A shtar Sheran è una creatura di bellezza prodigiosa. Da tempo conservo sul desktop una cartella dove scarico i suoi ritratti disegnati con l’aerografo. Iridi blu magnetiche, fronte ampia, zigomi forti, lisci capelli biondi portati sulle spalle. A lui è dedicato un culto sotterraneo e minore, ma globale e duraturo, nato negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale, passato per il vecchio continente e oggi forte in Russia e Brasile. La contemplazione del suo volto e l’ascolto della predicazione è sempre sul punto di rovesciarsi nella prefigurazione di uno scontro tra il bene e il male al quale seguirà una palingenesi, come nella profezia che viene propalata dai seguaci di QAnon e che sta condizionando il voto in America.
A partire dagli anni Cinquanta circolano diversi identikit di Ashtar Sheran. Da principio si trattava di pudici e approssimativi disegni in bianco e nero schizzati su un foglio, mentre le raffigurazioni che circolano oggi in rete sono vere esplosioni di luce e colore. Gli sfondi sono spesso di un azzurro infuocato e i contorni della figura sfumano in un sottile alone incandescente. A giudicare dallo sguardo il carattere di Sheran è simile a quello di un eroe omerico: calmo, giusto e risoluto.
Il primo a fare il nome di Ashtar fu un ufologo, sensitivo e contattista americano, di professione meccanico a Santa Monica, in California. Si chiamava George Van Tassel. La vita di Van Tassel fu segnata dal passaggio in officina di un cliente, un emigrante tedesco di nome Frank Critzer. Sono gli anni che seguono alla Grande Depressione e in cui John Steinbeck, nel romanzo Furore, racconta la vicenda di una famiglia che emigra in California in cerca di lavoro. Anche Critzer era a caccia di fortuna, faceva il cercatore d’oro, e riuscì a convincere Van Tassel a prestargli del denaro con la promessa di restituirglielo. L’anno seguente Critzer tornò a farsi vivo con una breve lettera nella quale invitava Van Tassel a raggiungerlo nel deserto del Mojave. La vicenda che segue è un frammento di storia californiana a cavallo della seconda guerra mondiale, degna di un romanzo di Thomas Pynchon. Van Tassel si recò in automobile a casa di Critzer e rimase stregato dal luogo. Critzer non aveva trovato l’oro, ma viveva in una strana dimora ipogea che si era scavato con le sue mani, nel deserto, proprio sotto un enorme masso roccioso venerato dai nativi e noto come Giant Rock. Gli indiani, suggestionati dalla forma e dalla superficie levigata del masso, pensavano che quella pietra fosse il cuore della Terra. Critzer aveva installato nella sua abitazione sotterranea una radio a onde corte ed era sospettato dalla polizia di essere una spia nazista. Nel 1942 rimase ucciso sotto il fuoco della squadra di polizia guidata dal locale sceriffo, mentre cercava di fare irruzione nell’ipogeo. Secondo un’altra versione, Critzer morì a causa della fortuita detonazione dell’esplosivo che per il suo lavoro di cercatore d’oro teneva sempre con sé in casa.
Nel 1947, Van Tassel, che nel frattempo era diventato un pilota aeronautico e aveva conosciuto l’aviatore Howard Hughes, decise di trasferirsi con la moglie e le tre figlie nei pressi di Giant Rock. Cinque anni più tardi raccontò di avere viaggiato a bordo di un’astronave. L’episodio diventò materia per un libro testimonianza, I Rode a Flying Saucer, e Van Tassel, da architetto autodidatta, si diede da fare per costruire nei pressi di Giant Rock una singolare struttura metallica, verniciata di bianco e tutt’ora esistente, chiamata Integratron. L’Integratron, che ha la forma di una cupola, doveva diventare un luogo di raccoglimento e meditazione, grazie al quale viaggiare nel tempo e rallentare il processo d’invecchiamento delle cellule, ossessione che forse era stata trasmessa a Van Tassel da Howard Hughes. Ma soprattutto, da allora Van Tassel raccontò di essere in contatto telepatico con una creatura cosmica: Ashtar Sheran, nativo di Metharia, sistema solare di Alpha Centauri, comandante della flotta spaziale intergalattica.
