N on voglio diventare grunde!” scandiva Pippi Calzelunghe, concentratissima. Bisognava stare molto attenti, perché se dicevi “grande” invece di “grunde” l’incantesimo non funzionava. La formula di Pippi farebbe comodo ai tanti lettori che si scoprono, ben oltre l’età prescritta, consumatori di letteratura per l’infanzia. Ci sono tutti i professionisti del settore; genitori, zii e nonni che si affezionano alle storie che leggono ai più piccoli; insegnanti; e infine quei lettori che non si lasciano intimorire dalle classificazioni e, se hanno voglia di leggere un libro, che sia per adulti, bambini o ottuagenari, lo leggono e basta.
Comunque incidano gli adulti sulle vendite, la vulgata ormai trita è che quello per ragazzi sia l’unico settore che resiste alla crisi dell’editoria. Perché? Chi sono gli equivalenti attuali di Pippi Calzelunghe? E poi: è così chiaro quali libri consideriamo “per bambini”? Che cosa li distingue dagli altri libri? Di certo hanno qualcosa in meno: complessità, erudizione, prerequisiti di genere. Amarli è una forma di pigrizia intellettuale, una scusa per potersi occupare di animaletti parlanti invece di temi seri? O è possibile che, oltre ad avere qualcosa in meno, i libri per bambini abbiano anche qualcosa in più, che nei libri per adulti si trova di rado?
Matite spuntate
“Ah, io ricordo perfettamente i libri illustrati da Doré, con le tavole fuori testo, in bianco e nero: tutti correvamo subito a vedere la tavola!” Sono parole di Orietta Fatucci, dal ‘76 alla guida di Editoriale Libraria, il gruppo nato dalla fusione tra Einaudi Ragazzi, Emme Edizioni e Edizioni EL. La sua carriera si traduce in vari decenni di attività e più di diecimila titoli pubblicati: nel suo campo è una vera istituzione, e dopo tanto tempo il suo rimane uno sguardo moderno e accurato sul mondo editoriale per ragazzi. Conviene con me su un dato: oggi le illustrazioni sono confinate in un paio di categorie (graphic novel, fumetti e poco altro). Come se lo spiega un’estimatrice di Doré? La risposta è amara ma non sorprendente. “Le illustrazioni sono estremamente costose. Se poi sono a colori, il prezzo di copertina lievita. E il prezzo, soprattutto dopo gli anni di crisi, ha un peso enorme nella vendita.” Fatucci rimpiange gli anni d’oro in cui leggere significava anche per gli adulti guardare. “C’erano i famosi Electa, i cataloghi d’arte, i libri illustrati Mondadori, titoli come il libro delle pipe” (Introduzione alla pipa, di Dino Buzzati e del cognato Giuseppe Traverso). “Oggi un romanzo da 18 euro, con le illustrazioni, arriverebbe a 30: invendibile. Però piacerebbe.” La spesa è ancora ammissibile solo quando il target sono i bambini, perché loro delle illustrazioni non possono fare a meno. “In quel caso le figure sono un secondo piano di lettura, come dimostrano i silent book, libri completamente senza testo.” È il caso di Professione coccodrillo, splendida storia muta di Giovanna Zoboli e Mariachiara Di Giorgio.
Quando il bambino impara a leggere, le cose cambiano. Lo sanno benissimo i librai. Tiziana Mortellaro è, insieme a Deborah Soria, la fondatrice della libreria itinerante Ottimo Massimo, che dal 2006 va in giro per le scuole di tutta Italia con un furgone pieno di libri per incontrare bambini e ragazzi. Oggi Ottimo Massimo è anche una libreria stabile nel centro di Roma. Le fondatrici, in tanti anni di attività, hanno visto centinaia di scuole, e il loro lavoro con i bambini si basa anche sull’educazione all’immagine. “In pochissimi casi nelle scuole dell’infanzia c’è una biblioteca, e spesso, dove c’è, è fornita di libri con illustrazioni di scarsa qualità, che certamente non aiutano a educare i bambini alla lettura delle immagini”, osserva Mortellaro. “Poi nelle primarie si passa a biblioteche, spesso di classe, dove gli illustrati spariscono a favore dei romanzi, perché leggere viene considerato un esercizio più che un piacere.” Insomma: per qualche motivo, le illustrazioni non sono una cosa seria. Se già alle scuole elementari si evitano, figuriamoci nei libri per adulti.
