C ome sopravvive una madre alla morte di un figlio? Questa domanda accompagna l’esistenza di Magda Fyssas dalla notte del 18 settembre 2013, quando la lama impugnata dall’esponente di Alba Dorata Giorgos Roupakiàs ha ucciso con due coltellate al cuore e una alla coscia il trentaquattrenne Pavlos, operaio, attivista antifascista e rapper noto anche con il nome d’arte di Killah P. Fyssas cantava l’antifascismo nelle proprie liriche. Nei quartieri aveva contribuito a iniziative che fronteggiavano l’avanzata della propaganda xenofoba e illiberale di Alba Dorata nella fase di massima espansione dal suo riconoscimento legale nel 1994, dopo decenni di sostanziale irrilevanza elettorale, coincisa con la crisi decennale che ha cambiato il volto della capitale greca. Magda abita sempre ad Amfiali, nel quartiere di Keratsini del Pireo, a sud di Atene, dove l’assalto squadrista nello stile del movimento neonazista finì in tragedia. La tesi avvalorata nelle prime ore trascorse dal delitto, che tendeva a derubricare la vicenda a una lite di strada per questioni calcistiche (sfociata solo involontariamente nella violenza più efferata), ha lasciato il posto alla natura politica del movente. Secondo quanto ricostruito dalle perizie del gruppo Forensic Architecture, sulla scena del crimine era presente la polizia del corpo speciale DIAS, che non prevenne l’evento.
La determinazione lucida con la quale Magda Fyssas si è misurata con il dramma privato ha avvicinato il paese al processo penale, che a ottobre ha disarticolato il vertice del partito definito dalla sentenza di primo grado della Corte di Atene un’organizzazione criminale. Magda, senza sovraesporsi nei media, ha assistito a quasi tutte le 453 udienze, indirizzando il dolore nella richiesta di giustizia e punizione non solo dell’esecutore materiale dell’omicidio, il reo confesso Roupakiàs, ma dell’intero sistema che animava quella violenza. I giudici hanno stabilito che le azioni di Alba Dorata sono equiparabili a quelle di un’organizzazione criminale. Il verdetto per i 68 imputati è arrivato dopo oltre cinque anni di processo e segna uno spartiacque storico.
Fra i diciotto ex parlamentari a giudizio, in sette con il leader Nikos Michaloliakos, condannato a tredici anni di carcere, sono stati riconosciuti colpevoli della costituzione e appartenenza in qualità di capi dell’organizzazione criminale, mentre gli altri sono stati identificati come membri di essa. Per Michaloliakos si aprono le porte del penitenziario, mentre tra gli altri sei dirigenti di spicco condannati (Ilias Kasidiaris, Ioannis Lagos, Artemis Matthaiopoulos, Ilias Panagiotaros e Giorgos Germenis) risulta latitante, dai primi di ottobre, il numero due dell’organizzazione Christos Pappas. Nel 2014 Kasidiaris, non estraneo a episodi di aggressione, candidato sindaco di Atene, raccolse il 16% delle preferenze. A Bruxelles si gioca la partita per la revoca dell’immunità dell’europarlamentare Lagos chiesta dal governo di Atene. Roupakiàs, che sconterà l’ergastolo, è stato riconosciuto come dirigente locale del partito, nel consiglio direttivo della sezione di Nikaia e responsabile economico. Michaloliakos ha assunto la responsabilità politica dell’assassinio.
I giudici hanno stabilito che le azioni di Alba Dorata sono equiparabili a quelle di un’organizzazione criminale: il verdetto segna uno spartiacque storico.
