T avolini che si alzavano in aria e levitavano, misteriosi tonfi e schiocchi che rompevano il silenzio, incomprensibili apparizioni di evanescenti spiriti. C’è stato un periodo della storia in cui le sedute spiritiche riscuotevano un enorme successo presso il grande pubblico, un coinvolgimento diffuso che portava giornalisti, scienziati di fama e intellettuali vari a saggiare le emozioni di un contatto con l’aldilà. Il picco massimo dell’interesse per questo tipo di fenomeni si manifestò nelle ultime decadi dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Di quel periodo d’oro dello spiritismo, una delle figure di spicco è stata un’italiana, Eusapia Palladino.
A un secolo esatto dalla sua scomparsa, il libro La Pitonessa, il pirata e l’acuto osservatore – spiritismo e scienza nell’Italia della belle époque (Editrice Bibliografica), ricostruisce la sua storia. Ho fatto due chiacchiere con Francesco Paolo De Ceglia, docente di Storia della scienza all’Università di Bari, coautore di questo divertente saggio scritto a quattro mani con Lorenzo Leporiere.
La nascita del mito
Eusapia, il cui nome venne frequentemente storpiato in un più esotico “Sapia”, aveva origini estremamente umili. Nata a Minervino Murge, in Puglia, rimasta orfana molto presto, ebbe un’educazione scarsa o quasi nulla. Si trasferì molto presto a Napoli, per fare da bambinaia in una famiglia benestante. “La scomparsa dei genitori”, racconta De Ceglia, “rimane avvolta in un certo mistero, forse anche a causa alle storie che lei stessa raccontava, che cambiavano di volta in volta”. Molto probabilmente la madre morì di parto per la nascita di un fratellino, mentre sembra improbabile che la morte del padre possa essere avvenuta per mano di una banda di briganti, come invece Eusapia sostenne diverse volte. In ogni caso, le origini nebulose della sua famiglia aiutarono Eusapia a creare il suo personaggio.
Ben presto iniziarono le sedute spiritiche nella sua casa di Napoli. Nel buio quasi totale, i fenomeni che si verificavano grazie all’intermediazione di Eusapia Palladino erano sorprendenti: i tavolini levitavano; se interrogati, gli spiriti rispondevano con schiocchi o colpi secchi (nei paesi anglosassoni, dove le sedute spiritiche erano molto più diffuse, questi rumori misteriosi venivano chiamati raps); talvolta si materializzavano o si spostavano oggetti di vario genere come fiori, fazzoletti, soprammobili.
Eusapia Palladino divenne una celebrità già in giovanissima età. Il diplomatico Giovanni Damiani si accorse di lei appena sedicenne, nel 1872, e scrisse subito una lettera alla rivista Human nature per segnalare le sue prodigiose capacità. I giornali iniziarono a interessarsi alla medium e ai suoi presunti poteri, e di conseguenza molto presto le sue sedute spiritiche cominciarono a costare un occhio della testa. Nonostante questo, i clienti non mancavano. La sensitiva divenne ben presto conosciuta al di fuori di Napoli e dell’Italia e, soprattutto negli Stati Uniti, dove lo spiritismo aveva un enorme seguito, la medium di Minervino Murge divenne celeberrima.
I fenomeni che avvenivano intorno al tavolo sembravano inspiegabili anche agli scettici che partecipavano alle sue sedute sperando di smascherarla. Vennero applicate misure di controllo sempre più rigide, che però non sembravano fermare i suoi poteri: a ogni seduta, le mani e i piedi di Palladino venivano bloccati dalle persone sedute a fianco a lei, ma i misteriosi fenomeni continuavano ad accadere e il suo spirito guida, il pirata John King, non cessava di manifestarsi.