L’Italia cresciuta è particolarmente sospettosa nei confronti dell’illustrazione. Matteo Corradini, autore di libri per bambini e per adulti e vincitore del premio Andersen 2018 come “protagonista della cultura per l’infanzia”, mi risponde al telefono mentre fa una corsa in bicicletta nei dintorni di casa sua. “Noi italiani veniamo da una cultura che considera un libro per adulti un libro serioso. Siamo aniconici, siamo anti-idolatri. In Francia, per esempio, illustrano di più, mentre qui l’illustrazione è durata solo fino agli anni Ottanta, primi anni Novanta, con le ultime riviste di settore come Corto Maltese. Oggi resiste un po’ Linus.” Non stupisce allora che chi apprezza un bel disegno a corredo del testo sia attratto dai libri per i più piccoli, che spesso custodiscono illustrazioni d’autore, pop-up inaspettati, intagli o formati fantasiosi. O semplicemente un’integrazione armonica e funzionale tra parole e immagini, come quella che sa creare benissimo Ippocampo (provate a sfogliare Zoottica – Come vedono gli animali?).
Andando oltre l’aspetto grafico, il più ovvio e lampante per distinguere i libri per bambini dagli altri, un altro nodo che può spiegare il fascino che esercitano su alcuni adulti è quello tematico. C’è una tipicità dei temi per bambini rispetto al mare magnum della letteratura in genere? Situazioni buffe o distese, scenari fantasy, personaggi positivi? Non proprio.
Eroi, conflitti, dolore
“Non ci sono argomenti che non vanno bene per i bambini”, garantisce Corradini. E sì che lui, grande conoscitore di cultura e di storia ebraica, scrive soprattutto di Shoah: non proprio un argomento puerile. “Ci sono sicuramente il momento e il modo sbagliato. Se mentre sei chiusa in bagno uno bussa insistentemente alla porta urlandoti Ti ho sempre amata, be’, quello non è il momento giusto. Lo stesso vale anche per i ragazzi.”
A smontare definitivamente l’ipotesi che quella per i bambini sia una letteratura “leggera” ecco la visione di Tiziana Mortellaro. Per lei il punto non è l’argomento, ma l’esito: “L’unica cosa che distingue un libro per ragazzi da uno per adulti è la responsabilità che l’adulto scrittore si prende nel finale, indicando una via positiva, di speranza. In un libro per bambini si punta verso una possibilità aperta di futuro. Togliere la speranza e chiudere senza soluzioni è una possibilità data solo a personalità già sviluppate, che sanno come uscire da quel buco nero: i libri per bambini e ragazzi aprono varchi. Nuove strade, nuove possibilità. Educano la mente a cercarle.”
Orietta Fatucci rincara la dose. Dal suo punto di vista di editore, i temi impegnativi “sono forse i più adatti. Noi abbiamo pubblicato diverse collane, come I grandissimi, che trattano argomenti forti. Vicende dove il protagonista ha investito tutto ed è uscito di scena vincente – o anche perdente: in diversi casi, perdendo la vita. Sono le storie che i ragazzi leggono più volentieri. Abbiamo raccontato il Vajont, Marcinelle, Schindler: argomenti che fanno leva sull’interesse dei ragazzi, esercitano un forte appeal”.
