C he cos’è un dizionario? È una raccolta di parole frutto di convenzione, di un codice linguistico condiviso. Attraverso l’uso il significato originario può sedimentarsi oppure evaporare, e quando questo accade la traccia originaria si perde ma rimane in qualche modo latente. Gli Appunti per un dizionario delle amanti pubblicati nel 1976 da Monique Wittig (scrittrice, poetessa, teorica e docente) e Sande Zeig (scrittrice, regista e produttrice) – ora disponibili nella traduzione italiana a cura di Onna Pas (Meltemi, 2020) – sono un viaggio a ritroso nel tempo per riattivare il senso delle parole appiattite dall’uso patriarcale e sessista.
mot / parola
A causa di tutti i cambiamenti di senso, slittamenti di senso, perdite di senso che le parole tendono a subire, arriva un momento in cui esse non agiscono più sulla o sulle realtà. È necessario allora riattivarle.
Il dizionario di Wittig e Zeig mantiene il carattere provvisorio della bozza – il titolo originale è Brouillon [brogliaccio, bozza] pour un Dictionaire des Amantes – con l’intento di sottrarsi alla pretesa di completezza enciclopedica del pensiero “fallo-logocentrico”. Nasce come un dizionario femminista su invito della casa editrice Grasset, ma sin da subito si sottrae al compito didascalico per restare forma aperta: una forma plurale e in divenire, quella del participio presente delle amanti, il verbo del fare. Tutto quello che ci si aspetterebbe da un normale dizionario manca negli appunti di Wittig e Zeig.
Scritto nel 1975 durante un soggiorno nelle remote isole Cicladi, è organizzato in ordine alfabetico come un normale dizionario, ma è incompleto e indisciplinato: i suoi lemmi sono arbitrari, le definizioni ridondanti e immaginifiche. Alla voce ocelle / ocello, scopriamo che quando i corpi di due amanti sono “in circolazione” i pori della pelle si dilatano a formare degli ocelli di colore blu, rosso e verde. La cicatrice / cicatrice è invece una decorazione della pelle – geometrica o a forma di fiori, alberi o uccelle – che può attraversare anche diversi strati di carne. Il poil / pelo è il “vello glorioso” e la lumière / luce una proprietà del corpo che passa attraverso i gomiti e i palmi delle mani. Le piccole amanti nascono dalle oreille / orecchia e la pluie / pioggia è la loro “secrezione amorosa”.
Il dizionario delle amanti rifiuta la funzione di appendice (al dizionario maschilista) e non necessita di aggiornamenti. Sovverte l’ordine gerarchico assegnato alle cose dal pensiero universale, perché appartiene a una tradizione marginale (non minore) di cataloghi, elenchi e liste in cui solo ciò che è informe ed eteronomo trova collocazione. Come il Dizionario Critico che accompagna la rivista Documents (1929-30) di Georges Bataille, anche quello delle amanti dà “i compiti alle parole”. Raccoglie solo le voci con maggiore “potenziale affettivo”, quelle che aderiscono meglio al reale, avviluppate nel suo intimo movimento e in grado di riabilitarne gli aspetti più bassi. Alla voce mâchement / masticazione, Wittig e Zeig ci spiegano ad esempio che
[a]lcuni popoli di amanti hanno questa raffinata abitudine durante i pasti. Quando una di loro è stanca, pigra o ha perso l’appetito, qualcun’altra si offre volontaria per masticarle il cibo e offrirglielo dalla punta delle dita, dai palmi o da bocca a bocca.
Parole trasformative: arena, barriera (del linguaggio), bisogno, cerchio, cicatrice, comunità, conflitto, delirio, desiderio, torpore, rapimento, entusiasmo, spazio, estasi, cantastorie, feste, fuga, lingua, macerazione, masticazione, notte, ocello, orecchia, orgasmo, oblio, pigrizia, profumo, pioggia, polvere, potenza, rabbia, sogno, sangue, trasporto, vento, vita, voce, volare… Come l’enciclopedia cinese degli animali di Jorge Luis Borges citata da Michel Foucault nella prefazione de Le parole e le cose (1966), gli appunti delle amanti ci indicano i limiti del nostro pensiero “sconvolgendo tutte le superfici ordinate”. E ancora, come nei Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes (1977), le parole non sono intese in senso retorico ma operativo, in senso “ginnico” e “coreografico”.
dictionnaire / dizionario
L’ordine del dizionario permette di cancellare gli elementi che hanno distorto la nostra storia durante i periodi bui […] e si sviluppa in un ordine che potremmo definire lacunare. Permette anche di usare le lacune come litote in una frase in cui si vuole dire meno per dire di più. L’assemblaggio delle parole, ciò che ha dettato la loro scelta, le finzioni delle storie, tutto è costitutivo di queste lacune ed è pertanto operativo per quanto riguarda il reale.
