A nche se ora non sembra possibile, c’è stato un tempo prima del #MeToo. Un tempo in cui le denunce di stupro passavano inosservate, né ci si lamentava della Caccia alle streghe; un tempo in cui gli scandali, anche se ingenti – come quello tanto per dire di Bill Cosby accusato da 35 donne molestate o della pornostar Stoya che qualche anno fa ha denunciato su Twitter l’ex compagno pornodivo James Deen – rimanevano brevi esplosioni effimere. Una decina di anni fa fece scalpore – ma solo per qualche giorno – la triste vicenda di Maria Schneider, la protagonista di Ultimo Tango a Parigi, perché tantissimi anni dopo la “scena del burro” ha detto che nella sceneggiatura non c’era scritto niente di simile e lei non era consenziente (Bertolucci la racconta diversamente). Di certo nessuno negli anni si era preoccupato di come l’attrice avesse elaborato quello che era successo. Quando il Daily Mail le chiese come mai non ci aveva pensato prima, Maria Schneider disse semplicemente: “Prima non lo sapevo”. Ed è la stessa identica cosa che succede a un’anonima “Ragazza” nel nuovo romanzo di Veronica Raimo, la quale, due anni dopo l’accaduto, si decide a denunciare il giovane professore universitario che l’ha stuprata:
“L’avevi denunciato?” ho chiesto
“No, non potevo”
“Perché?”
“Perché allora non lo sapevo. Ora lo so”.
Miden (Mondadori) è la storia raccontata dalle due voci di una coppia, “Il Compagno” e “la Compagna”, voci che fin dalle prime righe evocano una atmosfera staliniana e artificiosamente utopica. Il primo viene appunto accusato di stupro da parte di una sua studentessa. La seconda, che è incinta di otto mesi al momento del racconto, ha da poco raggiunto il compagno a Miden, la società ideale dove tutto è perfetto. Subito dopo il “Crollo” che ha messo in ginocchio altri paesi, tra cui anche quello da cui vengono il Compagno e la Compagna, Miden è la comunità virtuosa dove ogni cosa funziona grazie a delle “Commissioni”. È proprio in questa realtà così diversa che la coppia si trova coinvolta in un’indagine collettiva in cui colleghi e conoscenti formano il tribunale che deciderà delle loro vite.
Non serve raccontare di più di questo romanzo scarno e potente che Veronica Raimo ha concepito anni prima del cataclisma che ha cambiato inequivocabilmente il nostro modo di parlare di stupro e molestie – e da come leggiamo un romanzo come questo si capisce la forza di tale ondata, pur con le sue ambivalenti storture, esagerazioni mediatiche. A una prima lettura viene subito in mente quel capolavoro che è Vergogna di J.M. Coetzee scritto nel 1995 in cui lo scrittore sudafricano raccontava di un professore universitario accusato di molestia. Sicuramente Veronica Raimo deve averlo avuto in mente quando ha cominciato a scrivere Miden, anche se ha detto di avere preso spunto dall’episodio accaduto a un amico. Tuttavia Miden va per altre strade e reinterpreta in maniera originale questi temi, portando presto il lettore in un universo psichico complesso e sempre al limite.
Si è mai sentita abusata dal suo compagno? Mi chiedeva la Commissione. Certe volte non avrei desiderato altro, sentirmi abusata. Dal mio compagno, dalla vita, dall’entusiasmo, persino dal contrario, dalla disperazione, dall’alcol, dalle droghe, qualcosa che prendesse violentemente il sopravvento su di me. O anche con dolcezza. Non importa come. Ci sono tante persone che descrivono la loro vita in questi termini. Soccombono a qualcosa. Poi ne escono fuori. Condannano e rimpiangono la loro dannazione. (…)Volevo dirglielo. Molto meglio sentire le voci che non sentire un cazzo. Comunque no, non mi sono mai sentita abusata dal mio compagno.
In un altro passaggio la Compagna chiede al Compagno di trattarla come trattava la “ragazza” e lo supplica di fare le cose che faceva con lei, in un impeto di desiderio di comprensione misto a gelosia: “Voglio sentire come ci si sente a essere violentati”. Nel frattempo gli studiosi vengono a Miden per analizzare il funzionamento delle Commissioni: “Si era cominciato col parlare di politica dal basso, spinte telluriche che premevano dalla viscere della terra”.
Oltre a un stile algido e a tratti sprezzante, Veronica Raimo sfodera qui un talento visionario e ritorna sui suoi temi preferiti – o meglio alla variazione attorno al suo tema preferito: il triangolo amoroso e l’amore come gioco al massacro. Classe 1978, Raimo ha esordito con Il dolore secondo Matteo (minimum fax, 2007) ed è tornata con Tutte le feste di domani (Rizzoli, 2013), storie composte da tre personaggi, una donna e due uomini. In Miden ci sono due donne e un uomo e, anche se si tratta di un triangolo fratturato dalla violenza, alla fine tutto si ricompone in nuove, insospettabili forme.