A licudi, estate 2021. Un giovane con la barba (o forse no) sta ponderando molte cose all’ombra di un diòspero, sulla cima dell’isola. Le sue meditazioni vengono interrotte da un gruppo di turisti stranieri. Sorride, offre rinfreschi, risponde alle domande. Gli scappa qualche riferimento ai voli e alle trasmutazioni delle majare. “Oh, you don’t know? They were high on mouldy bread!”, mi apostrofa un giovane norvegese. Lo guardo un po’ di traverso e mi accorgo che i suoi compagni di camminata annuiscono gravemente. “Eccotelo qua, il mistero della fede…”, penso, abbozzando un sorriso e cercando di nascondere un certo imbarazzo. Come mi disse una signora di Alicudi, “quando la gente si convince di una cosa, è inutile che glielo spieghi”. Mi pare sempre più una verità transculturale, per Odino! E mi verrebbe da domandare al giovane norvegese di cosa si fossero fatti i suoi antenati per inventarsi le valchirie delle saghe norrene, che traghettavano su cavalli alati i guerrieri prescelti al Valhalla. Idrømele, forse?
Questa faccenda del pane ammuffito di Alicudi non mi è nuova. Sono mesi che la sento raccontare in tutte le salse. Il giovane norvegese mi dice di aver letto un articolo su internet, la creatura mitologica che ha reso l’onniscienza finalmente alla portata dei comuni mortali. Chi la incatenerà a una rupe per punizione? Decido di entrare nel sancta sanctorum dell’onniscienza: Google. Digito “Alicudi pane ammuffito” e avvio la ricerca. Primo risultato: vice.com. Titolo: “La storia di Alicudi e dell’LSD, che era pane di segale cornuta”. L’articolo è recentissimo: febbraio di quest’anno. La maggior parte delle informazioni vengono da una conversazione tra l’autore, Andrea Strafile, e l’antropologo Paolo Lorenzi. Leggo:
ad Alicudi le persone hanno iniziato a scambiarsi le reciproche visioni: fantasmi, streghe, trasformazioni in animali. La cosa è andata avanti per decenni e alcuni arcudari ci credono ancora. […] Un’allucinazione collettiva durata anni. […] Possiamo dire di essere certi che ci fosse la segale cornuta ad Alicudi […]. A portare il fungo sull’isola pare siano stati gli inglesi, che venivano da queste parti a prendere malvasia e assenzio […]. In sostanza, in antropologia, se a qualcosa viene dato un nome, allora significa che è conosciuta e quindi reale […]. Gli effetti della segale cornuta, tra l’altro, si conoscevano già dagli antichi Greci, che la ingerivano prima dei rituali misterici; successivamente in Belgio, in pieno periodo di caccia alla stregoneria, e più recentemente nel 1951, nel paesino francese di Pont-Saint-Esprit, in cui 250 persone furono colpite da allucinazioni, visioni e tentativi di suicidio.
Torno a Google e aggiusto il tiro. Cerco: “Alicudi segale cornuta”. La lista è imbarazzante: cookist.it, meridionews.it, siciliafan.it, balarm.it, siviaggia.it, gazzettadelsud.it, persino lavocedinewyork.it. “Era molto frequente che si facesse il pane usando la segale […] la segale era infestata da un parassita che si chiama Claviceps purpurea […]. Per tre anni, dal 1903 al 1905, gli abitanti di Alicudi non avevano fatto altro che ammuccarsi pane al gusto di LSD”. Tutti i siti riportano la stessa informazione, senza fornire fonti e dandola per certa. Restringo la ricerca ai risultati in lingua inglese. La notizia ha già fatto il giro del mondo ma, direi unsurprisingly, è dagli Stati Uniti che vengono le sparate più grosse. CNN Travel titola: “Alicudi: Italy’s LSD island”. Traduco dall’inglese:
Quello [l’attuale Casa Mulino] era il vecchio mulino del paese dove le donne facevano ogni mattina il pane allucinogeno e dove nuvole di polvere psichedelica hanno aleggiato per decenni […]. Generazioni di isolani si sono nutriti di pane contaminato dalla segale cornuta […]. Le donne preparavano il pane allucinogeno ogni mattina e servivano a mariti e figli la loro dose quotidiana di LSD […]. Tutti gli isolani erano drogati senza nemmeno saperlo […]. Visioni e trip mentali erano avventure quotidiane […]. Questa gente era fatta di LSD 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Di recente mi ha telefonato un’amica per comunicarmi di aver letto di questa storia nell’ultimo libro di Paolo Rumiz. Le ho chiesto, sperando in una versione meno campata in aria, di leggermi il passo in questione:
ad Alicudi, imparai, il pane può dare alla testa, se il frumento è impastato con una segale cornuta detta Erba Jonica, parente del LSD, e un fungo parassita detto Claviceps Purpea. Una panificazione psichedelica vecchia di secoli, ormai in disuso, ma sempre capace di propiziare visioni.
