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o incontrato la donna che interpreta Myss Keta l’estate scorsa a Roma, prima del concerto a Villa Ada, durante gli esami di maturità. L’albergo sulla Nomentana aveva una sala fredda al piano terra, tutta bianca, con finestre affacciate sul traffico; fuori facevano 35 gradi. La donna portava la maschera e gli occhiali da sole, la faccia era abbastanza coperta da non poter lasciar intuire espressioni, reazioni, livello di coinvolgimento. Quando parla, a volte è difficile capire chi stia parlando, perciò ho lasciato sostanzialmente tutta l’ora di conversazione, così chi è interessato può fare i conti con tutto il materiale.
Perché dobbiamo fare questa cosa su Treccani? Quando mi ha scritto il tuo ufficio stampa per dirmi che volevi fare qualcosa con Treccani io mi sono chiesto: Chissà perché? Possiamo cominciare da qui. Voglio farci un pezzo, non voglio fare un’intervista: sarebbe assurdo mettere questa cosa sbobinata semplicemente, come domanda e risposta.
Guarda, perché ci tengo, perché secondo me Treccani è una delle poche istituzioni culturali che è riuscita a tenere il passo con la contemporaneità. Anzi, si è impegnata per farlo. Ho visto questo movimento da parte di Treccani, è stata una piacevole sorpresa quando sono stata citata sui social, quindi figurati ero mega contenta. Ma soprattutto mi fa piacere il fatto che Treccani riesca a prendere in considerazione anche la cultura musical-pop-barra-trap contemporanea, come la vuoi chiamare – per me sono definizioni anche prive di senso… Perché ho visto un punto d’unione un pochino con il percorso di Myss, ovvero quello di considerare la cultura pop, il contemporaneo, tutto quello che succede nel contemporaneo, specchio di un’epoca. Spesso associamo a cultura o a fatti storici rilevanti soltanto cose che sono successe nel passato. Io credo che invece noi vivendo siamo a contatto con un sacco di eventi, di fatti che succedono; secondo me è anche giusto rendersi conto che ci sono accadimenti nel contemporaneo che stanno formando la società dal punto di vista culturale e di costume. Questa è una cosa che mi ha affascinato, capito?
Prima di cominciare questo progetto tu che ascoltatrice e che spettatrice eri? Cosa stavi cercando? Non ho idea di quanti anni hai.
Diciannove, ho fatto la maturità l’anno scorso, infatti saluto i maturandi.
Che rapporto avevi con il contemporaneo, cosa ti interessava, che gerarchia avevi nella tua testa?
Sinceramente sono sempre stata una spettatrice vorace. Oltre alla cultura un po’ più formale, quella che iniziamo studiando a scuola, che poi uno approfondisce, quando finisce la scuola eccetera eccetera, ho sempre avuto una fascinazione particolare per la cultura pop, sinceramente, per tutti i fenomeni pop.
Vuoi fare dei nomi?
L’epoca Mediaset è tantissimo presente nell’immaginario di Myss: la televisione italiana, Striscia la notizia, il Bagaglino, ma anche programmi come Blob, come Fuori orario. È molto buffo che il contenitore della televisione italiana sia stato così vario. Ho sempre trovata molto buffa la mescolanza dell’alto col basso, forse. Questa è una cosa che mi caratterizza nell’osservazione dei fenomeni culturali, non so come dire. Sono stata spettatrice vorace di tutti i fenomeni di costume della tv italiana, ma mi è anche sempre piaciuto analizzare i fenomeni storici importanti.
Ad esempio io sono stata veramente mossa dall’undici settembre: per me è un fenomeno storico di un’importanza esagerata, non so come dirti, forse il più grande che ho vissuto, perché è stato uno spartiacque storico a cui ho assistito, cioè l’ingresso violento del Medioriente nel mondo occidentale, prima da un punto di vista bellicoso, e poi è come se si fosse splittato. Tu ti ricordi quel periodo di paura folle post undici settembre? Era assurdo, c’era proprio un terrore verso questa zona, il Medioriente. Pochi anni dopo questo terrore si è trasformato in possibilità economica, il Medioriente è diventato il mercato d’oro, della moda haute couture, il mercato del lusso estremo. È molto buffo: prima era considerato uno spauracchio, poi è diventato una possibilità economica, poi non se ne parla più, è strano come ci siano questi cicli, è strano viverli e vederli. Io non ho vissuto appieno tutto il movimento della Guerra del Golfo, però appunto essendomi vissuta tutto il periodo dell’11 settembre, sono fenomeni che mi affascinano. Mi affascina come questo tipo di fenomeni ha impatto sulla vita quotidiana di milioni di persone, anche se magari queste persone spesso non se ne rendono conto.
