V iviamo in un mondo in cui il computer è dato oramai per scontato, e ne siamo immersi così tanto che non è difficile dire che esistiamo più all’interno della rete che fuori. In questa pandemia la cosa si è sicuramente acuita, tanto che la natura psiconautica del mezzo tecnologico ci ha quasi salvato la vita. Allo stesso modo, difficile scindere la realtà dalla fantasia, il meme dagli esseri viventi, l’arte dalla spazzatura: più il sistema elettronico è messo a punto, più la differenza tra pixel e pelle si fa impercettibile, tutto sembra già visto. Ma… c’era una volta, come a sfogliare il libro di favole del tempo, un’epoca in cui era possibile vedere nell’atto computerizzato un mondo a parte, nuovo, affatto iperrealista, non imitativo della realtà. E in Italia, manco a dirlo, siamo stati tra i primi a sperimentarlo, se non i primi in assoluto. Tale trofeo spetta al geniale collettivo GMM, della cui opera la Nero edizioni ha appena pubblicato uno zibaldone (Giovanotti Mondani Meccanici, Computer Comics 1984-1987) a cura di Francesco Spampinato, che nell’introduzione ripercorre le fondamentali tappe propulsive di una cultura postmoderna che negli anni ottanta era ancora alla ricerca di se stessa e quindi quasi virginea nel suo essere “di facili costumi” nell’esplorazione delle possibilità.
Tra il 1983 al 1998, GMM ha sondato le diverse facce del postmoderno, del cyberpunk e dell’internet culture, esprimendosi praticamente in tutti i campi multimediali possibili. Partendo dai fumetti, i nostri si sono inseriti nelle installazioni video, performance, televisione, dischi e nell’ultimo periodo anche sperimentando la realtà virtuale, i cyber ambienti e addirittura anticipando il concetto di meme. Il nucleo principale era composto dal duo Antonio Glessi e Andrea Zingoni, intorno ai quali ruotavano molti altri personaggi chiave quali il terzo GMM, ovvero il grande Maurizio Dami aka Alexander Robotnik, che ne era il braccio musicale, e anche lo scrittore Pier Vittorio Tondelli, il quale si è sempre definito un GMM honoris causa per il sostegno e lo sporadico apporto dato alla loro sperimentazione. Che partiva dal basso, con un’attitudine ironica, e la materia tecnologica era vista non con la reverenza quasi religiosa dei giorni nostri, quanto con la curiosità iconoclasta di sondare gli effetti e le cause dell’impatto elettronico sulle masse, prima che fosse all’ordine del giorno. E paradossalmente è proprio con il fumetto, la cosa meno “meccanica” del mondo, che i nostri iniziano questa loro indefessa ricerca: in questo volume sono appunto riuniti tutti i computer comics pubblicati dal 1983 al 1987 su quella che è stata senza dubbio l’unica rivista di rottura del nostro paese, che risponde al nome di Frigidaire. I giovanotti avevano già qui superato i vari Pazienza e co., come prodotto di un settantasette che passa dall’estrema politicizzazione a una lotta in cui l’atto creativo è il nuovo mitra, anche se uno Scozzari aveva individuato il limite tecnico del loro lavoro e l’uso naif del mezzo: che però era tutto sommato la sua forza, la sua assoluta fascinazione. Invece di lavorare ai fumetti usando la programmazione (come facevano i Crudelity Stoffe), i nostri decisero di acquistare la prima penna grafica in circolazione con tanto di tavoletta, vista in azione in un seminario di Carmelo Genovese, nome di punta della computer art italiana. Prodotta dalla Apple, nel pacchetto vi era anche il software grafico Utopia, progettato tra l’altro dal grande musicista rock Todd Rundgren, cosa che inevitabilmente legherà il concept dei GMM a un mondo musicale che ha del caleidoscopico e dell’eclettico, e soprattutto del fumettistico proprio come l’album omonimo manifesto in musica del gruppo, uscito nel 1985 e autentico esempio di crossover digitale ante litteram. L’uso della manualità anziché dei codici trasforma l’esperienza elettronica mettendo comunque al centro l’uomo faber: le tavole sono elaborate colorando i pixel a mano, proprio come un mosaico, e trovando chiaramente l’ostacolo della stampa su rivista, insufficiente per rendere la luminosità dei colori prodotti dallo schermo. Ecco quindi l’idea di fotografarlo direttamente e di incollarlo su fogli di cartoncino nero bristol, mantenendo anche l’inevitabile bombatura da tubo catodico: è un effetto che permette al computer di uscire dal suo confine ed entrare nel modo degli umani, delimitandone certo la propria unicità e differenza ma senza timori “religiosi”.