La Corte ha giudicato quattro casi accorpandoli in un procedimento: l’accoltellamento di Fyssas, due tentati omicidi di quattro pescatori egiziani aggrediti e di un gruppo di sindacalisti comunisti, una serie di attacchi ad attivisti di sinistra e la valutazione dell’entità criminale di Alba Dorata secondo l’articolo 187 del codice penale greco che prevede dai dieci anni di pena per l’associazione per delinquere. Il partito operava come una struttura verticistica paramilitare, che dirigeva le azioni violente nei quartieri, mirando soprattutto agli immigrati, che sono stati il bersaglio delle parole d’odio capaci di avvelenare il discorso pubblico e attrarre consenso nella emergenza economica e sociale greca. Prima della determinazione delle condanne, ha sorpreso la posizione assunta a dicembre dal pubblico ministero Adamantia Economou, secondo la quale non sussistevano le evidenze probatorie per dimostrare il ruolo di pianificazione degli attacchi da parte dei dirigenti del partito. Tre giudici l’hanno smentita.La sentenza ha senz’altro un grande peso politico interno e internazionale per quello che ha significato l’ascesa in un contesto democratico di un partito di matrice neonazista, nato nel dicembre del 1980 come periodico con una forte carica anti sistema da un nucleo di reduci del Movimento 4 Agosto.
Appena fuori dall’aula non sono mancati gli scontri con la polizia schierata in massa con oltre duemila agenti e intenzionata a reprimere la manifestazione. Ma decine di migliaia di persone hanno atteso l’esito giudiziario per poi esternare il sollievo. Lo stesso sollievo è stato esplicitato dai principali attori politici greci, ma non risolve le ragioni dell’affermazione di un’anomalia democratica. La vicenda processuale non esaurisce infatti la questione della legittimazione popolare ottenuta da Alba Dorata e l’abilità organizzativa per divenire un interlocutore creduto dalle comunità nelle aree di maggiore disagio attraverso una duplice azione: dall’erogazione di servizi di base, come la distribuzione di derrate alimentari, alla presunta tutela della sicurezza dei cittadini spaventati dalla massiccia presenza di immigrati e dalla delinquenza.
Alla pronuncia della sentenza Magda Fyssas ha esultato: “Oggi la democrazia ha vinto. Siamo in debito per questo con Pavlos e per quello che ha patito. Per tutto: il sangue e la vita che ha perso. Non dimentichiamolo”. La sua immagine, oltre a colpire le persone, è riuscita a far capire quale fosse la posta in gioco. “Il processo è stato ampiamente snobbato dalle principali emittenti televisive nazionali, che formano il 90% dell’opinione pubblica greca – spiega Dimitri Deliolanes, per trent’anni corrispondente in Italia della ERT (Radiotelevisione Pubblica Greca), e autore di Alba Dorata. La Grecia nazista minaccia l’Europa (Fandango 2013)–. Una distrazione dovuta a ragioni politiche. Tuttavia le persone lo hanno seguito lo stesso, informandosi mediante altri canali soprattutto sul web e sulla carta stampata, che hanno mostrato più attenzione. La vasta riunione di persone fuori dal tribunale in attesa del pronunciamento dei giudici restituisce la forte empatia verso questa vicenda e l’urgenza di confrontarsi con una pagina oscura della nostra storia”.
Dalle carte processuali e dalle stesse deposizioni dei membri di Alba Dorata emerge la dimensione eversiva. Fra le testimonianze di rilievo quella di Dimitris Kousouris, oggi professore all’Università di Vienna, che da studente nel giugno del 2008 rischiò la sorte di Fyssas, finendo in coma dopo un attacco degli squadristi. Fu colpito con delle mazze da una banda composta da dieci persone ed è vivo per miracolo. Kousouris ha delineato la continuità del modus operandi dell’organizzazione.
Dalle carte processuali e dalle stesse deposizioni dei membri di Alba Dorata emerge la dimensione eversiva.
In modo inizialmente inatteso è crollato il muro di impunità di quella che era divenuta una forma di polizia parallela: “Nel processo sono state acclarati il carattere paramilitare dell’organizzazione e le connivenze ideologiche e pratiche con parte delle forze di polizia, le quali sono state un bacino elettorale per Alba Dorata, esprimendo aderenze politiche nazifasciste – prosegue Deliolanes –. È molto preoccupante che né il governo precedente, né tanto meno quello in carica, siano riusciti a contenere questo fenomeno interno alla polizia. La tradizione ideologica e operativa, che guarda all’estrema destra, in queste forze risale alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando i collaborazionisti furono immediatamente riciclati nella Guerra civile e poi confluirono negli apparati di polizia e nell’esercito”.