Questo ha a che vedere con come tu scegli di presentarti? Coperta? Se penso al Medioriente…
Ho sfruttato la maschera per collegarmi al mondo del Medioriente e all’utilizzo del burka, che secondo me è uno dei fenomeni – visivamente è un fenomeno estetico. Se vogliamo pensare al’11 settembre dal punto di vista estetico, ha visto anche l’ingresso di tutta questa estetica mediorientale, quindi uomini vestiti in un certo modo, donne vestite col burqa. Io un po’ ho sfruttato questa cosa avendo la maschera indosso, non è stata una scelta a priori data dalla forte presenza del Medioriente nel mio cervello… Però sai come agiscono le cose: arrivano nell’inconscio e poi ci metti anni a capire perché le hai fatte. In realtà Myss è arrivata con la maschera perché appunto c’era questa esigenza, era giusto dare voce a Myss, darle un corpo e non darle un volto.
Adesso che è un po’ di anni che lo fai e che il personaggio è arrivato nel mainstream, che libertà dà e che confini mette il fatto di presentarti così? Io da romanziere adoro intervistare i personaggi perché la gente famosa ha fatto robe strane, e quindi mi piace vedere cosa esce fuori dalle persone. La mia prima intervista lunghissima è stata con Paolo Villaggio, la seconda con Arrigo Sacchi al telefono a mezzanotte [non è vero, mi sono ricordato che prima ho fatto Gianni Clerici]. La maggior parte delle persone intervistate si tiene un sacco e tu servi solo ad aggiungere quest’altro tassello alla loro rappresentazione pubblica. Quindi una cosa frustrante di intervistare le persone è che senti che la maschera e gli occhiali da sole ce li hanno tutti. Quindi volevo sapere da te, nella tua esperienza, cos’è la maschera, cosa porta.
È una cosa molto buffa in realtà, questa qua di mettersi la maschera. Io mi rendo conto che in una one to one – face to face così è un po’ complicato, nel senso che uno non riesce a leggere la faccia, la prima cosa che tu guardi di una persona è la faccia. Soltanto quando vai in giro così ti rendi conto di quanto fai impressione alla gente…
Paura.
Sì, paura.
Tipo Medioriente.
Esatto. Perché la faccia, gli occhi sono la prima cosa. Io faccio piangere i bambini se mi avvicino con la maschera e gli occhiali, è una cosa molto interessante questa. Sicuramente crea una distanza. Ma paradossalmente io credo che il fatto di portare fuori la maschera ha cancellato moltissime maschere interne secondo me, sai?
Specie per una donna, che comunque ti devono sempre rompere il cazzo.
No, guarda, la gente trova comunque il modo di romperti il cazzo. Solo che a un certo punto entri in un meccanismo per cui non te ne importa niente. Con Myss è un meccanismo che è cominciato subito, visto che abbiamo iniziato con una percentuale altissima di haters. E in realtà ci ha sempre divertito questo fatto, adesso ogni volta che facciamo un passo e non ci sono gli haters vuol dire che c’è qualcosa che non quadra, non so come dirti. Per tornare alla questione iniziale, io credo che Myss anche con la maschera e gli occhiali sia molto più aperta e smascherata di tante persone-barra-personaggi.
Com’è sentirsi così? L’altra sera ero a cena con la editor di Preciado, che adesso è Paul e prima era Beatriz. E diceva: Eh, Beatriz era faticosa, Paul invece è super tranquillo. E mi ha colpito che potendo cambiare aspetto e nome, in una conversazione, lei stava facendo una specie di magia, parlava come di due persone, Paul e Beatriz, e la cosa che provo adesso è simile. Tu stai levando una cosa. Lì quella persona, Preciado, diventava due; tu invece ne stia levando una, la sola cosa che posso vedere. Tu stai portando avanti questa cosa in maniera molto ostinata. Niccolò Contessa dei Cani al primo tour se l’è levata, la busta di carta, per dire. Tu come la vedi adesso questa cosa, che situazione si è creata?
Vuoi sapere la verità? Io penso che questo progetto è nato per divertirci, divertirsi e fare delle cose che ci piacessero e ci convincessero e ci soddisfacessero. E sono contenta che stia continuando in questo senso, vuol dire che evidentemente mi diverte ancora mettere la maschera, fare questo gioco sia estetico che mentale. In questi anni ho lavorato molto mentalmente sul concetto della maschera, indossandola magari hai un feedback privilegiato.
Hai una casistica enorme.
Sì, e capisci anche i vari utilizzi che ha la maschera. La maschera crea Myss Keta, quindi Myss Keta agisce e parla in un certo modo. Diventi veramente un personaggio. E spiazzi anche le persone se parli di altri argomenti, di qualcosa di diverso, esci dai tuoi argomenti standard.