Quindi la segale cornuta e la Claviceps purpurea sono due cose distinte? Come fa una “panificazione” in disuso a continuare a propiziare visioni? Ancora una volta, purtroppo, nessun dato concreto. Nessun riferimento a documenti storici, ritrovamenti archeobotanici, studi pubblicati su riviste scientifiche o da editori con un minimo di reputazione. Giusto qualche frase a effetto condita da un “l’ha detto l’antropologo”, o “l’ha detto lo storico locale”.
La segale cornuta continua a spuntare fuori (come un fungo!) ovunque si pronunci il nome di Alicudi.
[…] Anche volendo essere caritatevoli, questa storia della segale cornuta, che perfino i norvegesi mi propinano come a veritate, mi sembra quantomeno dubbia. Eppure la segale cornuta continua a spuntare fuori (come un fungo!) ovunque si pronunci il nome di Alicudi. La notizia ne ha appestato il nome e si è diffusa epidemicamente inondando gli animi di trionfanti certezze. Responsabile di questa epidemia è un personaggio che compare sia in una puntata della rubrica televisiva Mediterraneo, Quando le donne volavano, andata in onda su Rai 3 nel 1991, sia una quindicina di anni dopo, in un breve documentario intitolato L’isola analogica. Entrambi i documentari mostrano immagini dell’isola e frammenti di interviste a diversi isolani, tra cui anche Silvio e Rosina, che raccontano di donne volanti, spiriti, banchetti, cose tinte e persino di un pagliaccio. In entrambi compare anche un personaggio abbronzato, canuto e baffuto. La sua parlata è diversa, il suo linguaggio più sofisticato. Chi è costui?
Si tratta di Elio Zagami. Appartenente a un’illustre famiglia di origini arcudare, figlio del senatore Leopoldo Zagami (autore, quest’ultimo, di autorevoli saggi sulla storia delle isole Eolie), Elio Zagami nasce a Messina nel 1939, dove si laurea in Medicina. Si specializza in Psichiatria all’Università di Napoli ed esercita la professione di psicoanalista a Roma, frequentando anche l’istituto Jung a Zurigo. Nel 1968, con la moglie Jessica, lascia la sua casa di villeggiatura a Stromboli e ne compra una ad Alicudi. Elio frequenta assiduamente l’isola fino al 2010, anno della sua scomparsa, e scrive diversi racconti ambientati qui. È lui, dunque, nei già citati documentari, ad avanzare la tesi della segale cornuta. Su quest’isola ci sono stati, in passato, diversi tipi di coltivazioni, tra i quali, per ciò che ci interessa maggiormente, quella della segale, che qui chiamano u irmanu.
