L’ ironia è sprecata sul presente: non c’è stata epoca più fertile e insieme più ostile alla satira di quella che stiamo vivendo. I presidenti delle nazioni twittano messaggi incomprensibili, i ministri comunicano con i cittadini solo attraverso video pubblicati dai loro social media manager: se Vincenzo Monti diceva che per un poeta epico non c’è niente di peggio che essere contemporaneo di Napoleone, per un scrittore di fantascienza non c’è peggiore sfortuna che scrivere nell’epoca di Trump.
Non per Mark Doten, a quanto pare: lo scrittore statunitense nel 2015 aveva già dato prova di una certa irriverenza politica con la pubblicazione di The Infernal, un romanzo sulla guerra in Iraq in cui facevano la loro comparsa Osama Bin Laden, Condoleezza Rice e Mark Zuckerberg. Col suo nuovo romanzo, Trump Sky Alpha, uscito in contemporanea con gli Stati Uniti grazie a Teresa Ciuffoletti e Chiarelettere, alza la posta in gioco e mette al centro della storia Donald Trump, che per un capriccio insensato fa scoppiare la terza guerra mondiale e distrugge l’intera umanità.
Non doveva andare così: nel 2015 Doten aveva deciso di scrivere un romanzo su internet e politica, ma con l’arrivo delle presidenziali l’ombra di Trump si è allungata fino a invadere le pagine del suo romanzo. Nel frattempo, tra l’inizio del romanzo e la sua pubblicazione, gli ha dedicato anche un altro racconto, dal titolo Piss Trump, che prende spunto dai fatti accaduti nella suite presidenziale del Ritz-Carlton di Mosca nel 2013 (se servisse una riprova di quanto la realtà possa essere sufficientemente assurda di per sé, mentre scrivo questo articolo, Bolsonaro chiede su twitter delucidazioni su cosa sia una golden shower).
Ad ogni modo, nel mondo descritto da Doten – che non differisce affatto dal nostro, apocalissi a parte – Trump si diverte ogni domenica a viaggiare sul suo Trump Sky Alpha, il dirigibile che dà il nome al romanzo e da cui tiene degli improbabili discorsi alla nazione, trasmessi in diretta su YouTube e punteggiati dai suoi immancabili tweet (“Felice di tornare a NYC! Serata meravigliosa! I media delle fake news BUGIARDI come al solito!!!”). A bordo milionari e arricchiti lo acclamano dai 224 posti disponibili (“in vendita a partire da cinquantamila dollari, una cifra che schizzava alle stelle proporzionalmente all’aggiunta di pacchetti upgrade e superlusso”), mentre mangiano “astici certificati da tre chili e mezzo con il marchio TRUMP impresso sulla coda e sulla chela destra”. Questo spettacolo orripilante e angoscioso si conclude il 28 gennaio di un anno imprecisato con Trump che, in preda a un delirio dei suoi, in volo tra New York, Washington e Mar-a-lago, decide che è il momento di mettere mano ai codici e far saltare in aria la terra. Eliot aveva torto: il mondo finisce con un’esplosione, non con un lamento.
I generali stanno facendo un ottimo lavoro! Felici che ci sono io e non Hillary! Non ascoltate quei bugiardi dei media. Siamo noi a tenere l’America AL SICURO!!!
Inizia con una fine, dunque, Trump Sky Alpha, con un’apocalisse che spazza via il 90% dell’umanità e, ancora prima, con la fine di internet. Sipario. Accade poi che a un anno di distanza dalla catastrofe, Rachel, una giornalista rinchiusa in un hotel di Minneapolis, venga contattata da Tom Galloway, suo caporedattore. “Voleva un articolo per la prima edizione del neo-ricostituito New York Times Magazine, la cui uscita era prevista in occasione del primo anniversario del 28/01. Il tema del pezzo doveva essere l’umorismo di internet alla fine del mondo”: l’uomo la chiama da Modesto, California, nuova e improbabile sede del giornale della East Coast, ormai quasi totalmente sottoposto al controllo statale. Vuole che Rachel indaghi su cosa ha twittato l’umanità durante il suo ultimo giorno: cosa avreste di divertente da dire mentre tutto va in pezzi?
Così Rachel, visitando dei preistorici archivi di internet, scopre che “le battute alla fine del mondo non fanno in tempo a prendere piede, a ottenere il definitivo imprimatur di internet”, ma che c’erano state “battute scontate sul palazzo volante che spara missili nucleari, sacchi pieni di denaro usati come zavorre [….], vecchie vignette cretine […] gente che twitta in diretta il suo discorso in diretta, incredulità generale di fronte al decollo” e poi “Trump come Justine Sacco, ma una Justine Sacco equipaggiata di armi nucleari” – e anche se il paragone non ha senso, la battuta piace.
