I l 14 agosto del 1952 venne pubblicato su The Philosophical Transactions of the Royal Society of London un articolo dal titolo The Chemical Basis of Morphogenesis (“Le basi chimiche della morfogenesi”). L’autore, che sarebbe morto probabilmente suicida mangiando una mela avvelenata con il cianuro solo due anni dopo, era un matematico inglese e una delle menti scientifiche più brillanti che il secolo XX abbia conosciuto. Alan Turing è più noto al grande pubblico per aver concepito la macchina che porta il suo nome, contribuendo in maniera decisiva allo sviluppo dei computer moderni, o per aver decifrato il codice Enigma che i tedeschi usavano per scambiarsi messaggi segreti, dando un apporto significativo alla causa degli Alleati durante la seconda guerra mondiale, o ancora per le vicende personali travagliate e per le persecuzioni dovute alla sua omosessualità, piuttosto che per il suo contributo fondamentale alla biologia e allo studio della genesi spontanea delle forme in natura.
Ma a quali forme ci riferiamo qui? Osserviamo che la pelle di alcuni animali presenta disegni regolari come strisce o macchie; inoltre le forme fisiche di piante e animali hanno strutture non banali e simmetrie che per di più mutano durante il processo di crescita di quegli organismi. Turing voleva cercare di spiegare come queste forme e regolarità nascano e si sviluppino. Nel suo lavoro del 1952 egli studiò matematicamente un insieme di differenti sostanze chimiche responsabili, in proporzione alla loro concentrazione o densità, dello sviluppo e della differenziazione del tessuto biologico di un essere vivente. Tali sostanze – che egli chiamò “morfogeni” e che in alcuni contesti corrispondono a particolari proteine – possono reagire chimicamente tra di loro e muoversi diffondendosi liberamente nello spazio in cui si trovano.
Turing voleva cercare di spiegare come le forme e nascono e si sviluppano in natura.
Vediamo con ordine il primo dei due ingredienti del problema da lui studiato: la reazione. Le sostanze chimiche diverse, reagendo tra di loro, vanno a raggiungere una situazione di equilibrio in cui le quantità di ogni reagente coinvolto non variano più nel tempo. Per quanto riguarda la diffusione, un’immagine chiara di questo secondo ingrediente considerato da Turing può essere quella delle particelle di un gas che, iniettate in una stanza o in un recipiente chiuso, si sparpagliano erraticamente con moto casuale fino a permeare uniformemente tutto l’ambiente; oppure quella di una goccia d’inchiostro che, lasciata cadere in un bicchiere d’acqua, si spande in ogni direzione fino a far raggiungere una colorazione uniforme al liquido contenuto nel bicchiere. Presi separatamente questi due processi portano entrambi a uno stato di uniformità, di omogeneità.
Scrivendo delle equazioni che descrivono un sistema dove entrambi i processi, reazione e diffusione, interagiscono tra di loro, Turing mostrò che uno stato del sistema dove le componenti chimiche sono distribuite uniformemente può risultare di fatto instabile. Ovvero piccole fluttuazioni disordinate nel sistema, piccole disomogeneità nella concentrazione delle sostanze possono venir amplificate creando regioni dello spazio laddove la concentrazione risulti non omogenea. Sorprendentemente, tale non omogeneità non è affatto caotica o casuale ma esibisce strutture altamente organizzate, con chiare regolarità e simmetrie. Forme dalla struttura a strisce alternate oppure esagonali possono manifestarsi apparentemente, come per magia, a partire dall’instabilità scoperta da Turing.