Nelle elezioni del 2019 Alba Dorata è precipitata ai livelli del 1994, quando prese parte per la prima volta alle Europee ottenendo lo 0.11% dei voti. “All’inizio Alba Dorata incuteva terrore, non tanto perché fosse armata, ma per la sua stessa presenza capillare nei distretti e poi specialmente quando ha cominciato a guadagnare sempre più voti, diventando il terzo partito in parlamento – dice lo scrittore Petros Markaris, attento osservatore dell’ultimo decennio greco –. Oggi la sua rappresentanza parlamentare non esiste più. I giudici ad Atene hanno condannato i leader. La paura si è allentata, tuttavia non possiamo garantire che non ne vedremo una nuova versione in futuro, perché i tempi sono difficili soprattutto per l’economia e il lavoro”.
Un fattore decisivo del balzo in avanti di Alba Dorata è stato l’implosione del partito di sistema della destra radicale populista, LAOS, che ha visto svanire il proprio consenso decidendo di partecipare nel 2011, nel cuore della crisi del debito e delle misure di austerità assunte dai piani di salvataggio della cosiddetta Troika (UE, BCE e FMI), alla coalizione del governo tecnocratico di Loukas Papademos. Il Raggruppamento Popolare Ortodosso (LAOS) guidato da Giorgos Karatzaferis, già membro del conservatore Nuova Democrazia dal quale è stato espulso, dopo aver raccolto consensi virando all’estrema destra ha visto scomparire la presenza parlamentare, poiché ha smarrito il proprio tratto anti sistema richiesto dall’elettorato e intercettato successivamente da Alba Dorata.
Nelle elezioni politiche del maggio e giugno 2012 LAOS perse i propri 19 parlamentari con il crollo dal 5.9% al 1.6%, mentre il partito di Michaloliakos ottenne 18 seggi con il 6.97%. Atene è stata l’epicentro dell’offensiva neonazista con il primo seggio vinto nelle comunali del 2010 nelle quali raggiunse il 5.29%. Ѐ utile ricordare come l’ascesa di Alba Dorata sia proseguita dopo l’omicidio di Pavlos Fyssas con il 9.39% conquistato alle elezioni europee del 2014, arretrato al 6% lo scorso anno. Nell’analisi dei flussi elettorali delle ultime politiche del 2019, Soluzione greca, partito guidato da un televenditore, e Nuova Democrazia hanno drenato grossa parte dei voti di Alba Dorata.
L’ascesa di Alba Dorata è proseguita dopo l’omicidio di Pavlos Fyssas, con il 9.39% conquistato alle elezioni europee del 2014.
Il politologo olandese Cas Mudde, professore alla School of Public and International Affairs della Georgia e al Center for Research on Extremism dell’Università di Oslo, considerato tra i maggiori esperti al mondo di populismo, estremismo politico e movimenti di destra, evidenzia due dati essenziali per comprendere l’eccezionalità della crescita del partito che ha come simbolo il meandro greco, un richiamo alla svastica: “Alba Dorata è stata un esempio dell’unicità della crisi economica e politica della Grecia, che ha prodotto non soltanto una critica populista ma estremista. L’insoddisfazione verso l’élite è diventata così radicale da tradursi in un’opzione non solo contro il sistema, ma direttamente antidemocratica”. Osserva però: “Non bisogna commettere l’errore di considerare ogni elettore di Alba Dorata un neonazista, nonostante avessero la consapevolezza della reale ideologia del partito, cercando di trascurarla”.
