Quest’anno ricorre il cinquecentesimo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci. Per celebrare il suo genio, l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Comune di Milano – Cultura e Palazzo Reale promuovono la mostra Leonardo. La macchina dell’immaginazione, a cura di Treccani e Studio Azzurro con il supporto di Arthemisia. Un viaggio nella mente di Leonardo da Vinci attraverso i suoi appunti e i suoi schizzi, che restituisce la complessità e l’attualità del suo pensiero. La consulenza scientifica è stata affidata allo storico dell’arte Edoardo Villata, di cui proponiamo un saggio.
D a quando il loro significato trascende, in qualche modo, la pura e semplice ricorrenza di un personaggio illustre, i centenari di Leonardo da Vinci hanno coinciso con momenti di particolare rilevanza nella storia nazionale. Il quarto centenario della morte, nel 1919, cadeva all’immediato indomani della fine vittoriosa della Grande Guerra: Leonardo coagulava insieme l’orgoglio patriottico (che di lì a poco sarebbe diventato nazionalismo e che avrebbe investito anche il Vinci, costretto a rappresentare il “genio di nostra stirpe”) e la speranza, rivelatasi purtroppo illusoria, di una nuova era di pace, giustizia e prosperità. Nel 1952, quinto centenario della nascita, il clima era invece quello della rinascita morale, civile ed economica, dopo la lunga notte del fascismo e la tragedia della Seconda guerra mondiale: la figura di Leonardo veniva sfrondata dai turgori retorici che ne avevano offuscato i contorni e si iniziava a restituirla a una più concreta dimensione storica, mettendo in luce la consistenza intellettuale, e anche i limiti, della sua cultura. Se lungo gli anni Trenta e Quaranta in Gran Bretagna Kenneth Clark e Arthur Popham avevano già offerto memorabili esempi di lucida analisi stilistica di dipinti e disegni di Leonardo, in Italia agli scritti celebrativi di Ignazio Calvi, Giuseppina Fumagalli, Giorgio Nicodemi si sostituivano le impegnate e rigorosissime ricerche, tra gli altri, di Anna Maria Brizio, Giorgio Castelfranco, Augusto Marinoni.
In apparenza quest’anno, in cui si celebra il quinto centenario della morte di Leonardo, cade in un momento meno epocale della storia italiana; ma non si può negare che appaia quale di decadenza morale, civile, intellettuale ed economica; sarà forse un caso che si torni a parlare del ‘genio italiano’? Saremo sommersi da una quantità enorme di mostre e libri, ma le prime avvisaglie (tra annunci sui rotocalchi di clamorose scoperte note in realtà da oltre un secolo, voci di mostre con animali impagliati, pedanti trilogie romanzate, inevitabili experiences multimediali che raramente riescono realmente divulgative) non inducono a particolare ottimismo: la speranza è che in tanta profluvie di scritti, sicuramente di livello diversissimo, emerga qualche reale scoperta o qualche nuova chiave di lettura di opere o di aspetti dell’attività di Leonardo. La sensazione, almeno in Italia, è però che si assisterà alla proliferazione di piccole mostre al di là di un piano organico che pure esiste o esistere dovrebbe.
In tale disorganica situazione la Treccani ha scelto coraggiosamente una strada diversa: produrre una ‘mostra’ (se la si vuole chiamare così) radicalmente non-filologica e priva di opere originali. Potrà sembrare strano un elogio di questa operazione da parte di un “isvisceratissimo partigiano” della filologia come me: ma questo è prima di tutto l’elogio della chiarezza di idee. Stiamo infatti parlando di una mostra multimediale che si guarderà bene dal limitarsi a riprodurre in alta definizione dipinti leonardeschi o a ricostruire in 3D e in modo più o meno fedele questa o quella macchina. L’operazione è stata affidata a Studio Azzurro, uno dei principali collettivi italiani ed europei di ricerca artistica con i linguaggi delle nuove tecnologie: si tratterà quindi di una operazione artistica, una serie di installazioni in cui scenografia, videoarte e suoni si troveranno inscindibilmente compenetrati.
Nulla quindi di documentaristico, anche se la fase preparatoria di questa esposizione ha richiesto un impegnativo lavoro di ricerca e di approfondimento su disegni, dipinti e scritti di Leonardo. Dopo aver studiato questo ampio materiale (non senza sorpresa e meraviglia, come posso testimoniare), gli artisti di Studio Azzurro hanno deciso di rivolgersi a Leonardo non come un uomo del Rinascimento italiano ma, dandone per acquisito il carattere di inevitabilità per la nostra cultura, come un fenomeno di natura, da indagare e da manipolare con la massima libertà; anche, se si vuole, con arbitrio. Il tutto lavorando sempre e solo su autentici materiali leonardeschi, individuando all’interno dei suoi manoscritti concetti e parole-chiave intorno a cui impostare il lavoro.
