S e si considerano le unità di misura convenzionali, in genere di tipo quantitativo (dischi venduti o spettatori ai concerti), non si può dire che l’avventura artistica di Marcilo Agro e il Duo Maravilha costituisca un caso di successo. Eppure a modo suo lo è stata. Proviamo a raccontare come, partendo dalla fine. Nel marzo 2016 il cronista sportivo Barney Ronay si occupò di “questa band italiana appena fuori Milano” (in realtà la base operativa è Novara) nel suo blog su The Guardian: lo spunto era “Don’t Call Leicester”, canzone creata per celebrare l’incredibile cavalcata che avrebbe condotto il team allenato allora da Claudio Ranieri al primo scudetto della sua storia, “un pezzo acustico brillante, malinconico e lievemente inquietante”. In verità, intestatario del brano è il Marcilo Agro Football Club: mutazione del progetto originario in chiave calcistica. L’episodio ebbe eco anche in un’intervista su BBC Radio 4, valse una segnalazione sul periodico specializzato FourFourTwo (“I Simon & Garfunkel del magnifico gioco”) e suscitò l’interesse di un club di tifosi del West Ham, che commissionò al gruppo una versione unplugged di “I’m Forever Blowing Bubbles”, standard americano d’inizio Novecento divenuto nel tempo inno ufficiale della squadra londinese. Nel repertorio a tema allestito postando il materiale su YouTube comparivano inoltre figure quali Mario Balotelli (“Why Always Me?”) e il centrocampista del Bayern Monaco e della nazionale tedesca Schweinsteiger (“Messer Bastian”). Nell’unica esibizione dal vivo del formato Football Club, al Teatro della Tosse di Genova, il 7 novembre 2015, la formazione si era schierata indossando magliette e tute prodotte appositamente e sponsorizzate dalle cantine Liedholm, gestite all’epoca dal figlio di Nils.
“Siamo tutti appassionati di calcio e abbiamo unito i due interessi, cosa più comprensibile in Inghilterra di quanto sia qui: là il genere acustico e il culto del football sono cose assodate ed è naturale coniugarle, si tratta di contenuti da consumare nel salotto di casa, usando magari le canzoni come sottofondo della partita”, spiega il chitarrista Joao Maravilha, al secolo Michael Andenna: studioso del Corano e conferenziere che ha insegnato per 18 anni arabo e islamistica all’Università Cattolica di Milano. In assenza del socio fondatore Marcilo Agro, alias Marcello Giordano, emigrato altrove per coltivare la propria vocazione all’agricoltura biodinamica (curiosamente preannunciata dal nome d’arte: “Davvero incredibile, in effetti, quasi una profezia”, ci ha confessato), è stato lui ad avviare la metamorfosi: “Dopo la partenza di Marcello, con l’aiuto dell’amico Marco Manzella (in passato a capo di un’altra formazione novarese chiamata Il Disordine delle Cose, ndr) ci siamo messi a scrivere canzoncine a soggetto, tipo “Claret & Blue” su Paolo Di Canio, che l’ha ascoltata e si è prodigato per farci invitare a un programma di Sky Sport: ci eravamo ispirati al rifiuto che aveva opposto alla proposta di passare dal West Ham al Manchester United fattagli da Alex Ferguson. In fondo il nostro obiettivo era quello: far sentire le canzoni ai diretti interessati. Di recente un conoscente ha passato il pezzo sul Leicester alla figlia di Claudio Ranieri: immagino che nel frattempo l’abbia ascoltato. Peccato non esserci riusciti con Hidetoshi Nakata: ci mancavano contatti in Giappone!”. Ma non sarebbe stato il caso di approfittare dell’opportunità che si era creata oltremanica? “Avessimo avuto 20/25 anni, saremmo partiti per suonare qualche mese in Gran Bretagna: non avremmo avuto difficoltà a trovare le date. E invece abbiamo famiglie con figli: era impensabile farlo. Così ci siamo limitati a pubblicare le canzoni sul web, una ventina in tutto, nell’arco di un anno e mezzo”.
