Stella Succi è una storica dell'arte e ricercatrice indipendente. Ha fatto parte delle redazioni di Alfabeta2, Mousse Magazine, The Towner, Prismo e attualmente è coordinatrice del Tascabile. Fa parte di Altalena, collettivo e gruppo di ricerca interdisciplinare nel campo delle arti visive. Dal 2020 cura la ricerca drammaturgica della danzatrice e coreografa Annamaria Ajmone. È ricercatrice presso least [laboratoire écologie et art pour une société en transition].
F
luxus è stato descritto come movimento, comunità o network di artisti, musicisti e grafici attivo negli anni Sessanta e Settanta tra Europa e Stati Uniti. Di un’entità si dice spesso che “sfugge alle definizioni”, ma Fluxus lo fa davvero. Gli artisti Fluxus, che avevano origini e pratiche diverse, vennero riuniti sotto questa etichetta principalmente grazie alla volontà di George Maciunas, artista, storico dell’arte, gallerista, musicologo, progettista, architetto, redattore, produttore, tipografo e matematico che viene ricordato oggi come“inventore” dell’entità-Fluxus.
L’elenco degli artisti e delle artiste nell’orbita del movimento è quindi lungo e opinabile; tra i più noti troviamo Ay-O, Al Hansen, Eric Andersen, George Brecht, Giuseppe Chiari, Robert Filliou, Henry Flynt, Dick Higgins, Ray Johnson, Allan Kaprow, Alison Knowles, Shigeko Kubota, Yoko Ono, La Monte Young, Nam June Paik, Ben Patterson, Takako Saito, Mieko Shiomi, Tomas Schmit, Gianni Emilio Simonetti, Ben Vautier, Wolf Vostell, Robert Watts, Yoshi Wada.
George Maciunas è, a sua volta, una figura difficile da circoscrivere. Sono tante le figure nella storia dell’arte ad aver calato dall’alto una definizione su di un gruppo di artisti: si tratta, di solito, di critici o galleristi capaci di destreggiarsi abilmente nel sistema e nel mercato dell’arte, inventandosi un trend. Gli obiettivi di Maciunas, invece, erano decisamente anti-sistema, anti-mercato, e anche in un certo senso anti-arte. Scriveva:
Manifesto Arte/Arte Divertimento Fluxus:
L’arte-divertimento deve essere semplice, divertente, senza pretese, interessata alle insignificanze, non deve richiedere abilità o prove infinite, non deve avere valore commerciale o istituzionale. Il valore dell’arte-divertimento deve essere abbassato, rendendola illimitata, prodotta in serie, raggiungibile da tutti e, infine, fatta da tutti.
Tra gli obiettivi dichiarati di Maciunas c’era l’infiltrazione dell’arte nella vita quotidiana, che nei suoi sogni avrebbe portato alla scomparsa non solo del mercato dell’arte, ma del concetto stesso di arte e di autorialità. L’invito a rinunciare alle istanze individualistiche e alla firma delle opere, però, non viene accolto dagli artisti con unanime entusiasmo. Nessuno di loro firmerà Arte Divertimento Fluxus, né gli altri manifesti che Maciunas scrisse da una parte per porre le basi teoriche e politiche del movimento, dall’altra per individuare le sue origini storico-artistiche. D’altronde, come spesso accade per i manifesti, non si tratta di constatazioni o riconoscimenti delle effettive intenzioni degli artisti, ma prima di tutto di un auspicio, e poi di un filtro, a volte distorcente, per l’interpretazione a posteriori.
Firma o non firma, l’idea di Fluxus come gruppo ha continuato a circolare fino ad oggi, a più di cinquant’anni dal primo Fluxus Festivaldi Wiesbaden nel 1962. Le liste di artisti partecipanti e i programmi dei Festival sono forse i dati più oggettivi a disposizione per tracciare alcuni punti in comune: l’interesse nei confronti della sperimentazione e della multimedialità; il coinvolgimento diretto del pubblico; un gusto che è stato definito “neo-dadaista”, dove lo spirito del ready-made si applica alla performance.
Possiamo dire che gli sforzi di Maciunas hanno centrato l’obiettivo, ma solo in parte: non tanto nella coesione effettiva del gruppo, quanto dal punto di vista della sua comunicazione, resa efficace dalla retorica, dalla cura grafica dei prodotti editoriali e dall’approccio “strategico” visionario di Maciunas che emergono ora da Scritti Fluxus, selezione e traduzione italiana di suoi testi a cura di Patrizio Peterlini e Angela Sanna e da poco pubblicati per Abscondita.
Il Maciunas teorico ha anche ideato performance, eventi, e oggetti che sono rimasti quasi esclusivamente allo stato di progetto, ma che svolgono la funzione di paradigmi, di formati, come questo:
Omaggio a Walter de Maria
Portare tutte le scatole di Walter De Maria, inclusa quella di 1,2×1,2×2,4 metri, nell’area della performance attraverso il percorso più difficile, tramite la metropolitana o l’autobus affollati, attraverso il lucernario. Attraversare la finestra o la scala antincendio; e poi riportarle indietro allo stesso modo non appena finito.
