N el 2013 Xi Jinping si congratula con il team di oltre cento scienziati che ha prodotto il Tianhe-2, all’epoca il supercomputer più veloce del mondo. Xi Jinping ha sempre prestato molta attenzione all’ideologia, a sistematizzare il suo pensiero e a creare un nuovo sentimento di appartenenza al Pcc che si identifichi sempre di più con tutta la nazione cinese, ma fin da subito ha dato un’attenzione particolare alla tecnologia e ai suoi sviluppi. In questo senso si pone sull’onda della tradizione, dato che tutti i leader cinesi hanno sempre visto nello sviluppo tecnologico uno strumento di crescita economica e di legittimazione per il Partito. Tianhe-2 è un grande successo, ma nel giugno del 2016 tutti i quotidiani del mondo parlano di un altro supercomputer cinese, il Sunway TaihuLight (il nome dell’azienda in cinese è Shenwei, letteralmente “il potere degli dèi” e il nome del computer in cinese, Taihu zhiguang, significa “luce sul lago Tai”), che proprio in quell’anno e in quel mese è il numero uno della classifica internazionale dei computer ad alte prestazioni.
Lo sarebbe rimasto fino al 2018 (secondo una ricerca pubblicata nel maggio 2023 oggi sarebbe al quarto posto), ma in quel 2016 tutto il mondo vive uno shock, anzi un duplice shock. In primo luogo, scoprire che la Cina era in testa nella graduatoria dei supercomputer era una novità clamorosa e inaspettata, dal momento che non tutti in Occidente si erano accorti della conversione cinese verso la produzione di alta tecnologia; in secondo luogo, mentre la maggior parte degli altri computer superveloci cinesi utilizzavano processori progettati negli Stati Uniti, il Taihu-Light era stato costruito con un processore interamente created and made in China. In altre parole, scriveva su Foreign Affairs Tom Mullaney, grande esperto di informatica in Cina, “le nuove classifiche hanno mostrato che l’industria informatica domestica della Cina ha avuto successo”. E proprio Mullaney fornisce una breve storia dei supercomputer in Cina, molto utile per confermare come Pechino, in realtà, avesse cominciato molto prima del 2016 a mettere nel mirino il raggiungimento di importanti risultati nell’informatica.
[…] Nel suo articolo, Mullaney ricorda un episodio divertente a proposito di una delegazione che Severo Ornstein, un ingegnere impiegato in ricerche per le più prestigiose università statunitensi, aveva portato in Cina negli anni Settanta. Ornstein, che non si riteneva abbastanza famoso per riuscire ad avere un invito dalla Cina, aveva ideato un sistema di recruiting con il quale riuscì a riunire alcuni tra i più importanti scienziati americani dell’epoca. Il metodo per ottenere i sì che gli servivano si era basato sul chiamare uno degli scienziati e dirgli che al viaggio avrebbero partecipato anche altri nomi famosissimi che in realtà doveva ancora contattare. Ornstein mise così insieme un dream team che ricevette un invito ufficiale dalla Cina: insieme a lui c’erano Herbert Simon, premio Nobel e professore di informatica e psicologia alla Carnegie Mellon University, Alan Perlis, professore di informatica alla Yale University e primo destinatario del Turing Award, Anatol Holt, direttore dell’Information Systems Theory Project della Massachusetts Computer Associates, una sussidiaria della pionieristica società di software AppliedData Research, Wesley Clark, ex direttore della Washington University del Computer Systems Laboratory di St. Louis e Thomas Cheatham, allora direttore del Center for Research in Computing Technology presso l’Università di Harvard.
Tutti i leader cinesi hanno sempre visto nello sviluppo tecnologico uno strumento di legittimazione per il Partito.