Una volta passato per il varco di Van Tassel, Ashtar Sheran comincia a comunicare con altri umani, che si fanno ancora oggi antenne e portavoce del suo pensiero. Di conseguenza le comunicazioni di Ashtar Sheran diventano una vera e propria saga nel mondo dell’ufologia, in particolare nell’ambito dell’ufologia spirituale, dove la credenza negli extraterrestri si coniuga con una serie di speculazioni filosofiche e religiose.
Nel 1952, l’editore tedesco Herbert Victor Speer, avendo probabilmente appreso della vicenda di Van Tassel, fonda a Berlino ovest un circolo medianico dedicato ad Ashtar Sheran, chiamato il Centro della Pace (MFK-Mediale Friedenskreis Berlin, in Ahrweiler Straße 36): sarà attivo fino al 1976. I messaggi di Ashtar Sheran, che oggi ammontano a un corpus sconclusionato di migliaia di pagine, vengono raccolti da due medium: Uwe Speer e Monika Manuela Speer, figli di Herbert. All’epoca l’immagine di Ashtar era ancora nelle versioni in bianco e nero che conservo tra gli altri ritratti nella cartellina sul desktop. Ogni tanto, senza una vera ragione, se non il desiderio di lasciarmi ipnotizzare da questo buffo enigma, torno a fare click sulla cartellina. Tali versioni primordiali, di profilo come i volti disegnati sulle monete, documentano il tentativo da parte del ritrattista di mettere a fuoco la reale fisionomia dell’essere cosmico. In questo processo giocano un ruolo importante gli immaginari che sono già vivi dentro di noi e che inevitabilmente si proiettano sul foglio a completare i contorni evanescenti della figura. Ogni volta che clicco sull’immagine vedo in Ashtar Sheran le sembianze di un nobile della vecchia mitteleuropa. È ricco, fortunato, avrebbe tutto per essere felice, ma è divorato da cattivi sentimenti, più grandi di lui, è superbo, prigioniero del suo personaggio, affettato, e più lo guardo e più mi sembra di avere già intravisto la sua figura nell’infanzia, sullo schermo tv, forse in qualche sceneggiato RAI.
Le comunicazioni di Ashtar Sheran diventano una saga nel mondo dell’ufologia spirituale, dove la credenza negli extraterrestri si coniuga con una serie di speculazioni filosofiche e religiose.
Alcune foto, apparse in un reportage del 1958 pubblicato sulla rivista della DDR Neue Berliner Illustrierte, mostrano un interno del Centro della Pace, dov’è in pieno svolgimento un channeling di Ashtar Sheran. Monika Manuela Speer, all’epoca ventiduenne, scrive e disegna, guidata dallo spirito di Ashtar Sheran, mentre il fratello, in giacca e cravatta, le siede accanto e le passa i fogli bianchi, come in una catena di montaggio fraterna o in un esperimento surrealista, mano a mano che la Speer li riempie di nuovi segni, accompagnata dal basso continuo della voce di Ashtar che pulsa tra le tempie. In realtà non è il solo Ashtar Sheran che le parla: altri esseri cosmici le si affacciano nella mente. I temi sono disparati, per esempio la stampa e l’informazione avvertite come poteri ostili:
Noi, uomini di un’altra stella, troviamo nella vostra stampa la maggiore difficoltà da sormontare. Essa è nostra nemica e ci attacca continuamente, ostacolando la nostra missione d’illuminazione.
La matita non si solleva mai dal foglio e le parole corrono sulla carta in uno stupendo continuum di lettere alfabetiche collegate l’una all’altra. Nella sede dell’MFK in in Ahrweiler Straße 36 l’atmosfera è solenne. In quel momento in Germania ovest governa il cancelliere Konrad Adenauer, mentre Ulrich Pieck è il Presidente della DDR. I giornalisti presenti all’evento osservano in silenzio. Alle spalle del medium, illuminati da una mezza dozzina di candele, si scorgono i ritratti di Ashtar Sheran accanto a un grande disegno di un angelo a figura intera. “La mia mano è guidata da poteri invisibili”, dichiarò Monika Manuela Speer. In un’altra serie di foto è Uwe Speer a scrivere sotto dettatura. Nella penombra si nota un operatore della ZDF che, con una pesante telecamera dalla forma scatolare, si cimenta nel goffo e impotente tentativo di catturare l’invisibile rapporto tra il medium e l’essere cosmico. La sagoma di un crocifisso, illuminata da ceri, è alle spalle di Uwe Speer. Secondo il Neue Berliner Illustrierte, il Centro della Pace contava nella Repubblica Federale circa 100 membri attivi e 5.000 simpatizzanti.