Nell’importante volume Ultradestra. Radicali ed estremisti dall’antagonismo al potere (Luiss University Press, 2020, traduzione di Andrea Daniele Signorelli) Mudde definisce le caratteristiche e gli aspetti riscontrabili nella struttura e nella ideologia di Alba Dorata. Durante la nostra intervista li riassume così: “Tutti i partiti dell’ultradestra sono autoritari, nel senso che credono e propugnano l’idea di uno Stato che rafforzi il controllo della legge e dell’ordine e instilli una propria concezione della disciplina. Immaginano una forma di nazionalismo che si richiama al nativismo. Il populismo ha contagiato la maggior parte dei movimenti dell’ultradestra, proponendosi come la voce pura del popolo in opposizione alle élite corrotte. La contraddizione è che essi stessi tendono a essere elitari, credendo a un’élite superiore che debba guidare il popolo moralmente debole e prigioniero dell’oscurità. Il suprematismo bianco separatista è parte del loro manifesto programmatico nel quale il sistema democratico sia plasmato in modo funzionale solo per la maggioranza bianca”.
Le parole d’ordine di Alba Dorata sono state: popolo, esercito, sangue, onore, patria. Nonostante l’uso di simboli e l’apologia del nazionalsocialismo, ufficialmente ne hanno negato l’adesione, proclamandosi nazionalisti. L’antisemitismo non è mai stato la principale bandiera sventolata, come sottolinea lo stesso Mudde: “Con alcune eccezioni l’antisemitismo non è il fattore determinante dell’estrema destra odierna. Nell’Europa occidentale non è più prominente, a differenza dell’Est dove spesso è parte del sostrato culturale. Eppure teorie della cospirazione, come quelle che aleggiano attorno alla figura dell’ebreo ungherese americano George Soros, sono forti e alimentate da elementi antisemitici e sono diventate molto popolari nell’immaginario dell’estrema destra globale.”
La svolta elettorale che ha portato Alba Dorata dalla periferia al centro dello scenario politico greco ha sfruttato l’incapacità di gestire a livello europeo l’aumento dei flussi migratori nell’ultimo ventennio. Negli anni Atene ha assorbito il maggior numero di arrivi. Il linguaggio di Michaloliakos, classe 1957, e del partito hanno fatto collimare la propaganda della difesa dell’ellenismo, di uno Stato-nazione che non concepisce alcuna diversità etnica e culturale con la paura dell’immigrazione soprattutto negli strati più in difficoltà della società. L’assalto violento agli immigrati era divenuta pratica quotidiana.
“La destra funziona meglio nel servire il sistema capitalistico.” riflette lo scrittore Petros Markaris
Chi è Michaloliakos? Nel libro Colonnelli (Fandango) Deliolanes tratteggia i legami con una figura chiave del neonazismo greco come Kostantinos Plevris, coinvolto nella dittatura militare instaurata dal 21 aprile 1967, dal quale Michaloliakos si è progressivamente reso autonomo dopo aver tentato anche un sodalizio elettorale con la Prima linea di Plevris. Nel 1973 il futuro capo di Alba Dorata fu arruolato ancora minorenne nel Movimento 4 Agosto di Plevris, fondato nel 1960 ed emerso con forza nel cuore di quel decennio con una rigida organizzazione gerarchica e di tipo militare, che come scrive Deliolanes “adottava pienamente la critica dei regimi fascista e nazionalsocialista all’ordinamento democratico e al principio di eguaglianza”. Michaloliakos, che è un prodotto del neofascismo greco, è stato protagonista delle azioni di squadrismo che caratterizzarono il Movimento e ha attinto in termini ideologici al nazionalsocialismo di cui era intriso il proprio ambiente.
Quanto Alba Dorata è a sua immagine e somiglianza? Certamente la figura di Michaloliakos è stata centrale nello sviluppo e nel radicamento del partito, soprattutto dopo le elezioni del 2010, ma la vita del movimento non è circoscrivibile solo alla storia del capo. In linea generale Mudde invita a non limitare l’analisi dell’ultradestra al carisma dei leader:“Tale aspetto è spesso sopravvalutato. Come per la maggioranza dei partiti, questi dirigenti incarnano sempre più spesso la personificazione del partito e dell’ideologia. Tuttavia i movimenti dell’ultradestra più longevi e di successo sono sopravvissuti alle sorti dei capi fondatori senza troppi problemi. Ci sono delle eccezioni, come quella di Pim Fortuyn nei Paesi Bassi, ma lui era più la rappresentazione delle frustrazioni politiche già diffuse.”