Spiriti e diavoli
A Milano, nel 1892, Palladino venne osservata all’opera da una commissione che comprendeva Cesare Lombroso, lo scienziato noto per le sue ricerche di criminologia. Lombroso era un convinto materialista e scettico, ma ciò che vide e che sentì durante la seduta lo convinse a ritenere autentici i fenomeni generati dalla medium, nonostante ci fosse qualcosa che non tornava. “In vita, la madre di Lombroso gli parlava solo in veneto, invece in quella seduta – dall’aldilà – gli sussurrò qualcosa che poteva essere in napoletano o in milanese. Lombroso all’inizio rimase perplesso, ma poi scrisse: sì, va bene, in fondo sono noti i difetti di pronuncia degli spiriti”.
Alcuni indizi potevano far supporre la malafede; Palladino si era sposata in giovane età con un prestigiatore: accettava la presenza di giornalisti e scienziati alle sue sedute spiritiche, ma mai quella dei prestigiatori. Se alcune procedure non erano seguite secondo la sua volontà, si infuriava e si rifiutava di continuare. Qualcosa iniziò così a scricchiolare.
Facciamo un passo indietro. Sebbene da sempre, nel corso della storia, fosse esistita una ricerca dell’ultraterreno, nelle antiche comunità questa attività era solitamente affidata a una persona dotata di conoscenze superiori e di una preparazione specifica (lo stregone, lo sciamano, la figura religiosa di turno). Con le sedute spiritiche di metà dell’Ottocento qualcosa cambiò: chiunque poteva mettersi in contatto con i morti, anche senza avere particolari qualità morali. I medium erano persone come tutte le altre, solo dotate di una maggiore capacità di percepire i messaggi provenienti dall’oltretomba, “come delle antenne”, suggerisce De Ceglia, “captavano questi messaggi meglio degli altri”. Le prime in assoluto a incarnare questa nuova figura del medium furono le sorelle Margaret (“Maggie”) e Kate Fox, le due figlie più giovani di un contadino metodista americano. Furono loro le prime a sperimentare le sedute spiritiche, in cui sostenevano di contattare una misteriosa entità, da loro battezzata Splitfoot (“piede biforcuto”, a indicare il diavolo), e così Splitfoot fu il primo a comunicare tramite i raps.
Mimando un po’ il linguaggio del telegrafo, un po’ utilizzando invece alcuni standard decisi appositamente (ad esempio due colpi per il sì, tre per il no) le sorelle svelarono i dettagli della vita passata di un’altra misteriosa figura che sembrava manifestarsi dall’aldilà. Si trattava di un tal Charles B. Rosna, venditore ambulante di trentun anni, padre di cinque figli, brutalmente assassinato proprio nella casa dello stato di New York dove in seguito si erano trasferiti i Fox.
Con la prima seduta, avvenuta il 31 marzo del 1848 nella casa delle sorelle Fox, nasceva il movimento spiritista moderno. Da lì in poi le vicende della famiglia sarebbero state molto travagliate: a grande fama iniziale seguirono gravi problemi di alcolismo, faide familiari (soprattutto con la sorella maggiore Leah), confessioni pubbliche che avrebbero screditato definitivamente la loro reputazione, fino alle morti di Maggie e Kate, segnate dalla miseria più cupa.
Uno spettro si aggira
Questa nuova forma di necromanzia ebbe da subito un enorme successo negli Stati Uniti e ben presto si diffuse anche negli altri paesi anglosassoni. Il successo avanzò più lentamente nell’Europa continentale, soprattutto in quella cattolica. Il motivo di questa distinzione fu, ovviamente, dato dalla religione: “nei paesi cattolici la chiesa è l’intermediario tra il mondo dei vivi e quello dei morti”, sottolinea De Ceglia, “mentre per i protestanti c’è maggiore libertà da questo punto di vista”. Nondimeno, la chiesa cattolica condannò lo spiritismo e vi si oppose. La condanna ufficiale arrivò nel 1917, pochi mesi prima di Caporetto, quando in Italia si aveva ben altro a cui pensare. Nondimeno, con l’avvento del fascismo parte di questi retaggi esoterici vennero nuovamente recuperati, fino al riavvicinamento dello stato italiano alla Santa Sede, quando vennero definitivamente accantonati. In questo panorama storico, alcuni personaggi come Eusapia Palladino trovarono terreno fertile in cui far prosperare la propria attività: il pubblico era “affamato” di paranormale.