“Il nostro fa parte di quello che è stato definito ‘cinema impuro’, in cui si mescolano modalità percettive e tecniche (pellicola e elettronica) e strutture narrative differenti dalla mera registrazione dell’essente metropolitano. Il modello è quello di una sorta di partitura musicale in cui si dispongono i temi e le immagini, sino alla produzione di un tessuto simbolico, metaforico, in cui tutte le determinazioni si risolvono”. Questo scriveva il dinamico duo rispetto alla loro opera, e sono tutte suggestioni che troviamo nel primo capitolo della saga, pubblicato nel 1984 sul numero 42 di Frigidaire. Si narra di Ella, un personaggio stile cyborg/ transgender che viene abbordata da tre loschi individui, appunto i Giovanotti Mondani Meccanici. Un misto tra look free jazz / ska / no wave, i Blues Brothers, occhiali da sole ed eleganza in bianco e nero con allusioni anche a scenari alla American Psycho, che in effetti ricordano a posteriori anche Le Iene o i personaggi di Matrix. L’ incontro tra i quattro è una specie di passaggio di testimone: Ella era infatti inizialmente il protagonista di un romanzo distopico ed inedito del collettivo, Extra cyborg night trips, in cui – tra citazioni di Diderot – appaiono anche i Giovanotti Mondani i quali a un certo punto la brutalizzano senza se e senza ma: il loro passaggio da figure di contorno a centrali è essenzialmente dovuto alle loro qualità amorali, che li pongono in una zona in cui è difficile empatizzare, una sorta di specchio di una società piena di “bug” emotivi e di yuppismo spietato e freddo come la cocaina: appunto, “replicante”. Nel fumetto l’incontro tra Ella e i GMM è particolarmente intenso nel descrivere il triste destino di illusioni della prima e la noia esistenziale della violenza gratuita nei tre, raggiungendo una poetica altissima nelle didascalie, degna della malinconia di Blade Runner. All’uscita le principali testate della penisola ne parlarono in maniera entusiasta come il primo esempio di “fumetto elettronico”: ed era vero. Shatter di Mike Saenz arriverà in ritardo di un anno. Non contenti i nostri elaboreranno una versione animata del fumetto, presentata qualche settimana prima dell’uscita della rivista, con tanto di – micidiale – colonna sonora di Demi composta con l’Apple II connesso con l’Alpha Syntauri, uno dei primi software musicali, usato anche da Herbie Hancock. Il gruppo come già detto si allargò presto, inserendo nuovi elementi (come ad esempio Marco Paoli, fonico dei Giancattivi, e Loretta Mugnai, costumista dei Magazzini Criminali) arrivando anche a girare un film, una cyber soap opera in cui riprese dal vero si fondevano con elaborazioni computerizzate.