La scelta di trattare temi delicati non è una novità per EL. Erano i primi anni Ottanta quando Orietta Fatucci lanciò Ex Libris, la prima collana pensata per adolescenti. “In ogni romanzo si affrontava un argomento forte: l’anoressia, il divorzio, l’omosessualità, l’immigrazione… era una collana molto moderna. Ricordo che alcune librerie di grandi città, come Vicenza o Napoli, rifiutarono. Non solo quella collana, ma tutta la produzione di EL, perché la giudicavano troppo forte. In realtà io volevo offrire ai ragazzi la possibilità di approfondire alcuni argomenti in un momento in cui ancora l’istituzione non c’era, perché né in famiglia né a scuola se ne poteva parlare.”
Se le illustrazioni sono un punto a favore della letteratura per l’infanzia, la spensieratezza, a quanto pare, non lo è. Forse il merito dei libri per ragazzi – quello che conquista anche gli adulti – sta nel fatto che non hanno paura di essere chiari?
Che stile
“La semplicità che si vede a colpo d’occhio è complicatissima da raggiungere.” Nell’esperienza di Matteo Corradini, alternare regolarmente la scrittura per ragazzi e quella per adulti arricchisce entrambe. “Usare un parolone per farsi capire dagli adulti è facile, perché dietro quel parolone tu sai che un adulto capirà, e sai che non avrai bisogno di girarci intorno per rispettare il lettore. Anzi, per certi versi gli adulti si lasciano anche un po’ abbindolare dai paroloni.” Impossibile non pensare al suo discorso alla premiazione dell’Andersen: “Credo di essere il primo Premio Andersen che ha nella motivazione la parola acribia. Questo mi onora molto. Non so che cosa voglia dire, ma mi fido,” ha esordito appena salito sul palco.
“Scrivere semplice, esattamente come la discesa che ho fatto adesso in mountain bike, è divertente, ma sei sempre su un crinale”, mi ha spiegato, assicurandomi di essere sceso dalla bici. “Da un lato hai un linguaggio complicato che i ragazzi non manderanno giù, e dall’altro hai un linguaggio semplicistico che scimmiotta qualcosa che noi crediamo che sia letteratura per ragazzi.” E infatti molti autori per adulti che si improvvisano in un libro per ragazzi, dice, si riconoscono al volo.
Orietta Fatucci mi dà una risposta inaspettata: mi parla della poesia, che non trova più spazio nei libri per l’infanzia. Non necessariamente la poesia in versi, quanto piuttosto la poeticità di un testo. “Un autore molto poetico per adulti il suo pubblico lo trova. Ma i bambini, soprattutto alla luce del mondo dell’immagine – cinema, televisione, pubblicità, cartelloni, comunicazione visiva in genere, mondo digitale – sono abituati a un linguaggio estremamente dinamico. Gli autori per ragazzi si sono dovuti adeguare a questo.” Non è lo sfogo nostalgico di chi demonizza il digitale: tutt’altro. “Se grazie al digitale si raggiungono più lettori, è un’ottima cosa: viva l’e-book, se solo prendesse piede. Cosa che non avviene, e non soltanto in Italia. Ma se vogliamo proporre un romanzo a un lettore di otto, dieci, undici anni, il linguaggio deve corrispondere al linguaggio al quale è abituato, veloce e senza descrizioni esagerate: altrimenti si annoia.” Non è sempre stato così. “In passato noi abbiamo pubblicato parecchia poesia per bambini e ragazzi. La collana Pesci d’argento era fatta di raccolte di poesie altissime.”
L’adulto che frequenta gli scaffali per ragazzi è fatalmente tentato di fare un confronto tra quel che trova oggi e le proposte della sua infanzia e adolescenza. Due cose saltano all’occhio: tanta scelta, ma pochi classici.
