A tre anni dall’esordio La Grande A (premio Bagutta opera prima, Giuseppe Berto e Brancati giovani) Giulia Caminito torna sul percorso straordinario dei suoi legami familiari. Se nel primo romanzo la scrittrice romana raccontava la storia della nonna e della bisnonna paterne, emigrate nell’Africa coloniale, nel secondo crea una fitta narrazione intorno alla figura del bisnonno materno, Nicola Ugolini, anarchico anticlericale di Serra de’ Conti nelle Marche. In Un giorno verrà c’è la Settimana rossa, la prima guerra mondiale, la sassaiola di Serra de’ Conti, l’influenza spagnola, Mussolini e Il Popolo d’Italia, ma c’è soprattutto una famiglia, i Ceresa, “cresciuti con l’idea di essere destinati a morire presto”. Un giorno verrà procede per inganni, semina pigro i propri indizi e si svela per strappi improvvisi. È un romanzo d’anarchia politica e sentimentale, un libro in cui gli impulsi sono più forti dei legami di sangue e dove in ogni personaggio, anche quello più puro, c’è qualcosa di rotto, un abisso che a volte si intravede e dove a volte si sprofonda.
Zari è incostante e indisciplinata, nessuno riuscirebbe a immaginarla da grande come “la beata, la venerata, la Moretta”, eppure diventerà Suor Maria Giuseppina Benvenuti, l’Abbadessa. Don Agostino è un prete bello con “una vocetta acida e febbrile che in nulla somigliava a un’Ave Maria”, che si spaventa a toccare i morti ma non le ragazzine. Lupo e Nicola sono due figli sbagliati per motivi diversi e complici per un’unica ragione: sono complementari. Lupo è “il ragazzo col nome da bestia, il blasfemo, il sovversivo”, quello che porta a casa un lupo e lo chiama Cane, il figlio che “non sapeva accettare i no e i confini, rimanere dentro perimetri controllati”. Nicola è il “figlio inutile” ha la “faccia da principe” e le “mani pulite adatte a suonare pianoforti e violoncelli”, è “il bambino delle ombre e come ombra sarebbe voluto sparire”. Si confidano e si proteggono, ognuno a modo suo, dormono nello stesso letto, pensano di esistere l’uno per l’altro, ma è proprio quando si divideranno, e crederanno di essersi persi per sempre, che il “biondo magrissimo” troverà se stesso, coraggioso del coraggio che non sapeva di avere perché era l’altro a prestargli il suo. Quando si ritroveranno, cambiati, il più piccolo cresciuto più del più grande, sarà come la fine di una storia d’amore:
Sei diventato insopportabile, disse Lupo innervosito dai suoi modi a cui non era avvezzo, questo nuovo Nicola lo turbava e lo incuriosiva, si voleva avvicinare a lui per sentire se fosse fatto sempre della stessa pelle, ma anche cacciarlo via e dimenticarlo perché non era più il suo bambino arreso e disgraziato, sembrava non avere bisogno di nessuno.
Lupo si rivela un ribelle che non accetta la ribellione negli altri, vive spinto da ossessione e repulsione. “Non sorridi mai, non ti rilassi mai” – gli dirà una ragazza fuggitiva in uno dei passaggi più riusciti – “quando sei nudo pari vestito con tutta la tua corazza”. I desideri di Lupo sono desideri inerti, per Nicola i desideri sono malattie, per la più affascinante dei Ceresa, Nella, il desiderio è il primo moto dell’animo.
“Nessuno ne parlava mai, in casa non c’erano mai state fotografie”. La lettrice e il lettore qui sanno qualcosa di più dei personaggi. Uno di loro ha una fotografia di Nella, la tiene con sé, la conserva geloso come se fosse un segreto, ed è grazie a lui se, anche se la Ceresa terribile entra in scena tardi, ci sembra di conoscerla. Come se avessimo sempre visto il suo riflesso, quasi avessimo seguito fino a quel momento qualcuno che le assomigliava. Bambina, Nella si butta giù dalle colline, dice “non voglio marito, non voglio benedizione, vorrei viaggiare e conoscere l’anarchia”. Adolescente, sente il suo corpo “potente, giovane, luminoso”, gira scalza intorno al prete, gli punta gli occhi addosso. “Era gioco per lei e insolenza, si sentiva diamante e poteva tagliare a metà le cose”. Va dove fa più buio, gioca col fuoco e si brucia, le danno della pazza, della scriteriata, della serpe, dell’assassina. È una ragazzina che disturba, la sua testa ha preso “troppo vento”, va corretta, chiusa in clausura. L’attira “de l’abisso il tenebrore”, scriverebbe di lei la poetessa Ada Negri – che compare all’improvviso, in un libro consumato, dentro una valigia in partenza per l’America – e mentre leggiamo una storia nata da uno scherzo di Nella, ci perdiamo nel labirinto tracciato dall’incoscienza e dalla curiosità della nipote dissoluta che per il nonno anarchico era quella “giusta”, Giulia Caminito, nella sua scrittura antica, chiara e ricca sa che, per ogni rozza figlia senza nome, per ogni enigma d’odio e d’amore, c’è un nano maligno ma anche un angelo pregante.