N el 2015 vidi gli Psychic TV dal vivo, anche se è come non fosse davvero successo. Gli Psychic TV erano qualcosa di inafferrabile per definizione: ne ho visto una manifestazione, neanche troppo emblematica, ed è finita lì. Non erano gli Psychic TV delle origini, non erano quelli esoterici, quelli delle sonorità elettroniche, dell’immaginario violento. Erano un gruppo di hard rock psichedelico che probabilmente non mi avrebbe scaldato molto se non ci fosse stato scritto Psychic TV sul biglietto. E se sul palco non avesse troneggiato Genesis P-Orridge, che dei PTV era l’immagine, a maggior ragione negli ultimi anni, dopo la morte di Peter “Sleazy” Christopherson.
Andiamo con ordine. Nel 1981 si sciolgono i Throbbing Gristle, uno dei gruppi più importanti di sempre: un’evoluzione del gruppo di arti sperimentali e performance chiamato COUM Transmissions, sono stati i fondatori del genere industrial. Chris Carter, Peter Christopherson, Cosey Fanni Tutti e Genesis P-Orridge. Il gruppo si scioglie in modo turbolento, Chris e Cosey se ne vanno per conto loro; Genesis, insieme a Sleazy e Alex Fergusson (che veniva dal gruppo punk Alternative TV), fonda gli Psychic TV. Il nome del progetto riguarda la loro vicinanza al mondo della video arte e l’idea che la televisione, da strumento di controllo e psychological warfare, si potesse utilizzare anche per combattere lo status quo.
Da subito è importantissimo l’aspetto rituale delle loro performance, dovuto anche alla nuova fascinazione di Genesis per Anton LaVey e la sua Chiesa di Satana, la stessa che qualche anno più tardi recluterà nel proprio think-tank anche il pioniere dell’industrial Boyd Rice. LaVey, esoterista-prankster, comparirà anche in un brano dei PTV mentre recita il Padre Nostro all’incontrario. “Con l’accumularsi di troppa storia abbiamo perso la nostra innocenza, non possiamo più credere facilmente ad alcuna spiegazione. Descriviamo più che sentire, tocchiamo più che esplorare, pecchiamo invece di adorare”.
La musica degli Psychic TV è una musica di cui si può dire tutto e il contrario di tutto, che ha avuto mille diramazioni e significati, attraversando generi musicali alle volte distantissimi.
Parallelamente alla band, viene creata insieme ad amici, musicisti e sodali quali David Tibet (Current 93), John Balance (Coil) e Brion Gysin (inventore della Dream Machine) anche quella che si può definire una… loggia? O una setta? Insomma, qualcosa che viene battezzato Thee Temple ov Psychick Youth, che funge sia da collettivo artistico che da gruppo per la pratica della magia rituale, sulla base di insegnamenti appresi dalla lettura di Crowley e di Austin Osman Spare, nume tutelare di quella chaos magick che di TOPY era il fondamento. Uno dei pilastri dell’organizzazione era la pratica della magia scollegata dal misticismo o dall’adorazione delle divinità: il potere magico veniva soprattutto dall’uomo, dal cervello e dal corpo, attraverso la sessualità, e seguendo sia “la via della mano sinistra” che quella della mano destra, prosaicamente chiamate anche magia nera e magia bianca.
Lo sperdimento e l’estasi panica – probabilmente le finalità ultime del progetto – venivano però innanzitutto ricercate attraverso la musica, una musica di cui si può dire tutto e il contrario di tutto, che ha avuto mille diramazioni e significati, attraversando generi musicali alle volte distantissimi.
Prolifici all’inverosimile, tra infiniti cambi di formazione e ospiti occasionali, a metà degli anni Ottanta i PTV decidono addirittura di pubblicare (per ragioni principalmente simboliche e numerologiche) un disco dal vivo il 23 di ogni mese per 23 mesi. Il progetto non andrà in porto e si fermerà dopo 14 uscite, che saranno comunque abbastanza per assicurare ai PTV un posto nel Guinness dei primati.