Ben più di mezzo secolo dopo il suo articolo sulla genesi spontanea delle forme, il meccanismo di formazione di pattern regolari preannunciato matematicamente da Turing è stato osservato in alcune particolari reazioni chimiche. Per quanto riguarda la biologia, qui la situazione è più controversa e non si può dire che il modello di Turing costituisca una teoria universale per la descrizione della genesi delle forme in organismi biologici. Vi sono però casi particolari in cui il modello di Turing può contribuire a spiegare la formazione delle strisce regolari sulla pelle di alcune specie di pesci, la forma di alcuni protozoi, nonché il pattern delle creste alveolari nella bocca dei topi e anche la spaziatura delle dita di quest’ultimi. L’instabilità in questo caso si fa veicolo di una trasformazione qualitativa: distrugge un ordine uniforme per instaurarne uno nuovo, differenziato, strutturato e dotato di orientamento e simmetrie complesse e non scontate.
Turing mostrò che una distribuzione uniforme può risultare di fatto instabile.
Ciò che è importante sottolineare è che le forme che si generano tramite questa instabilità, detta instabilità di Turing, non sono imposte dall’esterno, non vi è qualcuno che le disegna. Esse si formano spontaneamente, venendo plasmate dalla dinamica interna del sistema. In un certo senso è come se un’orchestra, senza direttore e senza accordi presi tra i musicisti, desse origine a una esecuzione armoniosa e coordinata laddove tutti i musicisti collaborano spontaneamente in una sorta di improvvisazione non eterodiretta e non concordata. La morfogenesi descritta dai modelli di Turing è quindi un esempio di ordine spontaneo che emerge grazie a un’instabilità.
L’instabilità di uno stato particolare del sistema, scatenata a partire da minuscole fluttuazioni o disomogeneità, si fa quindi forza di distruzione di ciò che esisteva prima e al contempo forza creatrice di un nuovo ordine. Le equazioni di Turing, pur essendo modelli altamente semplificati rispetto alla notevole complessità dei fenomeni che vogliono descrivere e anche rispetto a modelli matematici estremamente più realistici che furono sviluppati in seguito, ebbero e hanno tutt’ora il merito di stimolare la ricerca di una spiegazione della generazione delle forme e dei pattern isolando i meccanismi salienti dei processi di crescita e di differenziazione delle strutture biologiche in alcuni casi particolari.
L’eredità di Turing ha anche un profondo significato epistemologico in merito al ruolo e al significato dei modelli matematici nelle scienze empiriche. A volte un modello più semplice e dotato di pochi ingredienti – ma di quelli giusti ed essenziali – può fornire una migliore comprensione delle cause e delle dinamiche profonde che regolano un certo fenomeno rispetto a quanto possa fare un altro modello estremamente dettagliato e apparentemente capace di tenere in considerazione tutte le variabili possibili. Questo punto è di particolare importanza laddove decisioni importanti debbano essere prese sulla base di predizioni scientifiche fondate su modelli matematici. Un modello matematico o numerico estremamente complicato potrebbe predire dei fenomeni naturali con esattezza sconvolgente ma lasciare al contempo avvolte nell’oscurità le ragioni e le cause dominanti che guidano le sue predizioni, facendo anche sì che quest’ultime debbano venir prese come il responso di un oracolo.
La morfogenesi descritta dai modelli di Turing è un esempio di ordine spontaneo che emerge grazie a un’instabilità.
Il meccanismo di Turing che considera la combinazione di una forza diffusiva, tendente a distribuire una certa sostanza, e di una forza reattiva, tendente ad accrescere la concentrazione della medesima in una particolare regione dello spazio, ha però travalicato i confini che separano le diverse discipline scientifiche e si è rivelata cruciale per spiegare fenomeni anche in altri ambiti di ricerca, ben lontani dalla biologia e dalla chimica. Un ambito affascinante laddove l’instabilità di Turing gioca un ruolo importante è certamente quello dell’ecologia, in particolare nello studio della formazione spontanea dei pattern di vegetazione che si auto-organizzano in regioni semi-aride del nostro pianeta. È infatti possibile spiegare la distribuzione di aggregati di vegetazione costituiti da alberi e cespugli in zone desertiche attraverso un processo d’instabilità della distribuzione sul terreno della fitomassa, ovvero della materia organica che costituisce le piante.
