P er capire l’impatto di Un mondo nuovo – Fumetti della Mauretania (Tunué), per prima cosa c’è bisogno di fare ordine, una cosa non del tutto scontata per quanto riguarda l’opera di Chris Reynolds, che si contraddistingue per ellissi e sospensioni, almeno quanto le vicende narrate nelle sue storie.
Nel 1990 esce per Penguin Books un libro intitolato Mauretania. L’autore è Chris Reynolds. Il libro è quasi una commissione della prestigiosa casa editrice, la quale desidera ardentemente dare spazio a un autore che sarebbe stato seminale, ma che all’epoca appariva bizzarro più che altro. Non c’è che dire, avevano visto lungo.
Chris Reynolds era nato gallese trenta anni prima. Fino a quel fatidico 1990, che lo avrebbe fatto emergere dal semi anonimato, aveva creato dalla metà del 1980 una serie di storie brevi per un progetto coltivato assieme all’amico Paul Harvey. Questo progetto a fumetti rispondeva al nome di Mauretania Comics, ossia i Fumetti della Mauretania.
Le trame di queste storie sono strane, incerte come spettri, né presenti, né assenti. Il modo di rappresentarle, cupo, scuro, chiuso in cortine di inchiostro nerissimo, le fanno sembrare molto simili ai tentativi di un borderline, di un fumettista naif, più che di un professionista. Nonostante queste premesse, risultano essere un esperimento riuscitissimo, tanto è vero che Penguin Books promuove la carriera dell’eccentrico autore, la cui biografia sul Wikipedia inglese è più corta della ricetta delle uova strapazzate; e lo fa a dovere, tanto è vero che Mauretania sfonda anche all’estero. In Italia, nel 1992 viene pubblicato niente meno che da Feltrinelli, nella collana i Canguri. Il successo sembra dietro l’angolo, ma che cosa succede poi? Inaspettatamente Chris Reynolds si ferma, o meglio si inabissa. Pian piano Mauretania scompare dagli scaffali delle fumetterie. Quella storia, così misteriosa, sparisce dalla circolazione, ma non affievolisce il suo ingombro nel cuore dei più scafati professionisti del settore, i quali anzi ne fanno un culto.
Nel 2005, quindici anni dopo l’apparizione nel catalogo della Penguin, Mauretania torna protagonista in un articolo apparso sul numero 265 di The Comics Journal. Il collega canadese Seth, autore, tra le tante magnifiche cose, del Clyde Fans recentemente pubblicato da Coconino Press, riaccende i riflettori sui Mauretania Comics e improvvisamente Chris Reynolds diventa “il fumettista più sottovalutato degli ultimi venti anni”. Ricomincia il mormorio attorno al nome di questo sgusciante gallese e finalmente dopo un paio di tentativi andati a vuoto, nel 2018 è lo stesso Seth che stende il tappeto rosso per il ritorno di Reynolds curando The New World, una ricapitolazione dei Mauretania Comics, uscito in America per la prestigiosa casa editrice New York Review of Books. In Italia è arrivato un anno dopo grazie alla Tunué e durante il BilBolBul del 2019, Chris Reynolds in persona, a quasi sessant’anni, ha potuto inaugurare una splendida mostra delle tavole originali della sua opera. Tutto è bene quel che finisce bene, una meravigliosa fiaba della serie “non è andata come a Van Gogh” eccetera eccetera. Sì, ma anche no, c’è di più. Perché l’opera di Reynolds è davvero qualcosa che non lascia indifferenti, anzi lascia esterrefatti.
L’arrivo in Italia di un autore così importante non è solo l’occasione per leggere un prodotto d’autore pressoché misconosciuto dalle nuove generazioni, è anche la possibilità di potersi misurare con un modo di fare fumetti del tutto originale, nuovo oserei dire, proprio come il Mondo che è suggerito dal titolo del favoloso volume in oggetto.
