L a filosofia, intesa come disciplina accademica, è da anni oggetto di controversie. Alcuni noti fisici hanno sostenuto che la filosofia, un tempo identificata con la scienza, oggi è diventata superflua all’attività scientifica: è morta, o piuttosto sopravvive sotto forma di un futile dilettantismo. I filosofi reagiscono sottolineando l’importanza di recuperare la generalità della formazione filosofica, che ha da sempre contribuito alla nascita e alla interpretazione delle teorie scientifiche e delle visioni del mondo, o rispolverano l’idea del filosofo come difensore di una verità fondamentale contro lo scientismo e il tecnicismo imperanti.
In queste controversie resta spesso inevasa la domanda su cosa sia la filosofia, e spesso si dà per scontata l’identificazione della filosofia con la disciplina insegnata nelle università in una determinata epoca. Quando però si passano in rassegna figure esemplari di filosofi si trovano personaggi come Descartes, Leibniz e Spinoza, figure che non ricoprirono mai alcun incarico accademico. Sedicenti “filosofi” erano anche Galilei e Newton, che oggi si considerano archetipi dello scienziato. L’imbarazzo aumenta quando si riconoscono contenuti filosofici in opere poetiche come quelle di Lucrezio, Leopardi o Rilke. Infine, quando si pensa che Socrate, il primo a definire la parola “filosofia” in un senso che ci è familiare – non lasciò alcuno scritto e non esercitò nessuna professione – sembra sfuggire ogni criterio definitorio.
Un contributo a ripensare da capo questo problema viene ora da Il filosofo. Una storia in sei figure di Justin E.H. Smith (Einaudi 2016), un libro ricco di idee e di piacevolissima lettura. Nei sei capitoli del libro Smith descrive sei tipi di personaggi che hanno rappresentato, in epoche e luoghi diversi, ciò che consideriamo filosofia: il Curioso, il Saggio, il Polemico, l’Asceta, il Mandarino e il Cortigiano. Ognuna di queste figure diventa occasione per allargare la nostra concezione della filosofia al di là dei confini del presente e della tradizione attualmente dominante. A ognuna corrisponde una voce che prende vita in brevi monologhi, una scelta stilistica in cui trova espressione l’idea di una filosofia polifonica, priva di un’identità rigida.
Il Curioso (al femminile nell’originale) è una figura tipica della filosofia naturale del Seicento, i cui interessi molteplici mettono in scacco le nostre categorie. È il primo personaggio del libro, che sembra anche ricevere la tua maggiore simpatia. Che cosa pensi che possiamo imparare da questo personaggio?
Un tema ricorrente del libro è che si dovrebbe rinunciare al pregiudizio secondo cui la filosofia sarebbe identificata per mezzo di un complesso di metodi e dottrine stabilito istituzionalmente. Il modo in cui sostieni questa tesi è basato soprattutto sulla conoscenza storica e linguistica.
Nel capitolo sul Saggio suggerisci che la filosofia, piuttosto che limitarsi a essere una disciplina accademica definita dalla tradizione europea e americana, possa essere identificata con una espressione della cultura in genere, ben oltre i confini geografici dei paesi occidentali. Analizzi esempi di filosofia africana e indiana, ma anche la sapienza di un cacciatore indio del Brasile. Sottolinei che questo tipo di prospettiva ampia era tipica del primo autore di una completa storia della filosofia, Johann Jakob Brucker (1696-1770). Perché oggi dovremmo recuperare questo punto di vista?
Descrivi il tuo libro come «un saggio nel senso che Montaigne dà al termine». Trovo questo riferimento significativo per varie ragioni. Una di queste, naturalmente, è che Montaigne è stato uno dei primi pensatori che ha tentato di criticare la società europea adottando un punto di vista esterno, per esempio nel celebre saggio Sui cannibali. Credi che questo tipo di procedimento ti porti a sostenere una forma di relativismo culturale?
Nel capitolo sul Polemico introduci un personaggio fittizio, Bud Korg, perito immobiliare e pensatore dilettante. Le sue lettere senza risposta, in cui Korg incalza il professore chiedendogli di riconoscere il valore eccezionale del suo libro Verità quantistiche per il XXI secolo, sono allo stesso tempo comiche e inquietanti. Pensi che la filosofia New Age e la “scienza di confine” (fringe science) tocchino un punto debole della filosofia contemporanea?
Sostieni che non c’è un criterio rigido per separare la filosofia dalla poesia negli scaffali di una libreria, partendo dal dato di fatto che – per esempio – opere di Sterne, Eliot e Whitman possono includere idee filosofiche. Puoi spiegare il tuo punto di vista?
Nel capitolo sull’Asceta analizzi il caso di un pensatore del XVII secolo, François Bernier, che cercò di comprendere la filosofia indiana soggiornando nell’India dei Moghul. Alla fine resta una distanza incolmabile: ciò che per lui è una dissezione anatomica, appare a molti indiani come un sacrificio. Perché questo episodio è tanto significativo?
Il capitolo sul Mandarino, il filosofo professionale per eccellenza, solleva ancora una volta il problema di definire la filosofia: dovremmo semplicemente accettare come filosofo colui che è accreditato come tale da un’istituzione o da una tradizione?
Il Cortigiano è il paradigma del pensatore “mercenario”, prono agli interessi del Signore. Ma, in perfetto stile montaigneano, sottolinei – anche in base alla tua esperienza – che i filosofi hanno effettivamente bisogno di guadagnare denaro. Credi che oggi la filosofia corra il rischio di diventare portavoce di nuovi governi autoritari e illiberali?