In che senso? Quando ci esci tu?
Vabbè io neanche li ho argomenti standard.
Vabbè, ma ti è uscito, ormai l’hai detto, cosa volevi dire?
Eh, quando le persone capiscono che puoi parlare anche di più delle solite due stronzate. Rimangono scioccati.
Perché?
Perché Myss Keta è un personaggio considerato ancora assurdo, volgare, una pazza, una tipa un po’ pyscho, no?, mentre invece le persone non capiscono – questo non solo di Myss di tutta l’umanità – che l’uomo è molteplice multiplo infinito. Posso essere anche altro, oltre a quello che sono sul palco. E invece ho scoperto che è molto più semplice per le persone in generale definirti in un certo nucleo, tu sei quella cosa per loro, tu sei la pazza.
Invece così tu ti stai sottraendo.
Esatto.
Tu con quante persone stai senza maschera, con quante sei – non so come ti chiami – con quante sei quella che sei…
[Esita preparando la risposta] Con…. Guarda, con l’ex marito lo facevo, ma con quello nuovo non lo faccio più perché ho imparato la lezione.
[La sto seguendo seriamente e non capisco] Cosa?
Non tolgo più la maschera. Lo facevo solo con l’ex marito.
[Esito] Aspetta un attimo. Non la togli fisicamente?
M-hm.
No, che dici, veramente?
[Silenzio.]
Aspetta, non posso leggerti la faccia.
Dai raga… It’s the game, welcome to the game. Lo facevo solo col mio ex marito, poi però mi ha fatto arrabbiare e ho capito che gli uomini non se lo meritano di vedere il mio volto.
[Silenzio]
Continua tu.
A piacere?
M-hm.
Mmm…
Capisco il vantaggio degli occhiali da sole. La gente li ha sempre usati.
Mica sceme le persone. Comunque no, volevo ricollegarmi all’altro discorso del post-undici settembre. Secondo me l’altro grandissimo fenomeno culturale cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi è la Brexit, raga. È stato una frattura gigante. E noi abbiamo la fortuna di vedere queste cose in opera. È molto buffo e assurdo. Per ricapitolare, i più grandi eventi storici a cui ho partecipato dal punto di vista di età temporale sono appunto 11 settembre e Brexit. Brexit la sto ancora analizzando e capendo.
Sono i due pali.
Anche secondo me. Quindi boh, buffo, a volte ci penso e dico: è veramente strano vedere queste cose in svolgimento e in atto.
Chiunque abbia visto quello che c’era tra la caduta del muro e l’undici settembre pensava che la storia non esistesse più. E chiunque abbia visto gli anni Novanta ora dice: ma veramente ora succedono le cose? Ci è stato detto: non succederà più nulla.
Giustissimo. E invece queste cose succedono ed è giusto rendersene conto. E in piccolo, se vai ad analizzare ci sono microeventi e fenomeni culturali di cui bisogna rendersi conto nel momento in cui li si vive. Facendo un gigantesco takedown. Bisogna veramente stare attenti.
Fai dei nomi? Cosa vuoi dire?
No, andando a banalizzare, siamo partiti dai massimi sistemi… Rendersi conto, magari, del fenomeno trap che veniva sbeffeggiato, rendersi conto di questi fenomeni è giusto e corretto e non bisogna mai sottovalutare le persone che si hanno di fronte; non bisogna sottovalutare i fenomeni che succedono nella contemporaneità, perché se questi fenomeni hanno effettivamente una cassa di risonanza vuol dire che ce l’hanno per qualche motivo.
Come la Brexit.
Come la Brexit, madonna, quella sì che è una cassa di risonanza paurosa.
Be’, il rapporto tra trap e Brexit mi pare abbastanza diretto: due forme di malessere esplosivo che sono diventate due forme espressive, una politica e una artistica.
Mi piace molto questa unione tra trap e Brexit.
Scusa, la gente che vi ascolta, quanti anni ha?
Sta un po’ calando l’età. Prima era molto più 18 in poi, fai, adesso ci sono tantissimi 15-18, soprattutto grazie al nostro ultimo album, Paprika, che ha ampliato un po’ il ventaglio. C’è anche un un percento su Spotify che ha 70+. Quindi saluto l’un percento…
Ah quindi mi stai parlando di statistiche? Perché non ne so nulla.
Sai, tu su Spotify avendo la pagina Artista puoi controllare tutti i dati di chi ti ascolta. Ovviamente io posso anche registrarmi come 70+ ma chissenefrega. È buffo perché abbiamo notato che prima eravamo per un’età anagrafica dall’università in poi. Invece adesso si sta abbassando. E quindi adesso c’è anche tutto questo movimento tra i 15 e i 18 anni.