È interessante valutare l’effetto su Alba Dorata della partecipazione alla vita democratica. Dalla premessa degli anni Ottanta di tenersi lontano dai giochi loschi della politica alla promessa di varcare la soglia del parlamento per “intensificare la lotta per fare pulizia nel Paese”. Una pulizia che si traduceva nelle incessanti aggressioni fisiche anche successive all’affermazione nelle urne. Una violenza di stampo razzista inconciliabile con lo Stato di diritto, che le si è ritorta contro nell’incapacità di una qualunque evoluzione politica e nel conseguente fallimento.
Nella strategia del partito, sembra paradossale la visione europea della Grecia. Alba Dorata non ha mai prefigurato l’uscita dall’Unione, da sfruttare nell’ottica degli interessi della nazione, pur additando a Bruxelles e ai Memorandum tutti i guai di Atene. Nel suo ultimo romanzo L’omicidio è denaro (La nave di Teseo) Petros Markaris descrive la desolazione dello scenario ateniese in cui Alba Dorata si è estesa: Negli anni della crisi il volto della città è cambiato in modo definitivo, perché si lottava per sopravvivere. L’austerità, prima della pandemia, ha rapito la convivialità. Il sorriso delle persone è scomparso dalle strade. È moltiplicato il numero di persone senza tetto, diventando la città del silenzio. È impossibile mascherare la povertà che ci circonda. Le persone sono sempre più costrette a limitarsi ai beni di prima necessità. Ad Atene, viale Patission, la strada commerciale in cui la classe media si affollava per lo shopping ancora non si è ripresa dallo shock economico. Molte saracinesche non sono state più rialzate e si respira l’atmosfera della decadenza.
I poveri, non classificabili come un unico gruppo sociale, sono i protagonisti del libro di Markaris. A sinistra non trovano più alcuna rappresentanza politica e le persone cercano forme inedite di autorganizzazione. Il commissario Kostas Charitos deve risolvere un giallo, il duplice omicidio di investitori stranieri approdati in Grecia, che illustra lo spazio politico vuoto lasciato dai partiti tradizionali nel quale gli squali hanno saputo navigare. “Dopo il 1989 la sinistra in Europa ha immaginato di poter governare con un capitalismo dal volto umano – argomenta Markaris –. Questo è stato l’errore colossale. La destra funziona meglio nel servire il sistema capitalistico. Cambiare le cose significa saper stare in mezzo alle persone che hanno bisogno”. Nel romanzo non mancano i riferimenti ad Alba Dorata e al peso dell’eredità della violenza politica, che risale alla Guerra civile. La divisione nella società è ancora marcata. L’avversario politico è spesso identificato come se fosse il nemico: domina la retorica del “noi e loro”. Dov’è la sinistra che mobilita le persone? si domanda Markaris. Il suo volto si illumina, quando parla del personaggio di Lambros Zisis, un vecchio militante di sinistra che oscilla tra la disillusione e l’indomito idealismo. Ha vissuto la Guerra civile, il carcere, il confino nelle isole ma non è mai svanito in lui il desiderio che animava Pavlos Fyssas.
“La crisi della rappresentanza in Grecia determina spinte verso l’estrema destra – conclude lo scrittore –. L’abbiamo già vissuto con la dittatura dal 1967 al 1974. I collegamenti di Alba Dorata con quel passato sono evidenti. Anche gli spagnoli e i portoghesi sono consapevoli del lungo peso di tali apparati di potere. Nelle debolezze della democrazia liberale abbiamo difeso nuovamente la possibilità di avere una voce libera. Questa sentenza avrà una forte ripercussione sulla vita democratica”.