K onrad Lorenz è molto più che un celebre scienziato premio Nobel. È un’icona, un punto di riferimento per chi ha fatto dello studio degli animali, o meglio ancora del loro comportamento, la propria passione o addirittura il proprio lavoro. Il padre dell’etologia moderna, colui che era in grado di comprendere e interpretare il linguaggio di taccole e oche, cani e pesci, è prima di tutto un modello a cui aspirare, da imitare ed emulare, laddove possibile. L’immagine dello scienziato austriaco che passeggia nella campagna vicino alla sua tenuta di Altenberg, seguito da un gruppetto di oche selvatiche che lo hanno identificato come la loro madre, è la quintessenza stessa del naturalista, una sorta di totem che ha ispirato intere generazioni di biologi in tutto il mondo.
La storia, però, è sempre più complessa e ricca di sfaccettature rispetto a quelle che in fondo sono semplici, pittoresche rappresentazioni. La vita reale è fatta di persone, non personaggi. In quest’ottica Ilona Jerger, giornalista tedesca e autrice del bestseller E Marx tacque nel giardino di Darwin (2018), ha scritto la prima biografia romanzata dello scienziato austriaco: Konrad (Neri Pozza, 2024). E “romanzata” è la parola chiave: per quanto infatti Jerger riprenda con accuratezza storica eventi realmente accaduti, la sua narrazione è movimentata, carica di suggestioni e immagini poetiche, salti temporali e immedesimazioni con i protagonisti coinvolti.
Lorenz beve il suo bicchiere di latte d’un colpo, mentre sente un’altra voce intervenire con la testa. Se il comitato del Nobel, composto esclusivamente di scienziati di fama mondiale, è giunto alla conclusione che ho meritato il premio, allora lo merito. In fin dei conti, sono stato io a prendere in mano i fili di tutti i miei predecessori, a filarli ulteriormente, a farne un tappeto, a intrecciarvi fili d’oro e infine a presentarli al mondo intero con grande efficacia sull’opinione pubblica. E come mi è venuta quest’immagine così pittoresca? Vede il piccolo tappeto colorato davanti alla credenza della cucina e sorride.
Jerger utilizza un espediente letterario piuttosto intrigante, scegliendo come voce narrante quella di una immaginaria scienziata tedesca, un’ornitologa contemporanea, cresciuta e formatasi proprio sui testi di Lorenz. La narrazione non delinea un racconto completo delle vicende dello scienziato ma isola periodi particolarmente significativi, agli occhi della narratrice, che permettono di capire al meglio l’indole e le convinzioni del protagonista. Ad esempio, dopo il periodo immediatamente precedente alla nascita di Lorenz, un lungo salto temporale porta avanti fino ai suoi trent’anni, per poi fare un altro passo in avanti di dieci anni, a dimostrazione di come alcuni aspetti della vita dello scienziato non siano considerati particolarmente importanti ai fini della narrazione. Anche perché uno dei temi portanti di Konrad è comprendere e capire le apparenti contraddizioni nella vita dell’etologo.
L’immagine di Lorenz che passeggia seguito da un gruppetto di oche selvatiche è la quintessenza stessa del naturalista.
Ma di quali contraddizioni si parla? Per capirlo, occorre fare un breve riassunto della vita di Lorenz e inquadrare il contesto storico in cui crebbe. Figlio di Adolf Lorenz, celebrato ortopedico dell’Impero austro-ungarico, Konrad viene alla luce nel novembre del 1903, e la sua nascita è decisamente inaspettata: i suoi genitori non sono più giovanissimi, suo fratello maggiore ha diciotto anni e sta facendo il servizio militare, e il timore di Adolf è che il nuovo nato venga alla luce menomato, o nel fisico o nella mente, a causa dell’età relativamente avanzata sia sua sia di sua moglie, Emma Lechter.
Nulla di tutto questo: Konrad è un bambino sano e robusto, intelligente e vivace, e la sua passione per gli animali si rivela sin dai primissimi anni di vita, aiutata anche dall’ambiente in cui muove i primi passi. La proprietà dei Lorenz ad Altenberg è infatti una maestosa tenuta in stile vittoriano con un grande parco, acquistata grazie ai cospicui guadagni che Alfred Lorenz ha accumulato negli anni curando malformazioni all’anca a tanti bambini, molti dei quali provenienti da famiglie facoltose, alcune anche d’oltreoceano. Ad Altenberg, Konrad cresce in compagnia di cani, pappagalli e anatre. L’insolita presenza di una iena addomesticata, tenuta regolarmente al guinzaglio dallo zio, serve unicamente a rafforzare la propensione del piccolo Konrad.