Il 10 luglio 1972 la delegazione arriva a Guangzhou. Mullaney scrive che “nel corso delle tre settimane successive, gli scienziati hanno visitato lo Shanghai Computing Research Institute e l’Institute of Computing Technology di Pechino, due dei principali centri di informatica in Cina all’epoca”, e che “nonostante il relativo isolamento scientifico della Cina negli anni successivi alla scissione sino-sovietica, gli americani scoprirono che gli ingegneri cinesi avevano fatto molta strada”. Una volta tornato a casa, il team scriverà un report del viaggio su Science, pubblicato con il sottotitolo “La tecnologia informatica avanza rapidamente in Cina senza aiuti esterni”. Tra l’altro, dai ricordi degli scienziati americani emerge il tentativo dei cinesi di sottolineare che la loro politica principale era quella dell’autosufficienza e del “mantenere lo sviluppo scientifico nelle nostre mani”.
I risultati erano clamorosi: dopo la pioniera Xia Peisu, nel 1970 l’istituto di Pechino aveva prodotto il computer modello 111; lo stesso anno, lo Shanghai Computing Research Institute aveva riconvertito una fabbrica, che in passato era stata utilizzata per la produzione di componenti per finestre, in un centro di sviluppo e produzione di un computer digitale a circuito integrato, un ulteriore passo nello sviluppo di un’industria informatica nel Paese. A questo risultato aveva dato un grande contributo il vecchio Deng, che aveva invitato a insegnare informatica ai bambini. “Gli americani”, racconta Mullaney, “sono rimasti particolarmente sorpresi dall’enfasi dei loro ospiti sul supercalcolo, che i cinesi hanno chiarito di impiegare per una serie di scopi tipici, come previsioni meteorologiche e matematica computazionale”.
Questa corsa non si è fermata e l’8 giugno 2023 la Cina, come riportato dal South China Morning Post, annuncia “di aver raggiunto un’altra pietra miliare nell’informatica quantistica, dichiarando che il prototipo di computer quantistico chiamato Jiuzhang (dal nome di un testo cinese di matematica del 200 a.C. nel quale venivano presentati 246 problemi; il testo ancora oggi è considerato un classico della matematica in gran parte dell’Asia) può eseguire compiti comunemente svolti dall’Intelligenza artificiale 180 milioni di volte più velocemente del supercomputer più potente del mondo. I problemi risolti dal computer quantistico potrebbero essere applicati al data mining, alla biologia, all’analisi di rete e alla ricerca sui modelli chimici”. Pur essendo partite negli anni Ottanta, le sperimentazioni permetteranno a Xi Jinping di presentare al mondo la Cina come una potenza quantistica.
Negli anni Settanta, gli scienziati americani rimasero particolarmente sorpresi dall’enfasi dei colleghi cinesi sul supercalcolo.
[…] L’8 gennaio 2016 Xi Jinping consegna il premio statale per le Scienze naturali a un team di fisici quantistici guidati da Pan Jianwei (1970). Quell’anno il team di Pan, che operava all’interno dell’Università della scienza e della tecnologia della Cina a Hefei, in Anhui, aveva stabilito un record mondiale nell’invio di informazioni quantistiche. Il 2016 è un anno importante per i supercomputer cinesi e per gli avanzamenti quantistici, e costituisce un punto rilevante nella recente storia della fisica quantistica in Cina. Uno dei primi tasselli è del settembre 2013, quando Xi Jinping e gli altri membri del Politburo ospitano un incontro con Pan Jianwei, che ricorda un po’ quelli di Mao con gli scienziati cinesi nei primi anni di vita della Repubblica popolare. Pan in quell’occasione illustra alla dirigenza cinese gli aggiornamenti sulle comunicazioni quantistiche e sull’avanzamento cinese nel settore. Nel novembre 2015, al 5° Plenum del 18° Congresso del Partito, le comunicazioni quantistiche vengono inserite all’interno degli obiettivi tecnologici da raggiungere entro il 2023. Durante il suo rapporto di lavoro al 19° Congresso del Partito nell’ottobre 2017, Xi parla a lungo di innovazioni, di obiettivi strategici, di rivoluzione tecnologica in corso «che comprende rapide scoperte nel campo dell’Intelligenza artificiale e delle tecnologie quantistiche».