Sottotraccia la febbre calcistica aveva indirizzato il corso degli eventi fin dal principio, ad esempio nella scelta degli pseudonimi esotici: “Joao e Marcilo erano i soprannomi che ci davamo Michael e io quando giocavamo a calcio e a Subbuteo”, racconta Marcello, “siamo cresciuti insieme nello stesso palazzo, lui al quarto piano e io al secondo”. E poi c’era la musica: “Da ragazzi stavamo in una band rock chiamata Acre e abbiamo continuato a suonare insieme dopo la fine di quella storia. Poi si è aggiunto Davide, un altro chitarrista, e abbiamo cominciato a specializzarci in canzoni acustiche. L’esordio dal vivo è stato nel 2003, in apertura di un concerto dei Perturbazione nel novarese: non avevamo ancora un nome e quindi abbiamo riutilizzato Acre”. In seguito Davide Quaglia venne ribattezzato Lucio e affratellato a Joao nel Duo Maravilha incaricato di accompagnare Marcilo Agro. Ricorda quest’ultimo: “In quel periodo io stavo a Torino e loro a Novara: suonavamo tantissimo, con strumenti di buona qualità recuperati al mercato dell’usato, perfezionando gli arrangiamenti dei pezzi. Le reazioni di chi ci ascoltava erano molto incoraggianti e così ci siamo lanciati, iscrivendoci al concorso ‘Alessandria Wave’, che vincemmo. Avevamo cominciato a crederci, insomma: speravamo che condividere la nostra musica potesse diventare un lavoro, almeno per un po’. A quel punto iniziammo a fare concerti domestici, costruendo un vero e proprio tour. Fu un’esperienza meravigliosa, benché nata per caso: siccome dovevamo registrare il primo disco e sapevamo di doverlo fare in presa diretta per contenere i costi, era necessario prepararsi e organizzammo perciò qualche show a casa di amici, architettando uno spettacolino che prevedeva il coinvolgimento dei presenti. Visto che funzionava, la voce si diffuse con il passaparola e fummo chiamati da amici di amici anche fuori zona, a Torino e Milano. In tutto avremo fatto una trentina di date, inclusa una festa di matrimonio: avevamo escogitato una ricetta efficace, che in un certo senso anticipava la formula dei secret concerts”.
L’esordio discografico del trio è datato 2005: un Ep con cinque brani intitolato Tra l’altro, che lo proiettò immediatamente alla ribalta. Il 12 maggio di quell’anno Marcilo Agro e il Duo Maravilha fecero da spalla agli Oasis all’Alcatraz di Milano. Le cose andarono così, a detta di Michael: “Per vie traverse eravamo finiti in ballottaggio con Afterhours e Marlene Kuntz: erano gli stessi Oasis a decidere chi far suonare volta per volta, ascoltando i dischi, e scelsero noi. Ci avevano preso in simpatia: Noel Gallagher si complimentò con noi nei camerini e suo fratello Liam uscì sul palco a incoraggiarci mentre suonavamo, perché l’impatto con il pubblico non era stato facile. Eravamo sconosciuti, suonavano con le chitarre acustiche e quindi con gli Oasis c’entravamo proprio poco. Sapevamo a cosa andavamo incontro: alla vigilia del concerto, nei forum dei fan degli Oasis i commenti erano piuttosto bellicosi nei nostri confronti. E ci eravamo preparati: la scaletta era volutamente provocatoria, con qualche gag autoironica fra una canzone e l’altra”. Conferma tutto Marcello: “È stata una serata fantastica: l’abbiamo affrontata nel modo migliore, preparandola come fosse una battaglia. Immaginavamo che sarebbe stata durissima e dunque eravamo pronti al peggio: un pubblico che voleva ascoltare rock e si trovava davanti un trio acustico. Abbiamo provato l’intero set in camerino di fronte al nostro manager di allora, Fabio Stucchi, e questo ci ha permesso di salire sul palco rilassati. Durante i primi due pezzi c’era un tale casino, fra urla e fischi, che nemmeno sentivamo cosa stavamo facendo, poi piano piano li abbiamo conquistati: qualcuno ha cominciato ad applaudire e quando abbiamo chiuso interpretando alla nostra maniera l’inno britannico, per introdurre gli Oasis, c’è stata un’ovazione”.
Riascoltato ora, Sono uscite le materie resta una squisitezza rara: fra arpeggi in punta di plettro e alate melodie vocali fanno capolino guizzi d’ironia e citazioni démodé.