Chi ti ha intervistato per questo disco?
Dai magazine femminili ai quotidiani. Magazine online musicali, tantissimi.
C’è qualcosa che era tipo Cioè ai nostri tempi?
No. In realtà dal punto di vista delle interviste sono rimasta nel target età universitaria-barra-target quelle riviste che parlano di fenomeni di costume e società. Non ci sono stati spostamenti dal punto di vista dei magazine. Forse se uscisse un album ora ci sarebbero degli spostamenti anche di magazine.
Quali sono le cose più mainstream che hai fatto per Paprika?
Mainstream cosa vuol dire? “Corrente principale”?
Da Fazio a Corriere…
Allora, non Paprika ma post-uscita di Paprika: Rai Uno prima serata Arena di Verona con Dj Di Merda, la canzone fatta con Lo stato sociale e Arisa. Erano i Seat Music Awards. Quello è mainstream. È pop. È mass. Poi vediamo… Mi piacerebbe dirti inaugurazioni di ristoranti, ma purtroppo finora non ci sono state. Sarebbe stato molto bello. O Carrefour, queste cose qui.
Eh, ma qual è il modello. Voi all’interno di Motel Forlanini avete anche un piano imprenditoriale o c’è qualcuno che vi suggerisce cosa dovete fare?
No, è tutto interno. Abbiamo questa forza di essere più teste.
Economicamente come funziona? Dove dovete arrivare per stare tranquilli?
Non ci stiamo ponendo la domanda, sinceramente.
Ma tutti i rapper e trapper con cui hai lavorato, come fanno i soldi? Con gli sponsor, coi concerti?
Li fanno. I soldi si fanno con la parte discografica, con la parte di live, molto importante, c’è la parte di sponsor, e ovviamente un personaggio come Myss finora è stato fuori dai giochi degli sponsor perché comunque è molto controverso, sai?
No, spiegami.
Nel senso che gli sponsor magari ti arrivano più facilmente se sei un personaggio riconosciuto, non so come dirti; diciamo che pochi sponsor si buttano a fare collaborazioni con un personaggio come Myss, che è ancora considerato controverso.
Ma perché è considerato controverso?
Ma perché siamo in Italia, siamo nel 2019, c’è una donna che parla di sesso e droga e rock and roll. Ne parlano gli uomini, va bene… È ancora vero, più di quanto tu creda. Se tu ti scontri con l’Italia intera e la cultura di massa – io ho notato tanta chiusura nei confronti di Myss, in quanto si tratta di una donna che parla fondamentalmente di quello che vuole.
E la chiusura, scusa, come si manifesta?
Si manifesta soprattutto… non dal punto di vista discografico, anzi: le discografiche, Universal, Tempesta (Tempesta non la considero manco discografica, la considero famiglia) sono persone con mentalità sempre piuttosto aperta. Ti dico soprattutto magazine e riviste, a cui magari noi mandavamo le prime canzoni, cercavamo di farci notare e nonostante fossimo numericamente più forti rispetto a tanti colleghi maschi, comunque non si parlava di Myss. C’erano proprio i porti chiusi, porti che poi si sono aperti quando le cose hanno cominciato a girare in maniera un po’ più forte.
Allora come si presenta la chiusura?
Prova a leggere i commenti sotto ogni video di YouTube di Myss. Così si presenta.
E a livello di sistema?
Ti si chiudono tantissime porte.
E come le vedi chiuse?
Non ti si aprono le porte.
Chi di voi telefona per aprire le porte, come siete organizzati?
È una domanda strana questa.
È fatta da uno che non sa come funziona. Come ci si muove? Semplicemente c’è gente che non chiama te mentre chiama maschi che parlano di b**chini?
Sì, vedi questo… vedi proposte rifiutate, magari. Vedi questo tipo di cose qua. Di certo io non chiamo per farmi aprire una porta.
Chi chiama per aprire le porte? Come funziona la musica?
Ma io sono un personaggio un po’ atipico per spiegarti come funziona la musica, dovresti chiedere a chi…
Invece mi interessa chiederlo a te perché mi sembri una che sta guardando la musica da fuori, perché il progetto è più meta.
Credo che come un po’ in tutto il gioco della cultura pop di massa, se stai a certe regole, a certi dettami è molto più semplice essere accettati, ok? In generale nella vita. E in generale nella vita rimanere fedeli a se stessi, rimanere fedeli alla propria volontà di continuare a esprimersi come si ritiene più opportuno – è una banalità ma io l’ho riscontrata – decidi di chiuderti delle porte, ma that’s the game. Il gioco è fatto così, ragazzi.
