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el 1993 il New Yorker pubblicò una vignetta entrata col tempo nel mito. In essa si vedeva un cane davanti a un computer che diceva a un suo simile: “Su internet nessuno sa se sei un cane”. Ogni tecnologia in grado di unirci, del resto, funge anche da filtro, da membrana o barriera, avvicinando persone lontane ma spingendole anche a chiedersi – un po’ paranoicamente – chi sia quella persona con cui stanno miracolosamente comunicando. “Posso veramente fidarmi di lei?” ci chiediamo, ben sapendo che ogni mail, messaggio e telefonata potrebbe essere uno scherzo, un errore, un caso di spam, una truffa. O un cane.
Tra tutte le invenzioni umane la rete Internet è probabilmente quella che più si presta a questo genere di incomprensioni, avendo letteralmente creato due mondi diversi eppure comunicanti – l’online e l’offline – e consegnato a ciascun suo utente un avatar, un’immagine di sé che può prendere qualsiasi forma. È questa zona grigia dell’esistenza che viene indagata ne La vita segreta, raccolta di Andrew O’Hagan uscita per Adelphi, in cui lo scrittore scozzese porta la non-fiction nei paludosi terreni del post-internet. Il risultato sono tre storie su altrettanti personaggi che tra mito, mistero e cospirazionismo non devono davvero esistere nel mondo reale per esistere.
Il primo racconto è un ricordo ancora scosso dei mesi passati dall’autore col fondatore di Wikileaks Julian Assange, che lo aveva assunto come ghost writer per la sua autobiografia. È una storia illuminante che mette a nudo il misto di paranoia, patetismo e retorica che ha gonfiato l’organizzazione fino a condurla al suo triste epilogo, fatto di Russia e Donald Trump. Ma è soprattutto un primo passo in questa “Area X” tra l’offline e l’online, nuova categoria dell’esistenza in cui l’Avatar di una persona si fa mito. Assange, per esempio, si limita a comunicazioni via Twitter come un oracolo in grado di comunicare con entrambi i mondi: il suo isolamento, associato alla potenza di fuoco dimostrata da Wikileaks, ha acuito il tutto: una persona che non si vede quasi mai scrive tweet bizzarri e dice di poter svelare i segreti del mondo, come avesse poteri divini.
Ogni tecnologia in grado di unirci, del resto, funge anche da filtro, da membrana o barriera.
L’ordine delle parti che compongono La vita segreta non è casuale: si comincia con Assange, uomo reale trasmutatosi in icona digitale, per passare al caso di Ronnie Pinn, il capitolo più personale dell’opera. Pinn è un ragazzo morto negli anni Ottanta che O’Hagan ha voluto far resuscitare online, seguendo l’abitudine della polizia di creare false identità basandosi sui nomi di bambini scomparsi. Ronnie Pinn è un passo ulteriore in questo “altro”: una persona morta che viene riprodotta online con mezzi sempre più sofisticati e credibili. Con Ronnie usciamo dal cerchio del mito per arrivare a una riflessione sul senso dell’identità ai tempi di Facebook e sui mille arnesi forniti dal social network a chiunque volesse spacciarsi per qualcun altro (il capitolo assume un sapore più deciso se letto in questi giorni caldi del RussiaGate). Ronnie Pinn è vivo nonostante sia morto e l’unico motivo per cui è tornato in vita è la sua stessa morte: online e offline sono mondi comunicanti ma differenti, con regole diverse.
L’ultima tappa del viaggio presenta gli strappi più forti al velo illusorio con cui li teniamo separati. Con il capitolo dedicato a Satoshi Nakamoto si ritorna al mito facendo il giro opposto. Nessuno sa chi sia, Nakamoto: si sa solo che un anonimo hacker, anni fa, pubblicò un paper in cui spiegava il funzionamento della blockchain fondando le basi della prima criptovaluta, Bitcoin. Inchieste giornalistiche, reportage e teorie cospiratorie hanno tentato spesso di incastrare il vero Creatore, invano (oppure no, ormai è impossibile dirlo). O’Hagan ha inseguito per qualche tempo uno dei sospettati, Craig Wright. Nakamoto – chiunque egli sia o essi siano – è quello che Assange avrebbe voluto essere, un ente digitale la cui invenzione, un complicatissimo sistema matematico, è stata pensata per distruggere status quo e decentralizzare ogni forma di autorità fino a renderle vane.
Come Ronnie Pinn, Satoshi Nakamoto esiste anche se non esiste, anzi forse perché non esiste. In un piano diverso, altro: una nuova dimensione ancora inesplorata, impossibile da comprendere usando i mezzi tradizionali. Come dice l’esergo del libro, “C’è un altro mondo, ma è in questo”. O, per dirla in altre parole: su internet nessuno sa che sei un cane.