L’adolescenza infinita
Facendo mente locale sui grandi casi editoriali degli ultimi anni, è evidente che la letteratura per bambini e per ragazzi ha avuto un ruolo centrale. “L’anno scorso, in Italia, il libro più venduto in assoluto è stato Storie della buona notte per bambine ribelli”, ricorda Fatucci. “Il più venduto in assoluto! Per non parlare di Harry Potter, o, guardando indietro, del fenomeno dei libri game. È così anche all’estero: i libri per bambini si vendono di più.” Il successo commerciale favorisce una produzione immensa. In rete fioccano i corsi per “aprire la tua libreria per bambini”. Qualsiasi libreria generalista ha un settore ragazzi ben fornito, e quello delle Feltrinelli è così grande che ci si perde. Gli scaffali sono organizzati con grande accuratezza, divisi in fasce d’età molto specifiche e per filone: quello mitologico, quello narrativo, serie prolifiche come quella Geronimo Stilton o altre in forma di diario, illustrati su dinosauri, insetti, corpo umano. E ancora albi, biografie, mappe, manuali che promettono di fare qualsiasi cosa. Un’offerta molto più vasta che in passato. Soprattutto, circostanza curiosa, piovono le proposte per l’età in cui il bambino ancora non sa leggere. Lo conferma l’esperienza di Tiziana Mortellaro: “È cresciuta molto l’attenzione dei genitori verso la lettura nei primissimi anni di vita”, spiega. “Abbiamo molta richiesta di libri 0-3. Prima era impensabile, visto che il libro veniva considerato, almeno in Italia, solo per lettori autonomi.”
Orietta Fatucci si trova d’accordo. “La produzione veramente scatenata, non soltanto in Italia ma in tutto il mondo, è nella fascia fino ai sette anni. Poi i bambini continuano a leggere abbastanza alle elementari: alla fine di maggio, nelle librerie specializzate, c’è sempre la processione delle mamme col foglietto in mano, con tutti i consigli di lettura degli insegnanti. Magari il bambino sbuffa, magari è la mamma che se lo legge e gli fa un riassunto, ma intanto il libro lo compra.” Poi le vendite in funzione dell’età seguono una curva inesorabilmente in discesa. “Con la scuola media i genitori delegano completamente all’istituzione, e smettono di comprare libri”.
La grande produzione di titoli per bambini, secondo Matteo Corradini, arriva a scapito della qualità. “Oggi si pubblica tanto, probabilmente anche troppo. Gli editori corrono dietro ai fenomeni e hanno pochissimo tempo per curare ogni libro. Questo purtroppo induce anche gli scrittori – quelli che si prestano – a scrivere tanto: c’è chi pubblica sette, otto, dieci libri in un anno. È una specie di effetto supermercato: se prima c’erano due marche di tonno in scatola, adesso il settore del tonno in scatola è lungo quattro metri.”
Quattro metri di tonno, ma chi cerca Salgari, Melville o Collodi tra le letture di uno scolaro li troverà meno facilmente di vent’anni fa. A meno di accontentarsi di qualche versione infantilizzata che dell’originale conserva solo, approssimativamente, la trama. Orietta Fatucci annuisce. “Entrando in prima superiore noi passavamo a quella che oggi è la produzione di Stile Libero di Einaudi. Io alle scuole medie andavo all’edicola e mi compravo ogni settimana gli Oscar Mondadori: Pavese, Hemingway e via dicendo,” ammette. Ma la sua non è la solita retorica generazionale del “noi eravamo meglio”. Le cose sono molto più complicate di così, perché per molti versi i piccoli lettori di oggi sono precoci. “Libri che anni fa avrei destinato a lettori di dieci anni, oggi li destino a lettori di nove. Sono più maturi, innegabilmente, e questo è dovuto anche al mondo digitale, che permette ai ragazzi di acquisire in breve un’infinità di informazioni.”
E allora? Perché non proporre i classici? Si esce prima dall’infanzia, ma poi ci si ferma. “E purtroppo si smette di leggere prima”, continua Fatucci. “Se va bene, si continua anche ai primi anni delle superiori a portarsi avanti una letteratura per ragazzini: non si affronta quello che affrontavamo noi in tutta serenità.” Matteo Corradini ha notato la stessa cosa. “Io alle elementari ho letto Le tigri di Mompracem, L’isola del tesoro… ho letto Moby Dick, io, alle elementari! Adesso sarebbe impensabile.” Mi parla di un’eterna adolescenza letteraria che inizia presto, dovrebbe essere una fase intermedia, e invece non finisce mai. E giù libri che ripropongono “passioni passeggere, grandi innamoramenti, perdite di testa: se guardi anche quello che leggono gli adulti, metà di questi libri sono per young adult. Vanno bene anche per un diciassettenne. Una specie di flat tax editoriale per cui la stessa cosa sembra andare bene per tutti. Io invece credo che il lettore vada accompagnato in una crescita emotiva e intellettuale.”
