S
iamo sicuri che un mondo senza idee balorde sarebbe più bello? Partiamo dall’assunto che un mondo senza idee cadute dal pero non è mai esistito e che non sono le idee sbagliate in sé a comportare un danno, ma l’aumento della propensione a produrle e trasmetterle. Idee sbagliate ce ne sono sempre state e ce ne saranno sempre, e questo a volte ha anche prodotto grandi scoperte. Una conferma di quanto stiamo affermando la si ritrova anche nelle parole di Umberto Eco:
Ogni qual volta si rilegge la storia di Cristoforo Colombo, ci si stupisce di quanto si possa andare lontano con una idea sbagliata. Anzi, con un pacchetto di idee tutte sbagliate: sbagliato il calcolo delle dimensioni della Terra, sbagliato il credito dato a certi cartografi, sbagliato il progetto di redenzione dei selvaggi asiatici, sbagliato persino l’investimento economico. Povero Cristoforo finito poi così tristemente. Eppure, la sua scoperta ha rivoluzionato il nostro millennio.
Pur non essendo dei Cristoforo Colombo, ognuno di noi è pieno di idee e teorie sul mondo che sono, in gran parte, frutto delle esperienze vissute e l’effetto che queste possono avere avuto su come pensiamo che l’universo funzioni. Abbiamo avuto modo di riflettere sul fatto che gran parte delle nostre visioni, opinioni e certezze si fondano più che su idee sbagliate su idee ambigue, infondate, semplici da memorizzare. Idee che si cementano all’interno della nostra mente generando pensieri errati, tipo quella di credere che tutte le sostanze naturali siano più sicure da mangiare e da bere, che il sangue nelle arterie sia rosso e quello nelle vene blu o che il passato sia migliore del presente. Queste idee balorde possono essere condivise o personali, così come possono provenire da moltissime e svariate fonti. Sono importanti perché ci consentono di dare un senso al mondo che ci circonda e rappresentano la base su cui fondiamo la nostra comprensione della realtà e abilitiamo il nostro processo di apprendimento.
Molte idee sbagliate, o false, possono perfino essere utili per la comprensione di un particolare momento storico. Oggi potremmo dire che ci aiutano a comprendere la misura del potere che alcune storie hanno nella generazione del gossip, negli scontri su Facebook o per il successo di alcuni tweet su altri. Per noi esseri umani è impossibile fare a meno di raccontarci storie. Se guardiamo, ad esempio, alle scienze mediche, vediamo che per secoli e secoli non sono state altro che un susseguirsi di storie narrate e tramandate. Anche l’economia, la sociologia, l’antropologia altro non sono che un susseguirsi di narrazioni basate sul tramandarsi di buone idee ma anche di idee balorde che vengono il più delle volte inconsapevolmente adottate.
Idee sbagliate ce ne sono sempre state e ce ne saranno sempre, e questo a volte ha anche prodotto grandi scoperte.
Quindi non tutte le idee cadute dal pero sono negative: a volte rappresentano la base per una nuova scoperta, come nel caso di Cristoforo Colombo che, partendo da un ventaglio di idee sbagliate, approda in un nuovo continente, altre volte anticipano dei fenomeni sociali, come nel caso dell’economia i cui cicli vengono spesso influenzati da idee ad alto contagio. Si pensi, ad esempio, alla narrazione sui bitcoin. È basata su una serie di storie su giovani cosmopoliti che si contrappongono ai burocrati bancari senza ispirazione. Questa storia ha un valore enorme perché mobilita l’adesione delle persone. Così come è accaduto per l’oro, che riveste, da migliaia di anni, un enorme valore per le persone, che avrebbero potuto benissimo attribuirgliene poco se avessero cominciato a usare qualcos’altro come valuta. Le persone attribuiscono valore all’oro principalmente perché percepiscono che tutti gli altri glielo attribuiscono.