Con la crescente notorietà, Eusapia viaggiò molto. Dimostrò le sue doti a Milano, a Genova venne esaminata dall’illustre psichiatra Enrico Morselli. Poi altri scienziati celebri si interessarono a lei, come il futuro premio Nobel Charles Richet. Anche i coniugi Curie furono affascinati da Palladino, in particolar modo Pierre. Marie, che pure risultò meno coinvolta, secondo alcune voci non confermate partecipò a una seduta con Eusapia dopo la morte del marito, portando con sé i vestiti che indossava durante l’incidente che lo uccise per cercare di entrare in suo contatto.
Eusapia viaggiò in Francia, in Polonia, in Russia. Ma col crescere della notorietà crebbero anche i controlli, e in prima fila trovò molti prestigiatori che, in quel periodo, cercavano di affrancarsi dal mondo dei saltimbanchi smascherando in particolare chi millantava capacità paranormali. Fu così che la medium, negli anni, venne più volte colta in flagrante a utilizzare alcuni trucchi da illusionista.
Nonostante questo ci fu chi continuò imperterrito a crederle, come Cesare Lombroso che arrivò ad affermare che, dopo morto, avrebbe cercato di mettersi in contatto con lei in qualcuna delle sue sedute. Per chi ancora credeva nella medium, i trucchi forse c’erano, d’accordo, ma erano solo una soluzione di emergenza quando i suoi poteri venivano meno, ad esempio per la stanchezza. La gran parte dei fenomeni, per questi devoti seguaci, rimanevano autentici.
Cala il sipario
Alla fine furono gli Stati Uniti, patria dello spiritismo, il luogo dove Eusapia Palladino perse definitivamente la sua reputazione. Venne esaminata in varie sedute e fu più volte colta in flagrante mentre compiva trucchi di vario genere. Prima venne smascherata ad Harvard dallo psicologo Hugo Mursenberg, poi alla Columbia University, grazie a due uomini completamente vestiti di nero, con formazione da prestigiatori, nascosti sotto il tavolo a sua insaputa.
Per Eusapia la fine si avvicinava. Lombroso non c’era più, era morto nel 1909. Il suo ultimo libro, pubblicato in contemporanea in italiano e in inglese, parlava di paranormale e citava spesso Eusapia. C’era ancora chi aveva fiducia in lei, ma ormai quella signora analfabeta e dai modi bruschi, in grado di mettere in scacco le più grandi menti d’Europa, era invecchiata. “Non riusciva più a mettere in scena quelle illusioni che l’avevano resa celebre”, osserva De Ceglia, “e non aveva più soldi, nonostante gli incredibili guadagni realizzati nella sua lunga carriera”. Morì sola e in povertà il 13 maggio 1918. “Altri provarono in seguito a emularla, come la giovane Linda Gazzera, che ebbe un breve periodo di notorietà grazie a sedute spiritiche in cui riusciva a materializzare piccoli ectoplasmi che, molto verosimilmente, erano semplici pezzetti di stoffa o altri oggetti di uso comune”.
Il paranormale doveva cambiare. Con l’avvento dei grammofoni e degli apparecchi di registrazione della voce gli spiriti iniziarono a parlare, con il perfezionamento della fotografia ebbero sempre più successo le immagini spiritiche. Era finito il tempo di Eusapia Palladino e dei suoi tavolini volanti.