Le sezioni in cui il percorso si articola, che sono in realtà diverse installazioni, la cui struttura architettonica è liberamente ispirata a disegni leonardeschi, sono: Osservazioni sulla natura; Città; Paesaggio; Le macchine di pace; Le macchine di guerra; Il tavolo anatomico; La pittura.
In ciascuna di queste sezioni il visitatore potrà scegliere alcune parole-chiave, tutte tratte dal lessico vinciano, che daranno vita a differenti percorsi, in cui disegni di Leonardo saranno affiancati o, in altri casi, percorsi e rivisitati da filmati talora iperrealistici, talora quasi astratti (con un occhio, se ben vedo, al cinema degli anni Venti, un po’ Buñuel e un po’ Ejzenštejn). In alcuni casi le elaborazioni o le giustapposizioni sottolineano e accentuano il carattere disturbante, eversivo dei disegni leonardeschi, mentre in altri forniscono una sorta di controcanto affettuoso e ironico: un atteggiamento che a Leonardo sarebbe sicuramente piaciuto. Il visitatore si troverà quindi a contatto con alcuni esempi delle idee e degli studi di Leonardo: la veduta a volo di uccello, le macchine sia a uso civile sia a uso militare, le mappe, gli studi sull’anatomia dei cavalli e dei volatili; ma anche a terrificanti immagini di diluvio, a volti trasfigurati dall’ira, a malinconici pensatori, a tenere e divertite immagini di cani, di gatti o di granchi. Il tutto sempre commentato da suoni, che talvolta accennano a diventare un abbozzo di frase musicale, e da citazioni tratte dai manoscritti leonardeschi.
Il registro espressivo cambia radicalmente nella installazione dedicata agli studi di anatomia. Qui viene presentato un vero e proprio tavolo anatomico, simile a quelli su cui avrà lavorato Leonardo stesso durante le sue dissezioni di cadaveri; ma la scelta di evocare i corpi veri con calchi in gesso in uso nelle accademie ottiene un effetto di astrazione che allontana il visitatore da un eccessivo realismo, e al tempo stesso oggettivizza i magnifici disegni leonardeschi. Contestualmente gli studi leonardeschi di occhi, naso, bocca, muscoli, articolazioni, embriologia, dialogano con contemporaneissime elaborazioni computerizzate o con gli effetti visivi della diagnostica per immagini. Potrà sembrare una eccessiva libertà nei confronti degli studi di Leonardo, ma così non è: lui stesso, infatti, mise a punto nuovi modelli di restituzione grafica dell’interno del corpo umano (a partire dalla cosiddetta veduta esplosa), e quindi, in un certo senso, questa proiezione sulle più moderne tecniche di elaborazione visiva seguono una logica che era già la sua.
Il punto finale del percorso è una installazione più piccola, dedicata esclusivamente alla pittura. Come se la gran mole di idee, suggestioni, contraddizioni, studi, venissero convogliate, e trovassero la loro ragion d’essere, nella porta stretta della pittura, “vera scienzia” e privilegiato mezzo di indagine e conoscenza della natura esterna, dell’aspetto dell’uomo e del “concetto della mente sua”. Questo è il messaggio finale della mostra ed è un messaggio profondamente vero e corretto, direi profondamente storico: il fine ultimo della speculazione di Leonardo è la pittura, e in essa tutto il suo lavoro di studio trova origine, ragione e compimento. Se pretendiamo di isolare questo o quel ramo dei suoi enciclopedici interessi (nel senso ancora medievale di sapere universale) ci precludiamo le possibilità di una reale comprensione dell’opera leonardesca e compiamo, di fatto, un falso storico.
Per paradosso, quindi, questa operazione deliberatamente intrusiva, questa performance artistica, pur lontana da qualsivoglia ambizione filologica (le didascalie permetteranno però al visitatore di ricostruire la cronologia degli scritti, dei disegni e dei dipinti utilizzati), finisce col veicolare un contenuto storicamente autentico, e quindi fa anche opera di corretta divulgazione; anzi e meglio, per usare una contrapposizione dialettica a me cara, fa ‘educazione’ (che significa e-ducatio, “condurre oltre”) e non ‘intrattenimento’, cioè tenere, lasciare dove già si è.
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La mostra Leonardo. La macchina dell’immaginazione, curata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana e da Studio Azzurro, con la consulenza scientifica di Edoardo Villata, sarà visitabile presso il Palazzo Reale di Milano fino al 14 luglio 2019.