I l saggio Animali si diventa. Femminismi e liberazione animale (Tamu, 2024) di Federica Timeto ha iniziato a prender forma nel luglio del 2023, mese in cui in Sicilia si sono superati i 42 gradi e persi seimila ettari di verde in pochi giorni. Timeto, che è nata è cresciuta di quella montagna a Capo Gallo ora soffocata dalle fiamme, si rifugia in casa perché uscire sarebbe letale, ma non smette di pensare a tutte le forme di vita che un rifugio non lo avranno mai più perché “inghiottite dalla macchina mortale del profitto che manda in fiamme il mondo”.
Non smette di pensare&prendersi cura quest’autrice, che mi scrive in chat “Angela come stai?” sapendo che a Messina e in provincia la situazione era altrettanto drammatica. Stavamo bene? Non stavano bene le nostre parenti evacuate, non c’erano più i boschi e tutto il brulichio di esistenti a loro aggrovigliati. Ci scriviamo che non possiamo fare altro che scrivere, non nell’attesa che il vento cambi, ma provando a trasformare la scrittura in un vento ostinato e contrario a quello del delirio della crescita infinita. E oggi, oggi che scrivo questa recensione mentre il mondo chiede la fine del genocidio in Palestina ma Israele continua a commettere i più efferati crimini, non posso che cominciare dal primo intento che in questo libro ha la scrittura di Timeto: uscire dalla paralisi indotta dalla devastazione capitalista per tenersi “agganciata alla vita”, per parlare di e con la vita.
Sì, questo desiderio di vita emerge anche dalle ceneri e dalla diossina, e fa bene Timeto a trasformare la tristezza, spinozianamente, in consapevolezza e desiderio di liberazione. È quanto mai urgente, oggi, cogliere i nessi tra razzismo, animalizzazione, colonialismo, suprematismo e capitalismo, non con l’obiettivo di “produrre verità”, ma allo scopo di dotarci di strumenti per imparare a vivere insieme oltre i confini di genere, specie e nazione. Sì, di Timeto condivido questo desiderio, mi aggancio anche io alla vita immergendomi nella sua scrittura che affila teorie e pratiche femministe, in particolare ecoveg, che sappiano funzionare come vere e proprie politiche alternative a quelle speciste dominanti e legate a doppia mandata ai guai che occorre com/pensare: sesta estinzione di massa e riscaldamento globale. E più procedo nella lettura più prendo fiato, respiro, nonostante a metà aprile a Torino si siano registrati 26 gradi e io stia scacciando pensieri rubricabili sotto la voce “eco-ansia”.
La scrittura di Timeto ha lo scopo di uscire dalla paralisi indotta dalla devastazione capitalista per tenersi “agganciata alla vita”, per parlare di e con la vita.
Cosa ci scriveremo quest’estate noi terrone? Le ginestre e il bosco a Curcuraci torneranno? Timeto ha ragione e passione: occorre farla finita con l’estrattivismo del complesso animal-industriale perché tutte le vite contino. È a questo scopo, nella consapevolezza che “le analisi restano prive di senso se non sono sostanziate dalla giustizia sociale multispecie”, che Timeto ci fa attraversare il “campo delle relazioni” (dal titolo del suo quarto capitolo) dei femminismi per la liberazione animale. Se il campo è ampio ma non uniforme, Timeto riesce benissimo a restituirci tutte le differenze accompagnandoci in un percorso che comincia nel primo capitolo con la questione animale nella cornice del femminismo occidentale, poi analizzata nel secondo capitolo nelle sue intersezioni con il razzismo e il colonialismo, continua nel terzo con un’analisi della “complessità di rapporti tra femminismo e antispecismo”, per terminare nel sesto con l’incontro tra ecovegfemminismo e transfemminismo.
Dal confronto tra femminismo e antispecismo emergono le peculiarità dell’ecovegfemminismo che, attingendo dall’ecofemminismo così come dal cyborgfemminismo, ritroviamo con Timeto felicemente impegnato in un vivo dialogo con postumanesimo e neo-materialismo femminista. Ecovegfemminismo e postumanesimo, infatti, convergono “su un terreno comune neomaterialista” che anela al superamento dei dualismi e alla collettiva riscrittura in senso transpecie di “relazionalità, cura, empatia”. Concordano, inoltre, sulla tensione al decentramento dell’Uomo, sulla collocazione transpecie di agentività, saperi e divenire, sulla necessità, in ultima istanza, di far proliferare i punti di vista destituendo la supremazia di quello presunto unico e universale androcentrico e specista.
