N el 1917, pochi anni prima della sua morte, il biologo e filosofo tedesco Ernst Haeckel pubblicò un libro intitolato Kristallseelen. Studien über das anorganische Leben (Anime di cristallo. Studi sulla vita inorganica). Questo titolo enigmatico, dal sapore vagamente metafisico, faceva riferimento a una convinzione sviluppata da Haeckel nel corso di tutta la sua lunga attività intellettuale: la teoria, da lui definita monismo, di una continuità indissolubile della materia inorganica con quella vivente e, per estensione, del mondo fisico con quello spirituale.
Ai giorni nostri, Ernst Haeckel è noto soprattutto come uno dei più brillanti illustratori scientifici della modernità. Nelle sue tavole, tra cui le più celebri sono raccolte nel libro del 1904 Kunstformen der Natur (Le forme d’arte della Natura), Haeckel amava ritrarre soprattutto organismi marini, come meduse, molluschi e radiolari, piccolissimi protozoi dotati di gusci di silice straordinariamente simmetrici, che erano raffigurati dall’autore con impareggiabile dovizia di particolari morfologici. Ma questo virtuosismo artistico non era soltanto un esercizio estetico fine a sé stesso; piuttosto, mirava a mostrare l’inattesa complessità di quegli organismi che erano considerati più primitivi, semplici e inanimati. A Haeckel dobbiamo anche due concetti di importanza fondamentale per la cultura scientifica contemporanea. Per prima cosa, la metafora, così efficace e influente, dell’albero della vita, già concepito da Charles Darwin e rappresentato per la prima volta nella sua forma figurativa da Haeckel nel 1866. Ma, soprattutto, Haeckel fu il primo a coniare e utilizzare la parola “ecologia” in riferimento alla “scienza delle relazioni dell’organismo con l’ambiente incluse, in senso lato, tutte le sue condizioni di esistenza”, formulando la necessità di un approccio sistemico allo studio della natura.
Contro l’idea di una rigida separazione tra materia e spirito, Haeckel proponeva che anche le strutture inorganiche potessero possedere un’anima.
Di tutte le opere di Haeckel, Anime di cristallo è sicuramente tra le meno conosciute, forse perché al tempo della pubblicazione la sua tesi appariva, e a molti apparirà tutt’ora, decisamente poco ortodossa. “Non sono i cristalli e le anime due fenomeni fondamentalmente diversi che non hanno niente a che vedere l’uno con l’altro?”, si domandava lo stesso autore nella prefazione dell’opera. Del resto, i cristalli, strutture inorganiche regolari e ripetitive, sono il caso esemplare di una materia “morta”, priva di qualsiasi intenzionalità e di qualsivoglia afflato vitale. Secondo il senso comune, l’anima, a sua volta, non può avere nulla a che fare con la materia inorganica: può soltanto manifestarsi negli organismi superiori, mossi da una forza spirituale del tutto indipendente dalla materia che li compone. Contro l’idea di questa rigida separazione tra materia e spirito, Haeckel proponeva che anche le strutture inorganiche potessero possedere un’anima, ovvero, per usare un termine un po’ più specifico, che potessero essere dotate di una forma di cognizione.
A sostegno della sua teoria, Ernst Haeckel faceva riferimento ad alcuni progressi della scienza del suo tempo, particolarmente nell’ambito di quella che oggi chiameremmo scienza dei materiali. Grazie agli studi del chimico Otto Lehmann, alla fine dell’Ottocento era stata scoperta l’esistenza dei cristalli liquidi, gli stessi che sarebbero stati in seguito largamente impiegati negli schermi dei dispositivi elettronici: si tratta di particolari molecole capaci di organizzarsi spontaneamente in strutture dinamiche e complesse, che, se osservate al microscopio con luce polarizzata, rivelavano un comportamento che le faceva apparire incredibilmente “viventi”. Nella capacità di auto-organizzazione di queste sostanze chimiche, dotate di quella che appariva come una forma primitiva di intenzionalità, Haeckel intravide la possibilità di dare un fondamento alla nascita della vita e della coscienza, abbattendo la divisione tra mente e materia predominante nelle scienze naturali. “I confini artificiali che fino ad allora erano sorti tra la natura inorganica e quella organica, tra la morte e la vita, tra la scienza naturale e quella spirituale, ora cadono in un colpo solo”, scriveva Haeckel. “Ogni sostanza possiede la vita, sia inorganica che organica; tutte le cose sono animate, sia i cristalli che gli organismi”.
