L’ investitura di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America rappresenta l’evento più importante di questo inizio del 2017 nel mondo della politica internazionale. La sua corsa alla Casa Bianca è stata infatti seguita non solo dai cittadini americani – i quali andavano incontro a una novità certa, dovendo scegliere tra la prima donna presidente e il primo uomo totalmente estraneo alla politica – ma anche dal resto del mondo.
La figura di Donald Trump ha infatti diviso il panorama dei partiti politici del resto del mondo, che al momento si trova ad affrontare alcune delle crisi più difficili dell’ultimo mezzo secolo, in primis la guerra in Siria e le sue conseguenze. Se la retorica dello slogan “Make America Great Again” rappresenta ciò che ha convinto la maggioranza degli elettori americani, ci si chiede come mai Trump abbia quasi sin da subito riscosso molto successo in Europa, in particolare tra i partiti nazionalisti e di destra. Da Marine Le Pen, Nigel Farage e Matteo Salvini, fino al premier ungherese Viktor Orban, passando per gli ultra radicali di Vojislav Šešelj in Serbia, la popolarità di Trump è andata in crescendo lungo tutte le presidenziali.
Il motivo principale è la violenta retorica contro gli immigrati e l’allerta terrorismo che Trump ha indissolubilmente legato ad essi. In tale approccio, l’istrionico candidato repubblicano non poteva che incontrare l’appoggio dei più grandi partiti di destra europei, a partire dal Front National francese e la Lega Nord in Italia, che da anni si battono sugli stessi temi, stigmatizzando tutto ciò che è “altro” e “musulmano”. Un elemento politico che indirettamente ha giocato a favore del candidato repubblicano è la vittoria del Brexit, che ha destabilizzato il continente non solo dal punto di vista socio-politico ma soprattutto da quello psicologico: ha infatti convinto anche i più scettici che cambiare l’ordine delle cose attraverso una campagna populista fosse possibile.
Un elemento politico che indirettamente ha giocato a favore del candidato repubblicano è la vittoria del Brexit, che ha destabilizzato il continente dal punto di vista socio-politico.
Un altro punto di contatto tra Trump e le destre europee è rappresentato dal muro al confine col Messico. Quella dei muri e delle barriere anti-immigrati è stata infatti una prassi tutta europea, che con la crisi dei migranti degli ultimi tre anni ha visto la costruzione di recinzioni in molti paesi, a partire dal premier ungherese Viktor Orban e al muro fatto costruire tra Ungheria e Serbia per frenare il flusso di migranti della rotta balcanica.
A suggellare infine la popolarità europea di Trump è stata la promessa di riallacciare rapporti normali con la Russia di Putin, in ottica anti-terrorismo e di far fronte alle crisi internazionali. In questo, le destre europee hanno trovato il migliore alleato per il loro crescente filo-russismo – autentica contrapposizione ideologica all’Unione Europea – e hanno visto in Donald Trump il candidato ideale per portare avanti la propria battaglia all’insegna del ritorno alla sovranità.
Sovranità. Questa è la parola chiave per spiegare il triangolo d’intesa che da Washington porta a Mosca e passa per tutti i nazionalismi europei. “Rendiamo l’America di nuovo grande”, d’altronde, non nasconde altro che il desiderio conservatore di un ritorno al nazionalismo in politica, così come al protezionismo in economia. Non è un caso infatti che i maggiori trattati in fase di negoziazione tra Stati Uniti ed Unione Europea verranno fatti saltare proprio per volontà di Donald.
Sovranità è la parola chiave per spiegare il triangolo d’intesa che da Washington porta a Mosca e passa per i nazionalismi europei.
Dal canto suo, lo stesso Putin non poteva che esultare per la vittoria di Trump, il quale ha già dichiarato come la Crimea appartenga alla Russia, legittimando dunque l’intervento in Ucraina. La retorica di Trump ha dunque trovato terreno fertile in quell’Europa che proprio sulla questione ucraina ha vissuto una netta spaccatura politica tra europeismo e filo-russismo.
In Italia, oltre che per merito di Salvini, questa contrapposizione è andata in scena per le strade di Roma quando il 28 gennaio la leader di Fratelli d’Italia, Giorga Meloni, ha indetto una manifestazione per inaugurare la nascita di “Italia Sovrana”, un cartello politico di destra che si propone come futura forza di governo. La manifestazione è stata animata dalla presenza di molti slogan che richiamano Trump e il suo primo decreto con il quale ha vietato l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da sette paesi musulmani (Siria, Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen). I manifestanti, tra i quali non mancavano le effigi di Vladimir Putin, hanno espresso quindi il desiderio che un simile provvedimento avvenga anche in Italia, sempre appunto nel nome della sovranità.
Tuttavia, ci si chiede quanto questo innamoramento da parte delle destre europee sia corrisposto da parte del nuovo presidente americano, che in campagna elettorale si era occupato solo marginalmente di politica europea. Mentre lo stesso Matteo Salvini ha più volte sostenuto che Trump sia dalla sua parte, con tanto di fotografia al suo fianco, da Washington sono arrivate smentite in questo senso.
Ci si chiede quanto questo innamoramento da parte delle destre europee sia corrisposto da parte di Trump, che in campagna elettorale si era occupato solo marginalmente di politica europea.
Non hanno invece rilasciato dichiarazioni gli addetti stampa della Casa Bianca circa i motivi della presenza di Marine Le Pen presso la “Trump Tower” una settimana prima dell’inizio del mandato presidenziale. La candidata alle presidenziali francesi ha giustificato il suo viaggio in America per motivi personali, ma sono state pubblicate anche delle fotografie che dimostrerebbero un incontro con Guido Lombardi, già esponente della Lega Nord, che lasciano spazio a speculazioni circa un eventuale supporto di Trump alle destre europee.
Il fatto che l’incontro con Salvini sia stato addirittura smentito, così come non esista un riconoscimento ufficiale del supporto diretto ai populismi europei da parte della Casa Bianca può essere dovuto a diversi motivi. Innanzitutto, la scarsa convenienza politica per una tale mossa: le questioni politiche europee di fatto non hanno avuto un riscontro influente sull’elettorato americano.
Al momento, dunque, quello di Trump non viene visto come un modello esportabile, ma piuttosto come un punto di riferimento “ideologico”, come avviene di fatto anche con le politiche di Putin. “Se ha funzionato negli Stati Uniti d’America perché non dovrebbe funzionare qui da noi?” È questa ovviamente la domanda retorica con cui si fanno forza i populismi europei. La vittoria di Trump infatti non dà, per ora, un supporto diretto ai partiti populisti ed euroscettici del nostro continente, ma gli fornisce un esempio da seguire e da citare e una speranza da coltivare, seppure di segno del tutto opposto di quella promossa da Obama negli ultimi otto anni.