L e ragazze nello studio di Munari è un libro di Alessandro Baronciani, uscito per la prima volta nel 2010 per Black Velvet. Introvabile da molti anni, ora è stato ristampato da Bao Publishing. Abbiamo parlato con il fumettista e illustratore di Pesaro nei giorni in cui era impegnato a presentare la nuova edizione a Milano, ed è stata l’occasione per ritornare a Bruno Munari e alla sua idea di creatività, oltre che per parlare di cosa succede quando un libro trova una nuova vita dopo qualche anno. Il libro non è una semplice ristampa: “È una riedizione, rivista, ricorretta, e secondo me anche più fruibile e più divertente da leggere. Ci ho messo le mani, ho ritoccato quello che, con un nuovo sguardo, ho pensato avrei fatto diversamente”.
Dal punto di vista della fruibilità della storia – “aggiungere i titoli dei capitoli ci voleva, si capisce meglio. Essendo il flusso di pensieri del protagonista c’era bisogno ogni tanto che qualcuno dicesse ‘sta cambiando discorso’” – ma anche da un punto di vista stilistico:
Ho scoperto che molti autori ridisegnavano o ritoccavano parti delle tavole prima di andare di nuovo in stampa. Succedeva che una tavola al momento di una ristampa non si trovava più e quindi si ridisegnava da capo. Una volta mi sono trovato a cena con Vittorio Giardino, uno dei miei autori di riferimento, e anche lui mi ha detto che spesso ritorna sulle tavole. Anche Crepax penso lo facesse. Questo richiama un po’ anche la filosofia di Munari: da cosa nasce cosa. Probabilmente anche rimetterci le mani sopra fa nascere qualcos’altro.
Munari, appunto. Il geniale artista e designer attorno al quale è nato il progetto del libro: “Siamo a 110 anni dalla nascita di Bruno Munari, e pensa che non sono cresciuto con i suoi libri. Non c’erano tanti libri per bambini. Al massimo se eri fortunato c’erano solo tonnellate di Rodari. Munari l’ho scoperto quando lavoravo in agenzia pubblicitaria, verso i 20-25 anni, avevo soldi e ti trovi dei libri come Nella nebbia di Milano o Da lontano era un’isola, e altri libri per bambini, che sono stupendi: di una semplicità disarmante e una genialità incredibile. Come anche Più e meno, un libro di sovrapposizioni dove tu puoi giocare con delle carte colorate, con dei disegni sopra, creando dei paesaggi. I suoi libri li ho scoperti un po’ alla volta, grazie a Corraini che ne ristampò il catalogo. Poi ci fu la bellissima mostra alla Rotonda della Besana per il centenario della nascita, e lì ho scoperto tante cose che ignoravo su Bruno Munari, quindi mi era venuta la voglia di fare una storia su di lui. Leggendo Fantasia, che è uno dei suoi libri più belli, Munari parla di creatività in tutti le sue digressioni e complessità, scrive che la creatività può nascere in tanti modi diversi, e nel libro elenca tutti questi modi.
Facciamo un esempio, la fantasia che nasce per unione degli opposti: prendete il vetro e la gomma, ora pensiamo a creare un prodotto che abbia le peculiarità del vetro ma anche quelle della gomma. La gomma se cade rimbalza, il vetro se cade si spacca. Provate a indovinare. La gente non ci arriva mai subito, poi facendo cadere dall’alto la risposta ottieni il plexiglas. Il plexiglas è trasparente, è un vetro fatto gomma, di plastica, se cade magari si sbecca ma non si spacca. Le Ragazze dello Studio di Munari usa lo stesso principio creativo: avevo la storia di questo ragazzo, un inguaribile dongiovanni, antipatico, snob, innamorato delle ragazze, un po’ come il suo corrispettivo cinematografico che è L’uomo che amava le donne di Truffaut, da una parte e dall’altra tutte le invenzioni cartotecniche e la filosofia di Bruno Munari. Il problema più grosso è stato con l’editore, perché un conto è stampare un libro normale, un conto è stampare un libro dove dentro c’è una fustella, ci sono pagine con la carta trasparente – come in Più e meno– che richiama la nebbia a Milano, una pagina pelosa, un bigliettino, esperimenti con i colori… È un libro sperimentale, in un certo senso, che parla di amore e della mia generazione”.