Se la (falsa, per fortuna) crisi missilistica delle Hawaii non ha fermato nessuno da fare meme (un best of, per chi apprezza), perché, suggerisce Doten, dovrebbe farlo la fine del mondo? Descrive così un 28 gennaio inondato di retweet e post, tra l’ironia “sempre più amara, con l’avanzare della notte, del bottone virtuale su Facebook Stai bene? Dillo a Facebook, attivato in tutto il mondo”, un tripudio di ultime battute e di vecchi meme riciclati con una certa nostalgia.
L’indagine porta Rachel a scoperchiare un vaso di Pandora di meme, organizzazioni di hacker e architetture informatiche segrete. Tutti gli indizi che raccoglie, infatti, riportano in un modo o nell’altro a un libro semidimenticato, Il sovversivo, scritto da un certo Sebastian de Rosales. Il libro, che nel tempo si era trasformato in una specie di oggetto di culto, aveva portato alla creazione di un’organizzazione mondiale di hacker, la Voliera, responsabile di aver causato il black out di internet da cui il mondo si era risvegliato solo per andare in fumo. L’obiettivo principale di de Rosales e poi della Voliera era smascherare l’apparente innocuità di internet, rendere il mondo edotto circa l’inesistenza della net neutrality.
“L’espansione di internet era stata, agli occhi della Voliera, un progetto colonialista ed egemonico presentato in maniera ingannevole: in un primo momento le premesse di ciò che conosciamo come internet erano apparse del tutto positive”: ma poi la sua espansione si era rivelata per quella che era davvero e il suo progetto “si [era] propagato grazie alle buone intenzioni degli hippy tecnocratici californiani, grazie agli amatori e al commercio via web e alle grandi potenze militari”.
“Questa idea del mondo intero è molto diversa quando vieni da un Paese passato attraverso diverse colonizzazioni”, dice de Rosales, che è filippino,
E
quel siate affamati, siate folli… è così perfetto, assume una connotazione del tutto diversa se vieni da un Paese che è stato colonizzato. […] Nel mio libro riformulo siate affamati, siate folli facendo dire a un personaggio: Restate pure all’oscuro di quello che la vostra voracità vi spingerebbe a fare. E il mondo intero, per forza è così… tutto quanto, tutto dev’essere consumato, è la logica del capitalismo, e internet non ha fatto che accelerarla.
Tra colloqui con generali e rapimenti di hacker che parlano come Ted Kaczynski, Trump Sky Alpha è una riflessione sul mondo in cui viviamo e sulla pervasività della rete; è un romanzo che mette in discussione – e persino in ridicolo – la nostra possibilità di resistere al sistema e che affronta l’ambigua natura dei meme, tra satira e alt-right. Un romanzo che senza sorpresa è stato salutato con immediato entusiasmo: l’internet culture è forse uno degli argomenti più centrali e meno compresi del discorso pubblico e Doten ha la capacità, va riconosciuto, di centrare con grazia molti dei punti fondamentali che devono essere ancora affrontati.
Alla fine, però, forse è vero che tutta questa ironia è sprecata – o, meglio, forse è vero che a questo libro manca una reale capacità immaginativa. Si dice che questa sia l’epoca d’oro della distopia, eppure questo genere più di altri sembra aver perso qualsiasi possibilità di raccontare un mondo diverso da quello che viviamo, di produrne uno anche solo prossimo che però non sia una cronaca – spesso anche in ritardo – di quello che accade realmente. Quando Doten parla del libro dice che il suo unico rammarico è di non aver potuto prevedere quante altre espressioni assurde Trump sarebbe stato capace di coniare, dal momento della chiusura delle bozze alla stampa: persino dal punto di vista linguistico – e la sequenza iniziale, un po’ saundersiana e un po’ wallaciana, è forse il momento migliore di questo libro – la letteratura rischia di piegarsi sulla realtà.
Qualche mese fa, in un’intervista Alexandra Kleeman si lamentava di come internet fosse ancora per larga parte assente dalla narrativa: Trump Sky Apha sembra soddisfare la sua richiesta, anche provando a rappresentare internet con un po’ più di complessità – non solo come il luogo in cui ci scambiamo i messaggi, cosa a cui è ridotta nella maggior parte dei casi. Kleeman e Doten sono stati entrambi allievi di Ben Marcus e in loro, come in Joshua Cohen e tanti altri, c’è il desiderio di usare la lingua come una cosa viva e che modifica il mondo. C’è allora qualcosa di più che dovremmo chiedere a un libro del genere, soprattutto a scrittori con questo tipo di fiducia, che non sia solo di educarci o spiegarci le conseguenze della pervasività di internet nell’epoca della sorveglianza, della sua capacità colonizzatrice e della potenzialità oscura di spazi come Reddit o 4-chan. Mark Doten, che Granta considera uno dei best young American novelists, perché ha una voce e un tono che gli permettono di essere riconoscibile, forse tra tutti potrebbe riuscire in questa impresa di scrivere qualcosa che si stacchi oltre l’orizzonte presente delle cose.