione come i loro colleghi maschi. È in questo clima che nasce, e poi esercita, Trotula che, di fatto, fonda la ginecologia europea.
Le due opere principali che le vengono attribuite, anche se probabilmente non furono materialmente scritte da lei, sono un trattato sulle malattie femminili, indicato come Trotula major, e uno sulla cosmesi e la cura del corpo, conosciuto nella tradizione come Trotula minor.
Non solo Trotula si occupa di curare, ma inserisce la sua pratica medica in un quadro teorico scientifico, ovviamente in accordo con il suo tempo. Trotula si rifà alla visione di Ippocrate, con il corpo e la salute dominate dall’equilibrio tra quattro elementi: il sangue caldo-umido, il flegma freddo-umido, la bile gialla calda-secca, la bile nera fredda-secca. Ecco allora che le malattie si spiegano all’interno di quel contesto teorico. Le mestruazioni (che Trotula chiama “fiori”, senza aderire alla tradizioni che le vuole come un’onta per le donne), per esempio, sono la “specifica purgazione” predisposta dalla Natura per compensare gli umori in eccesso. I disturbi di quella sfera, riconosce Trotula, si ripercuotono su molti altri ambiti della salute, causando vari disturbi: inappetenza, vomito, dolori, febbre, idropisia, fitte al cuore… Le mestruazioni possono venire a mancare anche a causa di “un dolore soverchio, o per rabbia, nervosismo o paura”. Lo squilibrio provoca anche in questo caso altri danni alla salute e malattie.
Trotula pratica una medicina delle donne, trattando questioni e disturbi che fino ad allora avevano ben poche possibilità di venire considerati con sensibilità femminile.
La vera novità è che Trotula pratica non una medicina generica, ma una medicina delle donne, trattando questioni e disturbi che fino ad allora avevano ben poche possibilità di venire considerati con sensibilità femminile. Subito all’inizio della sua opera maggiore, Trotula spiega che cosa la spinge a occuparsi nello specifico della medicina femminile: le donne hanno la “sfortuna miserevole” di doversi rivolgere con vergogna e imbarazzo a medici maschi per quanto riguarda la cura delle malattie delle loro parti intime. E così spesso si trascurano. Lei ha scelto di occuparsi di questo settore proprio per venire incontro alle donne, che in questo modo possono aprirsi alle confidenze, mostrarsi senza pudori, e facilitare diagnosi e cure.
I consigli e le terapie proposte da Trotula oggi possono fare sorridere. “Prendi zenzero, foglie di alloro e sabina”, scrive per esempio Trotula a proposito di rimedi per ripristinare il ciclo mestruale scomparso. “Tritali e mettili in una padella sui carboni ardenti, poi fa’ sedere la donna su una sedia perforata così da ricevere il fumo attraverso le parti basse”. Le mestruazioni, dice, riprenderanno. C’è una spiegazione per questo strano consiglio: nella tradizione di Galeno si riteneva che vagina e utero sentissero gli odori, e che si potessero dunque curare con suffumigi e applicazioni di sostanze profumate o puzzolenti, a seconda dei casi.
Alcune delle terapie sono rimedi presenti da secoli nella cultura popolare, e a volte sconfinano nella magia. Però non si può fare a meno di notare i sorprendenti elementi di modernità. Primo fra tutti, il concetto di prevenzione. Uno dei capisaldi della pratica di Trotula è l’igiene. Spesso consiglia bagni, unguenti, massaggi, impacchi e poi infusi di erbe o frizioni come “terapie dolci” per molti disturbi della gravidanza, o per le complicanze del parto. Si sofferma sull’importanza dell’attività fisica e dell’alimentazione equilibrata. Sul regime per il neonato dà consigli che suonano assai moderni: massaggi e bagnetti caldi per tranquillizzarlo, la visione di stoffe e biglie di colori differenti quando è più grandicello per stimolarlo, rivolgersi al piccolo con cantilene e parole semplici per avviarlo al linguaggio…
Trotula parla anche di infertilità. Sfidando una concezione diffusa da secoli, attribuisce la difficoltà a concepire non solo alla donna, ma anche all’uomo. Si sofferma su rimedi che a noi paiono assai improbabili – polvere a base di fegato e testicoli di maialino “figlio unico”, o lana imbevuta di latte d’asina da applicare sull’ombelico – per favorire il concepimento. E fa le sue proposte per assistere gli uomini affetti da sterilità: “sostanze capaci di incrementare e generare il seme, come cipolle, pastinaca e simili”. Se invece a difettare è il desiderio sessuale dell’uomo, che gli impedisce l’erezione, propone unguenti per “generare gli spiriti in quantità”. Del tutto dentro alla sua epoca in questo, propone rimedi propone per aumentare la probabilità di concepire un figlio maschio, ma non prende in considerazione il desiderio della figlia femmina, evidentemente non previsto.
È moderna anche perché affronta senza moralismi e pudori la questione della sessualità e della sua importanza per la vita e la salute. Riconosce l’esistenza del desiderio femminile e l’importanza di soddisfarlo. Per esempio, scrive, “ci sono donne cui non sono consentiti rapporti sessuali, vuoi perché hanno fatto voto di castità, vuoi perché sono legate dalla condizione religiosa, vuoi perché sono rimaste vedove”. A queste donne, che desiderano i rapporti sessuali ma non possono praticarli, e sono soggette per questo “a gravi infermità”, consiglia impacchi a base di sostanze “calmanti”. Propone anche rimedi per le “donne che non vogliono concepire”, magari perché terrorizzate dopo aver rischiato di morire in un parto precedente o perché, non lo dice espressamente ma si può forse intuire tra le righe, semplicemente non vogliono altri figli.
Il testo dedicato alla cosmetica, De ornatu mulierum, anche questo probabilmente non scritto direttamente da Trotula ma da lei ispirato, si occupa di bellezza, dispensando consigli e ricette. Anche in questo caso, la cura del corpo, la prevenzione e l’igiene sono alla base sia della salute che dell’aspetto gradevole. Sbiancare il viso, o renderlo più roseo, eliminare i rossori, eliminare i peli, depilarsi, schiarire o scurire i capelli (dopo il successo delle bionde in epoca romana, erano apprezzate anche le capigliature scure), infoltirli, trattare le scottature del sole, i brufoli, le labbra screpolate, sbiancare i denti, profumare l’alito …: non trascura niente Trotula. E se alcune soluzioni – come la pomata depilatoria a base di calce viva bollente (con relativo rimedio per trattare le possibili ustioni) – oggi ci sembrano giustappunto barbarie medievali, di certo anche in questo caso la sua filosofia da cui nascono è moderna: la cura del corpo aiuta l’avvenenza e insieme la salute.
Nel lavoro di Trotula ci furono sorprendenti elementi di modernità, come i concetti di prevenzione e di igiene.
Quasi nascosto tra i consigli di bellezza – e prima del saluto finale “qui termina Trotula, affidandosi al Signore” – c’è anche la ricetta su “come fare perché una donna che ha avuto rapporti sessuali venga ritenuta vergine: un impacco “restringente” per la vagina a base di polvere di natron, il carbonato di sodio, utilizzato anche dagli egizi per l’imbalsamazione. Sempre in tema, ma con l’intento specifico di simulare la verginità la prima notte di nozze, Trotula suggerisce l’applicazione in loco di sanguisughe. Medica attenta Trotula e – qualità apprezzabile anche oggi – molto complice delle sue pazienti.