S i apre con due suoni assordanti Poesie dell’Italia contemporanea (1971-2021), antologia che raccoglie cinquant’anni di scritture italiane curata da Tommaso Di Dio. Due suoni che segnano ancora il nostro immaginario: il boato della strage di piazza Fontana, nel 1969, e il tonfo di Castelporziano, quando, dieci anni dopo, nel 1979, durante il celebre Festival internazionale dei poeti a cui parteciparono figure come William Burroughs, Milo De Angelis e Dario Bellezza, il palco crolla sotto il peso della folla.
Il crollo non causò vittime, ma “in quel cascare”, dice Tommaso Di Dio, “si nasconde un’allegoria di tutta un’epoca letteraria: la nostra”. Partendo da queste premesse e da questi schianti, il libro costruisce una narrazione letteraria che arriva ai nostri giorni, supera il formato antologia e diventa ora atlante, ora romanzo, ora epica dell’immaginazione poetica, facendo convivere al suo interno anche numerosi percorsi di approfondimento storico e critico. Ne discuto con il curatore, partendo da questa domanda:
Si può scrivere un romanzo della poesia italiana? E cosa racconta questa storia così intricata?
In effetti, Poesie dell’Italia contemporanea è un’opera volutamente sconcertante, composta di voci che fra loro si richiamano e si respingono, che si cercano e si citano a distanza di anni, a volte di decenni, per cui non sembra strano trovare insieme Sanguineti e Pasolini, Anedda e i versi di altri poeti oggi ventenni o appena trentenni, come Marilina Ciaco e Giuseppe Nibali. Scorrendo le pagine, si arriva a capire che questo è un libro di padri e di maestri che annuncia però il tramonto dei Padri, del dominio delle barricate, delle poetiche “assolute”.
È un libro che afferma, citando un magnifico titolo di
Aldo Nove: “addio mio Novecento”. Forse perché, nei poeti delle nuove generazioni, “l’angoscia dell’influenza” non è più così vincolante, e nemmeno la necessità delle appartenenze?
Questo riplasmarsi e rinascere delle forme nelle nuove generazioni permette anche di sfatare il mito dell’illeggibilità della poesia, la sua mancanza di urgenza: non un discorso sulla poesia facile o difficile, popolare o aristocratica, ma un modo di guardare ai versi come vere e proprie tecnologie, altre possibilità della percezione, come reti tra mondi diversissimi. È infatti proprio il suo non essere piegata al solo linguaggio quotidiano che permette alla poesia di formulare nuove strategie, controffensive per rispondere, e non soccombere, alla stranezza dei tempi.
A proposito della finta dicotomia tra facile e difficile, Poesie dell’Italia contemporanea contiene tra l’altro una riflessione illuminante: “da un lato l’enigma, dall’altro la facile, piana comunicazione. La poesia da che parte sta? Da nessuna e da entrambe”.
Dopo aver passato in rassegna migliaia di versi, crede ancora al luogo comune che per parlarci, oggi, le poesie debbono essere immediatamente comprensibili?
Pensando a questo nuovo inizio, a questa dimensione di accensione degli immaginari, bisogna notare come nel libro il numero di testi e autori cresca a mano a mano che ci avviciniamo all’oggi: un gesto di fede e di restituzione della lingua poetica del nostro tempo, che arriva ad abbattere anche i recinti disciplinari. Non è un caso che l’ultimo capitolo dell’antologia, dedicato al decennio 2010-2021, si chiami emblematicamente Una fede in niente ma totale, titolo preso in prestito dall’artista Claudio Parmiggiani. In questo capitolo Tommaso Di Dio sostiene che oggi il mondo poetico, liberato dall’ossessione della Storia (e della sua “fine”), sia di nuovo capace di ritrovarla e riscriverla. La poesia “rintraccia possibili inizi e insieme si esercita, nel presente della scrittura, a distruggere e a comporre di nuovo sentieri e mappe di un contro-passato a venire, come se ogni poesia non potesse che essere la prima e, insieme, l’ultima di una lunga serie”.
Quali potenze conserva la poesia dei nostri anni, quale può essere il suo contributo nel tracciare nuovi sentieri nella mappa, difforme e ingarbugliata, della contemporaneità?
La poesia può dunque permettersi tutto?