Come sottolineato da Elsa B. Kania e John K. Costello in China’s Quantum Ambitions, un report per il Center for a New American Security, tutto era partito con il programma 863, poi successivamente ampliato con il piano 973. Nel 1999, inoltre, Guo Guangcan, uno dei pionieri della fisica quantistica in Cina che aveva iniziato la ricerca sull’ottica quantistica già nel 1983, aveva fondato il Key Laboratory of Quantum Information sotto l’egida dell’Accademia Cinese delle Scienze. Otto anni dopo, nel 2001, torna in Cina all’età di 31 anni Pan Jianwei, dopo aver conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Vienna e lavorato a stretto contatto con il famoso fisico quantistico Anton Zeilinger. Pan si mette al lavoro e fonda il Laboratorio di fisica e informazione quantistica presso l’Università delle Scienze e della Tecnologia della Cina (USTC) che diventa ben presto uno dei migliori istituti di ricerca pubblici del Paese, offrendo il primo programma di dottorato in scienza e tecnologia quantistica. L’università si trova a Hefei, nella regione orientale dell’Anhui, e diventa una fucina di giovani scienziati cinesi specializzati in fisica quantistica, guidati da Pan Jianwei. Nel 2021 la rivista Asian Scientist scrive che probabilmente Pan non diventerà una star di livello mondiale, ma i suoi esperimenti, svolti un po’ in sordina, sono destinati a cambiare le nostre vite.
Pan nasce nel 1970 nella contea di Dongyang, nella provincia dello Zhejiang, uno dei polmoni economici della Cina delle Riforme. Ha raccontato di essere cresciuto in campagna con sua nonna, in un periodo in cui si faceva la fame, non c’era abbastanza riso e quindi uno dei piatti che si consumava di più era la pasta di mais, ogni tanto con un po’ di strutto. Nel 1984 è ammesso alla Zhejiang Dongyang Middle School. Nel frattempo la Cina cresce e il cibo diventa via via un problema secondario: si può studiare senza essere vittima dei morsi della fame. La scuola superiore che frequenta Pan tra l’altro aveva visto i primi passi di un altro grande della scienza cinese, Yan Jici (1901-1966), considerato il fondatore della fisica in Cina. Secondo i media cinesi, Pan sarebbe stato ispirato proprio da Yan di cui cita spesso il motto: “diventa uno scienziato e utilizza la scienza per fare qualcosa di buono per il tuo Paese”. Nel 1987 Pan ha 17 anni ed è ammesso al dipartimento di Fisica Moderna dell’Università di Scienza e Tecnologia della Cina. Pur facendo investimenti e attivando nuovi programmi, le università cinesi non sono ancora i centri di eccellenza dotati dei macchinari più moderni come li conosciamo oggi e quella fase della fisica nazionale è, come al solito, cosparsa di mito. Alcuni docenti tirano fuori i soldi dalle proprie tasche per comprare gli strumenti necessari, altri come Guo Yonghuai diventano vere e proprie leggende.
Nel 2021 la rivista Asian Scientist scrive che probabilmente Pan Jianwei non diventerà una star di livello mondiale, ma i suoi esperimenti sono destinati a cambiare le nostre vite.
