D ovendo immaginare una serata idilliaca, che caratteristiche avrebbe? Ci sarebbe l’amore corrisposto o un riconoscimento grandioso, un Nobel, magari, altrimenti la vincita di un premio in denaro talmente cospicuo da garantire la serenità economica e l’agio per una vita intera. Sì, sono ipotesi di felicità banali queste e ce ne potrebbero essere molte altre, invece, originali, che raccontano di specifici dettagli minuziosi, della semplicità perfetta che davvero garantisce la felicità. Nessuno, però, descriverebbe Una sera in paradiso, come fa Lucia Berlin nel racconto che dà il titolo alla raccolta. Un hotel che si chiama Oceano in Messico, a Puerto Vallarta, un ragazzo di strada che fa carriera, Hernán, fino a diventare un uomo di fiducia del proprietario, un bar in cui si fermano a bere prima di cena gli attori del cast di Notte dell’Iguana: Richard Burton e Liz Taylor, Ava Gardner. Intorno personaggi del posto, Luis e Victor “avevano passato le notti in navi dormendo sotto i petates, mentre di giorno si dedicavano alle truffe. Hernán li capiva e non li giudicava, neanche se rubavano”.
Poi, Tony che ha fatto innamorare la grande diva: “dopo pressappoco tre giorni nei quali aveva tenuto i suoi occhi dorati fissi in quelli verdi di lei, Ava aveva cominciato a farsi dare passaggi in barca da lui nelle pause, fino a quando, a detta di Tony, la fortuna gli aveva sorriso”. C’è Sam per cui quella Sera in paradiso è una notte da dimenticare: ha l’occasione di fare sesso con Ava Gardner che si vuole vendicare del suo ragazzo con gli “occhi del colore dell’ambra e un sorriso angelico”, ma fa cilecca. E mentre tutti quei drink magnificamente descritti passano nelle mani di uomini e donne che cercano solo oblio e il piacere, dissetando anche chi legge, Hernán aspetta che arrivi la sua Sera in paradiso: “sarebbe tornato a casa a piedi, non lontano da lì, dove avrebbe trovato Socorro ad aspettarlo. Avrebbero cenato insieme e parlato della loro giornata e serata, delle figlie. Le avrebbe raccontato tutti i pettegolezzi […] Socorro gli avrebbe accarezzato la schiena una volta andati a letto. Avrebbero riso per qualcosa”.
Tutta la raccolta di Berlin si caratterizza per questa capacità della autrice di impossessarsi di personaggi diversi, come in questo racconto corale, oppure di traghettare in situazioni diverse lo stesso personaggio da un racconto all’altro, giocando con i nomi che passano attraverso i testi come in una sorta di staffetta. Succede con Laura di Andado Romanzo Gotico che possiamo riconoscere nel racconto Itinerario perché ha le stesse amiche: Conchi e Quena ed è la stessa ragazza, figlia di un ingegnere minerario, che ha una madre malata, nonché un destino segnato dall’incontro con un uomo che darà un’impronta alla sua vita molto più profonda di quella che lei stessa può imprimervi. In Andado Romanzo Gotico, dopo che un personaggio rispettabile, ma incauto e vecchio l’avrà deflorata con troppa rapidità, Laura pensa:
rovinata? Sono rovinata? Per un momento così fugace e disorientante? Lo capiranno tutti, guardandomi? […] E se tantissime donne rischiano di essere rovinate, forse ho qualcosa che non va, dato che non mi sono quasi accorta di quello che stava succedendo.
In Itinerario, con una prolessi la protagonista del racconto in prima persona ammette: “anche io mi sono sposata e ho avuto figli, invece sarei dovuta restare single, una giornalista in un appartamento senza ascensore a Manhattan”. Sono molte le donne protagoniste dei racconti di questa raccolta di Berlin che si sono rovinate, ma non perdendo la verginità, come Don Andrés fa credere a Laura, ma col matrimonio: la giovane Maria, in Lead Street Albuquerque, sposa il geniale artista Rex, che la lascia quando lei gli dice di aspettare il secondo figlio: “Maria venerava Rex. Era sempre accondiscendente nei suoi confronti, quando c’era lui restava quasi muta, mentre con noi scherzava e chiacchierava”. Tiny in Noël, Texas 1956, che si è rifugiata sul tetto, quando il marito col suo inseparabile amico ha deciso di organizzare a casa sua una cena di Natale:
Tyler sa quanto odio e disprezzo il Natale […] Quest’anno Tyler ha detto che mi aspettava una grossa sorpresa. Una sorpresa per me? Mi vergogno ad ammetterlo. Mi ero addirittura immaginata che mi avrebbe portata alle Bermuda o alle Hawaii. Neanche nei miei sogni più assurdi avrei pensato a una riunione familiare.
In La casa di argilla con il tetto di lamiera Maya è costretta a vivere senza acqua ed elettricità: “ma dovrei cucinare su quella vecchia stufa a legna? Le obiezioni di Maya non si spinsero oltre. La gratitudine era ancora una parte dominante dei suoi sentimenti verso Paul”. Cassandra in Il tempo della fioritura dei ciliegi combatte con speranza contro la routine e l’impulso di comunicare la sua frustrazione al marito che rientra ogni giorno alle 17.45, dicendo ogni sera tre volte ciao: “Cos’ho che non va? Cos’altro voglio? Dio, aiutami a vedere le cose belle […] Avrebbe voluto dirgli quanto si sentiva male”.
Sono tutte donne diverse, hanno storie varie, vivono in case e città lontane le une dalle altre, nelle Americhe sconfinate. Chi legge non ha mai la sensazione che Berlin voglia comunicare un messaggio, che l’autrice strumentalizzi le sue personagge per una recriminazione, per una forma di critica sociale contro il matrimonio. Si comprende solo che la scrittrice statunitense ha avuto il dono grandioso di raccontare il mondo, da cui scivola sulla pagina la nuda e semplice verità, che lei mostra ai lettori, in istantanee perfette: “Dela, al Bella Della Salon, parlò a Betty da sopra i capelli bagnati di un’altra donna, mentre apriva i beccucci di metallo con i denti”. Berlin ci suggerisce con questa raccolta un’accezione di narrazione omnisciente che non coincide con quella del burattinaio che fa muovere i personaggi, ne conosce pensieri e illusioni e li spiffera al lettore, quanto piuttosto con la fotografa di Dio.