D i cosa è fatta una fiera d’arte? Di opere, gallerie e collezionisti, talk ed eventi collaterali, organizzatori impazziti e bar sovraffollati, di artisti che non la visitano rimproverando gli artisti che la visitano: «Non è il contesto giusto per guardare un’opera!»; come se un cartongesso bianco da booth fieristico fosse un nemico peggiore di un salotto di design, del tempo, dell’eterno, di Dio che guarda la tua opera e scuote il capo. Le fiere sono bracci di ferro tra grandezza e mediocrità, press pass e vip card, high heels e gelidi muffin… Con un’eccezione: artmonte-carlo, una fiera metafisica, nel senso storico-artistico del termine. Spaziosa, profumata, al café è servita la torta al tè verde.
Ho raggiunto il Principato in occasione di questa giovane fiera d’arte cui partecipa un’elegante selezione di gallerie internazionali. Tra altri capolavori, Galleria Michael Werner espone un toreador di Picabia, dolce e ferino; la monegasca De Jonckheere alcuni Magritte erotici neroniani: città in fiamme e uovo alla coque; Galerie Art : Concept con Corentin Grossmann sfoggia due teste di pesci in ceramica dall’espressione sacra, arcaicamente ebete. Evento di benvenuto al mondo dell’arte in visita a Monaco è H2O – Stories on Salt, Water and Sea, una food installation di Arabeschi di Latte a cura di Cristiano Raimondi presentata dal Nouveau Musée National de Monaco grazie alla generosità di Lia Riva. Gli ospiti hanno bevuto infusi, liquidi fermentati e tè kombu (alga kelp e selz), antidoto marinaro al mal di mare.
Alcuni visitatori della fiera apostrofano artmonte-carlo come “la fiera in cui si respira”, per gli ampi spazi e per il bacino d’utenza montecarlino che non comprende larghe folle, ma principalmente collezionisti e cultori. La fiera ha luogo presso il Grimaldi Forum, centro congressi prospicente la zona balneare di Monte-Carlo, il Larvotto, dove accrocchi di giovani già si buttano in mare, tra le navi che gettano le fondamenta per il nuovo quartiere residenziale che Renzo Piano sta installando tra i flutti. Risiedo al Fairmont, hotel che s’affaccia a picco sugli scogli del Larvotto; uscendo in terrazza, mi trovo tête-à-tête con il capitano di una gru galleggiante che, divertito, si leva il cappello.
Mentre vago per la hall, chiedendomi se entrare o no al casinò del Fairmont, sfreccia davanti a me Sonia Pastor, ideatrice e realizzatrice del brillante [c r i s s – c r o s s] art institutions in dialogue, forum d’incontro tra personalità rappresentanti musei, fondazioni e centri per l’arte contemporanea, provenienti da ogni parte del mondo. Ventisette direttori d’istituzioni e tre curatori indipendenti sono raccolti per due pomeriggi nel salone Diaghilev del Grimaldi Forum per discutere a coppie, mezzora per coppia, di progetti futuri, reti d’idee e possibili collaborazioni tra istituzioni e tra istituzioni e singoli. Uno speed dating curatoriale che dà modo di tessere discorsi e importanti relazioni in un contesto inedito e accogliente.
Le fiere sono bracci di ferro tra grandezza e mediocrità, press pass e vip card, high heels e gelidi muffin, con un’eccezione: artmonte-carlo.
Di mattina e di sera, l’ensemble curatoriale scorrazza per il Principato e poi fino a Saint-Jean-Cap-Ferrat in tumultuose navette per visitare le ville dell’arte. Il Nouveau Musée presenta a Villa Sauber “Latifa Echakhch – le jardin mécanique” a cura di Célia Bernasconi; e a Villa Paloma “Alfredo Volpi, La poétique de la couleur” a cura di Cristiano Raimondi. In Francia, tra gli orfici, ittici, stellanti affreschi di Jean Cocteau, Villa Santo Sospir ospita “Tattoo Sospir” a cura di Eric Mangion. Il curatore italiano mangia ceviche tra le rose; l’inglese si chiede cosa farebbe Jean di questo mondo in cui i mercuri alati sono corsi a nascondersi dietro solidi muri; la brasiliana guarda il mare assorta nel pensiero della distanza. A cena, le grandi famiglie del collezionismo monegasco sono use aprire generosamente le proprie ville e i propri appartamenti ricchi di preziose opere.
Larvotto è un quartiere concettuale; il cantiere litoraneo di Renzo Piano è delimitato da una muraglia-separé che impedisce ai passeggiatori della promenade di vedere il mare e i lavori in corso. Sulla sterminata muraglia è stampata la fotografia di un panorama di mare e pini marittimi che replica l’orizzonte oscurato. A propria volta, le rotonde stradali sono limitate in alcuni punti da transenne ricoperte da stampe di piante tropicali. Simulacri di mare e piante costellano una città di mare e piante. Nulla di tutto questo suscita fastidio, al contrario si finisce assuefatti all’impianto metafisico della città, tanto che quando al bar ci si ritrova a pagare cinque euro per mezzo litro di naturale, s’allunga la banconota con un sorriso. Il concettuale adombra anche il mondo dei motori: Rolls Royce, Ferrari, Porsche e Maserati fanno mostra di sé per le strette strade di Avenue Princesse Grace, ma le marmitte dal sound potenziato che ringhia con più forza sono quelle delle Cinquecento. Le Cinquecento rombano come in nessun altro posto al mondo e frotte di turisti balneari si voltano ammirati a guardarle.
E le donne! Giunte a un’età indefinita, venticinque o sessantacinque, le signore che popolano i grandi saloni del Grimaldi Forum diventano russe, o ucraine. Gli zigomi in particolare, anche quelli che mai videro bisturi, paiono misteriosamente sovietici. Dietro all’abito più esuberante e francese, alla più preziosa scarpetta italiana, si cela una familiare truciolarità kabakoviana.
Nel giorno che segue la chiusura della fiera, l’ormai affiatata e giocosa ensemble [c r i s s – c r o s s] è condotta a Grasse, in visita alla collezione di Silvia Fiorucci-Roman e al progetto da lei ideato e realizzato in collaborazione con il centro d’arte la villa Noailles a Hyeres, 5Rooms al Moulin des Ribes. Cinque camere con bagno sono state messe a disposizione di cinque studi di design: Joachim Jirou-Najou, Paul Brissonnet + Alexandre Benjamin Navet, Superpoly, Studio Quetzal, Zanellato/Bortotto. La festa campestre conta all’incirca trecento invitati che, spandendosi per le stanze e il giardino, ammirano le opere d’arte. In entrata, i meravigliosi vasi dell’artista Chiara Camoni, spiriti di terracotta, animisti, ieratici e romantici al contempo, s’impongono come geni del luogo. Tra le stanze, una raffinata antologia di disegni e tele, tra cui quelle di Etel Adnan, Riccardo Baruzzi, Marc Camille Chaimowicz, Luca Bertolo e altri. I pasticceri riempiono di crema calda i bomboloni, ne allungo uno a un’elegantissima donna dell’arte, la cino-brasiliana Sarina Tang, che mi ringrazia con fermezza scomparendo tra le rose.