A gli inizi degli anni Ottanta, poco prima di rivolgersi al servizio per le dipendenze dove io stessa avrei più tardi cominciato a lavorare, Paolo ha preso parte all’operazione multinazionale di peacekeeping in Libano. Italcon era il nome del contingente italiano al quale era affidato il compito di garantire rifugio ai sopravvissuti dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina negli Stati arabi confinanti, scongiurando al contempo il riarmo dei civili palestinesi. Quando il conflitto tra Israele e Palestina si è riacceso con l’attentato terroristico di Hamas del 7 ottobre scorso, ho telefonato a Paolo e gli ho chiesto di raccontarmi del rapporto tra il consumo di droga e la sua esperienza di militare in Medio Oriente. “Ero poco più di un ragazzo”, ha esordito lui senza esitazione, “avevo vent’anni e conoscevo già l’uso di cannabis e di anfetamine: la Plegine, per essere precisi, andava moltissimo tra i giovani”.
Quando per Paolo scatta il servizio di leva, in Italia sono già gli anni di San Patrignano, dell’epidemia di eroina, del poliabuso ai suoi esordi. “Mi viene in mente L’Emilia paranoica dei CCCP: la Plegine mi teneva sveglio ma mi accendeva anche una certa irritabilità. Diventavo agitato, aggressivo che quasi non mi riconoscevo, mi saliva la pressione e aumentavano i battiti. Mi sentivo infaticabile, però. Negli anni Ottanta molti ragazzi la utilizzavano soprattutto per studiare. La maggior parte era in grado di tenerla a bada, senza eccessi. Non la dovevi consumare per lunghi periodi altrimenti non controllavi più gli effetti collaterali che erano tutto ciò che restava quando gli effetti che volevi non riuscivi più a provarli. Rispetto alla cocaina la Plegine, così come altre anfetamine come il Maxiton o il Tonedron, creava più tolleranza, cioè ti metteva nella condizione di dover aumentare la dose per avere lo stesso effetto, e in più metabolizzava più lentamente. Non c’è paragone, però, tra la Plegine e i tanti prodotti sintetici più recenti, se si fa riferimento agli effetti. Se ci aggiungi l’alcol, poi, non ti riconosci più”.
In quegli stessi anni, anche nei contesti di guerra in Medio Oriente l’offerta era già ampia: cannabis, anestetici, droghe prestazionali. “Nel Libano degli anni Ottanta”, testimonia Paolo, “trovavi tutto l’hashish che volevi, compreso l’olio. C’era già di tutto e tantissimi utilizzavano sostanze. Gente del posto vendeva, tu straniero compravi. Noi non facevamo la guerra, eravamo là per la pace. Sceglievi tu se fumare, assumere altro o non toccare niente. Forse oggi – come è già successo per tante altre guerre, vedi la Seconda guerra mondiale o la guerra del Vietnam – magari a dartelo è proprio chi a fare la guerra ti ci ha mandato e non vuole un soldato efficiente ma uno cattivo che va al massacro, compreso il suo”.
È stato ed è frequente nel corso della storia antica e moderna il connubio guerra-droghe.
È stato ed è frequente nel corso della storia antica e moderna, senza soluzione di continuità nei diversi Paesi del mondo, il connubio guerra-droghe. Del Pervitin – detto anche Panzerschokolade, “cioccolato per carri armati” – si sono servite le truppe naziste e gli stessi Rommel e Hitler in prima persona, così come l’esercito giapponese durante la Seconda guerra mondiale. Anfetamine, marijuana, eroina – l’antidolorifico per eccellenza – venivano distribuite tra i soldati statunitensi in Vietnam. Il Modafinil ha accompagnato spesso le performance dell’aviazione americana in Iraq nel 2003, anche in questo caso soprattutto per incrementare lo sforzo, innalzare la soglia del dolore, permettere periodi più lunghi di veglia e concentrazione. Insomma: guerra che vai droga che trovi, come se il suo supporto non potesse mancare per allentare le inibizioni e superare i frangenti più difficili di ogni conflitto armato.
