N el 2018 due colossi high-tech come Facebook e Google collaboreranno alla posa di un cavo in fibra ottica lungo 12.800 chilometri che passerà sotto l’oceano andando a collegare Los Angeles e Honk Kong. Il Pacific Light Cable Network andrà a raddoppiare la velocità di connessione della linea già esistente, che oggi va dall’Oregon al Giappone. L’obiettivo è quello di arrivare a una capacità di banda di 120 terabit al secondo.
Il Pacific Light Cable Network si andrà ad aggiungere alla fitta rete di cavi sottomarini che connettono nazioni e continenti. La storia di questi cavi è il racconto originario da cui si sviluppa la rete della connessione mondiale, un albero ricco di sotto-trame le cui radici vanno ricercate più di centocinquanta anni fa: il primo cavo mai posato sott’acqua per attraversare gli oceani era infatti destinato al trasporto del segnale del telegrafo Morse.
Il giovane favoloso
Quella di Samuel Morse inizia come la storia di un grande pittore, un giovane americano che, come molti altri suoi colleghi nell’Ottocento, intraprese un viaggio di formazione in Europa, un grand tour che lo portò in Italia, in Svizzera e in Francia, per misurare le proprie velleità artistiche e far breccia nel giro giusto di contatti, quello che apre le porte del genio. Nella cospicua produzione artistica di Morse si trovano oggi diversi ritratti, prevalentemente istituzionali, compreso quello, incompiuto, del generale Lafayette. The Gallery of Louvre è forse il suo lavoro più emblematico: Morse dipinse una stanza del museo parigino riempendo le pareti con una selezione personale delle opere, accuratamente riprodotte in miniatura. C’è un po’ tutto in questo quadro: la sua perizia e le capacità tecniche, ma anche la curiosità, quasi debordante. Con questa tela, a bordo di un transatlantico a vapore, Morse fece ritorno in America nel 1835 dopo avere incontrato intellettuali, scienziati e inventori europei.
Nelle lunghe e noiose giornate passate in mezzo all’oceano Atlantico, ebbe una folgorazione: costruire uno strumento di comunicazione capace di attraversare velocemente le città, le nazioni, forse anche i continenti, sfruttando tutte le invenzioni e le scoperte che lui stesso aveva visto funzionare nei gabinetti scientifici europei. Era l’inizio di una delle invenzioni più importanti della storia: quella del telegrafo.
Nuove rotte
Matthew Maury era un brillante ammiraglio della Marina Americana. Un giorno, la diligenza su cui viaggiava si ribaltò, procurando al marinaio una frattura scomposta al femore e una distorsione al ginocchio. Maury dovette subire un’operazione che lo rese claudicante a vita e che interruppe sul nascere la sua carriera in mare. Fu messo a capo di un ufficio dal nome poco stimolante: “Depot of Charts and Instruments”, il deposito delle mappe e dei giornali di bordo.
Lì, in anonimi bauli impolverati, trovò dei giornali di bordo di vecchi commodori che avevano registrato i loro viaggi: quasi interamente mangiati dalla salsedine, apparivano come quaderni densi di cifre. Dati puntuali su intensità e direzione del vento, sulle condizioni atmosferiche in luoghi specifici e in date precise, sulle correnti e sulla velocità dei natanti. Maury mise all’opera i suoi sottoposti, matematici e contabili (chiamati computer) che raccolsero e tabularono tutte le osservazioni. Quello che ne uscì fu l’individuazione di precisi andamenti e regolarità che, tra l’altro, sconfessavano molti luoghi comuni sulle rotte tradizionali seguite dai vecchi commodori e che tanti naufragi avevano causato alla marina americana.
Non contento, Maury proseguì nell’opera di raccolta delle informazioni: esattamente come i motori di ricerca di oggi, aveva capito che un algoritmo migliora se si trovano nuove informazioni che possono raffinarne la precisione. Per questo predispose un modulo standard che qualsiasi mercantile o imbarcazione doveva compilare e riportare a terra dopo il viaggio. Inoltre, stabilì che ogni nave dovesse consegnare il proprio giornale di bordo una volta attraccata. Il mare era attraversato da decine, se non centinaia, di laboratori galleggianti: nasceva una comunità di collettori di dati, al punto che molte imbarcazioni issavano un’apposita bandiera a significare che partecipavano al progetto. Oggi potremmo dire che Maury fece diventare virale un nuovo modo di leggere le rotte, ingegnerizzando la raccolta dati.
Per mezzo di una rete di naviganti si arrivò così al primo sistema integrato di osservazioni, che sfociò nel libro di Maury The Physical Geography of the Sea, monumentale opera in cui l’autore raccolse un milione e duecento mila osservazioni, scritte di pugno con carta e matita da volenterosi e competenti computer, per l’appunto. Ancora oggi le carte nautiche si basano su questa impresa cocciuta.