Altre volte le idee balorde spianano la strada a scoperte scientifiche. Si pensi all’esperimento della rana di Galvani. Quest’ultimo, che era un buon conoscitore della biologia, ipotizzò erroneamente che le contrazioni muscolari di una rana morta a contatto con due metalli diversi fossero dovute a un misterioso fluido elettrico presente nell’animale, che egli chiamò “elettricità animale”. Questa idea sbagliata consentì ad Alessandro Volta, professore di filosofia naturale all’Università di Pavia, e che a differenza di Galvani conosceva bene la fisica, di individuare l’origine dell’elettricità non nella rana, ma nel contatto di due metalli immersi in una soluzione conduttrice.
Ci sono altre idee, come sostiene Pasquale Scialò in Storia della canzone napoletana, “falsamente vere”. Queste sono quelle che aiutano la persona a immaginare un personaggio noto all’interno di uno specifico periodo storico, a prescindere dalle fonti rinvenibili dalle quali ricostruire la natura e l’arco temporale di riferimento. Così Pasquale Scialò sostiene che esiste un processo di conoscenza parallelo che non è fondato su fonti ufficiali ma su idee falsamente vere. Egli scrive:
Accade non di rado, specie nelle cronache e nelle biografie, di imbattersi in dettagliate descrizioni aneddotiche sulla nascita di canzoni, su incontri e scontri tra diversi protagonisti, senza alcun supporto di documenti. Talvolta tali descrizioni sono in aperta contraddizione con gli avvenimenti storici; infatti, questa ampia letteratura narrata con sapienza è interamente fondata sul labile confine del ‘si dice’, ‘come molti raccontano’, ‘mi hanno confessato’; modalità che rinvia al ‘cunto’ piuttosto che alla ricerca storica. Non di rado a raccontare avvenimenti infondati sono gli stessi protagonisti, e queste informazioni, per quanto inaffidabili sul piano documentario, sono da ritenersi ‘falsamente vere’, nel senso che costituiscono una narrazione, in buona in parte intenzionale, nata al fine di rinforzare le aspettative dei lettori e di attrarre l’attenzione usando credenze e convenzioni del tempo. In tal senso, non è importante che un fatto sia davvero accaduto, ma che si ritenga potesse accadere. Fra i temi privilegiati di queste leggende metropolitane ante litteram vi sono quelli legati alle modalità di creazione del canto e di ispirazione dell’autore: connessa a un fatto accidentale, dovuta a un sofferto abbandono, buttata giù di getto, al tavolino di un bar, in piedi per scommessa. Informazioni queste non sempre da rigettare, ma da valutare caso per caso, perché costituiscono una ricostruzione verosimile e talvolta fedele ai fatti, che ci aiuta a comprendere gli umori e le opinioni della gente.
Occorre quindi saper riconoscere quando le idee balorde possono essere fonte di benessere psicologico, stimolare l’immaginazione, la curiosità, sviluppare creatività in ambito artistico, letterario e scientifico, in altre parole ci possono portare lontano soprattutto in certi ambiti dove occorre soprattutto andare, o piuttosto muoversi. José Saramago, nel romanzo La caverna, afferma: “anche le idee sbagliate possono essere belle”. Questo, in qualche modo, ci induce a pensare che il nostro impegno non può essere tanto diretto a una lotta contro le idee balorde quanto a una lotta per riguadagnare la nostra attenzione e la nostra capacità di distinguere quelle idee che, se ben trattate, possono con il tempo cambiare la nostra visione della realtà e quelle che invece non hanno alcuna possibilità di generare benessere.
Non sono le idee sbagliate in sé a comportare un danno, ma l’aumento della propensione a produrle e trasmetterle.