L’attacco terroristico perpetrato dai miliziani di Hamas a danno di migliaia di civili e la risposta militare di Israele hanno risvegliato la guerra in un territorio già martoriato, accendendo i riflettori su una droga non nuova ma comunque poco conosciuta: il captagon. Si tratta della variante illegale di una potente sostanza psicostimolante, la fenetillina, prodotta in Germania dell’Ovest nel 1961 con il nome di Captagon e commercializzata liberamente fino al 1986, quando è stata classificata come sostanza psicotropa. “Ne ho sentito parlare nelle ultime settimane”, mi racconta Paolo, che traccia un paragone con la sua esperienza di consumatore di anfetamina nei contesti di guerra: “l’anfetamina in generale potenzia la resistenza, non ti fa sentire la fatica. Anzi: senti di avere un’energia in corpo che non hai mai avuto, non hai fame, non hai sete, non dormi, non hai paura di niente. Aumenta l’aggressività: basta guardare le curve degli stadi, mica si deve andare fino in Medio Oriente. Puoi fare qualsiasi cosa con la consapevolezza che sai quello che stai facendo, ma non distingui tra bene e male. Puoi stordirti fino a non ricordare più niente”.
Il captagon è la sostanza psicoattiva più diffusa nella Penisola Araba: secondo il Comitato Nazionale per il Controllo delle Droghe delle Nazioni Unite, se l’Arabia Saudita è il principale consumatore, la Siria resta ad oggi la principale produttrice. Il conflitto in atto in Siria dal 2011 ha provocato conseguenze disastrose sul piano umanitario ed economico: oltre al fuoco delle armi, sulla popolazione si è drammaticamente abbattuta la peggiore crisi economica fino ad ora conosciuta, alimentata dalle sanzioni internazionali imposte al regime di Bashar al-Assad e caratterizzata da una pesantissima svalutazione della moneta, un enorme tasso di disoccupazione e una grave insicurezza alimentare. Il terremoto che nel febbraio 2023 ha colpito le regioni settentrionali del Paese ha segnato un ulteriore aggravamento della situazione, con milioni di sfollati e profughi al confine con la Turchia.
La produzione di captagon cominciò in Germania dell’Ovest nel 1961 e la libera commercializzazione della sostanza proseguì fino al 1986.
Tuttavia, pur essendo praticamente in rovina, il Paese vanta in Medio Oriente una poderosa e fiorente egemonia nella produzione di captagon, smerciato anche con il nome di Biocaptagon o Fitton. Dove, infatti, adulti e bambini continuano a morire di stenti, il mercato nero della droga macina in patria e all’estero profitti stellari, ben superiori al risicato valore delle esportazioni legali di qualsiasi altro prodotto. Dopo una fase “rudimentale” nella gestione del captagon in Medio Oriente, durante la quale la produzione della sostanza psicotropa era concentrata nella Valle della Beqa’ in Libano e gestita da Hezbollah e da manovalanza libica, dal 2011, proprio in coincidenza con lo scoppio del conflitto, la Siria è diventata il Paese produttore ed esportatore per eccellenza. Hamas e Daesh sembrano essere i due gruppi dell’estremismo islamico che più beneficiano dei proventi della produzione, e non solo sul piano economico.
È diffusa infatti l’opinione che i miliziani dei gruppi fondamentalisti di stampo jihadista – su tutti lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS), che dal 2014 si definisce più velleitariamente Stato Islamico (IS) – facciano uso di captagon. La predilezione per questa sostanza psicostimolante sarebbe dovuta agli effetti che è in grado di produrre: maggiore vigilanza ed euforia, eliminazione della sensazione di stanchezza, alterazione della capacità di giudizio con conseguente perdita dell’inibizione, riduzione della percezione del dolore, della fatica e della fame. Il captagon è infatti un prodotto simil-anfetamina, a base di cloridrato di fenetillina – Abu Hilalain, in arabo – combinato con altre sostanze stimolanti, tra le quali soprattutto la caffeina. Trova la sua area di elezione segnatamente nei contesti del loisir, come droga di svago. Ad oggi, resta lo psicostimolante più utilizzato dai ragazzi arabi benestanti, e naturalmente non è privo di effetti avversi: disturbi del sonno e dell’umore, allucinazioni, insufficienza cardiaca, psicosi, danni irreversibili al sistema nervoso, dipendenza fisica e psicologica.
Paolo li conosce bene, gli effetti delle anfetamine e delle sostanze omologhe: “esagerare con le anfetamine significa andare incontro anche alla psicosi. Ti puoi dissociare, diventi qualcun altro, rischi di andare fuori davvero, sei sempre oltre. Non so quanto ti convenga avere gente che fa la guerra in quelle condizioni. Se vuoi un soldato efficiente devi dargli l’eroina: all’epoca della missione Italcon in Libano ne girava di purissima siriana, tra i militari. Ovviamente non ad alti dosaggi, con il rischio però che all’alto dosaggio il soldato ci arrivi da solo: e ci arriva, te lo garantisco… Sarà lucido, vigile, prudente. Lavorerà meglio nelle cose meccaniche e ripetitive con l’eroina, che non è l’oppio vero e proprio. Quello ti dà un tale stato di rilassamento che dormiresti per giorni. L’anfetamina più conosciuta è lo speed, con la pasta base molto più potente della polvere. Lo tiri e il botto arriva all’istante”.