Abbandonato l’iniziale invaghimento per gufi e civette poiché “non nuotano”, Konrad sceglie come suoi animali prediletti quegli uccelli che può incontrare facendo il bagno nelle acque del Danubio, in particolare oche e anatre. Su spinta paterna porta avanti gli studi in medicina, si laurea e comincia l’attività di assistente di anatomia all’Università di Vienna. Si sposa con la sua amica di infanzia Margarethe “Gretl” Gebhardt, di tre anni più grande, che intraprende anch’essa la carriera medica, specializzandosi in ginecologia. Ben presto, però, la passione per gli animali prende il sopravvento. Konrad dedica gran parte del suo tempo libero alle osservazioni degli animali in natura, e continua ad ampliare il piccolo giardino zoologico di casa, popolandolo di cani, un macaco, alcuni pappagalli e varie altre specie di uccelli. Spesso sono i tre figli della coppia a dover essere tenuti in gabbia, per la loro stessa sicurezza.
In parallelo alla carriera medica, Lorenz prende una seconda laurea in zoologia, con tesi sul volo degli uccelli, e abbandona il lavoro per dedicarsi completamente allo studio degli animali. Ma fatica a trovare un posto fisso: è un convinto darwinista, e nell’Austria cattolica e conservatrice degli anni Trenta c’è poco spazio per le sue ricerche. Con l’avvento del nazismo e con l’annessione dell’Austria alla Germania, però, tutto cambia. Scienziati di origine ebraica come Popper, Freud o Husserl subiscono le epurazioni della dittatura, e devono fuggire o cercare qualche tipo di protezione. Proprio Edmund Husserl, padre della fenomenologia, è un’importante fonte di ispirazione per Lorenz, nonostante le strade separate che i due prenderanno per via delle persecuzioni. La narrazione di Jerger si arricchisce di trame secondarie per raccontare la rete di rapporti che lega Lorenz ai grandi pensatori suoi contemporanei, ma compaiono anche vicende più piccole, come quella di Amelie Jägerschmid, conosciuta come suor Adelgundis, che si prodiga affinché gli scritti originali di Husserl non vengano perduti.
Per le sue posizioni, Lorenz comincia a diventare uno degli scienziati più apprezzati della Germania nazista.
Così come Heidegger, allievo di Husserl, Lorenz aderisce al nazismo, scrive parole entusiastiche sulla protezione del materiale genetico puro e di alta qualità da ibridazioni di vario genere. La sua visione degli animali domestici come “degenerati”, deboli e di gran lunga peggiori dei loro corrispettivi selvatici piace molto al regime di Hitler. Ben presto allo scienziato viene assegnata la cattedra che fu di Kant a Königsberg, e il valore simbolico di questa assegnazione è fortissimo: Lorenz è un convinto fautore del concetto di istinto, rivalutando la componente innata nel comportamento animale che aiuta a dare un’interpretazione biologica dell’apriorismo di Kant. Approfondisce il concetto di imprinting, originariamente descritto dal suo maestro Oskar Heinroth e da pochi altri naturalisti prima di lui, e lo vive di persona nelle sue interazioni con la taccola Cioc e con la celebre oca Martina. Lorenz comincia così a diventare uno degli scienziati più apprezzati della Germania nazista.
Ma la guerra è alle porte, e Konrad viene arruolato come ufficiale medico. Dopo aver curato feriti e malati, viene fatto prigioniero dai russi durante la ritirata delle truppe tedesche. Viene deportato in Armenia, in un campo di prigionia ai piedi del monte Ararat, dove resterà per tre anni e da cui viene liberato nel 1948, con ritardo rispetto alla fine della guerra. In questi anni stringe forti amicizie con i suoi compagni di prigionia, ma ottiene il rispetto e l’ammirazione da parte anche dei soldati russi per la sua intelligenza, la sua simpatia e la grande forza d’animo. Salva molte vite e, nel tempo che gli rimane, si dedica a scrivere un saggio dedicato ai principi fondanti della sua visione del comportamento animale sulla carta dei sacchi di cemento vuoti. Quel manoscritto riesce a tornare con lui in Austria al termine della prigionia e diventerà, anni dopo, il celebrato L’altra faccia dello specchio.
Tornato a casa, è di nuovo la Germania a offrirgli un lavoro stabile. La Max Planck Society diventa la sua nuova casa scientifica e nel 1949, con l’uscita de L’anello di Re Salomone, il suo lavoro divulgativo più letto e celebrato, Lorenz diventa una personalità di fama mondiale. La sua celebrità contribuisce a rendere l’etologia una scienza di enorme successo e ad attirare l’attenzione del grande pubblico. La sua carriera decolla, i libri diventano regolarmente bestseller e le conferenze registrano il tutto esaurito. Ma non mancano le critiche, sia per il passato nazionalsocialista dello scienziato, da cui ha preso le distanze solo per quel che riguarda i suoi aspetti più evidenti e ripugnanti, sia per un saggio, Il cosiddetto male del 1963, che sembra in qualche modo affermare che la violenza e la prevaricazione dell’altro sono parte integrante della natura umana.