Genesis: “Sono in guerra aperta con la cultura dal primo giorno… Sono in guerra con lo status quo della società e sono in guerra con quelli che hanno il controllo delle cose e il potere. Sono in guerra con l’ipocrisia e le bugie, sono in guerra con i mass media. E inoltre sono in guerra con ogni bastardo che prova a fare del male a qualcun altro per il proprio interesse. E sono in guerra con il privilegio e sono in guerra con tutte le cose con cui si deve essere in guerra, in pratica. Come diceva il mio maestro: I feel your pain, I feel your shame but you’re not to blame”.
I capolavori della prima fase sono Force The Hand of Chance e Dreams Less Sweet, rispettivamente ’82 e ’83, dischi in cui l’elettronica è già presente ma ancora trattenuta, quasi classici, molto poetici, a volte vicini alla forma canzone – per quanto ritorta e scombussolata. Force The Hand Of Chance mescola ballate e rumori, pop e idee sparse, alle volte centrando il punto e altre meno, ma sempre con una personalità indiscutibile. C’è spazio anche per il post punk di Ov Power e per i vaghi ricordi blues che graffiano No Go Go. Just Drifting e Stolen Kisses possono essere considerate canzoni pop, e c’è anche un’indiscutibile dolcezza nel fatto che la prima sia dedicata a Caresse, la figlia appena nata di Genesis; Caresse dà il nome anche a un’altra variazione sul tema presente nel disco, che si chiude con una registrazione del suo pianto.
Ma a una Just Drifting segue il rumore di Terminus, e per una canzone d’amore paterno c’è anche una sordida Guiltless o una marziale, spaventosa Message From The Temple.
Dreams Less Sweet trasmette spaesamento, fatto com’è di abbozzi spesso brevissimi, canzoni che non si sviluppano del tutto, uno zapping continuo tra fantasie drogate e cambiamenti (di tono, di senso, di spirito) che giocano a tradire le aspettative. Tra l’industrial e il pop orchestrale, tra il minimale e il raffinato, il fanciullesco (Always is always pare un coro di bambini – alle prese con una canzone di Charles Manson) e l’horror (la lunga declamazione In the nursery), tra affreschi paesaggistici e il neofolk che verrà (c’è anche David Tibet), tra il cazzeggio e il capolavoro, tra bellezza e paura.
Caratteristica fondamentale del progetto è la voglia di sperimentare al limite con la follia, e se questo vuol dire utilizzare ogni tipo di suono, di strumento (comprese ossa umane), di sample e di spunto sonoro, allora è al periodo acid house che dobbiamo rivolgerci: le finte compilation Jack The Tab e Tekno Acid Beat uscite nel 1988 colgono in pieno lo spirito del tempo e si inseriscono in quel contesto di Inghilterra stonata e contenta che stava dando i natali a band come Happy Mondays, Stone Roses e Primal Scream (o quantomeno alle loro incarnazioni più acide).
Si tratta di due album, in seguito raccolti in un unico CD: finte compilation di brani attribuiti a una pletora di artisti diversi, alcuni esistenti come King Tubby, altri inventati (almeno uno, M.E.S.H., è poi “diventato vero” in tempi recenti). Si tratta in realtà di lavori a marchio PTV, e si guadagnano la definizione di primi dischi acid house inglesi (è abbastanza incredibile, peraltro, pensare che escono nello stesso anno in cui i PTV si cimentano con l’art pop di Allegory and Self).
Se la droga e il suo uso ricreativo sono i grandi ispiratori di questa doppia raccolta, è anche vero che il termine acid house le sta un po’ stretto: Jack The Tab e Tekno Acid Beat esplorano in realtà anche dub, electro, samples di ricordi industrial, virate nere… Il tutto prodotto divinamente, e con un collante riscontrabile nelle lontane radici psichedeliche della formazione, che qui prendono forma nella ripetitività dell’elettronica da club, sempre sporcata di rumore.