Se Haeckel avesse scritto queste parole oggi è probabile che il suo Anime di cristallo, ormai quasi del tutto dimenticato, avrebbe riscosso molta più fortuna. Negli anni recenti, l’idea di estendere categorie come intelligenza, sensibilità e coscienza ben oltre i confini dell’umano ha riscosso sempre maggiore entusiasmo, tanto in ambito scientifico quanto in ambito filosofico, in quello che potrebbe quasi apparire come un rinascimento del panpsichismo. Così, ad esempio, il pensiero intelligente è stato attribuito anche a gruppi di animali molto distanti da noi, come i polpi e le seppie giganti di Peter Godfrey-Smith nel suo saggio Altre menti (Adelphi, 2018), i corvi di Bernd Heinrich (La mente del corvo, Adelphi, 2019) o le formiche di Bert Hölldobler e Edward O. Wilson (Formiche, Adelphi, 2020). Ma la ricerca di nuove forme di pensiero non si è limitata agli animali: gli studi di Stefano Mancuso hanno evidenziato le straordinarie capacità cognitive e comunicative delle piante (Plant Revolution, Giunti, 2017), mentre il filosofo Emanuele Coccia ha proposto la vita vegetale come modello di un’apertura radicale, materiale e spirituale, al mondo come totalità interconnessa (La vita delle piante, il Mulino, 2018).
Ad accomunare tutte queste proposte c’è un intento condiviso, cioè quello di mettere in discussione la posizione egemonica dell’uomo nei confronti di ciò che lo circonda, scardinando l’idea persistente, nota come antropocentrismo, che il soggetto umano si trovi in una posizione apicale e privilegiata rispetto al resto degli organismi viventi. Ma, una volta imboccata questa strada, non è possibile fermarsi qui: come aveva già intuito Ernst Haeckel, oggi siamo portati a riconoscere che la materia stessa, persino quella “non-vivente”, è in grado di organizzarsi autonomamente in strutture intelligenti e complesse, che vediamo in azione sia in natura sia nelle nostre tecnologie. Il nucleo concettuale di questo nuovo materialismo è lo studio dei processi che rendono possibile l’emergere dell’intelligenza nelle strutture materiali, strutture che, per loro natura, mettono in crisi la nozione convenzionalmente accettata di che cos’è la mente, al punto che la definizione stessa di “coscienza” assume contorni sempre meno netti e definiti.
Oggi siamo portati a riconoscere che la materia, persino quella non-vivente, è in grado di organizzarsi autonomamente in strutture intelligenti e complesse.
Il motivo più profondo per cui in questi ultimi anni si sta assistendo a un cambiamento di paradigma così radicale nel pensiero filosofico e scientifico risiede senza dubbio nell’urgenza di una riflessione sulla posizione dell’essere umano nell’ecosistema planetario, e sul modo in cui i paradigmi culturali che hanno dato forma alla nostra civiltà abbiano fatto sorgere, e contribuito a mantenere intatte, strutture di violenza e di dominio su altri corpi. “La condizione umana è più ampia delle condizioni nelle quali l’uomo ha cominciato a vivere”, scriveva Hannah Arendt nel 1975. “Gli uomini sono esseri condizionati perché ogni cosa con cui vengono in contatto diventa immediatamente una condizione della loro esistenza”. L’essere umano instaura con la materia che lo circonda una relazione continua di mutua influenza, al punto che non è più possibile confinare la nostra intelligenza all’interno del nostro cervello: ogni corpo che incontriamo, sia esso naturale o artificiale, organico o inorganico, concorre a ridefinire la nostra identità umana e partecipa alla nostra esistenza nel mondo. Insieme a tutti i corpi con cui entriamo in relazione, diamo vita a un unico organismo con un’unica mente, incredibilmente ricca e complessa ma anche, per sua natura, incredibilmente fragile. Alla luce di questa fragilità, che è nostro compito rispettare e comprendere, forse tutte le anime, incluse le nostre, sono anime di cristallo.
Estratto dal catalogo di Festivaletteratura 2021.
Festivaletteratura 2021 si terrà a Mantova dall’8 al 12 settembre.
Domenica 12, alle 10:00, Laura Tripaldi e il filosofo Emanuele Coccia prenderanno parte a un incontro dal titolo Cosa pensano il sasso e la foglia? con Matteo De Giuli, senior editore del Tascabile.