“I mmagina che gli uomini siano disgustati dallo stupro come lo sono dalle mestruazioni”, diceva uno dei messaggi scritti sugli assorbenti che l’artista tedesca Elone nel 2015 appiccicava sui pali della luce. È da allora che immaginiamo. Nel frattempo, guardando l’ultima puntata della serie tv I love Dick, apprendiamo che gli uomini, compreso Kevin Bacon, sembrano essere egualmente disgustati. Nella puntata in questione (attenzione, spoiler) la protagonista Chris, un’aspirante filmmaker, riesce a mettere le mani su Dick dopo averlo desiderato per tutta la serie. Dopo un lungo bacio appassionato, Dick le infila una mano nelle mutande e si accorge che la sua mano è sporca di sangue: a Chris sono venute le mestruazioni. Con la scusa di lavarsi le mani, Dick fugge in bagno e insieme a lui se ne va anche la sua libido. La puntata finisce con Chris che esce con indosso i boxer di lui, gli stivali e cammina per la strada sterrata con un rivolo di sangue che le cola elegantemente giù per la coscia. Non è un caso se questa serie tv – tratta dal libro omonimo scritto nel 1997 (dove non c’è traccia di sangue mestruale) – tra ammiccamenti vari al femminismo e all’arte contemporanea, si chiuda con una scena e un’immagine molto in sintonia con la “rivoluzione mestruale” di cui si comincia a parlare.
Se in questa nuova ondata di femminismo l’arte contemporanea è stata la prima a produrre opere legate al flusso mestruale, nel 2016 il settimanale Newsweek uscì con la famosa copertina rosso sangue intitolata “There will be blood”. Da allora l’argomento mestruazioni è tornato alla ribalta: era dagli anni Settanta che non se ne parlava in certi termini. Di colpo il ciclo è diventato un argomento politico – da proposte di leggi sul congedo mestruale alla richiesta di abbassamento dell’Iva sugli assorbenti come prodotti di prima necessità, già passata in Francia e altri paesi europei – ma lo è anche nel settore della cooperazione internazionale – con numerose associazioni che si occupano di aiutare le donne dei paesi sottosviluppati a far fronte a quello che per loro è ancora un enorme problema – e della moda – che ha visto ad esempio la nascita di un marchio estremamente chic come Thinx, una linea di mutandine super assorbenti in argento e poliuretano che rendono reale l’utopia dell’eliminazione delle protezioni periodiche. Nonostante tutto questo, nonostante gli sforzi di renderle glamourous, le mestruazioni sono ancora un tabù. Prima di tutto un tabù linguistico, una faccenda di cui si parla ancora a bassa voce con aria cospiratoria. Il tabù delle mestruazioni è tra l’altro interclassista, dalla piú povera alla piú ricca, dalla piú ignorante alla piú istruita, le mestruazioni restano ancora oggi il numero uno.
Il libro di Thiébaut, camuffato da pamphlet (o “manifesto” come si legge nel sottotitolo) è un saggio dalla scrittura brillante che mescola antropologia, medicina, storia, religione. Per la verità, i contenuti sono talmente interessanti e poco esplorati che a mio avviso l’autrice – una giornalista femminista classe 1962 che spiega di aver deciso di scrivere di mestruazioni proprio quando la sua carriera era finita ed era cominciata la menopausa – poteva forse anche risparmiarsi i numerosi giochi di parole e lo stile a tratti un po’ troppo “battutaro”. Al netto di qualche strizzatina d’occhio di troppo, questo libro rimane un perfetto punto di partenza per la nostra personale “rivoluzione mestruale”, una rivoluzione al tempo stesso sanguinosa e pacifica.