Il garbato linguaggio pop del trio aveva colpito nel segno: l’accoglienza riservata dai media specializzati a quel primo lavoro fu generalmente positiva, benché ricorresse come un mantra l’analogia con i norvegesi Kings of Convenience, a quei tempi sulla cresta dell’onda essendo capifila del cosiddetto “New Acoustic Movement”. Interrogato sull’argomento, Marcello ammette: “Li ascoltavamo e ci piacevano, diciamo pure che ne siamo stati influenzati, anche se noi eravamo autenticamente italiani, per quanto non nel senso del tipico cantautorato. Il paragone non ci indispettiva per nulla, anzi ne eravamo lusingati, tanto più quando furono ospiti di Radio Deejay e gli venne chiesto se ci conoscevano: risposero di sì”. E tuttavia, avendo nel proprio armamentario espressivo uno spiccato senso dell’umorismo, nel disco successivo – un album intero, un paio di anni più tardi: Viva a Ilusao – costruirono un pezzo, quello intestato con il titolo del precedente, inanellando nel testo stralci delle recensioni uscite sui giornali. In quella canzone e altre due – “Devezze”e “Again” – faceva capolino per la prima volta l’enigmatico Antipa Ugarteburu, per l’anagrafe Luca Borgogna, che Marcello presenta così: “Tempo prima aveva suonato in una cover band con Joao e Lucio ed entrò in formazione per potenziare lo spettacolo dal vivo: era molto dotato dal punto di vista vocale. Anche se può sembrare assurdo: avevamo già tre voci e aggiungerne una quarta era paradossale. Sul palco animava alcuni intermezzi fra le canzoni e faceva una versione incredibile di Voglio vivere così: un vero performer. Eravamo distanti anni luce dai CCCP Fedeli alla Linea, ma volevamo emularne in altre forme la teatralità. E comunque la sua voce divenne uno strumento in più da utilizzare nella scrittura e negli arrangiamenti”.
La svolta sarebbe potuta arrivare nel 2009, quando Marcilo, Joao e Antipa realizzarono Sono uscite le materie: gioiellino discografico con le carte in regola per il successo. “Lucio aveva smesso di suonare con noi, ma lavorava a Milano nello studio Atlantis, dove registrammo: fu il nostro regista del suono. Una volta pronto, il disco rimase fermo un bel po’, tanto che in parte io già mi ero disconnesso, siccome lavoravo a tempo pieno nel settore agricolo. Poi però Roberto Trinci, che a quel punto si occupava di noi come editore, ci disse di aver trovato qualcuno disposto a pubblicarlo e così rimettemmo in moto la macchina”. Riascoltata ora, quella raccolta di 13 brani “maravilhosi” resta una squisitezza rara: fra arpeggi in punta di plettro e alate melodie vocali fanno capolino guizzi d’ironia (“Il vantaggio del meccanico” mette in rima Calatrava e notte brava, nonché Gae Aulenti e sentimenti) e citazioni démodé (dal Primo Libro dei Re in “Elia fa cadere la pioggia” e dal canto XXVIII dell’Inferno dantesco in “A fra Dolcin”). Il singolo incaricato di aprire la strada all’album conquistò sorprendentemente Linus, che lo mise in rotazione quotidiana in Deejay chiama Italia. Troppo presto, malauguratamente. Rievoca gli avvenimenti Michael: “Trinci era già riuscito a piazzare su Deejay i Baustelle e gli aveva proposto Bagnino, con l’idea che ci volesse un po’ di tempo prima che ci mettesse in onda, mentre accadde il contrario: ci trasmise la mattina dopo. Fu un vero boomerang: per una settimana c’era il nostro pezzo in scaletta tutte le mattine su Radio Deejay e in mano non avevamo niente”. Aggiunge Marcello: “Eravamo sprovveduti e inadeguati: non avevamo un ufficio stampa, ad esempio, e ci presentammo impreparati all’appuntamento con il successo. L’errore fu far uscire il disco in quelle condizioni: Linus passò Bagnino in radio tre mesi prima della pubblicazione dell’album e del video, che era stato diretto da Maccio Capatonda. Alla fine trovammo un ufficio stampa, ma era troppo tardi, a quel punto tutti si erano dimenticati di noi: furono loro stessi a dircelo. Non mancarono le soddisfazioni, tipo l’invito in radio al programma di Alessio Bertallot o le recensioni positive sulle riviste specializzate, ma si trattava di episodi occasionali: non c’era alcuna strategia. Fu un’esperienza stressante e, lì per lì, una grande delusione, anche se con il senno di poi ringrazio che le cose siano andate così”.