O ancora, quando progetta un armadietto che contenga una collezione “portatile” di opere Fluxus – una delle sue tante trovate di autofinanziamento per il gruppo:
Vorrei produrre alcuni armadietti Flux con l’aiuto del tuo falegname o ebanista. (…)
Gli armadietti avranno 20 cassetti di varie profondità, ogni cassetto 30 × 30 cm e da 2,5-3 a 10 cm di altezza. 1. Closed on Mondays di George Brecht (cassetto con elastico fissato all’interno in modo che si richiuda); 2. Cassetto che salta fuori quando il fermo viene rilasciato (circa il contrario del primo); 3. Comb Music di George Brecht (i rebbi vengono pizzicati quando si apre il cassetto); (…) 10. Valoch di George Brecht (molte palline e uova che cadono dal fondo del cassetto aperto); (…) 12. Cassetto con gommapiuma compressa, che salta fuori o si gonfia quando il cassetto si apre; 13. Viewer di John Lennon, binocolo impostato per guardare in basso (lo spettatore vede solo i suoi piedi); 14. 16 buchi per le dita di Ay-O. (…) Questo armadietto sarebbe molto adatto ai collezionisti che iniziano con gli oggetti Flux, perché sarà una collezione autonoma in un comodo armadietto e presenterà pezzi vecchi e nuovi. Ne sto progettando uno qui per un nuovo collezionista, al costo di 3000 dollari.
In Scritti Fluxus, ai manifesti e agli scores delle performance seguono le traduzioni delle lettere di Maciunas, che di Fluxus sono state il tessuto connettivo. Le lettere restituiscono il suo impegno caotico nel (tentare di) organizzare eventi (e a volte riuscirci), creare connessioni internazionali, trovare modi per sostenere economicamente il movimento e commentare la linea di comportamento dei membri decidendo di volta in volta chi è dentro e chi è fuori. Maciunas scrive a Willem de Ridder che Tomas Schmit è “ESPULSO ED ESAUTORATO DA FLUXUS” in una lettera così severa da sfociare nel comico, in cui Maciunas lo invita, in parole povere, a trovarsi un lavoro.
Non puoi promuovere bene l’aspetto sociale di Fluxus se rimani un parassita sociale! È una contraddizione. La prima domanda che le persone fanno è: beh, se sei contro l’arte in quanto socialmente inutile – in quanto attività parassitaria, cosa fai per guadagnarti da vivere? Non puoi rispondere: “vivo da mia madre!”.
Per Maciunas, infatti, l’aspetto politico delle istanze anti-individualistiche e anti-artistiche di Fluxus non è un elemento accessorio: ludico? Sì. Disimpegnato? No. È nella sottile linea di demarcazione tra queste due polarità che esplode la tensione interna al movimento. Ne è testimonianza l’Azione contro l’imperialismo culturale dell’aprile 1964, un invito a picchettare l’ingresso dell’esecuzione di Originale di Stockhausen, diretta da Allan Kaprow e organizzata da Charlotte Moorman per il secondo Annual Avant Garde Festival di New York. Molti degli artisti Fluxus sono legati al mondo dell’avanguardia musicale e non ne rigettano il formalismo: un aspetto che Maciunas rifiuta profondamente.
In una conferenza ad Harvard nell’autunno del 1958, Stockhausen respinse con disprezzo il “jazz” definendolo “primitivo… barbaro… un ritmo con qualche accordo…”. In pratica disse che era spazzatura.
Quando sferrò questo attacco fascista alla musica afroamericana Stockhausen era un ben noto simbolo del disprezzo e dell’avversione per ogni tipo di musica operaia, contadina o non europea […]. La rivista di Stockhausen, così come la sua conferenza, hanno decretato più e più volte che oggi l’univa Vera Musica è la Musica Seria Europea […]. STOCKHAUSEN VATTENE!
Alcuni artisti Fluxus picchettano l’ingresso allo spettacolo, altri decidono di entrare. È una divisione che rispecchia anche una differenza generazionale e storica tra chi, come Maciunas, è sopravvissuto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e ai campi per rifugiati migrando negli Stati Uniti, e chi incarna gli anni Sessanta meno consapevoli, più borghesi, dell’immaginazione al potere.
Fin qui, Maciunas rischia di venire interpretato come un impresario/imprenditore dispotico, ideologico, volubile e un po’ buffone. A rivelarne la profonda radicalità e generosità è il capitolo di Scritti Fluxus dedicato alle “utopie collettiviste”. Come già detto, per Maciunas gli obiettivi di Fluxus sono sociali: rifiuta categoricamente la compromissione con il mercato e crede nella sovrapposizione tra vita e arte. Lungi dal considerare questi obiettivi una boutade o una profezia da rimandare a un futuro indefinito, Maciunas tenta di realizzare per gli artisti Fluxus contesti ideali per vivere e creare insieme, primo fra tutti il progetto di Ginger Island. Con una mossa a metà tra speculazione e truffa, acquista un’isola deserta nelle Isole Vergini Britanniche. Racconta nell’intervista a Charles Dreyfus Pechkoff:
Avremmo avuto la nostra colonia e rapidamente avremmo iniziato a fare agricoltura. (…) Eravamo come Robinson Crusoe, non avevamo niente… né nave… né radio… sprovvisti di tutto… dovevamo pescare per mangiare. (…) Potevamo semplicemente dormire sotto questi alberi-ombrellone. Quando ci svegliammo la mattina seguente, eravamo tutti ciechi. Che cosa era successo? (…) Quando il proprietario tornò, disse: ‘ Ah, ah, ah, avete sicuramente dormito sotto gli alberi’. Nonostante ciò, il soggiorno è stato piacevole.