Il captagon trova la sua area di elezione segnatamente nei contesti del loisir, come droga di svago.
Anche con il captagon ci volle un po’ prima di accorgersi che gli affetti avversi superavano di gran lunga i benefici. Il farmaco venne originariamente sintetizzato dall’industria farmaceutica tedesca Chemiewerk Homburg per trattare disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD), salvo poi essere ritirato dal mercato per i possibili danni correlati all’uso. La fenetillina, approvata e utilizzata dapprima senza obbligo di prescrizione dal 1961 al 1964, e poi come farmaco con obbligo di prescrizione fino al 1983 sotto forma di compresse da 50 milligrammi, è stata riconosciuta come sostanza psicotropa dalle Nazioni Unite a partire dal 1986. È più lipofila di sostanze simili come amfetamina e teofillina, dunque raggiunge più rapidamente il sistema nervoso centrale, e più rapidamente esercita la sua azione psicostimolante.
La contemporanea alterazione del segnale della dopamina e dell’adenosina – recettore con il quale la caffeina ha grande affinità – spiegherebbe perché i consumatori preferiscono questo prodotto ad altri mix anfetamino-simili. Chi assume fenetillina racconta di trovarsi in uno stato emotivo piacevole, con un’euforia bilanciata: un effetto che distingue il captagon dalle altre normali anfetamine. Indagini più recenti, però, sembrano riscontrare negli psicostimolanti affini effetti più contenuti rispetto al captagon e un minor rischio di abuso, soprattutto quando il consumo di captagon si combina a quello dell’acol. Rischi aggiuntivi si evidenziano poi nei Counterfeit Captagon Tablet (CCT), i cosiddetti analoghi del captagon contraffatto, aventi il marchio delle compresse originali, che nella loro composizione chimica potrebbero presentare anche procaina (un anestetico locale), efedrina, chinina, metronidazolo, clorofenamina, paracetamolo, e altre tracce di medicinali antidolorifici.
La maggior parte della produzione di captagon lascia la Siria dal porto mediterraneo di Latakia e, passando dal continente europeo, viene poi riversata nella penisola arabica, dove si concentrano i principali mercati. Le ragioni di questa rotta che dalla Siria porta il captagon in Europa e da lì lo convoglia verso il Medio Oriente sono descritte nel rapporto Captagon trafficking and the role of Europe, pubblicato a settembre del 2023 dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) e dal Bundeskriminalamt (BKA), l’Ufficio federale di polizia criminale tedesco: in breve, la saturazione operata nel mercato europeo dalla cocaina impone il dirottamento della distribuzione di captagon verso il Medio Oriente, e in particolare verso i Paesi del Golfo. Se negli Stati membri dell’Unione Europea non si segnala un consumo rilevante di questa sostanza, ciò non vuol dire che in termini di trasporto e sequestri anche l’Europa non ne sia coinvolta.
Chi assume captagon racconta di trovarsi in uno stato emotivo piacevole, con un’euforia bilanciata.
Nel mercato al dettaglio il prezzo di una pillola può arrivare fino a 25 dollari – il prodotto più scadente, per contro, è venduto anche a un dollaro a pillola – mentre il costo di produzione si attesta a poche decine di centesimi. Nei Paesi del Golfo c’è inoltre la preoccupazione che la rete siriana allestita per il contrabbando di captagon abbia iniziato a trafficare anche droghe più pericolose, come i cristalli di metanfetamina, soprattutto in Giordania. Il pericolo è dunque che l’iniziale consumo del captagon a basso costo possa aprire la strada alle droghe convenzionalmente definite “pesanti”, come spesso – ma non sempre – accade nell’esperienza delle persone tossicodipendenti. “Quando tornavo in licenza”, ricorda Paolo, “portavo il fumo e lo rivendevo o lo regalavo. Poi, quando sono rientrato definitivamente in Italia, ho trovato ad aspettarmi l’eroina. A metà degli anni Ottanta la sua diffusione nel nostro Paese poteva definirsi di massa. Di quella massa ho fatto parte a lungo. Finiva una guerra in Libano, e per me ne cominciava un’altra con la dipendenza”.