Cambio di scena. Qualche anno più tardi Ashtar Sheran arriva in Italia. Se ne parla sulla prima rivista italiana di ufologia, Spazio e Vita, e poi grazie all’Associazione Universale Spirituale Alaya di Venezia, che nel 1960 traduce in lingua italiana Von Stern zu Stern, testo già pubblicato in Germania da Herbert Speer. In Italia cominciano a rilasciare interviste e testimonianze i primi contattisti: Germana Grosso, Eufemio Del Buono e in seguito Renato Minozzi. Il 30 aprile 1962, Ashtar Sheran si manifestò come messaggero di dio a Eugenio Siragusa, un signore di Catania molto espansivo, ex capo cannoniere sommergibilista della Marina e diventato, in seguito, uno dei più noti contattisti italiani. Sia Van Tassel che Siragusa sembrano attori mancati delle rispettive cinematografie, personaggi potenziali dello spettacolo o della letteratura. Hanno trovato un loro modo di esprimersi e mettere in scena il divino e se stessi. Vito Vitulli è il nome dell’abile disegnatore e pittore che in diversi lavori ha testimoniato, con lo sguardo del biografo adorante, gli episodi più salienti della vita non comune di Siragusa. Per esempio l’incontro pieno di emozione tra Siragusa, Ashtar Sheran e Ithacar, altro messaggero cosmico. In un disegno a matita Siragusa è invece ritratto accanto a varie eccellenze: Giordano Bruno, Rasputin, Gesù di Nazareth etc. Giuseppe, fratello di Vito, ha invece composto diverse space symphonies, tra cui una dedicata a Siragusa: “Melodia astrale per Eugenio”.
Nel 1963 Siragusa fonda il Centro Studi Fratellanza Cosmica e nello stesso anno viene intervistato dalla RAI. Di fronte alla telecamera è sciolto, privo di timori, dà del tu alla televisione, è la sua grande occasione, mostra un eloquio brillante, si esprime con quell’idioma preciso, articolato, da maresciallo dei carabinieri, che un tempo fu appannaggio di molti italiani e veniva puntualmente riprodotto dagli sceneggiatori che lavoravano per il cinema popolare del tempo:
senonché, erano le cinque di mattina, vidi sopra di me a circa mille metri di altezza un alone di luce fluttuante […] veniva verso di me come un chiodo rovesciato […] senonché rimasi impalato, inchiodato, senza potermi muovere.
Altro capitolo della saga: l’”interferenza di Vrillon”. Si tratta di un incidente accaduto in Inghilterra, nel 1977, a causa del quale le trasmissioni di una piccola emittente tv vennero interrotte da una voce che si qualificò come “Vrillon, rappresentante del Comando Galattico di Ashtar”. Il messaggio di Vrillon non si differenzia dalla gran parte delle verbose comunicazioni di Ashtar Sheran, che fin dall’inizio, quando avvertì George Van Tassel dei pericoli della bomba all’idrogeno, consistono in defatiganti appelli alla pace e in ammonimenti severi a proposito dello scoppio imminente di guerre e conflitti mondiali.
Nel corso della stesura di questo articolo, Gabriele Gasparotti, un amico, musicista e videomaker, mi ha scritto per riferirmi una sequenza di fatti: ormai molti anni fa gli capitò più volte di sognare un volto, una presenza, una certa fisionomia, nella quale in seguito ha creduto di riconoscere la figura, mai vista fino ad allora, di Ashtar Sheran. Da quel momento ha iniziato la lettura dei libri che contengono le trascrizioni della voce e dei messaggi di Ashtar Sheran e anche i libri di Eugenio Siragusa, ma è soprattutto dal primo che ha il sospetto di essere stato guidato e ispirato creativamente, sentendosi mosso da una forza esterna, in particolare nella composizione della parte finale di un brano dal titolo “L’uomo, la donna e la bestia”, contenuto nel disco Extrema ratio. Gabriele mi confida di essersi sentito trasformato positivamente da questo incontro.