Grandi speranze
Cyrus West Field è stato per i primi trentacinque anni della sua vita un imprenditore attivo nell’industria della carta. Nel 1853 era uno degli uomini più ricchi del suo paese e, ancora giovanissimo, decise di ritirarsi dagli affari quando, in una gelida serata newyorkese del gennaio 1854, incontrò nel suo appartamento l’ingegnere inglese Frederic Gisborne. Gisborne riferì delle sue ultime esperienze canadesi sulle linee telegrafiche, sottoponendo a Field il progetto di una nuova linea per la quale servivano cospicui finanziamenti. Il progetto prevedeva il collegamento telegrafico tra il continente americano e l’isola di Terranova nell’oceano Atlantico, attraverso l’uso di un cavo sottomarino già usato nel canale della Manica qualche anno prima (1850). Gisborne sottolineò l’importanza strategica di questo collegamento, osservando che una stazione telegrafica sull’isola di Terranova, trovandosi nel punto più a est di tutta l’America, avrebbe rappresentato il terminale ideale per lo smistamento dei messaggi provenienti via nave dall’Europa. Questo avrebbe assicurato alla nuova linea un elevato traffico telegrafico, garantendo immediatamente sicuri guadagni.
Ora abbiamo tutti gli elementi per collegare con un filo rosso (o un cavo di rame) i protagonisti di questa storia: l’oceano (Maury), il telegrafo (Morse) e il business (Field). Quando Gisborne lasciò l’appartamento, Field si ritirò nella biblioteca dove era presente un grande globo e, proprio mentre osservava l’intero pianeta ruotare tra le sue mani, gli balenò l’idea della sua vita: i segnali telegrafici non si sarebbero fermati a Terranova ma avrebbero potuto attraversare l’intero Oceano Atlantico, grazie ad un unico cavo sottomarino. Questo cambio di prospettiva trasformò il disegno tracciato da Gisborne in uno dei progetti più incredibili nella storia della scienza e della tecnologia.
La mattina seguente Field scrisse due lettere. La prima lettera era indirizzata a Samuel Morse e la seconda a Matthew Maury, due conoscenze che l’imprenditore aveva fatto nella sua carriera industriale densa di relazioni pubbliche. Nella lettera a Morse, Field chiedeva delucidazioni sui segnali elettrici e sulla distanza che questi potevano aggiungere, mentre nella lettera a Maury, Field chiedeva informazioni sul fondale dell’Atlantico, sulla sua profondità e regolarità. Ad entrambi Field chiedeva poi un parere sul nuovo progetto.
Si può fare
Nel giro di pochi giorni arrivarono le risposte: sia Morse che Maury confermavano che quest’opera poteva essere realizzata, almeno in via teorica. Samuel Morse fu così entusiasta del progetto di Field che pochi giorni dopo gli fece visita nella sua casa di New York, ribadendo di essere certo che un segnale elettrico in un cavo conduttore avrebbe potuto attraversare l’intero oceano Atlantico. Tra i punti critici che attanagliavano di più Field, in quelle prime ore di esaltazione, vi era quello della profondità e l’irregolarità del fondo dell’Atlantico. Per sua fortuna, nella lettera di risposta, Maury esprimeva grande fiducia a riguardo dal momento che, caso fortuito, stava studiando proprio quel problema da mesi. Ecco uno stralcio della lettera di Maury a Field:
I sondaggi sul fondo marino mi sembrano la questione fondamentale per quanto concerne la praticabilità del progetto di un cavo sottomarino che unisca i due continenti. Tra Newfoundland e l’Irlanda ci sono circa 1600 miglia e il fondo tra i due punti è pressoché piatto. Sembra quasi che sia stato messo lì apposta perché ci si posi un cavo telegrafico e lo si tenga al riparo da qualunque rischio. Non è né troppo profondo né troppo poco; infatti è alla profondità giusta perché, una volta posato, il cavo possa essere al sicuro dal contatto con eventuali ancore delle navi, icebergs o scogliere di qualunque tipi; inoltre, è sufficientemente in superficie da consentire che l’operazione della posa avvenga senza troppe difficoltà. La profondità dei fondali è molto regolare, aumentando gradualmente dalle coste di Newfoundland, da 1500 braccia a 2000 quando ci si avvicina alla costa irlandese.Non pretendo affatto di sminuire la difficoltà di trovare il meteo adatto, il mare nelle condizioni giuste, un cavo lungo a sufficienza e una nave grande abbastanza per trasportarlo e posarlo lungo le 1600 miglia; tuttavia, sono sicuro che lo spirito di iniziativa dell’era attuale, ogni volta che si manifesta un problema che pare insormontabile, sarà in grado di produrre una soluzione pratica e soddisfacente. Io mi limito a dire la mia e a offrire la mia consulenza per quel che concerne il fondo marino, e da questo punto di vista le maggiori difficoltà arriveranno più al di fuori e al di là dei punti scelti per la posa, che dalle profondità dell’oceano. […] Quindi, con riferimento al fondo tra Newfoundland, o Capo Nord, all’imbocco di St. Lawrence, e l’Irlanda, la praticabilità di un cavo sottomarino che colleghi le due sponde dell’Atlantico è assolutamente certa.