Certo, da una parte ci sono le identità, dall’altra ci sono le possibilità.
Ecco, a me dispiace. Perché mi piacerebbe che nella cultura più di massa si insinuassero anche i fermenti che vedo nella cultura più underground. Ci sono tantissime ragazze che fanno musica e rap e trap, però anche lì: perché si deve parlare di “ragazze” che fanno musica come se fossero un fenomeno da baraccone, e non sono incluse…
Le ragazze vengono respinte.
È assurdo. Mi piacerebbe che questi movimenti che sto vedendo … Sono stata a un festival, a Formigi, che zitto zitto senza farsi pubblicità ha presentato una line up completamente femminile. Così. Cose che tu capisci soltanto se inizi a leggere e ragionare. E questi sono i movimenti che stanno iniziando a spaccare e ampliare. Sono stata chiamata in Francia a Parigi a un festival, e lì quando si organizza un festival tutto al femminile si va dalla barista alla fonica alla buttafuori…
È così anche a InQuiete, il festival femminista di Roma (lo organizza anche mia moglie). Perché secondo te non succede più spesso?
Fare le cose nell’altro modo è più semplice, causa meno traballamenti. Queste cose noi le vediamo, ma siamo spettatori più attenti. Io vorrei che queste cose fossero manifeste nella cultura di massa, con più visibilità. Vedo ancora un certo blocco nel mostrare questo tipo di avvenimenti. Ma io li vedo succedere e sono mega contenta di far parte di questo momento in cui c’è questa spinta. Ma prima o poi arriverà, sono sicura.
Arriverà cosa? Uno sfondamento?
Sì, a furia di gocce ta ta ta ta ce la facciamo, sicuramente.
E se invece questa specie di umore punk-sovranista alla fine tracima e chiude tutti gli spazi alle donne?
Tipo Handmaid’s Tale?
Sì, tipo.
Si migrerà fino all’ultima nazione che rimarrà libera e da lì si organizzerà la rivoluzione, credo. Cosa dobbiam fare?
Tu hai artiste che ti hanno cercato per fare un po’ di sorellanza?
Sì in realtà siamo mega in contatto con varie artiste. Ci sono Elodie, che forse è tra le prime che ho conosciuto. Poi ho conosciuto Priestess, Beba, Chadia, oggi sul palco sale Boy Rebecca, che ha sparato un paio di canzoni che amiamo. Ci sono le ragazze del Pagante. In realtà ti devo dire la verità, tra tutti gli artisti c’è questa cosa, non è solo una cosa di femmine contro maschi. Dal punto di vista di organizzazione contro il sistema – e atti pratici per – non ho ancora fatto niente di pratico, ma credo che anche soltanto andando avanti, facendo concerti e live nel modo in cui fa Myss, continuando a dire le cose che dice Myss, continuando a fare la cose come le fa Myss, diciamo che si sta creando un pochino di… è come se tenessi i gomiti alti quando vado in mezzo alla gente, capito cosa voglio dire? Dal punto di vista dell’organizzazione tipo let’s do a festival together non ho fatto ancora nulla, però chissà. Vedremo.
Ma in generale stai pensando al futuro, o devi ancora solo sgomitare?
In realtà non devo sgomitare. Devo dare dei gomiti in faccia. Il progetto di Myss è nato come un divertissement di una notte ed è diventato un divertissement un po’ più lungo.
E tu prima che progetti tuoi avevi?
Eh… Lavoravo in Mediaset prima. Facevo la ragazza immagine.
Mmm. No, hai ricominciato, vaffanculo.
Eh vabbè. Comunque è iniziato come divertimento, come qualcosa che ci soddisfa….
È bello perché – posso dirti una cosa? Quando parli del vostro lavoro, mentre parli di quello che è successo durante il regno di Myss Keta, parli realmente di lavoro. Poi io vado indietro nel tempo perché mi viene naturale, e non c’è niente che si può dire.
Te l’ho detto che lavoravo da Mediaset, non è che non si può dire. Ormai è pubblico. Ho fatto un libro anche, dove l’ho scritto.
Hai lavorato veramente a Mediaset?
Eh, ragazzi, sì, è scritto tutto sul mio curriculum su LinkedIn, se lo trovi vedi anche gli anni. Comunque, mmm, cosa succede ogni volta che fai qualcosa – un video, una canzone, un ep: dopo, per essere soddisfatto, devi sempre spingere più in là, fare qualcosa che non hai fatto, trovare sempre più media tramite cui lavorare, comunicare…
Lo vedo.