Quando gli chiedo come immagina l’evoluzione futura dei libri per bambini, su una cosa non ha dubbi: “Ci sarà ancora tanta carta. Al contrario dei social network, che ci sembrano eterni, ci sembra che esistano da sempre, mentre Facebook tra vent’anni non ci sarà più: questa è una profezia. La carta invece ha un fascino che durerà.” Oltre alle profezie, Corradini esprime anche una speranza: “che tra vent’anni ci siano degli scrittori quarantenni, che quindi abbiano cominciato a scrivere, a pubblicare, a vent’anni.” Attorno a sé vede solo scrittori grandi; i più giovani preferiscono fare altro. “Tutti ambiscono a scrivere un romanzo per adulti, o un romanzo per young adult, come va di moda adesso, mentre scrivere per bambini non viene visto come un mestiere sicuro. Di scrittori al di sotto dei trentacinque non è che te ne vengono in mente tanti, e quelli per bambini diminuiscono. Io spero che ci sia una nuova generazione dopo di noi, che ci siano persone che, mentre noi invecchiamo, scrivano le loro cose nuove, belle e diverse da quelle che abbiamo fatto noi.”
Lo scaffale di Peter Pan
Alla luce di tutto questo, perché ad alcuni adulti piace leggere libri che un’intera filiera editoriale ha pensato, prodotto e messo in vendita per dei bambini? “I Beatles facevano musica pop”. La risposta di Matteo Corradini passa per questa analogia perché i Beatles piacevano un po’ a tutti. “Facevano musica semplice, ma quanta difficoltà, quanta sapienza c’era dietro quei due minuti e mezzo di canzone. Fatte naturalmente tutte le proporzioni del caso, il meccanismo è lo stesso: si scrive per bambini lavorando, lavorando, lavorando, e scartando tanto. Con questo naturalmente non sto dicendo che scrivere per adulti sia facile. Ma la semplicità è un traguardo, non un punto di partenza”. Un traguardo che, quando è raggiunto, evidentemente sappiamo apprezzare anche da grandi.
I frequentatori adulti della libreria Ottimo Massimo scelgono libri per i bambini, ma anche per sé. La stessa Tiziana Mortellaro li legge anche al di fuori delle sue necessità professionali, per esempio insieme ai suoi figli: “anche se sono lettori autonomi, alcuni libri li leggo ad alta voce per loro. La lettura ad alta voce, condivisa, è un’esperienza bellissima che spesso, sbagliando, si abbandona appena i bambini sanno leggere da soli. Leggendo insieme invece si condividono emozioni forti che raramente si ha modo di condividere altrimenti.”
Orietta Fatucci ha amato “non dico tutti, ma quasi tutti i libri che ho pubblicato. E alcuni sono grandi amori: libri per bambini meravigliosamente illustrati, o con un testo particolarmente divertente. Abbiamo pubblicato nel Natale dell’anno scorso If, meravigliosa poesia di Kipling, riscritta da Tiziano Scarpa e illustrata da Alessandro Sanna: era un capolavoro, e so per certo che che moltissimi adulti se lo sono comprati per sé. Il fatto che Kipling l’abbia dedicata al figlio non vuol dire che non sia un capolavoro per tutti.” Come darle torto? “Ovviamente non funziona il viceversa: un bellissimo romanzo, non so, di Jorge Amado, per bambini non può funzionare. Ma un adulto può trovare, e trova, moltissime cose nei libri per bambini.”