L’
Asia il più misterioso e contradditorio dei continenti, un luogo di cui è facile ammalarsi, nel quale è semplice lasciare mente e cuore. Dalla prima volta che ho messo piede a Banghok non sono più riuscito a starle lontano. Per anni la voce autorevole di Tiziano Terzani, intervallata da meravigliose letture etnografiche come quelle di James Scott e il lavoro di ricerca sul campo hanno reso la mia esperienza in quel continente profonda e interessante. Non dimenticherò mai incontri come quello fatto a 2000 metri di altitudine nelle comunità indigene Tzao a Sapa in Vietnam, dove un cacciatore di farfalle, che per lavoro vendeva qualsiasi cosa fosse pseudo tribale su Amazon, ha condiviso con me un pranzo. Era estremamente attratto dalle mie origini milanesi e rimase prontamente deluso dalle quasi inesistenti capacità di venditore online che potevo offrire sebbene fossi nato nella capitale del fashion. Quello che proprio non riusciva a capire, era il mio interesse per le popolazioni indigene, montane e senza stato in lotta con il governo accentratore vietnamita. Particolare anche l’incontro con uno sherpa in Nepal, il quale non voleva perdere tempo a guardare le vette innevate che si stagliavano all’orizzonte perché doveva cercare il wi-fi per chattare e postare qualcosa ad alta quota.
Normali storie della nostra modernità liquida e globalizzata, esperienze come queste se ne trovano tante e di più interessanti in un bel libro appena uscito per Milieu edizioni scritto dal giornalista Gabriele Battaglia, un lavoro intitolato Buonanotte signor Mao che fa eco al capolavoro di Tiziano Terzani Buonanotte signor Lenin, il testo che ha raccontato magistralmente la fine dell’impero sovietico e la conseguente nascita di tante piccole nuove nazioni semi totalitarie. Gabriele Battaglia è nato a Milano ma vive da molti anni in Cina, a Pechino, città che ha eletto come punto di osservazione dei cambiamenti globali con particolare attenzione al mondo asiatico.
La mia scelta di vivere qui è la scelta di collocarmi nel punto più dinamico dello sviluppo capitalista, per vederne i conflitti e le contraddizioni: è un progetto politico, perché la vita è politica.
È la scelta di raccontare dall’interno, perché non si può raccontare la Cina, e nessuna cosa, stando lontano: è un progetto professionale. È la scelta di trovare l’altro e farne il mio specchio: è un progetto umano.
Nel suo testo ci sono tante storie che uno sguardo non attento potrebbe considerare minori, ma se lette nella loro complessità e immerse nella globalità della scena politica contemporanea hanno un portato profondo. Dalla Mongolia allo Yemen, passando per l’Iran, il Myanmar, Hong Kong e tornando sempre in Cina l’autore ci accompagna alla comprensione non solo del presente ma anche dei possibili scenari futuri. Racconti di sfruttamento, amore e possibilità, vicende di cui l’occidente non parla perché troppo occupato a scrivere di se stesso. Nelle pagine dei nostri giornali raramente trovano spazio le voci degli sfruttati nelle miniere Mongole e delle lotte degli ecologisti cinesi, per non parlare di tutta una nuova generazione di lavoratori culturali cinesi che tra mille difficoltà e i tentacoli della repressione governativa, provano ad andare contro corrente formando gruppi di artisti e intellettuali in opposizione all’ideologia della crescita senza fine imposta dal governo.
Ou Ning ha la testa tonda, il corpo tondo, gli occhiali tondi e pensa a tutto tondo: arte, politica, organizzazione. È una delle figure più interessanti tra gli intellettuali cinesi ultra-quarantenni (…) Ha messo in piedi decine di eventi e progetti a cavallo tra cultura underground e mainstream. Curatore di mostre, editore, regista, designer e scrittore. Per non spiegare troppo di sé si definisce “lavoratore della cultura”.
Ou Ning è un cinese (tra i tanti) che ha deciso di “decrescere”, di uscire dalla città. Ha fondato una “comune” per tornare a vivere a contatto con la natura dove produce non soltanto ortaggi ma cultura alternativa.
Le quattro colture tradizionali: riso, baco da seta, colza e tè non bastano più per soddisfare le esigenze del moderno agricoltore, ma Ou Ning ritiene che si possa pensare un turismo intelligente da innescare in opposizione al turismo di massa da souvenir usa e getta immaginato dal governo. Nel libro non ci sono solo esperienze di creatività e immaginazione “contropotere” ma anche storie che ci fanno comprendere come la Cina abbia tante facce. Per esempio, una è musulmana e non se ne sente mai parlare: l’autore infatti ci racconta della repressione che vivono gli abitanti dello Xinjiang, un enorme area posta all’estremo occidente cinese che oggi è diventata una regione autonoma chiamata, da chi la abita, Turkestan Orientale. Gli abitanti di questa zona si sentono estranei alla cultura han, che vedono come dominante e colonizzatrice.
Buonanotte signor Mao racconta anche le storie di una Mongolia in aperto cambiamento ma che continua a essere sfruttata per le sue risorse naturali, esperienze sul conflitto Birmano e i suoi vari stati indipendenti ma anche l’Iran con le sue contraddizioni, Hong Kong e i suoi portuali punk che vogliono più soldi ma che combattono il capitalismo, ma soprattutto troverete tante storie dei nuovi invisibili che attraversano tutto il continente asiatico e che in pochi conosciamo:
Oggi nelle città cinesi, il lavoro del giovane kuaidiyuan connota il paesaggio urbano con ancora più forza. Sono ovunque, con le loro pettorine colorate e lo scooter elettrico dotato di bauletto: sfrecciano sulle ciclabili in contromano, si fermano qualche minuto a chiacchierare tra di loro mentre fumano una sigaretta, dormono a cavallo del proprio veicolo, ripartono e schivano, se sono stanchi non schivano neppure e succede il pata-trac.
Ma cosa fanno su questi motorini? Consegnano merce senza sosta. La Cina è la fabbrica del mondo, il mercato è in continua espansione, internet velocizza tutto e loro trasportano questa velocità. Dobbiamo prestare ascolto alla voce che arriva da oriente e quello di Battaglia è un oriente vissuto nella sua quotidianità fra gli uomini e le donne, in mezzo alle difficoltà spesso condivise di precari, mondi diversi ma accomunati dallo sfruttamento, contrasti, riti sciamanici, curiosità, mille volti di un continente che più di altri sta influenzando e continuerà a farlo il mondo a venire.