Scienza e paranormale
I trucchi utilizzati da Eusapia Palladino erano, in realtà, piuttosto banali e basati principalmente sull’abilità della medium di distogliere l’attenzione dei presenti da dove avveniva realmente l’azione e cioè sotto il tavolo. Per garantire una sorta di controllo sulle sue azioni, e anticipare lo scetticismo dei partecipanti, la medium applicava la cosiddetta “catena medianica”: si faceva afferrare la mano sinistra da chi era seduto alla sua sinistra e la destra da chi era seduto alla sua destra. Stessa cosa per i piedi, che venivano controllati mettendo le punte delle scarpe a bloccare il piede di chi si trovava accanto. Eppure, con grande agilità, sfruttando di solito un breve attimo di concitazione, Palladino liberava uno o due arti, riuscendo allo stesso tempo a mantenere l’illusione dei presenti di averla sotto controllo e potendo così innescare fenomeni paranormali come il suono di campanelli o i colpi secchi provenienti dal tavolo o dal pavimento, che apparivano inspiegabili. Eugenio Torelli Viollier, giornalista, co-fondatore del Corriere della Sera, provò a smascherare la medium pubblicando sul giornale dei disegni che ipotizzavano alcuni dei metodi usati da Palladino.
Eusapia Palladino aveva una grande agilità negli arti inferiori e riusciva a compiere grazie ad un’anca molto snodata movimenti non dissimili da quelli di un contorsionista. Questo le permetteva, magari dopo aver tirato fuori il piede dalla scarpa, di afferrare piccoli oggetti, dare colpetti al pavimento o anche sollevare il tavolo. Palladino indossava gonne molto lunghe e stivaletti alti durante le sedute: l’orlo della gonna mascherava la parte alta dello stivale e così, se anche il piede veniva sfilato dalla scarpa, non si riusciva a percepire la differenza.
Ma alla base del successo delle sue sedute, più che i trucchi, c’era soprattutto il carisma che guidava la seduta verso i risultati desiderati: se i controlli erano troppo rigidi e diversi da quelli da lei tollerati, la medium andava su tutte le furie e si rifiutava di proseguire. E così, il più delle volte, il sistema funzionava.
I trucchi che resero Eusapia Palladino la medium italiana più celebre al mondo erano tutti basati su una certa abilità manuale e un grande talento nel raccontare storie, niente di più. Viene da domandarsi come fosse riuscita a mettere in scacco scettici e scienziati di fama, e forse la risposta va cercata proprio nel periodo storico in cui si trovò a operare. Il libro di De Ceglia e Leporiere racconta in maniera raffinata proprio questo: Lombroso e soci vivevano in un’epoca in cui la ricerca scientifica e la tecnologia avanzavano a grandi passi, ma in cui anche le menti più brillanti soffrivano ancora di grande ingenuità. Le convinzioni dei più radicali materialisti si infrangevano all’ascolto della voce della presunta madre defunta, e la scienza offriva il fianco a un certo tipo di spiritualismo: anche secondo molti psichiatri alcuni fenomeni paranormali erano manifestazioni fisiche, ancora inspiegabili, di patologie della mente.
La pitonessa, il pirata e l’acuto osservatore è un divertente racconto di quest’epoca: della credulità dei suoi scienziati, della voglia di credere a determinati fenomeni, di un tipo di sensazionalismo e creazione del “personaggio”. Ma soprattutto di una moda, dell’interesse del grande pubblico per il mistero e per l’ignoto, per i fantasmi e per le sedute spiritiche. La narrazione storica offre così la possibilità per alcuni ragionamenti generali, validi ancora oggi, sulle convinzioni che, come esseri umani, abbiamo sul mondo che ci circonda e sulla nostra influenzabilità, anche quando ci crediamo del tutto razionali.
“La scienza”, osserva De Ceglia, “non è soltanto una storia di trionfi. Ma anche di errori, o comunque di tentativi. E proprio queste strade senza uscita intraprese dai grandi del passato ci dicono molto della fragilità della ricerca – come di ogni umana attività – e della necessità di proteggerla dagli agguati di ciarlatani e imbonitori. Che ci sono stati. Ci sono. E ci saranno.”