Q uesta intervista è stata fatta in occasione del conferimento a Maurice Sendak del titolo di Doctor of Fine Arts alla New School di New York nel 1983. È apparsa come pubblicazione interna sulla rivista “Parsonspaper”, e ora è stata resa pubblica, per la prima volta, sul numero 46 della rivista “Hamelin. Storie figure pedagogia”, dal titolo Parole d’autore. Voci sul mondo dell’infanzia, a cura di Hamelin Associazione Culturale. Ne pubblichiamo qui un estratto.
Maurice Sendak ha ricevuto una laurea ad honorem in Belle Arti dalla New School in occasione dell’insediamento del presidente nel novembre del 1983. È stata soltanto l’ultima onorificenza di una carriera costellata di riconoscimenti. Sendak ha ricevuto anche il Caldecott Award e la Hans Christian Andersen Medal, il premio internazionale più prestigioso nell’ambito della letteratura per ragazzi.
Ha iniziato la sua carriera come vetrinista per la F.A.O. Schwartz e poco dopo ha cominciato a illustrare libri per ragazzi. Il suo lavoro è piacevolmente privo di personaggi graziosi e di un linguaggio ingenuo, e tratta questioni che si trovano più comunemente nella letteratura per adulti, come la solitudine e la perdita, l’aggressività e la sessualità. Le sue illustrazioni e i suoi testi hanno in comune una poetica sobria che suggerisce molto più di quanto dichiari apertamente.
Non adatta il suo lavoro al mercato della letteratura per bambini, ma piuttosto si rivolge al suo bambino interiore per ispirazione.
Ho parlato con lui dopo che ha ricevuto la laurea ad honorem.
Steven Guarnaccia: Una volta, in un’intervista per la rivista degli ex studenti di Yale, hai detto qualcosa sul fatto che certe persone scrivono romanzi, mentre tu scrivi libri per bambini. L’ho interpretata come se tu non stessi facendo un distinguo tra le due cose, nel senso che un atto creativo produce quello che produce, essenzialmente.
Maurice Sendak: Esatto. È una questione di forma.
Guarnaccia: Quindi secondo te c’è differenza tra la letteratura in generale e la letteratura per l’infanzia, o tra l’arte in generale e l’arte nei libri per bambini?
Sendak: Non credo. Penso ci sia differenza tra pittura e illustrazione, per esempio. C’è una differenza evidente tra queste due cose, non c’è dubbio. Ma nella scrittura, uno semplicemente scrive.
Guarnaccia: Quindi non fai nessuna distinzione consapevole tra il tuo lavoro e l’arte o la letteratura… Non dici mai: “Ok, ora faccio un libro per bambini.”
Sendak: No, semplicemente mi siedo e faccio quello che so fare, e la sua forma, perlomeno quella superficiale, è più appropriata, evidentemente, per i bambini. Tutto qua.
Guarnaccia: Fai dei lavori personali? Intendo lavori che uno fa nello specifico per se stesso, senza avere davvero l’intenzione che vengano visti da altri. O ci sono argomenti che vorresti trattare – forse una parte più cruda – che hai evitato?
Sendak: Il mio lavoro è intensamente personale, in modo quasi violento. Non è pensabile censurarlo in alcun modo. Non voglio farlo. Le cose migliori che produco sono incredibilmente e inquietantemente personali. Eppure la loro forma, il loro involucro, il loro corpo, sembrano appartenere molto più al mondo dell’infanzia che a un’orgia su Madison Avenue con degli adulti che scopano su un balcone. Credimi, probabilmente deriva dalla concentrazione o dall’ossessione per la propria vita, perciò posso dire in tutta onestà che quello che faccio è tutto ciò che mi interessa. Ed è tutto ciò che mi interessa trattare. Questo aspetto ha in parte a che fare – nella nostra società, almeno – più con l’infanzia che con gli interessi di un adulto. È il paradosso di uno come George Macdonald. Di certo per gli scrittori del Diciannovesimo secolo non esisteva il libro per l’infanzia così com’è concepito oggi. Non si curavano di questo problema: semplicemente, scrivevano libri. E lui scriveva romanzi infiniti – libri “per adulti,” se paragonati alle fiabe. Se leggi le fiabe di Macdonald, al contrario dei suoi romanzi, sono piene fino all’orlo di materiale estremamente inappropriato, invece i romanzi no. Sono molto più semplici, nel senso che parlano di crescere e vivere la vita e fare cose normali da adulti. E questo brulicare e agitarsi di sensualità e sessualità e tutto il resto si trova solo nelle fiabe, il che le rende infinitamente più grandi dei suoi romanzi.
Guarnaccia: Ci sono molti modi di essere inappropriati. Si può presumere che tutta la componente matematica e psicologica di Alice nel paese delle meraviglie, ad esempio, fosse inappropriata, o perlomeno estranea, ma nonostante questo è lì. In tutti i libri ci sono sottotesti che sembrerebbero fuori posto se fossero dichiarati.
Sendak: Lewis Carroll è finito interamente dentro quel libro. Non poteva fare in nessun altro modo. Non poteva scrivere di Alice Little, 22 anni, innamorata di Parson Brown. Perciò l’uomo adulto è finito interamente dentro quel libro incredibile. Eppure, non è di per sé un libro per bambini. Quello che ci confonde entrambi è l’etichettare e il categorizzare, e l’impossibilità di separare le due cose. La chiave di volta è questa: quando dico che Nel paese dei mostri selvaggi non è un libro per bambini e sostengo che non può essere un libro per bambini se è un libro per tutti, il pubblico mi chiede perché allora ho dato a questo libro un finale rassicurante che potrebbe soddisfare un bambino. Io rispondo che secondo me quello è semplicemente il suo finale.
Guarnaccia: Perché penso che cerchiamo tutti la stessa soddisfazione, lo stesso finale.
Sendak: Sì, non voglio essere escluso dalla fine di quel libro più di quanto non voglio che lo sia il bambino. Non sono mica uno scrittore psicotico. E non sono uno scrittore pessimista, almeno nell’arte. Sono molto pessimista nella vita. Non sto facendo alcun compromesso, nessuno che abbia mai percepito. È una domanda senza soluzione, qualcosa su cui mi interrogo continuamente. Penso di avere un’opinione molto bassa di me stesso, per fortuna. Dico davvero, nel senso che mi piace quello che faccio, ma non ho nessuna speranza di poter fare qualcos’altro. E non lo desidero. Non penso che nello scrivere per adulti ci sia una forza creativa maggiore rispetto allo scrivere per ragazzi.
Guarnaccia: Penso sia in qualche modo rassicurante fare qualcosa che il resto del mondo non prende molto sul serio. Perché ti permette di continuare a farlo a modo tuo.
Traduzione di Sara Panzavolta.
Si ringraziano la Maurice Sendak Foundation e Steven Guarnaccia per la concessione del testo e delle immagini.