Guo, uno dei fondatori della CAS, era impiegato nei progetti nucleari cinesi e nel 1968 parte in aereo per Pechino da una base di ricerca nel Qinghai. Con lui a bordo del velivolo c’è la sua guardia del corpo: stanno portando a Pechino documenti strategici per i piani nucleari di Mao. L’aereo precipita e quando i corpi vengono ritrovati, Guo e la sua guardia del corpo sono praticamente abbracciati, nell’atto di proteggere i documenti che viaggiavano insieme a loro. Pan cresce in un ambiente che ha i propri miti e i propri martiri. Una volta ammesso al corso di laurea in fisica moderna all’USTC decide di specializzarsi in fisica quantistica (perché grande ammiratore di Einstein, racconterà). Poi arriva la possibilità di un dottorato di ricerca presso l’Università di Vienna nel 1999, sotto la guida di Anton Zeilinger. Lo scienziato austriaco riconosce le capacità di Pan, sostenendo che avesse “il dono di condurre esperimenti importanti”, e lo prende subito sotto la sua ala protettiva. Nel 2001, dopo il ritorno in Cina, Pan vince un finanziamento per fondare il laboratorio di fisica quantistica presso l’USTC. Quindici anni dopo guida e supervisiona il lancio di Micius, il primo satellite quantistico cinese, che prende il nome da Mozi, uno scienziato e filosofo cinese del I secolo. Nel 2017, attraverso il satellite quantistico Micius, la squadra di Pan e quella di Zeilinger a Vienna organizzano una videochiamata “inattaccabile”, che diventerà storica.
Per spiegare perché si è trattato di un evento così rilevante, la MIT Technology Review nel 2018 la racconta così: “mentre sfrecciava nel cielo notturno a 29.000 chilometri all’ora, il satellite ha trasmesso un piccolo pacchetto di dati a una stazione di terra a Xinglong, un paio d’ore di auto a nord-est di Pechino. Meno di un’ora dopo, il satellite ha sorvolato l’Austria e ha inviato un altro pacchetto di dati a una stazione vicino alla città di Graz». La particolarità di questa comunicazione sta proprio nei pacchetti di dati costituiti da chiavi di crittografia per proteggere le trasmissioni. Ciò che ha reso questo evento così speciale, scrive la rivista, “è stato il fatto che le chiavi distribuite dal satellite sono state codificate in fotoni in un delicato stato quantico”. Ciò significa che qualsiasi tentativo di intercettazione avrebbe “fatto crollare quello stato, distruggendo le informazioni e segnalando la presenza di un hacker”. Quindi le chiavi trasmesse dal satellite quantistico risultano molto più sicure di quelle inviate con i bit classici che invece possono essere letti e copiati. “La crittografia del video era convenzionale, non quantistica, ma poiché le chiavi quantistiche erano necessarie per decrittografarlo, la sua sicurezza era garantita. Ciò lo ha reso il primo collegamento video intercontinentale con crittografia quantistica al mondo”.
Va aggiunto che Pan e il suo mentore Zeilinger erano impegnati in una competizione feroce, nonostante fossero amici. Scientific American ha scritto che i due scienziati avrebbero fatto di tutto per “battere i record per la trasmissione di coppie di fotoni entangled attraverso spazi sempre più ampi e in condizioni sempre più estreme, in esperimenti a terra”. Tra i successi di Pan c’è anche la costruzione di una rete di distribuzione di chiavi quantistiche terrestri tra Pechino e Shanghai, a oggi la più lunga al mondo e già utilizzata dalle aziende cinesi per trasmettere dati in modo sicuro. Pan, ha scritto il sito cinese Sohu, “sta gettando le basi per un Internet quantistico ultra sicuro e computer abbastanza potenti da superare quelli degli Stati Uniti, sforzi che entusiasmeranno gli appassionati, ma preoccuperanno i timorosi della minaccia tecnologica proveniente dalla Cina”. Nel 2018, per gli esperimenti sulle comunicazioni ultrasicure, Pan e il suo team vincono il Newcomb Cleveland Prize, uno dei premi scientifici più antichi d’America. L’ambasciata statunitense però non elabora il visto in tempo e alla fine Pan non riesce ad andare a ritirare il premio, evenienza che per i media cinesi è simbolo dei “timori statunitensi sul furto di proprietà intellettuale da parte di scienziati cinesi”.
Un estratto da Tecnocina. Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi di Simone Pieranni (add editore, 2023).