Non smetterei mai di studiare, sfogliare la ridda d’immagini e ritratti di Ashtar Sheran reperibili su internet, e in particolare è interessante provare a esaminare la storia artistica, visuale, le differenti sfumature con le quali l’icona è stata rappresentata nel tempo, in base alla prevalenza di questo o quell’archetipo figurativo. All’inizio i tratti del volto, delicati e aristocratici, sembrano derivare dallo stereotipo del rampollo europeo di ricca famiglia: un Helmut Berger diretto da Luchino Visconti, cioè una bellezza maschile anni Settanta modellata su canoni manniani o del secolo precedente, come se sul profilo degli esseri cosmici venissero proiettate caratteristiche di classe e di censo, i segni di un privilegio espressi nella bellezza armoniosa dei lineamenti; altre volte le sembianze sono angeliche; oppure ricordano la positività radiosa dei soldati della Wermacht sugli opuscoli di propaganda. Senza dubbio la fisionomia di Ashtar Sheran è ricalcata su quella di un bianco europeo, ma sarebbe un po’ tedioso, per quanto mi riguarda, approfittarne per applicare all’immaginario ufologico un eventuale discorso critico di decolonizzazione. In me prevalgono la meraviglia e la sete degli occhi di fronte alla manipolazione dei simboli e alla confluenza di correnti iconografiche varie che come fluidi colorati si sono mescolati in uno stesso recipiente.
Negli sfondi cosmici dipinti alle spalle di Ashtar Sheran, spesso elementi tratti dall’immaginario della fede cristiana vengono immersi, anche grazie ai cromatismi ottenuti dall’aerografo, in un clima di fantascienza ed effetti speciali alla George Lucas. Ma che ci fanno Gesù e Maria stagliati insieme ad Ashtar Sheran contro quei panorami iridescenti, a volte attraversati da archi aurorali? Lo scenario di una flotta di vascelli invisibili schierati intorno alla Terra e guidati da Ashtar Sheran risale ai tempi di Van Tassel, ma da un certo momento in poi – anche se non è facile orientarsi nei racconti di decine di contattisti – il personaggio di Ashtar Sheran è stato considerato come un alter ego dell’Arcangelo Michele. Ecco perché Gesù, la madonna e il simbolo della croce cominciano ad apparire accanto ad Ashtar Sheran. Forse la connessione con il miliziano celeste che si batte contro Lucifero e venerato dalla destra reazionaria, ha favorito una colorazione sovranista del personaggio di Ashtar Sheran. E nel legame con l’Arcangelo Michele riecheggia l’antica dottrina manichea secondo la quale il mondo non è altro che un’arena dello scontro tra il bene e il male.
In questi mesi Ashtar Sheran ha parlato in più occasioni grazie a una certa Sharon Stewart, sensitiva americana che afferma di comunicare grazie a una tecnologia impiantata sottopelle. Sharon Stewart dichiara di essere in contatto con una schiera di creature cosmiche: Adama di Telos, Ivo di Vega, El Morya, Athena, Soren delle Pleiadi ecc. Guardando i loro ritratti, provo quella sottile accensione infantile che si sperimenta di fronte a un gioco di carte collezionabili. Soren, Athena, El Morya, diventano figure altere e leggendarie, la cui realtà, espandendo i limiti dell’universo e dell’immaginabile, collega la mia stessa esistenza a un gioco più grande.
Ashtar Sheran avrebbe confermato alla sensitiva che la COVID-19 è nata in laboratorio e che la famiglia di Donald Trump resta sotto la protezione delle forze di luce della Confederazione Galattica. Il culto di Ashtar Sheran è una superstizione ufologica nata in un’altra era, nel contesto della guerra fredda e della minaccia nucleare, la cui vicenda, tuttavia, si prolunga oltre la caduta del muro di Berlino, arriva fino al 2020, alla pandemia globale e sprofonda nel sottobosco esoterico della politica americana. Osservare come il mondo si rifrange sullo schermo dell’ufologia è bello quanto guardare un cielo di colpo stellato.