Il progetto di Ginger Island fallisce, ma Maciunas non si ferma. Tornato a New York, acquista e rinnova 18 edifici nell’area di Manhattan tra Houston e Canal Street che mette poi in vendita agli artisti alla cifra simbolica di un dollaro al metro quadro. L’obiettivo è farne delle FLUXHOUSE, loft con funzione di casa-studio gestiti cooperativamente per rispondere alle esigenze lavorative ed economiche degli artisti. Il progetto (che suo malgrado ha dato il via alla gentrificazione di SoHo) arriva a un passo dal realizzarsi, ma incontra due difficoltà. Innanzitutto, comincia la “persecuzione” da parte del procuratore generale dello Stato di New York per questioni relative alle tasse sugli immobili. Poi, nel 1975, Maciunas subisce un violento pestaggio probabilmente ad opera della mafia locale. Ne esce con quattro costole rotte, un polmone perforato, 36 punti di sutura in testa e la perdita di un occhio. Trasforma immediatamente il trauma in un’opera, l’Hospital Event, che spedisce a tutti i suoi conoscenti:
Mi sono rotto come un vaso della dinastia Ming. 4 costole rotte hanno trafitto e sgonfiato il polmone, l’occhio sinistro ha lasciato completamente la scena, dalla testa è spuntata una fontana Luigi XIV.
Per difendersi da ulteriori attacchi, trasforma il proprio appartamento su Canal Street in una fortezza degna di una sceneggiatura. Circonda l’edificio con una serie di allarmi attivati da fili. All’ingresso, camuffa delle enormi lame taglia-risme nel compensato (“in pratica non era possibile bussare senza tagliarsi gravemente”, testimonia Bob Watts). Distrugge la scala antincendio per non consentire altre vie d’accesso. Costruisce una stanza segreta e un intricato percorso di fuga, tanto stretto da imporgli una dieta ferrea. “Dopo ogni ostacolo lascio loro un messaggio: State avanzando bene”.
Maciunas sfotte il procuratore generale in una vera e propria opera di mail-art: si fa inviare in busta chiusa cartoline vergini dall’estero, le scrive e re-invia al mittente per essere poi spedite al procuratore da tutto il mondo, “ma gli arrivano senza un ordine particolare come se saltassi da un posto all’altro, l’Ungheria, la Grecia, poi la Spagna e poi Maiorca. Ora ho cartoline dall’Australia, dal Giappone, dal Sud America, e alla fine del mese gli arriveranno dall’Australia, dal Giappone o dall’Europa.” Questo il tono dei messaggi:
Gentile signore,
la cosiddetta “indagine” inizia a prendere le sembianze di un uomo bendato che fa oscillare una grande mazza in una strada e colpisce lampioni, idranti, gatti, cani, auto parcheggiate, finestre e talvolta un passante, ma non colpisce mai il bersaglio che non è nemmeno nella strada. Dal momento che ovviamente sta esaurendo le persone da molestare, includo alcuni nomi e i loro telefoni. Almeno questi nomi somigliano al mio, e questo ha più rilevanza che cercare di citare in giudizio gabbiani e altri uccelli.
Machuca 585-2761 Mak Cheuk Ping 673-3242 Macanas 725-8030 Macinnis 689-7607 Makarushka 595-6099 Mao Chun Fan 666-2841 Machinas 533-6937 Ma Chung Ming 227-7867 Matunas 686-7354 Maciukas 595-2765 Ma Sin Kan 477-4093 McCannon 879-4965
E quando ha finito con loro, provi questi: Bing Ng 226-2538 Rose Stolen 865-4191 Buddy Zzzyp 861-2008 Yip Yiek 737-8575 Yan on Ying 431-3447 Shmule Yahn 929-3093
Fluxus è stato un collettivo suo malgrado, un flusso che ha attraversato le epoche e il cui spirito continua a fluire, più o meno consciamente, nelle ricerche di tanti artisti e artiste. Con Fluxus, Maciunas ha tentato di travalicare l’“EUROPANISMO” (crasi tra Europeismo e Americanismo, da Secondo Manifesto Fluxus), e non è un caso che i suoi testi siano stati tradotti in italiano. L’Italia è uno dei Paesi che più precocemente ha accolto e sostenuto Fluxus: sono tanti i nomi che emergono dalle pagine – Gino Di Maggio, Giancarlo Politi, Francesco Conz e Luigi Bonotto, dalla cui Fondazione è nato il progetto di traduzione. Sono storie di generosità e sostegno esemplari. D’altronde Maciunas, per Fluxus, avrebbe dato anche un occhio.