Ma come ha potuto installarsi in un Paese economicamente deprivato come la Siria il centro di produzione mondiale del captagon, droga pressoché sconosciuta all’opinione pubblica occidentale prima che se ne scoprisse l’uso da parte dei miliziani di Hamas? Dei 70 impianti di produzione farmaceutica in Siria censiti dal Ministero della Salute di Damasco e dall’OMS nel 2011, la maggior parte sono stati demoliti durante la guerra o hanno sospeso la produzione a causa dei costi non più sostenibili di materie prime e trasporto. Secondo il Piano di risposta e Assistenza Umanitaria per la Siria redatto dalle Nazioni Unite nel 2013, l’industria farmaceutica pre-regime di Bashar al-Assad è crollata nel giro di pochi anni del 75%, con conseguenze terribili sulla popolazione. Stando invece a un rapporto della Syrian American Medical Society, quasi un siriano su due non è stato ucciso dalla guerra ma dall’affossamento di uno dei più efficienti sistemi sanitari (pubblico e gratuito) dell’intero mondo arabo.
È in questo contesto di collasso del sistema statale, sanitario e farmaceutico che i miliziani, in accordo con alcuni dei titolari degli impianti farmaceutici siriani e con il sostengo di garanti economico-finanziari, hanno preso il comando dell’industria farmaceutica nazionale, e convertito la produzione verso l’esportazione del captagon. Non una produzione legata a piante e terreni soggetti a cambiamenti climatici, dunque, esposti a incursioni belliche, ma laboratori altamente produttivi e facilmente sorvegliabili. La Siria, per molto tempo area di transito per le droghe provenienti dall’Europa, dalla Turchia e dal Libano e destinate alla Giordania, all’Iraq e al Golfo Persico, è arrivata così ad annoverare la vendita di captagon tra le entrate principali. Dai cartelli colombiani, il noto motto plata o plomo (“argento (soldi) o piombo”) continua a esercitare la sua legge anche ad Aleppo.
Nel mercato al dettaglio il prezzo di una pillola di captagon può arrivare fino a 25 dollari. Il prodotto più scadente, per contro, è venduto anche a un dollaro a pillola.
L’uso del captagon in ambito militare risale al 2011, così come testimoniato da alcuni manifestanti delle Primavere Arabe che hanno dichiarato di averlo ricevuto dagli organizzatori, per riscaldare le piazza della protesta. Da allora, la cronaca giornalistica non manca occasione di associare l’uso del captagon alle azioni dei miliziani dell’ISIS a Kobane, o dei terroristi islamici in attentati come quello al Bataclan, al punto che il captagon viene oggi immediatamente indentificato come “droga dei terroristi“. E tuttavia i referti delle autopsie sui corpi degli attentatori di Parigi sembra abbiano puntualizzato il contrario, ossia che i terroristi non avessero assunto “droghe illecite o alcol” prima di compiere l’attacco.
Più specificatamente: “non ci sono stati suggerimenti sull’uso di captagon da parte dei terroristi che hanno compiuto gli attacchi all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles il 22 marzo 2016, né l’uso di captagon è stato direttamente implicato in attacchi in altri paesi europei”, come si può leggere nel rapporto Captagon trafficking and the role of Europe del 2023. “Di conseguenza, le affermazioni secondo le quali il captagon sarebbe ‘la droga dei terroristi’ non sono state provate, almeno non in relazione allo Stato Islamico”. L’associazione apparente tra attività terroristica e consumo di droghe come il captagon esercita una particolare presa sull’opinione pubblica occidentale, anche perché la legge islamica vieta fermamente l’utilizzo di sostanze stupefacenti. Resta poi il punto fermo massmediologico per il quale, se la figura del terrorista deve suscitare disprezzo, attribuirgli l’uso di droghe offre la possibilità di aggiungere allo scandalo anche un alone di riprensione.
Nonostante l’impiego di sostanze stimolanti in guerra, in operazioni militari o terroristiche resti una pratica storicamente diffusa, il captagon oggi è soprattutto, e sempre più, un gigantesco affare: in tempi di guerra o di pace, per il narcotraffico internazionale e per i mercanti di armi. Ma il captagon è anche una potente leva diplomatica: i ministri degli Esteri di Egitto, Iraq, Arabia Saudita e Giordania, infatti, hanno avviato discussioni con il regime siriano di Assad, nel tentativo di frenare la diffusione della sostanza e i conseguenti tassi di dipendenza nei propri Paesi. E pensare che si tratta di Stati nei quali vige un antiproibizionismo durissimo ma evidentemente, e nonostante tutto, assai poco efficace. Chissà che il reintegro della Siria nella Lega Araba nel maggio del 2023, dopo 12 anni dalla sua espulsione, non sia un segnale di collaborazione bilaterale anche per rallentare la diffusione del captagon. Nella storia la guerra e le droghe sembrano saldarsi in un facile e reiterato connubio, capace di mettere tutti d’accordo all’insegna della fede in un unico Dio: il Dio denaro.