A rincorrere le origini del fumetto ci si perde, perché, facilmente, si finisce fuori strada. Conviene comunque percorrerle, le strade, parallele o divergenti che siano, perché si vedono “cose nove” a proposito del “visibile parlare”: come cantò Dante (Purgatorio X, 94 – 95). L’espressione dantesca (riferita all’icasticità “parlante” di un rilievo marmoreo raffigurante un episodio della vita dell’imperatore Traiano) è stata citata dal linguista Francesco Sabatini nel suo discorso introduttivo a un recente convegno su “Il Fumetto nel Medioevo” svoltosi a Roma presso l’Istituto storico italiano per il Medioevo (ISIME).
Che “fumetto” sia parola e categoria talvolta impropria, usata “per comodità e approssimazione” nella ricerca a ritroso delle origini – da Yellow Kid a Rodolphe Töpffer, da William Hogarth all’Arazzo di Bayeux, dalle “vignette” pompeiane, ai geroglifici, alle scene di caccia nelle Grotte di Altamira – hanno ben precisato alcuni dei relatori e lo storico Massimo Miglio, presidente dell’ISIME. Ma le “cose nove” raccontate e fatte vedere in questa tappa al Medio Evo hanno posto qualche dubbio sui predefiniti confini di una “forma di scrittura” (la definizione è del semiologo Daniele Barbieri nel suo Letteratura a fumetti? Le impreviste avventure del racconto, 2019 ComicOut), di un linguaggio che non smette di interrogarsi sulle sue origini. Magari con un prudente punto di domanda, come avviene in Un protofumetto per Giovanna II di Borgogna? oggetto della relazione di Chiara Paniccia, (Università della Tuscia), che ha mostrato e commentato l’Electorium parvum o Breviculum, un codice realizzato ad Arras, tra il 1321 e il 1322, da Thomas le Myésier, allievo di Ramon Llull (italianizzato in Raimondo Lullo, 1232-1316), singolare e importante figura di teologo, logico, astrologo, alchimista e missionario catalano che diede vita alla corrente filosofica del lullismo.
Il suo pensiero si identificava con la missione di convertire ebrei e islamici al cristianesimo, per mezzo di un’ars, un’arte come “metodo dei metodi” nel quale ogni proposizione fosse riducibile, matematicamente, a termini via via più semplici, tali da poterli combinare in proposizioni vere. Un’ars combinatoria (teorizzata in numerosi scritti), una sorta di mnemotecnica che influenzò pensatori come Giordano Bruno, Nicola Cusano, Pico della Mirandola e che aprirebbe, addirittura, a sviluppi del calcolo computazionale.
Il prezioso Breviculum, oggi conservato presso la Badische Landesbibliotek di Karlsruhe (si può vedere e scaricare qui) è qualcosa di più di molti e pregevoli codici miniati o delle figure “parlanti” tramite filatteri e cartigli di tanta iconografia medievale. È “un’edizione in figura” composta da 12 illustrazioni a piena pagina, concepite e ordinate graficamente da Thomas le Myésier per divulgare la vita e l’opera di Lullo. La straordinaria qualità grafica e artistica è soltanto l’aspetto più eclatante di quest’opera che è una versione “breve” dell’Electorium magnum (conservato alla Bibliothèque Nationale de France a Parigi). Perché, come sottolinea Chiara Paniccia, “si tratta di una mise-en-texte particolarmente interessante poiché originata a guisa di fumetto e poi presentata come una scrittura”. A colpire di più, insomma, sono alcune particolarità grafiche che l’apparentano al fumetto e al suo linguaggio. Cerchiamo di riassumerle.
1) Le parole proferite dalla bocca dei “personaggi” escono come “flatus voci” ma si dispongono e si attorcigliano in un lettering fatto di testi ordinati in “simil-balloon” di varie fogge geometriche: tondeggianti, sinuose o squadrate, che si adattano alla grafica d’impaginazione della tavola o delle sue porzioni. Assumono, dunque, forme congruenti ai contenuti delle parole: sia nel caso di secche frasi – come quando in un serrato e rissoso dialogo tra Lullo e un musulmano scappa un “Sei morto!”, degno di un duello tra Tex e il cattivo di turno –; sia nel caso di un altro concitato episodio della predicazione di Lullo in terra saracena, quando il contrasto religioso e ideologico avvampa in dialoghi nervosi che si dispongono in forma di una fiammeggiante nube “rubrica” (la parola rubrica, indicava le parti di codici e libri liturgici scritte in inchiostro rosso).
2) Le Myésier guida il lettore a una corretta lettura temporale e sequenziale, attraverso una “visualizzazione del dialogo” tra i personaggi raffigurati, che scandisce l’ordine dei “parlanti” con lettere (a, b…) e distingue i dialoghi e le didascalie esplicative con inchiostri di diverso colore (rosso, nero, verde).