[…] Nel ’46 Hofmann, nei laboratori Sandoz, lavorando sull’ossitocina, che si estrae dalla segale cornuta, per sbaglio si intossicò con l’LSD, che è in effetti presente nella segale cornuta. Ognuno di quei chicchi contiene centinaia di migliaia di dosi di LSD. È possibile che ciò sia avvenuto su quest’isola perché tutte le storie magiche, da quello che ho potuto accertare, si raccolgono in un fazzoletto di tempo molto ristretto: tre anni. Non soltanto: hanno caratteristiche allucinogene – gente che vola, trasformazioni in animali – che sono esattamente sovrapponibili alla sintomatologia da LSD.
Nel 1903 all’incirca c’è stata un’epidemia di segale cornuta, il che significa che tutta la segale si è trasformata in “nera”: il chicco “nero” è lo stesso da cui Hofmann ha estratto nel 1946 l’LSD. Conoscendo la loro avarizia e soprattutto il loro stato di bisogno, col cavolo che la buttavi e comunque anche se la volevi buttare mettevi questa segale tutta in un sacco, la posavi da qualche parte, e nel momento in cui tu la posi, la polvere di LSD si diffonde nell’aria. È più logico pensare che l’abbiano utilizzata, e se l’hanno utilizzata per due o tre anni, perché hanno fatto pane, biscotti e quant’altro, sono stati sotto l’effetto dell’acido.
Suggestionante, sbalorditiva, geniale: la tesi di Elio è oggi una verità conclamata. Per il popolo di internet, che a luglio 2022 supera i 5 miliardi di persone, ovvero il 65% della popolazione mondiale, i racconti di streghe, spiriti e cose tinte ad Alicudi hanno finalmente una spiegazione. Per gli scettici come me, che su questo scoglio ho avuto il privilegio di vivere, al riparo da internet, per l’ultimo anno e mezzo, l’unico motivo di sbalordimento è come una congettura fantasiosa possa essere stata presa così seriamente. Questo libro nasce da una serie di riflessioni su quest’ultimo fatto, oltre che dalla volontà di passare al vaglio l’ipotesi dell’epidemia di segale cornuta ad Alicudi e di mettere nell’ordine che gli spetta ciò che è e ciò che non è legittimo supporre a riguardo. Prima di poter prendere in considerazione la tesi di Elio più nel dettaglio, ritengo opportuno fornire alcune informazioni fondamentali sull’ergot, ovvero sulla segale cornuta. O forse, dovrei dire, su quella cornuta della segale!
Gli isolani raccontano di donne volanti, spiriti, banchetti, cose tinte e persino di un pagliaccio.
Con “segale cornuta” si fa comunemente riferimento agli sclerozi del fungo ascomicete noto scientificamente come Claviceps purpurea. Più conosciuto con il termine francese ergot, ossia “sperone”, questo fungo parassita genera, nelle graminacee infette, delle escrescenze a forma di speroni o di corna, di colore nero, grigio scuro o purpureo, da cui, appunto, l’appellativo di segale cornuta. Secondo Samorini, il “sempre più folto genere Claviceps” infetta oltre seicento specie di piante, quasi tutte graminacee, di cui soltanto la specie C. Purpurea circa quattrocentocinquanta. I cereali domestici ne sono affetti, inclusi il grano, l’orzo, il sorgo e l’avena, ma in modo particolare la segale e il triticale, un ibrido artificiale tra segale e grano duro. La prima menzione della segale cornuta, secondo Barger, risale al 1582, nel Kräuterbuch del medico tedesco Adam Lonicer, dove la kornzapfen viene descritta come “quel gancetto del grano lungo, scuro, duro e sottile, internamente bianco, spesso protundente come un’unghia lunga dal mezzo dei chicchi sulla spiga”. La prima illustrazione è del 1658, nel Theatrum Botanicum del botanico svizzero Caspar Bauhin, e reca il nome di Secale luxurians.
