A sessant’anni dall’epifanica presentazione dei Mercury Seven in una sala da ballo, mentre Jeff Bezos racconta di come stravolgerà, dallo Spazio, il nostro mondo, quello stesso mondo osserva un’espansione delle attività spaziali senza precedenti. Nazioni e imprese commerciali fino a pochi anni prima avulse da qualsiasi prospettiva extra‑atmosferica si affacciano al cosmo pronte a investirci per ricavarne prestigio e guadagni. Di riflesso, l’umanità gode degli effetti di una nuova corsa collettiva oltre il cielo: attività in settori all’apparenza distanti dall’industria spaziale, come l’agricoltura di precisione, la pianificazione assicurativa, la sorveglianza in tempo reale, i calcoli economici e l’high frequency trading finanziario, derivano e dipendono in maniera sempre più stretta da segnali e dati satellitari. Nuove attività economiche, non di rado lontane dagli investimenti nelle infrastrutture orbitanti, nascono e proliferano.
Lo Spazio è il nuovo centro della Terra. […] Poco di sorprendente, a onor del vero: […] l’informazione che arriva dallo Spazio costituisce una miniera d’oro già oggi. Centinaia di terabyte quotidiani “piovono” in server e generano ricchezza grazie a software, algoritmi e applicazioni per fornire servizi anche ad aziende storicamente avulse dalle attività extra‑atmosferiche; per esempio, quelle che sfruttano i dati di navigazione, come le app di ride hailing (tipicamente Uber), oppure la consegna di beni come quelle di corrieri e droni che portano fino alla soglia di casa un pacco o la spesa quotidiana. Sarà soprattutto questo segmento a guidare l’espansione del reach nei prossimi lustri.
Sono incrementi confermati già oggi dall’attività globale di lancio, che dal 2021 affastella un record dopo l’altro, e dall’interesse crescente per lo sfruttamento delle risorse minerarie extra‑atmosferiche, la più avveniristica e lucrosa delle prospettive astro‑economiche […]. In generale, scrive il World Economic Forum, “lo Spazio diventerà sempre più una connessione tra persone e beni”. Cinque settori (catena di approvvigionamento e trasporti; alimenti e bevande; difesa finanziata dallo Stato; vendita al dettaglio, beni di consumo e lifestyle; comunicazioni digitali) genereranno oltre il 60% dell’aumento dell’economia spaziale entro il 2035. “Ogni industria può essere un motore per l’economia spaziale”; ma sarà anche e sempre di più una connessione tra cose e cose, quel sistema nervoso tecnologico di crescente importanza indicato come l’Internet of Things, pronto a collegare in un’unica rete mezzi, dispositivi e macchinari attraverso gps, telecontrollo e diagnosi. Via via, a prescindere da quanto ne siamo consapevoli, l’influenza dello Spazio nella vita quotidiana di tutti sarà ubiqua e pervasiva.
A prescindere da quanto ne siamo consapevoli, l’influenza dello Spazio nella vita quotidiana di tutti sarà ubiqua e pervasiva.
Per questo, lo Spazio è il nuovo centro della Terra. Anche perché, come giustamente rileva il rapporto del Wef, dietro a tutto risuona costante il trickle-down di trasferimento tecnologico sulla società diffusa, vale a dire l’effetto per cui l’avanzamento spaziale e militare permette la progressiva democratizzazione o almeno “civilizzazione” della tecnologia, capace di semplificare la vita quotidiana di tutti, ogni giorno. Difficile non menzionare, fra gli esempi di maggiore evidenza, il Global Positioning System, meglio noto come gps: ennesimo figlio dello “Sputnik Moment”, il sistema fu progettato per guidare i missili nucleari dei sottomarini americani, ma oggi consente ai ricevitori portatili o addirittura tascabili di determinare con precisione la propria posizione geografica ovunque si trovino.
[…] Non è dunque un caso che il numero di satelliti in orbita (i quali, secondo rilievi OCSE, nel 2019 appartenevano ad almeno ottanta paesi diversi) stia aumentando con una progressione inarrestabile. Secondo uno studio di Edouard Mathieu e Max Roser, confortato dai registri della Union of Concerned Scientists e dallo specifico indice redatto dallo United Nations Office for Outer Space Affairs (UNOOSA), nel gennaio del 2022 sono 4852 i satelliti operativi, di cui 2944 statunitensi. Di questi, 2516 sarebbero commerciali, 230 militari, 168 indicati come “governativi” e 30 come civili. Il fatto più significativo, però, è l’incremento degli apparati registrato in pochi mesi: già nel maggio del 2022, l’Union of Concerned Scientists registra 5465 satelliti attivi in varie orbite terrestri. A maggio del 2023 il numero complessivo dei satelliti operativi ha raggiunto le 7560 unità (5184 sono statunitensi e fra loro 4741 sono commerciali, 167 governativi, 30 civili e 246 militari).