In campo di prigionia Lorenz si dedica a scrivere un saggio sulla carta dei sacchi di cemento vuoti.
Negli anni Settanta Lorenz comincia a interessarsi sempre di più della tutela della natura, e inizia a mettersi in prima linea sul fronte di alcune cause ambientaliste, pubblicando anche un “manifesto” dell’ecologia nel 1972. L’anno successivo arriva il Nobel per la Medicina e la Fisiologia, in compagnia dello scopritore della danza delle api, il connazionale Karl von Frisch, e dell’olandese Nikolaas Tinbergen, amico e collega di vecchia data che aveva combattuto dall’altra parte della trincea durante la Seconda guerra mondiale. Dopo il Nobel, gli ultimi anni dello scienziato sono segnati dall’attivismo ambientalista e dalla pubblicazione di alcuni libri di discreto successo. Ma il robusto ragazzone che guidava la motocicletta e nuotava con le oche nel Danubio è ormai anziano e malato, e la scomparsa della sua amata Gretl è per lui il colpo finale. Muore pochi mesi dopo sua moglie, il 27 febbraio del 1989, a 85 anni.
Ed eccoci quindi arrivare ai giorni nostri: oggi Konrad Lorenz è considerato un pezzo importante della storia della scienza del Novecento, padre fondatore dell’etologia moderna, ed è uno dei più celebrati rappresentanti dello studio degli animali in natura. Ma nelle sue vicende personali ci sono state delle ombre, non trascurabili anche sul piano scientifico: un notevole avanzamento di carriera grazie all’avvento di una dittatura, l’aver sostenuto apertamente la superiorità della razza e il desiderio di mantenerla pura, e l’aver ripetutamente affermato che l’aggressività è una componente ineluttabile della natura umana – il che, secondo alcune interpretazioni, avrebbe in qualche modo rappresentato una giustificazione dell’avvento di quella stessa dittatura.
Jerger si domanda se avrebbe avuto senso, al giorno d’oggi, assegnare il premio Nobel a uno scienziato con simili trascorsi. Domanda che è lecito porsi per avere le idee più chiare sulla società del tempo, su quella in cui viviamo e su quella ideale in cui vorremmo vivere. Ma è anche vero che la sensibilità attuale è ben diversa da quella che incoronò Lorenz cinquant’anni fa nonostante il suo passato, e l’impressione è che in pochi, anche oggi, metterebbero in dubbio l’enorme influenza dello scienziato sulla comprensione del mondo animale e sullo sviluppo delle scienze comportamentali. Jerger dà voce a queste perplessità tramite un dialogo – mai avvenuto – tra uno studente e Lorenz, nel corso di una sua conferenza dedicata proprio alle sue teorie sull’aggressività:
“Non si rende conto di quanti tedeschi della sua generazione accolgano con entusiasmo la sua teoria dell’aggressività? Di come si sentano sollevati a mettere nel mirino l’origine fisica degli impulsi violenti? Così un’intera generazione, di cui ogni anima onesta dovrebbe vergognarsi, può tornarsene a dormire sonni tranquilli”.Lorenz rimane imperturbabile. “Io parlo di fatti biologici, che le piaccia oppure no”.
L’interpretazione di Jerger, quindi, è che Lorenz alla fine fosse nient’altro che uno studioso del comportamento degli animali, immerso nelle proprie ricerche e che, spinto dalle sue esperienze e dall’onestà intellettuale, si disinteressasse delle interpretazioni sociali delle sue teorie. Il che, stando anche alle tante persone che lo conoscevano bene, potrebbe essere una visione corrispondente alla realtà. Lo stesso scienziato si disse sconvolto dalla totale disumanità del nazismo quando per la prima volta fu testimone delle deportazioni, e il grande rispetto che ottenne non soltanto da colleghi e conoscenti ma persino dai suoi carcerieri russi è il sintomo di un carattere sensibile e contrario alla prevaricazione e alla violenza.
Alla fine, dalle pagine di Konrad emerge il profilo di un grandissimo scienziato, competente e innamorato del mondo naturale, ma anche decisamente – e forse colpevolmente – distaccato dalla società di cui faceva parte. È come se Jerger volesse avvisarci: una visione troppo idealizzata della scienza rischia di offrire facili appigli per chi cerca giustificazioni alle nefandezze del passato. La scienza è parte integrante della società, e non può isolarsi dal mondo che la circonda. Una riflessione importante, da tenere presente sempre, non soltanto quando vengono assegnati premi prestigiosi.