L’operatività delle parole si riattiva sovvertendo le regole letterarie per reinventare il genere stesso, nel solco degli scompaginamenti del Nouveau Roman di cui Wittig riconosce la filiazione. Wittig e Zeig prendono una forma tassonomica tipica della cultura moderna occidentale e la trasferiscono in un passato arcaico senza luogo, in una dimensione epica dove le linee del mito e quelle della storia si rincorrono e si intrecciano. È un viaggio nel tempo che non ha un vero e proprio cominciamento, né una progressione ordinata. Procede per salti, per omissioni ed eccessi, tentando di recuperare i sintomi di una narrazione sotterranea e di realizzare un’eziologia del desiderio/piacere pre- e post-identitario. La prima parola del dizionario è âge / età, che le autrici usano quasi in maniera programmatica per spiegare come all’interno di quella che ci ostiniamo a chiamare Storia non esista un progresso che va dall’età del ferro a quella del bronzo e così via. Il tempo storico è piuttosto una sovrapposizione caotica di diverse età – della pietra dolce, del vapore, del cemento, dell’acciaio rapido – che ci hanno fatto entrare, finalmente, nell’età della gloria. Ma è durante l’età dell’oro – quando il lavoro era ancora un gioco – che le amanti hanno deciso di chiamarsi amazones / amazzoni.
Si sa, la materia del mito persiste attraverso innumerevoli varianti e un dizionario che voglia attingervi non può che andare alla ricerca del tempo perduto delle parole, del tempo in cui esse avevano senso solo passando di bocca in bocca. Il racconto non ha tessitura continua e si inscrive nelle pieghe della narrazione storica dove ogni frammento è uno squarcio luminoso che ha senso in sé. Come nel romanzo di Wittig Le guerrigliere (1969), il soggetto della scrittura del dizionario è un’entità collettiva: come ha scritto Simonetta Spinelli, le amazzoni vivono l’epopea di un soggetto collettivo tracotante, audace, inaudito. Sono Begie, Carie, Danaidi, Furie, Gagì, Gorgoni, Libiche, Licie, Lidie, Macedoni, Misie, Telchine, Termodontine, Volsce e appartengono a diverse stirpi accomunate, nel dizionario delle amanti, da questa definizione:
Bevevano il latte delle cavalle che le amazzoni hanno da sempre considerato come loro sorelle, come loro animali totemiche. Si sono divertite a passare nei loro corpi quando erano vive e a bere il loro sangue una volta morte. Latte, sangue, miele, carne cruda, midollo di giunco, frutta, tale era il regime alimentare delle antiche amazzoni. Esse si sono sempre rifiutate di praticare l’agricoltura e di mangiare pane, sia che fosse d’orzo, di grano, d’avena o di segale.
Le pratiche dell’agricoltura e della gravidanza segnano uno spartiacque nella storia delle amanti, un momento di separazione dolorosa tra le amazzoni e le madri: si tratta di un processo in cui le seconde, diventate sedentarie, si sono fatte assorbire dalla “simbolizzazione del loro stesso generare”. Considerato una trappola della storia, il “mito della donna” – l’immagine ctonia del corpo fertile destinato alla procreazione e del sesso debole – è per Wittig e Zeig una costruzione sociale e culturale che, al pari di altri miti come quelli dello schiavo e del proletario, intreccia la dimensione materiale dell’oppressione a quella simbolica. Alla voce histoire / storia è affidato il compito di chiarire il passaggio:
Alcune hanno continuato a essere erranti, amavano spostarsi (…) e dicevano che un’amante sedentaria smette di essere libera. Altre hanno costruito delle città via via sempre più grandi che pare non avessero mura difensive. All’inizio tutto è andato bene. (…) Poi si sono meravigliate di uno dei loro processi fisiologici, il parto. Hanno smesso di chiamarsi amazzoni, termine con il quale ormai indicavano solo le altre, le straniere, le barbare. Esse si sono chiamate madri.
Se l’atto del procreare è ciò che definisce l’esser donna nella società, allora le amanti non sono donne, così come non lo sono le lesbiche. È quanto Wittig afferma anche a chiusura di un suo intervento su “Il pensiero straight” al convegno della Modern Language Association di New York (1978), riecheggiando la nota affermazione di Simone De Beauvoir: “non si nasce donna, lo si diventa”. Il lesbo-femminismo materialista di Wittig infatti si spinge oltre l’opposizione uomo-donna, perché rifiuta l’idea che l’essere donna sia un a priori logico o un destino biologico. Si tratta di un approccio anti-essenzialista che considera il sesso come categoria politica (non naturale) e la condizione femminile come il frutto di una convenzione (al pari della lingua). Se da una parte questa viene naturalizzata e finisce con l’essere introiettata dalle stesse donne, dall’altra le amazzoni lesbiche – cavalle di Troia dentro le mura della Storia – sfuggono a questo regime politico regolato dall’eterosessualità che Wittig chiama “sessaggio”.
In Decolonialità e privilegio. Pratiche femministe e critica al sistema-mondo (Meltemi, 2020) Rachele Borghi scrive che il dizionario delle amanti “ci parla di come il linguaggio sia un atto di autorità emanato da chi domina, di come le parole veicolino valori, visioni del mondo e contribuiscano a perpetrare i rapporti di dominazione”. Consapevoli del fatto che il linguaggio è uno degli strumenti della subalternità, Wittig e Zeig tentano di decostruire il mito della donna servendosi di una scrittura letteraria che si fa tutt’uno con la teoria politica, stile e pratica linguistica ma anche argomentazione filosofica. Unendo infatti critica e performatività, decostruzione e divertissement, le amanti indicano un percorso che si rivelerà generativo per le teorie e le pratiche queer, nonché per scritture altrettanto “performative”: da Judith Butler a Paul B. Preciado.