[…] Oltre a una “dormiente” Claviceps purpurea, gli sclerozi ospitano un largo spettro di sostanze farmacologicamente attive tra cui oltre quaranta alcaloidi, metaboliti fungini contenenti azoto, noti come “alcaloidi dell’ergot” o ergoline alkaloids. In alcuni studi si è in parte avallata l’ipotesi che la produzione di queste sostanze garantisca agli sclerozi un deterrente contro l’attacco di insetti, nematodi e batteri. […]. Nel 1934 Jacobs e Craig identificavano il nucleo comune a tutti gli alcaloidi dell’ergot di rilevanza farmacologica, battezzandolo acido lisergico, mentre nel 1936 Smith e Timmis identificavano il nucleo comune a tutti gli isomeri farmacologicamente inattivi dei suddetti alcaloidi, che prese il nome di acido isolisergico. […] Come è noto, nel 1938 Albert Hofmann sintetizzò, tra altri semplici ammidi dell’acido lisergico, la dietilamide dell’acido d-lisergico, un allucinogeno straordinariamente potente noto con il nome di laboratorio LSD-25.
Prima di diventare un “cofanetto prezioso di sostanze farmacologicamente utili”, l’ergot ebbe una lunga storia, piuttosto sinistra. Era cosa ben nota ai Greci che ogni rimedio “farmacologicamente utile” fosse potenzialmente tossico. Questa ambivalenza […] caratterizzò anche le vicende relative all’ergot, prima che la farmacologia moderna ne decifrasse l’esatta composizione e indagasse la farmacodinamica dei suoi alcaloidi. Infatti, se da un lato esiste un’ampia letteratura sugli antichi usi medicinali della segale cornuta, dall’altro questa è stata responsabile di vere e proprie epidemie di una patologia nota oggi con il nome di ergotismo.
Prima di diventare un cofanetto prezioso di sostanze farmacologicamente utili, l’ergot ebbe una lunga storia, piuttosto sinistra.
Per quanto riguarda i suoi usi medicinali, Barger riporta che secondo Leclerc (Histoire de la médecine arabe, 1876) l’ergot sarebbe stato noto al medico arabo Avicenna; secondo Schelenz (Geschichte der Pharmazie, 1904) esso era conosciuto dall’antica ostetricia cinese, mentre John Forbes Royle riferisce di un principio dell’ergot, che chiama Ergotaetia abortifaciens, il quale era probabilmente conosciuto dagli Hakim, curatori indiani. Nel già citato Kräuterbuch del medico Adam Lonicer (1582) si codificava una conoscenza popolare tedesca secondo cui le scrofe alimentate con sclerozi di segale cornuta entravano prematuramente in travaglio. Nella sua opera, Lonicer fissa in tre sclerozi la dose necessaria per stimolare un travaglio interrotto nelle partorienti, contenenti, secondo studi più recenti, circa 0,5 mg di ergometrina. Quest’ultima, utilizzata in ostetricia per stimolare le contrazioni dell’utero prima di essere sostituita da sostanze con meno effetti collaterali (come ossitocina o metilergometrina), è ancora considerata valida per il trattamento delle emorragie post-parto. La segale cornuta è presente nelle farmacie a metà del XVIII secolo con il nome di “pulvis ad partum”, ma sono anche conosciute le sue proprietà come farmaco abortivo. L’ergotamina, sintetizzata da Stoll nel 1918, è tutt’oggi un rimedio d’elezione per l’emicrania. Non tutti sanno, inoltre, che, prima di essere inserito tra le sostanze stupefacenti proibite, l’LSD si era dimostrato promettente per il trattamento dei disturbi dell’umore e delle cefalee a grappolo e fu commercializzato come farmaco psichiatrico dal 1947 al 1965 con il nome Delysid.