C’è anche una scena del libro in cui il protagonista spiega di avere provato a applicare il metodo Munari per la risoluzione dei problemi in ambito creativo all’approccio con le ragazze. Sullo sfondo di una festa, la doppia pagina è occupata da uno schema, un diagramma di flusso che va dalla P di problema alla S di soluzione. La creatività interviene in questo processo per la risoluzione dei problemi. Perché la creatività è il miglior modo per uscire da un problema perché tiene conto di tutti i dati, complicazioni e soluzioni possibili. Nel caso del protagonista del libro lui lo utilizzava per uscire con le ragazze.
“Secondo me però con le ragazze non funziona. Una volta un mio amico mi ha detto che ci ha provato e non ha funzionato… il metodo Munari è inserito nel libro Da cosa nasce cosa, Munari parla delle idee, e in Italia, lo sappiamo, siamo pieni di idee: non mancano assolutamente, anzi ne abbiamo anche troppe, e sono sempre tutte bellissime. Tutti abbiamo idee che sono la soluzione definitiva per qualsiasi cosa. Il problema è che non facciamo mai i conti con i problemi pratici, come il tempo, i soldi, i materiali, le disponibilità, con il fatto che qualcuno probabilmente ci ha già pensato ed ha fallito… Munari nel metodo racconta che la creatività interviene dove le idee, sono appunto soltanto “idee”, quando non ci sono mezzi ma vuoi comunque realizzare una cosa. Per me il metodo è stato il fumetto. Problema: vuoi raccontare una storia. Componentente del problema: non hai un editore. Raccolta dati: ho una stampante o una fotocopiatrice. Soluzione: puoi creare un fumetto”.
E proprio Baronciani ha fatto esattamente così, quando tra il 1998 e il 2001 si è autoprodotto fumetti che spediva direttamente per posta a chi glieli richiedeva. “La creatività interviene dove l’idea ha bisogno di un supporto”.
Il protagonista è una persona snob e antipatica, spesso hanno chiesto ad Alessandro se è ha qualcosa di autobiografico ma l’unica cosa vera è soltanto che il personaggio è “interpretato” da un amico del fumettista: “È ricalcato su un mio amico, del quale ha preso l’aspetto fisico, il nome e la professione, ma non il carattere né la storia personale: la storia è del tutto inventata. È un po’ come se avessi preso il mio amico come attore e gli avessi fatto interpretare il personaggio in un film, con il fumetto è facile fare questa cosa. Mi ricordo qualcosa su Goldoni alle superiori che ritagliava le parti per le sue commedie in base agli attori che aveva. Anche io ho i miei “attori” infatti un giorno mi sono detto: “perché devo faticare per disegnare sempre personaggi nuovi? Io potrei disegnare sempre questi cinque personaggi, e usare quelli nei vari libri”. Non è quindi un personaggio autobiografico:
Il fatto che alcuni abbiano pensato sia un libro autobiografico da un lato mi fa ridere dall’altro però è un po’ come se sminuissero la mia fantasia.
Il protagonista cerca di permeare tutta la sua vita nei libri, nella filosofia e nelle invenzioni di Bruno Munari: “Anche se poi il protagonista è il primo a non capirle: va a cercare il sasso originale dell’edizione di Da lontano era un’isola, interpretandolo come il momento in cui per il designer le cose sono cambiate – ma in realtà Munari non vuole spingere la gente a disegnare sui sassi, vuole solo fare pensare che un sasso, per esempio, può diventare un’altra cosa. Il protagonista è spaventato dal cambiamento e vuole cercarlo nel momento in cui “tutto è cambiato”. Per Munari invece è solo un “mutamento”, qualcosa che è cambiato e che è diventato un’altra cosa. Da cosa nasce cosa. Questo, penso, sia uno dei suoi insegnamenti più belli”.