S ally Rooney dice di aver scritto Parlarne tra amici in pigiama davanti al suo MacBook. A chi glielo chiede, risponde che il suo stile è frutto di anni di scrittura di e-mail notturne. Che l’ultimo editing del testo l’ha fatto ascoltando Next Thing di Frankie Cosmos. Per Sally la sua vita non è particolarmente interessante. Le storie da raccontare le vengono in mente quando esce, incontra gli amici e parla con loro.
Sally Rooney ha 26 anni e con il suo romanzo d’esordio è stata nominata Best Young Writer del 2017 dal Sunday Times. Di suo, su Internet c’è poco. Su Twitter non scrive di letteratura e si irrita quando scopre che l’hanno definita enfant terrible. C’è un suo racconto su Granta, uno sul New Statesman, qualche intervista. Su di lei, su Internet c’è un sacco. Parlarne tra amici è il libro del momento e gli altri scrittori non credono che sia stato scritto in tre mesi. Rooney viene definita la “Salinger della generazione Snapchat”. La Rooneymania è solo hype? O sotto il passaparola degli addetti ai lavori c’è qualcosa di più profondo?
Sally Rooney ha scritto un romanzo di formazione dell’identità e delle emozioni di una ragazza della sua generazione usando una trama semplice e ponendosi domande difficilissime: chi sono io? Chi sono gli altri per me? È possibile dare un nome ai sentimenti? Quante sono le forme d’amore? I protagonisti delle 300 pagine di Parlarne tra amici (Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli), sono quattro, due ventenni e due trentenni. C’è Frances, protagonista e poetessa, e c’è Bobbi, primo amore, migliore amica e musa. Ci sono Melissa, autrice e fotografa e Nick, attore e marito di Melissa. Le ragazze sono talentuose e acerbe. La coppia è affermata e perfetta agli occhi di chi la guarda in un video su Facebook. Sono tutti particolarmente brillanti e fanno parte di una certa scena intellettuale, ma che le “cose letterarie” alle quali partecipano Frances, Bobbi, Melissa e Nick siano ambientate a Dublino, al Pigneto o Williamsburg poco importa. A Sally Rooney non interessa raccontare l’ascesa professionale dei suoi personaggi ma le weird relationships che si instaurano tra di loro.
Frances ha 21 anni. Di lei dicono che sia “bisessuale”, lei si definisce “onnivora”. La sua idea di libertà è stare a casa da sola “a farmi tutti i caffè che volevo e lasciare i libri su ogni superficie”, e quando piove, rimanere a letto a scrivere poesie “e a premere il tasto d’invio per andare a capo”. Le cose che la fanno sentire al sicuro sono i beni materiali, “la camicetta bianca appesa ad asciugare in bagno, i romanzi in ordine alfabetico sullo scaffale, le tazze di porcellana verde”. A non farla sentire al sicuro è tutto ciò che può minare il complesso equilibrio della sua vita interiore, tutto quello che rischia di far crollare come un castello di carte l’immagine che Frances dà di sé agli altri. La protagonista di Parlarne tra amici desidera assomigliare alla sua amica Bobbi, interpreta il personaggio della “ragazza sorridente che ricorda le cose”, pretende di essere una “persona assolutamente autonoma e indipendente con una vita interiore che nessuno aveva mai toccato o colto”. Poi incontra Nick, al quale piace com’è, e Frances si sente come se stesse giocando a un videogioco senza conoscere i comandi: “lo desideravo talmente che mi sono sentita completamente stupida, e incapace di dire o fare alcunché”.
Non c’è niente di peggio per una maniaca del controllo e fanatica del linguaggio come Frances di non sapere quali parole usare. Quando conosce Nick a voce si scambiano poche parole, spesso banali. La loro comunicazione verbale si svolge per la maggior parte del tempo attraverso la rete protettiva di Internet, nella finestra di una chat, per e-mail. Sulla tastiera Frances può pensare e ripensare alle parole giuste da formare unendo le lettere come se stesse giocando a Scarabeo (“Scrivere a Nick era facile, ma anche competitivo ed eccitante, come una partita di ping pong”). Dalla sua camera, quando si sente in difficoltà, Frances può coprire il nome di lui sullo schermo con il polpastrello. Davanti allo schermo del portatile, quando vuole ricordarsi com’è fatta la faccia di Nick, può scrivere su Google il suo nome. “Adoravo quando era disponibile in quel modo, quando la nostra relazione era come un documento Word che stavamo scrivendo e editando insieme, o un lungo private joke che nessun altro poteva capire”. Quando i messaggi di Nick le sembrano senza alcun tono o significato, le reazioni di Frances dimostrano tutta l’insofferenza e sregolatezza emotiva dei suoi vent’anni:
In preda alla rabbia ho perfino iniziato a rovistare in mail e sms in cerca di “prove” della nostra storia, che si riducevano a un paio di noiosi messaggi logistici in cui lui diceva quando sarebbe stato di ritorno a casa e io a che ora pensavo di arrivare. Non c’era traccia di dichiarazioni d’amore appassionate o sms sessualmente espliciti. Ed era logico, perché la storia si svolgeva nella vita reale e non online, ma io mi sentivo comunque derubata di qualcosa.
La scrittura è limpida, concisa, consapevole. Sally Rooney ha il dono di rendere realistiche, coinvolgenti, intense e a volte dolorose le pagine di uno scambio di link come le scene di sesso o di solitudine. Tra i pochi scrittori che Sally cita tra le sue influenze c’è Ben Lerner, una generazione precedente alla sua, altro amante delle weird relationships: il narratore di Un mondo a venire ha una migliore amica che vuole un figlio da lui, il protagonista di Un uomo di passaggio si innamora di due ragazze contemporaneamente e a un certo punto una di loro, Teresa, gli chiede se ha capito la relazione tra Maria Schneider e Jack Nicholson in Professione: reporter perché è un po’ come la loro, e lei non l’ha capita. In Parlarne tra amici, Nick è la persona alla quale Frances può dire l’ultima frase del romanzo, quando finalmente non fa più distinzione tra quello che vuole dire e quello che dice.