Possiamo immaginare quanto deve aver gioito Field leggendo la risposta di Maury. Insomma, il progetto di Field sembrava possibile: erano tra i due più grandi scienziati americani dell’epoca a dirlo, Morse e Maury. Ora a Field non restava altro che mettere insieme i capitali in grado di trasformare quell’idea in qualcosa di realizzabile. In poche settimane Field riuscì a fondare la sua società con il nome di “New York, Newfoundland, and London Telegraph Company” (poi diventata “Atlantic Telegraph Company”) grazie all’appoggio di soci molto importanti, tra cui lo stesso Samuel Morse (Maury invece fece solo da consulente alla società), Peter Cooper, un grande industriale della siderurgia e Moses Taylor, l’uomo più ricco degli Stati Uniti.
La società iniziò con il cablare la tratta che separava New York da Saint John’s in Terranova, un progetto che prevedeva l’attraversamento di vaste zone selvagge – soprattutto dello stretto di Caboto – che durò più del previsto, causando la perdita di buona parte del capitale della società. Per questo motivo Field andò in Europa, nello specifico in Inghilterra, per cercare nuove risorse economiche e tecniche. Lì, anche grazie ai contatti con John Watkins Brett, un valente ingegnere dei telegrafi britannici, riuscì ad incontrare Lord Clarendon, il segretario agli Esteri, e James Wilson, funzionario del Tesoro, da cui ottenne totale appoggio e supporto economico per l’impresa. Oltre a finanziamenti e appoggi istituzionali, Field in Europa chiuse accordi con fornitori di eccellenza per la produzione del cavo in rame e il suo isolamento in guttaperca (gomma naturale). Inoltre, imbarcò nell’avventura uno dei più importanti scienziati europei dell’epoca, William Thomson, conosciuto ai più con il nome di Lord Kelvin.
Sotto l’oceano
Il progetto del cavo che avrebbe unito il Vecchio e il Nuovo Mondo ora aveva tutto: grandi capitali, importanti istituzioni, rinomati scienziati e le migliori tecnologie. Così, nell’estate del 1857, circa 5000 chilometri di cavo vennero caricati su due navi: una americana, la Niagara, e l’altra britannica, l’Agamennone. La spedizione partì dall’Europa in direzione dell’America ma, dopo sole 250 miglia, fu interrotta per la rottura del cavo. L’anno dopo Field ci riprovò e nel giugno del 1858 la stessa flotta era di nuovo pronta all’impresa, questa volta con l’idea di cominciare la posa da un punto prestabilito al centro dell’oceano Atlantico e di far avanzare le due navi con il cavo a bordo verso le due coste, in costante collegamento telegrafico tra di loro.
Purtroppo anche questo tentativo fallì; Field, però, senza perdere fiducia, poche settimane dopo ci riprovò e finalmente l’operazione venne conclusa, permettendo la trasmissione del segnale elettrico. Il primo telegramma ufficiale venne spedito il 16 agosto del 1858 dalla Regina Vittoria al presidente degli Stati Uniti d’America, Buchanan:
La regina desidera congratularsi con il presidente per il successo di questa grande impresa internazionale, in cui la regina ha il più grande interesse. Sua maestà spera che il presidente sarà d’accordo sul fatto che il cavo elettrico si rivelerà un ulteriore collegamento tra le nazioni, la cui amicizia è basata su interessi comuni e stima reciproca. La regina ha il più grande piacere nel comunicare con il presidente e nel rinnovargli gli auguri per la prosperità degli Stati Uniti.
Questo fu il primo storico messaggio telegrafico trasmesso tra l’Europa e gli Stati Uniti, grazie ad un cavo lungo più di 3000 chilometri posato sul fondo dell’oceano Atlantico, frutto dell’intuizione e dell’impegno di un grande imprenditore come Cyrus Field e alla genialità di scienziati come Samuel Morse, Matthew Maury e Lord Kelvin.
Purtroppo, mentre Field si godeva i complimenti e l’ammirazione di tutto il mondo, la comunicazione tra i due continenti iniziò a farsi instabile e poche settimane dopo l’inaugurazione si interruppe del tutto. Fu un duro colpo per Field e per tutta la sua impresa, tanto che ci vollero circa dieci anni prima di rimettere insieme capitali, risorse ed entusiasmo per riprovare ancora una volta a sfidare l’Oceano. Finalmente, con un cavo più resistente e meglio progettato, anche grazie ad una nuova nave, la Great Eastern, Cyrus West Field riuscì a cablare definitivamente l’oceano Atlantico nel 1866, entrando per sempre nella storia. Un’epopea scientifica e tecnologica andata in scena a metà dell’Ottocento che diede vita al mondo in cui viviamo. Ancora oggi, dopo più di 150 anni da quell’impresa, molte, se non tutte, le comunicazioni telefoniche e internet tra Europa e Stati Uniti passano sotto l’oceano Atlantico: al posto del rame di Field si sfrutta la limpidezza della fibra ottica.