Se Homo sapiens ha trovato mille espedienti per proteggersi dal freddo, dalla fame, dalla malattia o dagli incerti della natura, se ha saputo esplorare e colonizzare tutte le terre, viaggiare nell’universo e inventare armi sofisticate per uccidere i suoi simili, è inevitabile constatare che le mestruazioni pertengono ancora all’irrazionale. Nonostante la sua banalità, il ciclo resta un fenomeno misterioso, circondato da leggende, superstizioni, reticenze e stereotipi la cui persistenza non può che stupire. Che provengano dalla mitologia, dalla religione o dalla medicina, continuano a permeare le mentalità tanto da ripercuotersi sulla salute e sul benessere delle donne in tutto il mondo.
E non le si può certo dare torto: quando si parla di mestruazioni si parla ancora di credenze. Thiébaut racconta che a un certo punto che negli anni Settanta se avevi il ciclo non potevi impastare il pane o che non potevi fare la maionese. Ma l’autrice non sa che in Italia queste credenze sono ancora vivissime. Del resto nelle religioni monoteiste il sangue mestruale è considerato impuro, spiega Thiébaut: nel Levitico si dice che “quando la donna ha il flusso di sangue rimarrà per sette giorni nell’impurità mestruale”. Nel Corano le mestruazioni sono considerate ada, “impurità”, “sozzura”. Di copulare durante il ciclo neanche a parlarne, ma nemmeno di stare nelle vicinanze di una donna mestruata. Del resto, i teologi, tra cui Tomaso D’Aquino, negavano che la Vergine Maria avesse le mestruazioni.
Il pregio del libro di Élise Thiébaut non è l’approfondimento storico (a differenza di Le mie cose di Raffaella Malaguti o Corpi impuri di Marinella Manicardi, testi più approfonditi in questo senso) ma piuttosto l’afflato “utopico”. Non è facile far prendere coscienza alle giovani donne del potere che hanno sulle loro vite, mentre questo libro tenta di essere un piccolo manuale per la rivoluzione, per “ricollocare l’umanità al centro delle nostre vite mestruali”. Thiébaut alla fine del volume propone anche di fondare una cooperativa transnazionale in cui le donne possano discutere delle priorità da dare alla ricerca (siamo tutti d’accordo che gli studi su sindrome premestruale e l’endometriosi lascino a desiderare? E che se le mestruazioni le avessero avute gli uomini le cose sarebbero andate un po’ diversamente?) e organizzarsi per fare pressioni sui produttori di protezioni igieniche – che tuttora intorbidano le informazioni intorno ai materiali a cui ricorrono e alla loro tossicità.
Mentre leggete questo articolo ottocento milioni di donne al mondo hanno le mestruazioni. Per molte è un vero problema. Per alcune puramente economico, per altre è diventato anche una questione di eco-sostenibilità. Thiébaut analizza con dovizia di particolari tutte le varie tipologie di assorbenti, anche quelli cosiddetti biologici, chiama le aziende, cerca di capire. Poi scandaglia tra tutte le possibilità alternative agli assorbenti, che sono costosi e inquinanti: dalla coppetta mestruale, usatissima dalle nuove generazioni, alle mutandine riutilizzabili fino al “flusso istintivo libero”, una pratica di moda tra le ecologiste radicali americane che prevede l’eliminazione totale delle protezioni. Si tratta cioè di trattenere il sangue mestruale nella vagina grazie alla muscolatura del perineo, per poi eliminarlo in bagno, come l’urina. Il gruppo omonimo su Facebook ha circa 2500 adepte. Se il flusso istintivo libero mi lascia perplessa, ma è comunque un segno dei tempi, ho trovato interessante il capitolo sugli studi ancora embrionali sulle cellule staminali che sarebbero contenute nel sangue mestruale: con la sua capacità di rigenerazione mensile la parete interna dell’utero è un serbatoio di cellule ad alto potenziale. Per ora esiste una banca del sangue mestruale aperta da Cryo-Cell negli USA. Per la modica cifra di 499 dollari, più 90 mensili, una donna può conservare il suo mestruo e farne in futuro, chissà, il suo personale elisir di immortalità. Che si debba partire da qui per rendere meno disgustoso quel sangue che ha disgustato generazioni e generazioni di uomini?