Complementare, e non meno importante, è il numero record di missioni esplorative imminenti. La Luna è la meta di almeno otto agenzie spaziali diverse (con addirittura missioni commerciali pronte a orbitarle attorno); sei missioni punteranno a Marte e due ad altrettanti asteroidi, il tutto in una manciata di anni. Il 2022 è stato un anno record anche per i lanci, con 180 successi complessivi: sul podio gli Stati Uniti con 85, la Cina con 62 e la Russia con 22. È il numero più alto di sempre e supera di 44 quello registrato l’anno precedente. Lo score è dominato dai vettori spaziali della società statunitense privata SpaceX, dal governo e dalle imprese cinesi. A tal proposito, SpaceX, la compagnia spaziale dell’imprenditore di origini sudafricane, Elon Musk, nel 2022 ha inviato in orbita un razzo Falcon 9 ogni sei giorni circa, una frequenza addirittura aumentata nel 2023. I suoi 61 successi, che corrispondono ai circa due terzi di quelli statunitensi e a un terzo di quelli globali, eguagliano il record registrato dall’Unione Sovietica nel 1980 con il vettore r‑7.18
Già nel 2018, poi, SpaceX aveva fatto decollare 21 lanciatori: un primato assoluto per un’azienda singola. Il ritmo dei lanci spaziali, in particolare proprio per l’attività di un’azienda come SpaceX, non dà segni di decrescita. Tutt’altro. Ciononostante, delle circa novanta nazioni che, al 2023, hanno superato la soglia del cosmo, solo undici riescono a farlo utilizzando sistemi di lancio propri e solo tre (Stati Uniti, Russia e Cina) hanno spedito degli esseri umani oltre il cielo. L’appetito spaziale, in ogni caso, non accenna a diminuire. Basterebbe notare che il numero degli oggetti lanciati dalla Terra dal 1957 (circa 16mila, secondo l’UNOOSA) e tuttora in orbita (più di 11mila) aumenta sensibilmente dal 2021, anno in cui nemmeno gli strascichi di una pandemia capace di bloccare il pianeta hanno impedito che si segnasse il record dai tempi dello Sputnik: mentre i cittadini della Terra contrastavano il Covid‑19, 1812 oggetti venivano spediti in orbita. Quel primato, poi, è stato superato due volte in due anni: 2478 gli oggetti lanciati nel 2022, più di 2600 quelli del 2023.
L’interesse per lo Spazio continua a crescere e con esso aumentano anche i budget pubblici per il settore.
L’interesse per lo Spazio continua a crescere e con esso aumentano anche i budget pubblici per il settore, che fra il 2020 e il 2021 hanno superato i 100 miliardi di dollari – un picco dall’era del programma Apollo. In termini di valore assoluto, gli Stati Uniti vantano il finanziamento più corposo (più della metà di quello mondiale), seguiti (sebbene senza dati e conferme ufficiali) dalla Repubblica Popolare Cinese, dal Giappone e dalla Francia. Nell’arco di tre anni, d’altra parte, il censimento spaziale andrebbe – e andrà – rifatto daccapo, data la rapidità con cui i numeri cambiano. Ma a che cosa si deve l’incremento di questi budget? Principalmente alla progressiva diminuzione dei costi di lancio che va di pari passo con un’evoluzione tecnologica galoppante; ma anche a una filosofia di gestione dei programmi presa di peso dalla Silicon Valley, filosofia che alla stringente qualifica spaziale delle tecnologie preferisce un loro aggiornamento in corso d’opera; infine, alla miniaturizzazione di ogni componente, il che si traduce nella creazione di satelliti di piccole dimensioni e nella possibilità di condividere tra più partner il medesimo lancio, il cosiddetto ride share (una sorta di Uber extraterrestre).
A sua volta il return of investment, o ROI, dei capitali immessi nel settore, assume forme diverse: guadagni di efficienza, eliminazione dei costi, ricadute dirette e indirette anche in ambiti all’apparenza separati dalle attività spaziali. Molti si registrano in domini come i servizi governativi, la difesa, i trasporti, il monitoraggio meteorologico e la gestione ambientale. Le attività spaziali, inoltre, sono ormai parte integrante di progetti ODA (Official Development Assistance) negli aiuti ai paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia, la Norvegia, la Gran Bretagna e il Canada hanno già iniziato a classificare alcuni dei loro investimenti come parte dell’ODA: si stima che l’Africa abbia ricevuto, tra il 2000 e il 2016, più di 200 milioni di dollari per progetti spaziali, allocati in particolare nelle telecomunicazioni e nella gestione ambientale.
I fatti fin qui illustrati testimoniano quanto le innovazioni tecnologiche si rincorrano, attraendo via via maggiori capitali pubblici e privati. Satelliti di ogni peso e dimensione (si va dai pochi grammi di un femtosatellite fino ai 180 chili di un minisatellite, con in mezzo le classi in ordine crescente dei pico, nano e microsatelliti), mega‑costellazioni, mini‑lanciatori, trasmissioni a banda larga e a bassa latenza, Internet of Things con connessione satellitare, voli umani commerciali: non si tratta di fenomeni isolati, bensì della punta di un iceberg socioeconomico pronto ad affermare la sua imponenza tra la terra e il cielo. O meglio, dalla Terra allo Spazio.
In questo contesto, si prevede che l’economia spaziale crescerà in parallelo all’espansione dei mercati e che le sue attività diventeranno sempre più interconnesse con i sistemi terrestri, i servizi e i prodotti di consumo. È indicativa la proliferazione di nuove startup spaziali: solo fra il 2015 e il 2019 sono almeno cinquecento quelle fondate tra gli Stati Uniti, l’Europa, il Giappone, la Cina e l’India. Anche se molte non possono ancora contare su un dimostratore, cioè un prototipo funzionante, il loro impatto è ragguardevole e il loro mercato potenzialmente globale. Anzi, extraplanetario. […] Piccoli o grandi che siano, tutti quanti, dalla Terra, inseguono lo Spazio. Qualcuno riesce anche a raggiungerlo. E a cambiarne le regole.
Un estratto da Geopolitica dello Spazio. Storia, economia e futuro di un nuovo continente di Emilio Cozzi (Il Saggiatore, 2024).