Un altro esempio è costituito invece dai cosiddetti “cerchi delle fate”, ovvero zone di terra arida aventi forma di cerchio dal diametro pari a circa una decina di metri e circondate da anelli di vegetazione erbosa, che si possono trovare ai confini dei deserti in Namibia e in Australia. I cerchi delle fate sono sorprendentemente longevi, e possono “vivere” diverse decine di anni. Spesso si dispongono “tappezzando” il suolo in modo ordinato e compatto quasi a mo’ di piastrelle rotonde poste l’una vicino all’altra. Le caratteristiche di questo tipo di pattern possono venir stimate quantitativamente utilizzando modelli matematici che descrivono un processo di reazione e diffusione e che generano spontaneamente forme regolari mediante l’instabilità di Turing.
Un ambito in cui l’instabilità di Turing gioca un ruolo importante è certamente quello dell’ecologia.
[…] Il concetto di auto-organizzazione collettiva in cui migliaia di entità distinte si comportano in modo sincrono e coordinato senza un’imposizione dall’esterno non fu accettato immediatamente dalla comunità scientifica, laddove, come in altri ambiti dell’esistenza umana, sussistono forti abitudini di pensiero e di schematizzazione preconcetta dell’esperienza le quali possono oscurare la vista alle nuove evidenze. […] In generale, la ricerca sui processi di auto-organizzazione ricevette impulsi fondamentali da due grandi scuole di pensiero scientifico sviluppatesi in Europa a opera di Ilya Prigogine e di Hermann Haken dagli anni cinquanta e sessanta del secolo XX. Ilya Prigogine sviluppò il concetto di struttura dissipativa, ovvero un’entità auto-organizzantesi che esiste grazie a uno scambio costante di materia ed energia con l’ambiente circostante. Tale scambio consente alla struttura dissipativa di mantenere un alto tasso di ordine interno contrastando l’aumento mortale dell’entropia tramite il suo essere immersa in un sistema aperto e sottoposto a flussi comunicanti con il mondo esterno. Un esempio di struttura dissipativa può essere appunto il pattern di Turing che si forma in un sistema biologico, oppure la struttura analoga di luce che si genera in un risuonatore ottico; ma anche un vortice in un sistema turbolento, oppure la cella convettiva di un fluido. In senso lato anche entità ben più complesse come gli esseri viventi potrebbero essere considerate strutture dissipative.
Negli stessi anni Haken sviluppò la disciplina chiamata Sinergetica. La Sinergetica descrive sistemi complessi, ovvero costituti da molte componenti interagenti tra di loro, e che sono in grado di auto-organizzarsi e mantenere caratteristiche salienti e ordine grazie a una sorta di cooperazione tra le parti costituenti. Tali potenti costruzioni di pensiero cercarono di abbracciare con uno slancio ideale e con un coerente formalismo matematico discipline diverse come la fisica, la biologia, la chimica ma anche l’economia e la sociologia. Gli sforzi di Haken e Prigogine cercavano di rendere conto della formazione spontanea dell’ordine in natura. Il secolo XIX fu quello degli scienziati Clausius e Boltzmann e dei processi di trasformazione di energia, lavoro, calore ed entropia durante le combustioni che avvengono nei motori meccanici, nonché della minuziosa descrizione statistica di come sciami composti da un immenso numero di minuscole molecole che formano fluidi e gas contribuiscano, mediante la loro dinamica, alle proprietà collettive e macroscopiche di questi ultimi.
Gli sforzi di Haken e Prigogine cercavano di rendere conto della formazione spontanea dell’ordine in natura.
Uno dei lasciti scientifici di questo secolo è la termodinamica dei sistemi isolati: sistemi in equilibrio termico con il loro ambiente, ovvero non sottoposti a flussi costanti di materia ed energia in ingresso o in uscita. In essi il disordine non può fare a meno che aumentare irreversibilmente. È questo il contenuto della seconda legge della termodinamica la quale predice che l’entropia cosmica non possa mai diminuire: può solo crescere. L’universo è dannato a incedere caracollando verso il disordine assoluto. L’entropia è una misura del disordine di un sistema complesso. Essa si fonda su due livelli di descrizione dello stesso sistema: quello macroscopico – ovvero che rende conto di come il sistema ci appare descritto da variabili come la temperatura, il volume, la pressione, la densità di materia – e quello microscopico che cerca di studiare come sono disposte le molecole o particelle del sistema di modo da dare origine allo stato macroscopico in questione.