Quindi io credo che questo sia ancora l’obiettivo primario. Anche quando tu mi hai fatto la domanda su: economicamente come siete gestiti, veramente forse guardo a breve distanza. Cosa vuoi fare dopo? Cosa vuoi fare questo autunno? Hai voglia di tornare in studio? Perché è un progetto che ha vissuto di tutti questi momenti pazzi, che hanno dato varie spinte, ed è giusto che viva in questo modo.
Sì. È stancante?
È stancante dormire poche ore ma ne vale la pena.
Io una cosa cui penso sempre è – quand’è che ho la sensazione di aver staccato? A volte per un periodo dormo dieci ore a notte.
Sì…
E ho la sensazione che non dormivo da quindici anni.
Perché sei in continuo lavoro?
Perché pensi, questo lavoro che faccio non è sostenibile, allora cerchi di seguire le cose che ti prendono molto in modo da fare il passaggio successivo in trance. Almeno se la cosa che voglio fare tra tre mesi è una cosa bella quella mi porta all’anno prossimo. Mi interessa tanto il tema, la questione di questa stanchezza disperata perché vuoi continuare a fare le cose.
Sì, ho capito perfettamente quello che vuoi dire. Ho capito perfettamente. Però purtroppo l’essere umano è fatto così, ha bisogno di ricaricare le pile. Non si può stare svegli 24h. Anche se io sogno in realtà un mondo 24h, un pochino cyberpunk, sai quei mondi sempre open, 24h, in cui quasi non c’è la luce del sole.
Potresti sederti un attimo e dormire.
Sì… Un po’ forse tutto iper accelerato. Chissà dove…
Secondo me il problema è quale tipo di dittatura fermerà il ritmo per un fatto di inquinamento: se sarà una dittatura fascista o comunista.
Secondo te lo fermano il ritmo?
Lo dovranno fermare per forza, perché quando inizierà… Adesso pare che in India ci siano 50 gradi. Quando la gente cercherà i posti rimasti in cui non ci sono 50 gradi, dovrai riorganizzare tutto.
La risposta o è quella, o è Interstellar, la gente va sugli altri pianeti perché la terra è distrutta.
O WallE di Pixar.
Bisogna leggere tutti questi fanalini che ti accende la cultura iper pop. Non bisogna sottovalutare.
Tutti i cartoni giapponesi animati 70-80 parlavano di apocalisse.
Appunto. E tanti di ora parlano di La terra muore si colonizza altro. Veramente secondo te si ferma quello che c’è sulla terra o tanto ormai il capitalismo e la colonizzazione sono così insiti nella natura dell’uomo che piuttosto si va fuori?
Certo. Il problema è se si trova un posto. Perché è la stessa cosa che abbiamo fatto con il colonialismo. Il problema è se si trova un altro posto o no. Se non si trova, è dittatura sicura, è inevitabile. È una cosa per cui faranno i muri.
Sarebbe una dittatura molto illuminata. Piuttosto io vedrei l’inizio di nuove tecnologie per far stare l’uomo a temperature alte. Il capitalismo secondo me è troppo insito nella società, non fermi questo serpente che si morde la coda, non lo fermi.
Perché è completamente associato alla nostra idea di libertà. Associamo la libertà alla libertà di consumare. C’è una quantità di persone; e ci sono i bisogni che associamo alla libertà di esprimerci. Poter andare in un altro continente e comprare vestiti una volta là è completamente nella nostra visione di cos’è la libertà. E questa cosa la fermi solamente coi mitra. Ci sarà una tale pressione sui posti ancora abitabili che sarà completamente insostenibile. Non so quanto tempo ci vuole. Mi fa cacare sotto.
Certo.
La musica però oggi è diventata immateriale.
Sai che non l’avevo mai letta così ma è molto bella, molto poetica.
Per seguire un artista non devi quasi più inquinare… Ma a ben vedere tutto il mondo dello spettacolo è una creazione di miti che produce quella continua bulimia e affaticamento totale, che veramente… mi affascina e mi stanca. Questo sperpero è bellissimo. Ed è proprio degli artisti: l’oro…
È super affascinante.
Dall’altro sembra che non si possa arrestare, che si debba arrivare al punto in cui si distrugge tutto.
Purtroppo io credo sinceramente così. Lo credo.
[Iniziamo a parlare di persone di cui non possiamo fare i nomi. Intanto abbiamo tirato fuori un argomento: cosa sono le interviste.]
A me piace l’aspetto fastidioso delle interviste. Quando intervistano me sono felice. Quando devo intervistare io è una stranissima posizione, perché io ho la mia voce, tu hai la tua, però sono io che devo mediare le cose, le mie e le tue: non è che c’è un regista. È una cosa senza senso.
È interessante, non ci avevo mai pensato.
Molte volte gli intervistatori diventano delle oche perché è più facile come maschera: “Allora ciaaooooo!”
Sì!