3) La tavola è quasi sempre divisa in due o tre “vignette” ripartite verticalmente che definiscono ruoli, importanza e posizione sociale degli “attori” ma indicano anche tempi diversi dell’azione. Nel primo episodio della vita di Lullo, ad esempio, si mostra la sua conversione, avvenuta in seguito a ripetute visioni della Croce. Ma come spiega Chiara Paniccia nella sua relazione le “cinque visioni consecutive del Crocefisso (sono) qui visualizzate simultaneamente (e) le dimensioni crescenti di ciascun crocefisso suggeriscono la consequenzialità degli episodi dal più recente al più lontano nel tempo”. Non un artificio prospettico-spaziale, dunque, ma psicologico-temporale che fa pensare alle tavole della Trilogia Shakespeariana di Gianni De Luca; o alle costruzioni matematico-temporali di Maurits Cornelis Escher.
4) Per marcare i confini spaziali e temporali, inoltre, Le Myésier utilizza “artifici” grafici che diventano veri e propri elementi e oggetti della scena (alberi, colonne, torri, scale appoggiate, aste di bandiere, bastoni regali) che si gustano a pieno in alcune pagine affiancate – quasi fossero delle splash-page alle quali ci hanno abituato i comics supereroici americani. Ma Le Myésier applica anche una sorta di metagrafica fatta di grafi e “schemi e dispositivi allegorici” disponendo i principi lulliani in ordine gerarchico, magari utilizzando i gradini di una scala come cornici-ballon sovrapposte, articolandone la lettura e comprensione con l’uso degli inchiostri colorati o attraverso indicazioni che obbligano a rigirare il foglio ora verticalmente, ora orizzontalmente. Davvero una straordinaria “modernità” narrativa – che apparenta queste illustrazioni a certi Visual Data contemporanei, quali vediamo, ad esempio, sulle pagine de La Lettura, il supplemento culturale del Corriere della Sera. O anticipa le frecce direzionali usate per suggerire – quando potrebbe risultare ambiguo – l’ordine di lettura delle vignette a fumetti.
Sono molti altri gli spunti da raccogliere a conferma delle caratteristiche, per cosi dire, fumettologiche del Breviculum, così come altri di natura più specialistica riferibili alla storia e al pensiero dell’epoca, alla destinazione, all’uso politico di questa particolare “riduzione in figura”. Per questo rimandiamo al testo della relazione che farà parte del volume di prossima pubblicazione a cura dell’Isime e che raccoglierà gli atti della giornata di studi. Che ha visto anche i contributi di Paolo Di Simone (Ut pictura vebum? Dipinti parlanti tra XI e XV secolo), Elisa Pallottini e Carlo Tedeschi (Il fumetto nelle fonti epigrafiche – secoli XI-XII), Tommaso di Carpegna (Il Medioevo nel fumetto contemporaneo).
Forme di scrittura e forme parlanti convivono o si alternano in un confine labile tra scrittura e oralità, come ha sottolineato Paolo Di Simone (Grup Emac. Universitat de Barcelona e Università di Chieti) nel suo contributo dal significativo titolo Ut pictura verbum? Dipinti parlanti tra XI e XV secolo. E che ha mostrato un’ampia galleria d’immagini nelle quali la parola disegnata come raffigurazione grafica di ciò che si dice rimanda alla tradizione dell’oralità; e la predicazione religiosa scritta in latino si sposa a una traduzione più comprensibile, “fumettata”, in lingua volgare, assumendo una funzione teatrale, come avviene nel celebre affresco nella basilica di S. Clemente in Laterano.
Il già citato testo di Daniele Barbieri, per conto suo, aveva già applicato al linguaggio del fumetto questa dualità tra scrittura e oralità e ne aveva definito gli esiti nelle forme moderne della letteratura a fumetti. Così come, su un altro piano disciplinare, hanno fatto Elisa Pallottini (Università di Utrecht) e Carlo Tedeschi (Università di Chieti) nell’ampia e interessante ricognizione su epigrafi e sculture “parlanti”. In un capitello di S.Flaviano a Montefiascone, per fare un solo esempio, il personaggio scolpito agisce e parla (tramite le epigrafi sull’abaco) in sequenza sulle facce del capitello. Lo spettatore, per leggere la “storia” deve ruotare intorno alla colonna, come se voltasse pagina. L’espediente scenico di farlo rivolgere direttamente al “lettore”, rimanda a una sorta di “metateatro” (quando l’attore si rivolge direttamente allo spettatore). O – aggiungiamo noi – facendo un ardito salto in avanti verso il fumetto vero e proprio, “allude” alle moderne comic strips: pensiamo a molte strisce dei Peanuts, quando Charlie Brown, per commentare ciò che gli accade guarda sconsolatamente e direttamente il lettore.
I due studiosi concludono sottolineando come negli esempi analizzati si riconosca “l’affacciarsi di una nuova sensibilità verso l’Uomo nelle sue espressioni più drammatiche, ludiche e crude, che costituisce una delle manifestazioni più caratteristiche della cultura e società del tempo e che… permette di considerare l’emergere del fenomeno fumetto in relazione ad altri importanti fenomeni che hanno cambiato profondamente la cultura dell’Occidente romanzo”.