Il lato oscuro della segale cornuta si manifestò soprattutto nel Medioevo, sotto forma di presunte epidemie di “mali” già in parte noti nell’antichità e che tolsero la vita a decine di migliaia di persone, la stragrande maggioranza delle quali appartenevano alle classi povere e contadine. Soltanto tra il XVII e il XIX secolo fu possibile fare chiarezza sul fatto che si trattasse di intossicazioni, piuttosto che di epidemie (non v’era, infatti, possibilità di contagio), gettare luce sull’esatta sintomatologia (escludendo altre patologie quali l’erisipela, l’acrodinia e l’Herpes zoster) e ricondurre alla segale cornuta la causa di quel “male” che prese il nome di “ergotismo”. Nel 1676 l’ergot venne ritenuto responsabile delle manifestazioni del cosiddetto “ergotismo gangrenoso” e nel 1695 venne riconosciuto come causa dell’“ergotismo convulsivo”. Ci volle, però, un altro mezzo secolo perché questa conoscenza acquisisse il necessario riconoscimento all’interno della comunità scientifica.
La prima menzione del misterioso male che, tra i tanti, afflisse le popolazioni rurali nel Medioevo risale all’anno 857. Veniva indicato nei resoconti degli episodi allora considerati epidemici con nomi quali ignis sacer, feu sacré, mal des ardentes o, più avanti, feu de St. Antoine – Fuoco di Sant’Antonio. La malattia degli ergotati fu associata a Sant’Antonio Abate in modo particolare a partire dal XII secolo, quando il biografo di Sant’Ugo di Avalon descrisse le miracolose guarigioni di alcuni pellegrini in una chiesa nei pressi di Vienne, nel Delfinato francese, dove le reliquie del santo erano giunte da Costantinopoli nell’anno 1070. Per lungo tempo l’ordine di Sant’Antonio fu particolarmente impegnato nell’assistenza alle persone affette da ergotismo in ospedali di varia misura annessi a chiese e cappelle. Affreschi ed ex-voto del santo lo raffigurano spesso mentre benedice figure umane con arti amputati, infuocati o contratti in posizioni innaturali. L’undicesimo secolo fu funestato da ben quattro terribili epidemie, rispettivamente nel 1042, nel 1066, nel 1089, nel 1094. La più terribile fu quella del 1089, quando, come riferisce il cronista Sigiberto di Genbloux, “a molti le carni cadevano a brani, come li bruciasse un fuoco sacro che divorava loro le viscere; le membra, a poco a poco rose dal male, diventavano nere come carbone. Morivano rapidamente tra atroci sofferenze oppure continuavano, privi dei piedi e delle mani, un’esistenza peggiore della morte; molti altri si contorcevano in convulsioni”.
La variabilità degli effetti dell’intossicazione da segale cornuta non dovrebbe sorprendere, considerato il variegato complesso di alcaloidi presenti negli sclerozi.
In questa descrizione sono già presenti i quadri nosologici delle due forme di intossicazione da segale cornuta di cui abbiamo detto: ergotismus gangrenosus ed ergotismus convulsivus. Nel caso gangrenoso, l’intossicazione provoca ischemie e ostruzioni trombotiche dei vasi sanguigni, specie alle estremità: le regioni distali perdono sensibilità, presentano alterazioni dall’aspetto flogistico, il colore della pelle diventa sempre più scuro, il dolore insopportabile, finché la parte può amputarsi spontaneamente all’altezza delle articolazioni. La forma convulsiva si manifesta con sintomi quali: fibrillazione muscolare, tremori, contratture, convulsioni, spasmi muscolari che interessano prima i muscoli degli arti e, successivamente, quelli del tronco, del diaframma e i muscoli laringei – il che può condurre a morte per asfissia. Nelle forme di ergotismo convulsivo non sono infrequenti sintomi psichici quali: confusione, crisi di agitazione motoria, angoscia, allucinazioni, delirio, irritabilità, stati maniacali o paranoidi.
Sebbene siano stati osservati casi di ergotismo sia gangrenoso che convulsivo, la medicina ha quasi sempre considerato le due forme come patologie distinte. Già Kobert, nel 1884, riteneva due sostanze, l’acido sfacelico e la cornutina, responsabili rispettivamente della forma gangrenosa e di quella convulsiva. Oggi si può dire che i sintomi vasospastici della forma gangrenosa somigliano a quelli dovuti a un’overdose di ergotamina, mentre l’ergotismo convulsivo potrebbe essere dovuto a un’interazione complessa dell’ergotamina con altri alcaloidi (come l’ergocriptina) tale da generare effetti sovrastimolanti sul circuito serotonergico del sistema nervoso centrale, piuttosto che aumentarne la concentrazione nel plasma con effetti vasospastici periferici (sindrome serotoninergica).