È più facile fare il verso a te, Myss Keta, che parlare con te. Parlare con te facendo quello che non ha la maschera mi mette in una posizione che… Che cazzo ti devo dire?
Sì, sì.
Mentre se mi metto a fare il Myss Keto ho svoltato. E ho notato che alcune persone che ti hanno intervistato hanno adottato questa strategia: la buttiamo in caciara.
È interessante perché mi stai offrendo degli spunti per leggere le prossime interviste, quindi top, adoro.
Per esempio per varie ragioni ho intervistato uno scrittore che conosco da più di quindici anni, abbiamo un rapporto stretto. Però quando parlava con me nell’intervista lui non stava parlando con me, perché giustamente è un’intervista quindi non stai solo parlando con me, stai pensando a dove va l’intervista. E lo stesso quando intervistano me: un po’ mi cago te, un po’ mi cago…
L’esterno…
E sono esperienze veramente psichedeliche: ora in questo momento lui non sta parlando con me – ora sì – ora no – ora sì… allo stesso modo per me quel pochissimo di bianco nei tuoi occhi che intravedo sotto gli occhiali è tutto un mondo, come se stessi nella bufera e stessi cercando la luce nel rifugio.
Ah ah sì sì…
E sono questi aspetti, gli aspetti che non funzionano della società dello spettacolo, quelli in cui uno può riuscire a fare delle esperienze. Ma la cosa che mi interessa è: quante delle cose che si stanno facendo mentre si nutre questa macchina insaziabile sono davvero delle esperienze. Che poi uno si guarda indietro e dice: mah, io ho vissuto – e quanto invece è macinare content.
Te lo dico io. Secondo me puoi dire di aver vissuto delle esperienze quando puoi raccontarci dei buoni aneddoti.
Non fa una piega.
Secondo me è un buon modo per dividere esperienze e cagate. Se puoi raccontare aneddoti sostanziosi succosi. Poi ci sono tanti tipi di esperienze, ci sono cose giganti come fare un figlio ed esperienze come Eravamo io Mike Buongiorno e Giucas Casella all’albergo di Roma, capito? Di solito io quando ho dei buoni aneddoti sono molto contenta.
Oddio, però prima mi hai fatto il lavaggio del cervello quando non capivo dove stavamo…
Vabbè dai sono più brava di come mi dipingono.
In che senso?
Sono più brava di come mi dipingono. Questo.
Ma io dicevo che in quei momenti lì, sono stati due momenti belli, forse dovrei farli uscire di più quando parlo con maschere non visibili. Quelle due porte che mi hai sbattuto in faccia mentendo sono state interessanti. Quando intervisti qualcuno che non conosci non sai dove ti porta. Quello vale la pena farlo.
Be’ ci sta, ragazzi, no?
Ci sta ragazzi, no? [Le faccio il verso.] Be’ devi considerare un fatto. Dicono i nostri amici comunisti…
Sì…
Che praticamente il punto principale del liberismo contemporaneo è che tu sei imprenditore del tuo tempo. E questo è un tema super delicato…
Super delicato.
Perché per esempio gli artisti in questi senso diventano i più liberisti di tutti, perché sono quelli che dicono Io investo il mio tempo, io non devo perdere un secondo, tutto quello che faccio deve servire. E torna il discorso della maschera, il discorso di come uno chiude la porta in faccia agli altri, perché… Io, magari, sono una merda, no? Qualcuno lo penserà pure… E magari io passo tutto il tempo a lavorare, e invece ho l’aspetto di uno che non sta combinando un cazzo perché odio la retorica di farsi il culo, la detesto…
Non ti vestiresti da yuppie.
Ma neanche da precario che dice Mi sto sbattendo. Però al tempo stesso sto lavorando tutto il tempo. Quindi mi interessa come tu usi la maschera.
Allora, questa cosa del tempo è mega complicata e ci sto tanto ragionando anch’io. È ovvio che Myss è personaggio con maschera e occhiali. Il resto boh che cos’è?, non si sa, chi lo sa.
Il resto di Myss o il resto di te?
Mmm il resto del Carlino secondo me. No, è molto interessante questa cosa che dici del tempo, che gli artisti impiegano tutto il tempo, proprio a tal proposito penso invece che bisognerebbe dare molta più attenzione a ozio e noia… Paradossalmente se si vuole combattere questo sistema dentro se stessi, questo sistema che ti trascina e ti macina, bisognerebbe darsi più spazio anche all’interno di sé, a momenti inoperosi, momenti di noia, momenti di ozio, cioè la noia quella che non sai proprio cosa fare e non fai nulla. Siamo sempre in un mood che anche se sei a casa devi far qualcosa. Devo leggere l’ultimo articolo, devo fare quello, devo fare la valigia, devo farmi la doccia. Ok? Recuperare i momenti di noia e di ozio. Potrebbe essere così rivoluzionario punto-di-domanda? In quest’epoca in cui il tempo è monetame?