Come dicevo: ordine. La raccolta contiene: 1) il racconto medio lungo Il Dial, dove il protagonista Reg fronteggia le strane conseguenze di alcuni scavi vicino alla casa di sua proprietà e il lettore viene posto davanti all’enigma di una religione extraterrestre (?) che si chiama “la connessione”; 2) tantissime storie brevi e brevissime, che si svolgono non tanto nello stesso mondo, ma nella stessa dimensione emotiva e compongono la ragnatela insidiosamente avvolgente che contraddistingue i Fumetti della Mauretania; 3) il racconto lungo Mauretania, quello targato Penguin uscito nel 1990 per intenderci, in cui seguiamo Susan, che chiusa l’azienda dove lavorava – la Fern LTD – si trova invischiata in un mistero da risolvere, che le farà conoscere Jimmy, un ragazzo/adulto che indossa un casco futuristico, e aprirà le porte a un rinnovamento in una maniera davvero imprevedibile.
Jimmy/Monitor è il protagonista iconografico di questa inusuale serie di fumetti. Costui è un personaggio che vive, osserva, ascolta perennemente dentro un tondo casco fantascientifico. Divinità? Umano? Alieno? Robot? Nessuno può saperlo, Reynolds non fornisce dati a riguardo, dà tutto per scontato, come se il fumetto venisse scritto in una dimensione in cui le cose sono evidentemente come sono e le spiegazioni sarebbero una noiosa reiterazione del dato di fatto. Jimmy vive con un casco in testa e questo è quanto. Qualcosa ci fa sospettare che non veda la realtà esattamente come la vede chi gli sta attorno. Quel casco diventa allora una specie di proiettore di realtà virtuale. Di allucinazioni. Di realtà ipnagogiche, tra veglia e sonno e sonno e veglia, interregno ideale per fraintendimenti, fantasmi, per ascoltare voci di antica memoria, commettere errori di calcolo, mal formulare frasi.
C’è di più: Jimmy beve limonate nel retro di un vecchio palazzo circondato da alte mura di cemento sormontate dal filo spinato. Fa una professione misteriosa, individua Punti Nodali – attività questa copiata e incollata dallo scrittore di fantascienza William Gibson per Colin Laney, il protagonista del romanzo Aidoru del 1997 – che consiste nel far chiudere imprese e fabbriche dannose – la Fern LTD è tra queste – usando metodi non meglio specificati. Per fermarlo la Polizia Mentale ordisce un piano onirico. In maniera sorprendente la nascita del Mondo Nuovo vede Susan e Jimmy affrontare assieme il problema di una non ben precisa “connessione telefonica” – che centri qualcosa il Dial del racconto omonimo? – compromessa dall’aquilone di alcuni bambini che giocavano evidentemente nel posto sbagliato. Una storia di cavi che si legano ad altri cavi e creano nodi, punti nodali, interconnessioni. Nel finale non scorgiamo il mondo nuovo evocato da Jimmy, ma sappiamo che “in futuro non ci saranno più fili” e “Ogni cosa avrà le sue batterie”.
Il raffinato critico Paul Gravett, per risolvere l’enigma inespresso di questo fumetto, suggerisce una visione complessiva calda, quando afferma che il ciclo di Mauretania Comics: “A differenza di tanta fantascienza, a fumetti e non, sembra rinunciare alla distopia e alla tecnologia, e suggerisce un futuro stranamente speranzoso.” Sono d’accordo, anzi è evidente, ma secondo me siamo piuttosto davanti a un mondo leggermente fuor di sesto, un mondo ambientato non proprio in un futuro speranzoso, come suggerisce giustamente Gravett, ma in un futuro freddamente, artificiosamente, speranzoso, con un’anima oscura, ubikiana.