La variabilità degli effetti dell’intossicazione da segale cornuta non dovrebbe sorprendere, considerato il variegato complesso di alcaloidi presenti negli sclerozi. Tutte le specie di ergot producono gruppi di alcaloidi caratterizzati da differenti quadri farmacologici, la cui composizione strutturale e quantitativa varia a seconda della specie di Claviceps e, all’interno della medesima specie, a seconda della specie di graminacea ospite, o in base ad altri fattori non del tutto chiariti. Esiste addirittura un caso, quello della specie Claviceps sorghi McRae, che in India infetta il sorgo (Sorghum bicolor), la quale, a differenza delle altre specie di Claviceps, tutte produttrici di alcaloidi ergolinici tetraciclici, produce caffeina. Tra i fattori “non del tutto chiariti” potrebbe esserci quello geografico, relativo a suoli e microclimi: i dati storici sembrano suggerire che le “epidemie” di ergotismo siano state prevalentemente di tipo gangrenoso a ovest del fiume Reno (soprattutto in Francia, come nel caso della “gangrène des Solognots”, epidemia che devastò il territorio della Sologne fra il 1630 e il 1747) e prevalentemente di tipo convulsivo a est e a nord di esso (Germania, Scandinavia, Russia). Non è da sottovalutare, poi, la considerevole variabilità stagionale, determinata dall’interazione di fattori quali l’umidità dell’aria, le precipitazioni e le temperature sul ciclo riproduttivo della Claviceps purpurea. Tra le cause della diversità sintomatologica conseguente alle intossicazioni da segale cornuta, oltre all’ampia variabilità (specifica per ceppo Claviceps o di pianta ospite, oppure geografica e stagionale) del profilo alcaloidico contenuto negli sclerozi, c’è da aggiungere sia la complessità relativa alle interazioni tra le diverse molecole e al loro metabolismo, che le possibili iper/ipovitaminosi endemiche tra gli strati meno abbienti della popolazione in epoche passate, già studiate da Barger.
Prima che Elio Zagami formulasse la sua ipotesi ergotica a proposito delle storie di Alicudi, diversi erano già stati i tentativi di stabilire un nesso causale tra l’assunzione di segale cornuta e visioni, deliri, isterie, esperienze allucinatorie individuali o collettive. L’eterogeneità dei fenomeni e delle circostanze storiche, la scarsità di fonti di prima mano e di dati attendibili, la carenza di approcci interdisciplinari nonché una certa reticenza da parte della comunità accademica a prendere seriamente in considerazione il ruolo storico e culturale delle sostanze psicotrope e delle esperienze trascendentali o mitopoietiche a esse connesse rende pressoché impossibile una verifica definitiva di queste congetture. Sta di fatto che le ipotesi ergotiche hanno interessato, con diversi gradi di approfondimento e attendibilità, l’estasi rituale delle culture arcaiche, i misteri eleusini, l’insorgere di certi movimenti mistici all’interno della religione ebraica (pietismo, sabbatianesimo e chassidismo), il sabba delle streghe, la licantropia, i processi di Salem e l’incidente di Pont-Saint-Esprit, noto in francese come “affaire du pain maudit”. È molto plausibile, come vedremo, che Elio Zagami si sia imbattuto, nel corso dei suoi studi, in alcune di queste teorie e che ne abbia tratto ispirazione per avanzare ipotesi simili riguardo la genesi delle credenze mitico-magiche di Alicudi.
Un estratto da Alicudi e la segnale cornuta. Alle origini di un’allucinazione collettiva di Tommaso Ragonese (Meltemi, 2024).