Chissà se per preveggenza o semplice coincidenza, all’epilogo di Sono uscite le materie arriva – pugno di ferro in guanto di velluto – “Ed ora andate”, nel senso dell’“affanculo” più dolce che mai sia stato pronunciato, di alcuni mesi precedente quello maggiormente celebre e viceversa assai brusco degli Zen Circus. “Per noi era chiaro che il pezzo forte fosse quello, ed effettivamente l’andamento su YouTube lo ha confermato nel tempo, ma l’etichetta discografica non era d’accordo, perché lo giudicava inappropriato a rappresentare la nostra poetica”, commenta a riguardo Michael. Canzone ideale per i titoli di coda, comunque sia. Ciò a dispetto degli apprezzamenti manifestati da colleghi autorevoli, come rammenta Andenna: “Una volta su Radio Rai, credo fosse ‘Stereonotte’, a scegliere le musiche c’era ospite Carmen Consoli, che mise in scaletta Zanzara dicendo di apprezzare tantissimo il nostro modo di fare canzoni acustiche e addirittura di averne tratto ispirazione. Un giorno, poi, mi capitò d’incontrare casualmente per strada a Milano Francesco Bianconi dei Baustelle e prendendo a pretesto il fatto di condividere l’editore mi presentai: ‘Marcilo Agro e il Duo Maravilha?!?’, disse, ‘Grandissimi! Ho ascoltato le vostre cose e mi piacciono molto’. Essere trattati alla pari da artisti simili è gratificante. Così come quando l’antropologo Franco La Cecla, presentando a Radio 3 il suo saggio Contro l’architettura, scelse di trasmettere Il vantaggio del meccanico”. Nessun rammarico, dunque? “Non ne ho affatto, perché alla fine è stata una storia di successo e guardandomi indietro ne sono orgoglioso: abbiamo suonato prima degli Oasis, fatti altri bei concerti e siamo stati programmati da Radio Deejay. Cosa puoi volere di più?!?”, afferma Marcello. E Michael: “Doveva andare così, evidentemente. Il successo è sempre frutto di un’alchimia misteriosa, perciò con il senno di poi potremmo dire un mucchio di cose diverse: la mia opinione è che non averlo raggiunto sia dipeso dal nostro modo radicale di fare musica acustica”. Una cifra stilistica confermata dall’ultima incarnazione del gruppo, vaticinata in Sono uscite le materie da Genoa Cricket & Foot Ball Club: esplicita dichiarazione d’amore per la squadra rossoblù. Spiega a questo proposito Marcello: “Avevamo scelto di tifare Genoa nel momento più buio della società, quando nel 2005 fu retrocessa in serie C per illecito sportivo. Tramite internet eravamo entrati in contatto con un giro di tifosi e avevamo cominciato a frequentare lo stadio di Marassi, poi ci siamo abbonati e la storia è andata avanti per anni”. In quel contesto conobbero Mons, ossia Maurizio Montanari: “Ci siamo incontrati in Gradinata Nord, dove stanno i genoani: un artista geniale che dipingeva e scriveva versi estemporanei, alcuni dei quali sono stati musicati in Sono uscite le materie”.
Quest’ultimo è ora Dj techno di una certa fama, mentre Lucio è finito addirittura in Madagascar, dove gestisce un’attività di ristorazione, e Marcilo vive e lavora in un’azienda agricola nello Yorkshire, a sud di Middlesborough: come se una forza centrifuga avesse sparso schegge di “maravilha” ai quattro angoli del pianeta. I legami non sono stati recisi, tuttavia, chiarisce Marcello: “A essere sinceri nemmeno la parola ‘fine’ è stata mai scritta veramente, ma intanto la vita mi aveva portato altrove e la distanza ha fatto la differenza. Nel 2011 sono partito con la mia famiglia per l’Australia, dove siamo rimasti un anno e mezzo, e di là ci siamo spostati poi in Inghilterra: fra una trasferta e l’altra, di passaggio dall’Italia, ho fatto ancora qualche concerto con loro, che intanto stavano preparando l’avventura del Football Club. Non ho mai smesso di scrivere, comunque: all’inizio ancora in italiano e poi, man mano che m’impratichivo con la lingua, anche in inglese, cosa che mi ha fatto scoprire colori diversi della voce e un’altra musicalità. Nel 2018, durante un periodo di pausa nel lavoro, avevo in programma un soggiorno dai miei a Novara e per coincidenza mio cugino, artista in erba con lo pseudonimo Pit Coccato, stava registrando suo materiale in studio, così si è creata l’occasione per dare sbocco alle canzoni nuove. Michael è venuto in Inghilterra per provarle e questo le ha rese immediatamente in stile Marcilo Agro: sono sceso di nuovo a Novara, le abbiamo registrate con l’aggiunta di alcuni ospiti e il risultato è stato sorprendentemente positivo”. La pensa allo stesso modo Michael: “Sì, pare notevole pure a me, soprattutto considerando che non suonavamo insieme da sei o sette anni: abbiamo ritrovato lo spirito dei giorni migliori. Ne abbiamo anche discusso con un’etichetta discografica, ma non ci siamo accordati: avrebbero voluto ‘sporcare’ le canzoni con arrangiamenti eccessivamente raffinati. Non abbiamo smesso di provarci, in ogni caso: speriamo di trovare prima o poi una maniera per pubblicarle”. Fra le altre, ce n’è una intitolata Fiori e broccoli: squisita come al solito. Sarebbe un delitto se dovesse rimanere segregata in un cassetto.