Questo perché Mauretania e i fumetti di questa raccolta hanno qualcosa di terribilmente inquietante. Il primo racconto ha un titolo ben preciso, Il Dial, che è questa religione “semplice” che si usa per manipolare i terresti durante il periodo dell’occupazione, conseguente alla sconfitta del pianeta, ad opera dell’A.U.S. – una nomenclatura criptico/magica degna della scrittura di Philip K. Dick. Il Dial risulta il più inquietante e oscuro dei racconti della raccolta, un registro onirico si mimetizza con la realtà producendo una sensazione di fragilità diffusa, in una storia che è inverosimilmente verosimile, giacché tutto quello che succede, succede secondo certe regole leggermente differenti da quelle a cui siamo abituati scientemente. Nel mondo di Chris Reynolds non stonerebbe un Ministero del Sogno, una tassa sull’uso di certe combinazioni sillabiche, oppure un ponte che unisca il Portogallo al Canada. D’altra parte non stonano indagini su sparizioni di interi palazzi, alieni dagli strani cappotti, appartamenti ereditati che sono in realtà cupole di vetro, colletti bianchi che agiscono per misteriose organizzazioni e personaggi che vestono caschi con tanto di visore virtuale al posto dei classici cappelli.
Siamo dalle parti di una deriva più che di un approdo. Reynolds opera all’interno della sua storia alla stessa maniera di chi si fa trascinare dalla corrente, usando più una bussola emotiva che una narrazione ben scandita. Le omissioni sono presenti, ma non pregiudicano né la lettura, né l’esito del racconto, ed è proprio questa la magia che rende la lettura così simile a un sogno. È tutto assurdo se visto dal di fuori, ma se visto dal di dentro ogni cosa è al suo posto.
Il racconto più corposo della raccolta, Mauretania, è scritto operando a livelli interpersonali, interdimensionali, interplanetari. Ogni azione ha come una conseguenza più grande, completamente inaccessibile ai personaggi che animano la storia. Chris Reynolds trasforma così il licenziamento della protagonista in una catarsi universale visionaria ma sommessa, fatta di mormorii, malinconie, miraggi, che coinvolge il paese, la nazione, forse tutto il pianeta, il sistema solare, l’intera dimensione e chissà cos’altro. E questo Nuovo Mondo risulta assolutamente irriducibile, non raccontabile, ma solo suggeribile. Sussurrabile. Come un’allucinazione. Come una memoria prenatale.
Infanzia, sogno e memoria, prestalgia e nostalgia, un futuro perduto, strade abbandonate, rotaie interrotte, ponti mai attraversati. C’è qualcosa di assolutamente contemporaneo in questo mondo poetico, che spiega abilmente il successo così eclatante di fumetti azzardati e intraprendenti come quelli di Reynolds. Un sentimento generale di estraneità, che è il sentimento predominante di tanti musicisti stranianti e inspiegabili come i Boards Of Canada, rappresentanti sagaci di quella forma di intrattenimento spettrale che si chiama hauntology, che – meraviglioso déjà vu – secondo le parole di un altro Reynolds, Simon Reynolds, “mette il passato dentro il presente”, o, parafrasandolo, che “mette il futuro dentro il presente”.
Ancora Paul Gravett, in un’intervista fiume del 2018 col redivivo Chris, tocca il significato della parola Mauretania, cercando di capire se il titolo dell’opera sia utile per inquadrare al meglio il paradosso di quei racconti così evanescenti eppure così magnetici. Una parola, ottimisticamente, potrebbe bastare per capire tutto, come quando si pone l’ultimo pezzo nel posto giusto e il panorama del puzzle, che era già evidente, scintilla di rinnovata completezza.
La risposta di Reynolds è più o meno questa: “Da qualche parte in quella conversazione [parlava con Paul Harvey, ndr] abbiamo inventato il nome Mauretania Comics e quello è diventato il nome del progetto comune.” Più in là afferma che Mauretania era anche un semplice nome per distinguere i nuovi fumetti da una primissima serie di fumetti più sognanti (ancora di più di quelli di Mauretania?) che aveva battezzato Oceania’s stories.
È questo il senso di tutta questa faccenda: le storie di Mauretania trascendono. Giungono dall’alto, inspiegate, come un’invasione aliena, e sono permeate da una sorta di preesistente, antichissimo sortilegio.
Un mistero è tale quando la combinazione è esatta e la cassaforte rimane chiusa, ma anche quando la combinazione è errata e la cassaforte sorprendentemente si apre. Io mi fermo qui, lascio al lettore la responsabilità di capire quale genere di mistero ha per le mani, quando legge le pagine di Chris Reynolds.