Io partivo proprio dalla sensazione strana che mi dà il fatto che stiamo parlando da un’ora e hai ancora la maschera. Quello mi ispira. Perciò ero curioso di parlarne con te… Ovviamente più riesci ad accumulare più puoi cominciare a sparire.
Certo.
Io per esempio ora ho 41 anni. Pochi anni fa a causa di una persona con cui lavoravo ho iniziato a soffrire di ipertensione. Ho detto Col cazzo. Mi sono perso il telefono, mi è piaciuto. Allora ho comprato due telefoni, questi due. Lavoro e…
Vita…
E praticamente ho smesso di rispondere al telefono.
È potentissimo.
E la gente ha smesso di telefonarmi. Ho fatto come la tua maschera: facciamo sto gioco, io tanto il telefono lo uso solo perché ho l’ansia verso la mia famiglia, ma se io non avessi quell’ansia io andrei in giro senza il telefono, quindi io l’ansia la metto in questo telefono qua [famiglia], e questo invece è il telefono a cui non rispondo [lavoro].
Eh… È interessante. Questo è uno strumento di controllo che uno si esercita da solo volontariamente. E questo forse cercare di separarsi da questi strumenti qui che ti fanno capitalizzare tutto il tempo che hai è anche uno dei primi moti di fuga che possiamo sperimentare fisicamente noi. Molto interessante. Comunque io ho modalità aereo molto spesso.
A me piace un livello di conoscenza che non sente il bisogno di dire Ok ti ho afferrato, se ti ho intervistato.
La possessione.
Non mi voglio rassicurare.
Eh, welcome… Tutti la vorremmo. Ho capito perfettamente. La definizione mette dei confini. Tu conosci perché possiedi i confini di quella cosa.
Io non mi faccio mai le foto con le persone che intervisto perché voglio che il momento sia molto più fluido [Semi-bugia: per i podcast ultimamente mi fanno fare qualche foto.]
Sta roba delle foto è assurda comunque.
Ho visto delle foto con gente che ti ha intervistato, che è una cosa che fanno tutti eh, e pensavo: ok, quindi chissà che situazione passa dal tipo di intervista che ho letto alla foto. Perché oggi c’è tutta questa moneta della confidenza, nel mondo dello spettacolo…
Certo!
Tutto passa per il tuo Instagram. Io invece adoro fare il podcast di chiacchiere e non postarlo su Instagram. Così, godo così. A privarmi delle cose…
A me piace, col fatto di Myss che ha la maschera, è molto buffo vedere tutti questi selfie di gente con una persona con maschera e occhiali. Pensaci: è assurdo, è buffo. Specie quando fanno tutte le foto in batteria.
Chiaro. La cosa che mi ha più toccato di parlare con te è dove non si passa, dove hai mentito, e credo che tu lo faccia consapevolmente, mi sembra che sia ciò che sei tu: tu puoi reggere il fatto di non farmi passare. Di fermarmi. La trovo una cosa plastica, artistica.
Grazie, molto gentile da parte tua definirlo così.
È una magia che fai. Perché di solito un intervistato cerca di non farti passare ma non ti dice che non ti ha fatto passare. Invece tu fai una cosa…
Sì sì.
Che è chiaramente insensata…
Sì sì.
Per cui io capisco che non mi hai fatto passare. E però ovviamente siccome tu hai una maschera non sembra una presa per il culo ma sembra coerente con quello che stai facendo.
Esatto. That’s the game, ragazzi. Eh, certo. Non tutti lo capiscono.
Mi chiedo quando ti stuferai e non risponderai neanche.
Guarda, man mano che si va avanti vorrei fare delle cose più artistiche-barra-concettuali tra cui magari non rispondere completamente a un’intervista, o fare queste cose qua.
Io credo che ci dovremmo dare appuntamento tra un po’ e vedere a che punto…
…A che punto siamo. No vabbè. Voglio dire. È giusto anche giocare con i media e giocare con queste cose qua. Vederle da dentro ed esplorarle, esplorarle dall’interno. Alla fine è quella la parte più divertente, la parte di conoscenza di cose nuove, di cose inaspettate, di cose che non conosci.
Anche perché il mondo dello spettacolo è una roba che da dentro è super interessante, da davanti invece quello che produce è una merda.
Esatto, è piatto da davanti. Vedere lì dietro come ti puoi muovere, misurare i tiraggi, per me è forse una delle cose più divertenti che faccio. Vedremo. Fin dove ci spingeremo.