Uno stato macroscopico che può essere realizzato da molteplici configurazioni delle sue parti, ovvero da molti possibili stati microscopici, possiede maggiore entropia di uno stato macroscopico che può essere realizzato da poche configurazioni delle sue parti costituenti. Se, scambiando tra di loro le posizioni o le proprietà di diverse componenti del sistema non otteniamo cambiamenti significativi del suo stato qualitativo macroscopico ciò significa che l’entropia del nostro sistema è alta: il sistema è disordinato.
In natura osserviamo processi in cui gli organismi si organizzano passando da uno stato indifferenziato a uno maggiormente differenziato.
[…] Osserviamo però in natura processi in cui gli organismi si differenziano e si organizzano passando da uno stato indifferenziato a uno maggiormente differenziato. Gli organismi viventi, le piante, gli animali, gli esseri umani, durante la loro vita si mantengono a lungo immuni al disordine, paiono contrastare fortemente la seconda legge della termodinamica. Addirittura, durante il loro processo evolutivo paiono acquisire forme maggiormente differenziate e più ordinate, come per esempio durante le dinamiche di sviluppo di organismi a partire dagli embrioni. Questa constatazione spinse Erwin Schrödinger, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, in un suo celebre saggio intitolato What Is Life?, a introdurre il concetto di entropia negativa – anche detta neghentropia – per descrivere appunto il processo mediante il quale sistemi complessi e viventi combattono la produzione spontanea del disordine comandata dalla seconda legge della termodinamica.
Per mantenersi ordinati questi sistemi devono produrre l’opposto dell’entropia ovvero entropia negativa: ordine. Ma l’entropia non doveva solamente aumentare? L’apparente contraddizione con la seconda legge della termodinamica si risolve per via del fatto che la diminuzione di entropia avviene sempre localmente, ovvero per sistemi che sono parte dell’universo, non riguarda mai l’universo intero. Il tratto saliente dei sistemi che si auto-organizzano e in cui l’entropia può diminuire, consiste nel fatto che tali sistemi sono aperti. Ciò significa che scambiano costantemente materia ed energia con l’ambiente circostante, sono sottoposti a flussi in ingresso e a dissipazione, sono fuori dall’equilibrio. Questo consente loro di aumentare il proprio ordine interno, anche se la somma totale della loro entropia con quella del resto dell’universo continua ad aumentare. Nel viaggio verso la morte termica rivoli d’ordine permangono, sacche di sorgenti di neghentropia che si assottigliano e si perfezionano nell’indifferenziarsi generale: questo è il futuro.
L’ordine auto-organizzato si genera su larga scala in maniera tale che il sistema esibisce proprietà emergenti, ovvero che non sono possedute dalle sue parti costituenti prese individualmente. La relazionalità tra le parti è la sorgente di tali forme di ordine macroscopico. Il potente paradigma dell’auto-organizzazione spontanea si manifesta in molteplici altre ramificazioni, una fra tutte il processo di auto-assemblaggio di particelle materiali di dimensione inferiore al milionesimo di metro interagenti tra di loro. In tali sistemi si possono formare strutture macroscopiche dette soft, in virtù della loro malleabilità rispetto a stimoli esterni quali pressione, temperatura e le deformazioni. Esempi di tali forme materiali ordinate e complesse includono gel, colloidi, e cristalli liquidi e sono specialmente presenti nella materia costitutiva degli esseri viventi.
Un estratto da Natura instabile. Ordine, entropia, divenire (Aguaplano, 2023) di Auro Michele Perego.