L’epistemologia del punto di vista animale, insieme a quello transfemminista, serve a Timeto a pensare “il divenire con” insieme al “divenire contro”: non è esercizio di stile, è politica del posizionamento, come lei spiega al meglio. I saperi situati, la relazionalità e le pratiche di cura “imbastiscono l’incontro del femminismo e dell’antispecismo” in cui l’autrice si posiziona, permettendoci così di “tenere insieme i piani dell’epistemologia, dell’ontologia, dell’etica e della politica, una convergenza utile a superare anche il dualismo”.
Ecovegfemminismo e postumanesimo, infatti, convergono “su un terreno comune neomaterialista” che anela al superamento dei dualismi.
Ancora una volta si, se l’invito è quello a superare ogni dualismo, a partire da “quelli originati dalla norma eterosessuale”, per riconoscere la transcorporealtà che abitiamo, concordo con Timeto che su questo desiderio possiamo incontrarci in molt* (Timeto cita qui Stacy Alaimo, Allo scoperto. Politiche e piaceri ambientali in tempi postumani, Mimesis, Milano 2024). Leggendo il sesto capitolo di Animali si diventa, “norma eterosessuale, riproduzione e corpi animali”, che reca come sottotitolo “oltre lo specismo straight”, io non posso che andarle incontro felicemente, facendole eco a mia volta da L’Eva virale per ribadire che “quel divenire che ancora chiamiamo evoluzione non segue un percorso dritto, se così fosse, se fosse straight, cioè etero, sarebbe già al suo capolinea, come cantano i Green Day” (Angela Balzano, Eva Virale. La vita oltre i confini di genere, specie e nazione, Meltemi, Milano, 2024).
La trasmissione orizzontale dei geni e molte forme di simbiosi e simpoiesi transpecie ci hanno rese le mammifere che siamo, tanto quanto la trasmissione nucleare dei geni genitoriali. Al cospetto della potenza generativa che lo scambio di materia a zig-zag tra regni ha dimostrato di avere nella storia evolutiva della Terra, la trasmissione nucleare dei geni basata sulla riproduzione eterosessuale umana appare quale un reel di pochi secondi. Un reel che, per giunta, grazie alla tecnoscienza possiamo continuamente modificare.
Non è affatto detto che servano per sempre gameti maschili e femminili perché sia riprodotta una persona umana, la partenogenesi potrebbe essere molto vicina: i nostri oociti si sono dimostrati in grado di fare come la lucertola del deserto, di fare a meno dei gameti maschili, solo che lo hanno fatto alla controllata temperatura di un laboratorio universitario brasiliano (Bos-Mikich, A., Bressan, F.F., Ruggeri, R., Watanabe, Y., Meirelles, F. V., Parthenogenesis and Human Assisted Reproduction, in “Stem Cells Int”, 2016). Come mirabilmente ci ricorda Timeto, non esiste nessuna norma naturale perché non esiste una sola natura che non sia già sempre una cultura. Sessualità e riproduzione delle nature non si dicono a senso unico, non sono straight, sono labirinti di molteplici pratiche e desideri impossibili da ridurre a un registro umano, qualunque esso sia.
Non è affatto detto che servano per sempre gameti maschili e femminili perché sia riprodotta una persona umana.
La natura non esiste al singolare, esistono solo particolari grovigli geo-temporalmente identificabili come nature in transito. Come a dire che Timeto aveva ragione&passione, già quando in Bestiario Haraway concludeva: “meglio essere salamandre, che dee” (Federica Timeto, Bestiario Haraway. Per un femminismo multispecie, Mimesis, Milano, 2020). Non è affatto detto che alla riproduzione sia indispensabile la suddivisione in famiglie nucleari eterosessuali tanto cara al neofondamentalismo di matrice cristiana e il corollario di egoismo e chiusura che ne deriva.
La riproduzione della vita su questo pianeta è dipesa più volte nell’arco di diverse ere geologiche dall’attitudine alla cooperazione transpecie, alla simbiosi e alla simpoiesi, propria più di batteri, virus e funghi che degli uomini o delle loro divinità. E certo che la vita è al contempo simbiosi e disbiosi, e se non riusciamo a farcene una ragione tanto meglio: ce ne faremo, come insegna Timeto, una passione. La passione del fare parentele insieme a quella dell’“abitare la contraddizione”, anche se questo appassionato posizionamento ci farà meritare gli epiteti di streghe e gattare. Li rivendicheremo, come rivendichiamo il nostro divenire transfemministe per la liberazione animale.