Ma nulla è efficace come le storie a fumetti, che mano a mano diventano più elaborate: nel 1984 escono altre tre storie in cui si definisce meglio il ruolo dei GMM. Nella prima, i giovanotti incontrano Dracula per farsi mordere e vivere in eterno: nonostante siano composti da circuiti, l’elettronica non è per sempre. Morale della favola Dracula si prenderà l’epatite, in un paradossale finale in cui sangue e silicio sono ribaltati. Nel secondo i nostri incontrano il sergente di ferro, un dittatore orwelliano che li addita in televisore come pericolosi nemici, rivelando però che essi sono un esperimento sfuggitogli di mano, un prodotto della cattiveria del potere che diventa più malvagio del potere stesso: i nostri lo uccideranno semplicemente spegnendo il televisore, come prevedendo il Celentano di Fantastico, che nel 1985 userà lo stesso stratagemma per invitare il pubblico a “uccidere” metaforicamente i dati auditel. Nell’episodio, i GMM dallo stilista, il couturier viene da loro fatto fuori semplicemente tramite infarto dopo avergli richiesto dei “pantaloni a campana”: metafora di come la moda può essere annientata con i dettagli. Ma c’è il rischio che tutta questa cattiveria possa essere ribaltata: la puntata successiva li vede coinvolti infatti in un incidente aereo al polo nord e dopo esser stati salvati dal dottor Kappa, che scopre che nelle loro vene scorre liquido blu e che non hanno occhi, gli viene iniettato un siero per farli diventare buoni. Dopodiché il dottore, mentre spira, gli consegna un floppy con i segreti per salvare l’umanità: una volta tornati a casa però il floppy si romperà accidentalmente e i nostri torneranno malvagi come prima, in una velata metafora dell’Aids e dell’eroina che portano all’impossibilità di recupero in un mondo oramai infetto. Le ultime due tavole sono quelle dell’appendice del 1987, “True Stories”, dove i nostri giovanotti tornano indietro nel tempo sostituendosi a Bruto con Giulio Cesare, e prendendo per il culo Esaù e Giacobbe, forse nel tentativo di cambiare la storia. Quella dei GMM in effetti era già cambiata con un nuovo esperimento uscito sempre nel 1984, il Colore delle tenebre, che nasce come “videocomic” (nello stesso tempo infatti verrà girato 13 minuti di storia): le vignette sono tagliate in maniera asimmetrica, impaginate senza rispettare la griglia, e sono composte da fotografie digitalizzate e postprodotte, curiosamente contornate da tradizionali balloon scritti a mano. L’ esperimento prosegue con la videostoria tratta da Tamburo, il videoclip di Teresa De Sio prodotto dai GMM, uscito su Linus nel 1986: ma giocoforza oramai i GMM si sono spostati verso le videoinstallazioni le ibridazioni con la moda, la televisione, la rete ambienti e con una moltitudine di veicoli che ne fanno uno dei più influenti collettivi sperimentali nelle nuove tecnologie immersive. Fortunatamente non molti si sentirono traditi dall’abbandono del mondo dei comics: anche perché il loro ultimo lascito in questo senso è Gino il pollo, esempio di video meme ante litteram nato nel 1995 come satira dell’utente neofita di internet disorientato e sbraitante in un ambiente virtuale sempre più angusto, dal quale verrà tratto un fumetto disegnato da Joshua Held, non riprodotto in questo libro.
Il collettivo (pur usando sporadicamente la sigla per i progetti individuali) mollerà proprio all’arrivo di internet nelle case di tutti gli italiani, il 1998, avendone preparato il terreno con visionaria caparbietà: d’altronde, come da manifesto di Tondelli per il loro progetto espositivo “nel cuore delle immagini sensibili” nel 1984 a Firenze:
VOGLIO IMMETTERMI NEL CIRCUITO DI UN COMPUTER / E AVERE CON IL TUO AMORE / SOLO SCAMBI DI INFORMAZIONE / VOGLIO CANCELLARE LE PASSIONI / IMPRIGIONARE LE PULSIONI / FARNE SOLTANTO ESPRESSIONI / DI UNA TECNOLOGIA SOFISTICATA / INTIMA E PRIVATA / GIOVINOTTA / E MECCANICAMENTE MONDANA
E così, in fondo, è ancora oggi, fuori dai loro fumetti.