Le idee balorde più insidiose forse sono quelle generate dalla stupidità. Durante la scrittura del suo libro Understanding Stupidity, James Welles osservò che lavorando sul problema della stupidità fu “perseguitato […] dalle vivide memorie dei [suoi] più stupidi fallimenti. Ripensando continuamente ai [suoi] più sciocchi errori”. Forse l’autoconsapevolezza, prima ancora dell’autocritica, è necessaria per poter ragionare sul ruolo che riveste la stupidità nell’analisi della produzione e proliferazione delle idee nemmeno sbagliate. Welles spiega:
All’inizio l’intenzione non era seria. Mi aspettavo di scrivere un libro leggero e giocoso. Ha assunto un tono più serio man mano che mi rendevo conto di quanto incredibilmente importante sia la stupidità. Può essere comica; è certamente interessante; ma è molto discutibile che si possa continuare nei nostri tradizionali errori. La stupidità è troppo importante per poter essere messa da parte come una tragicomica fonte di umorismo.
Nel 1976 Carlo M. Cipolla, professore universitario di Storia economica, approfondì il tema in una pubblicazione, in edizione ristretta riservata per i suoi amici, di un piccolo saggio dal titolo Le leggi fondamentali della stupidità umana. Il volumetto ebbe un inaspettato successo tanto che si procedette a una pubblicazione ufficiale, tradotta poi in diverse lingue. In questo saggio, Cipolla […] classifica gli esseri umani in quattro categorie fondamentali: gli sprovveduti, gli intelligenti, i cattivi e gli stupidi. La persona intelligente sa di essere intelligente. Il cattivo è consapevole di essere cattivo. Lo sprovveduto è penosamente immerso nel proprio candore. A differenza di tutti questi profili, lo stupido non sa di essere stupido. Questo contribuisce a dare maggiore forza, incidenza ed efficacia alla sua azione devastante. La persona stupida è la persona più pericolosa che esiste, perché non è inibita dall’autocoscienza.
Molte idee sbagliate, o false, possono perfino essere utili per la comprensione di un particolare momento storico.
Queste quattro categorie di persone interagendo nella società creano situazioni nelle quali si può trarre vantaggio o svantaggio. Ad esempio, una persona sprovveduta è dannosa per se stessa, ma genera vantaggi alle persone con cui interagisce. Un bandito crea sempre uno svantaggio per l’altro a fronte di un vantaggio per se stesso. Per contro, le persone intelligenti cercano di creare situazioni che generino un vantaggio reciproco. Si può notare che solo in quest’ultima interazione il benessere personale e collettivo aumenta, perché entrambe le persone ne escono arricchite. Questa situazione è quella che in gergo manageriale viene definita “win-win”. Tuttavia, negli altri due casi, vantaggi e svantaggi tendono a compensarsi lasciando pressoché immutata la situazione preesistente.
L’unico caso in cui la società regredisce è quello in cui entra in azione lo stupido! Infatti, egli agirà in maniera tale da creare un danno agli altri ma anche un danno a se stesso. In altri termini una società dove interagiscono persone ragionevoli tenderà a migliorare, una invece caratterizzata da banditi intelligenti tenderà a mantenersi in equilibrio ma quella caratterizzata da banditi stupidi non ha speranza di sopravvivere. Senza dubbio, quando la stupidità entra in scena, il danno è enormemente maggiore del beneficio a chicchessia. Ciò dimostra il punto originale: l’unico fattore più pericoloso in qualsiasi società umana è la stupidità.
Quindi a una società, per essere in ascesa, non basta avere un basso numero di idee balorde, ma occorre una percentuale alta di persone intelligenti. Persone che le sappiano riconoscere e recitarle. Senza questo requisito, a prescindere dalla qualità delle idee in circolo, la società andrà in declino e la situazione tenderà a degenerare velocemente quando si raggiungerà un’alta percentuale di banditi marcatamente stupidi. Altrettanto preoccupante per la società sarà la presenza di sprovveduti stupidi, soprattutto se ricopriranno posizioni di potere. Il fatto che le persone stupide non sappiano di essere stupide è una ragione in più che le rende estremamente pericolose.
Un estratto da L’epoca delle idee cadute dal pero di Edoardo Boncinelli e Antonello Calvaruso (Mimesis, 2024)