Cruciale per capire appieno questa esperienza di libertà musicale, questo percorso ininterrotto nella sperimentazione, è anche il cofanetto Themes raccolto da Cold Spring nel 2011. Il box raccoglie lavori composti tra il 1980 e il 2009: a volte inediti, a volte live, a volte concepiti per fare da accompagnamento alle opere di Derek Jarman, in buona parte intesi come colonne sonore dei rituali del Tempio, rappresentano indubbiamente la parte meno “facile” dei PTV, meno pop e più suggestiva, più autenticamente magica.
Tutto è filtrato dall’influenza del cut-up di ispirazione Burroughsiana e tutto prende il carattere di musica rituale, parte di un percorso iniziatico che mira all’alterazione di coscienza, al raggiungimento di uno stadio superiore dell’esperienza umana. “La razza umana deve capire che il corpo umano non è altro che, in fin dei conti, una valigia da quattro soldi”.
Ma il percorso dei PTV è indissolubilmente legato a quello di Genesis, e se la sua storia personale ha attraversato trasformazioni radicali negli anni Novanta, la sua musica non è da meno. Il matrimonio con Lady Jaye diventa commistione totale, non solo sul piano emotivo e spirituale ma fortemente cercata anche su quello fisico, attraverso quello che verrà battezzato il Pandrogeny Project: un percorso di mutazione dei corpi attraverso innumerevoli e costosissimi interventi chirurgici, per somigliare sempre più l’uno all’altra, diventare un unico essere.
“Abbiamo cominciato perché eravamo innamorati pazzi, semplicemente volendo mangiarci a vicenda. Ci stava influenzando in modi che neanche ci aspettavamo. Davvero, eravamo come due parti di un’unità; il pandrogino era il tutto e noi eravamo le sue due metà”. Nel 2007 Lady Jaye muore per un cancro allo stomaco, e Genesis stabilisce che la loro fusione continuerà in uno spazio ultradimensionale. Incomincia a riferirsi a sé al plurale. “Ho 38 anni [è il 1989] e, pur con tutti i miei errori, ho speso la maggior parte di questi 38 anni cercando con determinazione idee che funzionassero e che aiutassero. L’unico modo per verificarlo è darle in pasto alle persone e vedere cosa succede. Se aiutano una o due o dieci o quindici persone, è un grande risultato rispetto a quello che la maggior parte degli esseri umani fa nella propria vita per aiutare qualcuno. Se ne aiutano qualche centinaia o migliaia, è incredibile”.
Tutto prende il carattere di musica rituale, parte di un percorso iniziatico che mira all’alterazione di coscienza, al raggiungimento di uno stadio superiore dell’esperienza umana.
Ma è impossibile separare Genesis dai suoi progetti, e anche nell’ultima incarnazione di PTV Lady Jaye ha un ruolo fondamentale. Genesis ricorda una sua frase: “non hai più bisogno di fare musica. Se lo vuoi, fai solo quello che ami veramente, non badare al tuo pubblico, fai solo ciò che ti piace”. Capisce che ciò che ama davvero è quello che aveva acceso il fuoco all’inizio: il garage rock psichedelico degli anni ’60. Ricomincia a collezionare dischi dell’epoca, ascolta solo musica prodotta tra il ’63 e il ’69 e si riappassiona come da adolescente.
Ovviamente questo influisce pesantemente sulla sua produzione artistica: in una specie di cerchio perfetto che parte dalle avanguardie più spinte, finisce con l’appropriarsi di un suono, quello dell’hard psichedelico, che ormai possiamo definire del tutto classico. Snakes, album del 2014, è un buon rappresentante di questo filone.
Tra cambiamenti, cambi di nome e addii alle scene non mantenuti, questo è quello che Genesis ha fatto fino alla fine, arrivata un anno fa. Alla faccia mia, e di tutti quelli che andavano a vedere i PTV con aspettative che non fossero semplicemente vedere Genesis manifestarsi e fare un po’ quello che vuole. “Una scienza esatta è una scienza che ammette la sconfitta”.
Una versione di questo articolo è stata originalmente pubblicata sul sito Pixarthinking; l’autore desidera ringraziarne l’editor Mattia Coletti.