1.
Io sono appena nato. Loro sono rosa, piangono. Scraaatch. La cosa verde gratta, accarezza, parla, canta. Piango. Rido.
2.
Ho enorme bisogno dell’interno della scatola. Rido a crepapelle. Ma… Faccia pazza! Piano! Eheh piano! Lo stringo al petto. Mamma è finalmente contenta, mi lascio andare. Bagnato. Mi alzano e mi annusano il sedere. Ho capito quasi tutto di come e quando intervengono.
3.
È un bambino, ma è volato sopra al tetto per portarci i regali sfidando il freddo. Che pace, mamma è contenta. Papà mi alza, tocco la porta. Le luci sono buie. Sono sdraiato tra le carte strappate. Dorme su di me il dinosauro pacifico.
4.
Un camioncino. Una sorellina. La calpesto col camioncino, prendo uno schiaffo. Do un pugno a mia madre. Mi addormento sulla sua pancia, con la faccia bagnata.
5.
Nonna non c’è? Amo disegnare figure con capelli lunghi azzurri tutti pettinati a sinistra. Cieli bassi. Mi sdraio tra i pennarelli nuovi e i camioncini.
6.
Ho fatto un regalo a mamma: ho imparato a scrivere prima di finire l’asilo. Mia sorella non sa dire le S e non può mangiare diversi cibi. Ha tanti regali e palline di gomma, pennarelli per bambini piccoli. Io sono più intelligente di come parlo. Molto più intelligente di come scrivo, lo sento.
7.
Non so esprimere cos’è importante per me, di questa mattina. Accompagno la sorellina per mano, le faccio indossare la vestaglia e le pantofole di cuoio perché non prenda freddo. Arriviamo alle porte a vetro del salotto: dentro, la luce è spenta e le serrande abbassate; brillano le lucine dell’albero. “Il salotto buono”, quando mio padre ha scoperto che conoscevo questa espressione ha riso forte. Dentro il salotto entriamo a occhi chiusi, ciascuno ha sulle palpebre le mani di un genitore. Sfioriamo coi piedi i pacchi della città di regali e capiamo con emozione di essere arrivati.
8.
Qua dentro so farmi benvolere mentre in classe no. Dopo le feste un compagno mi inviterà a casa sua e non ci andrò perché voglio montare il mio trenino.
9.
Mia sorella ride con la mano davanti alla bocca. Ha lo sguardo giocoso, a scuola non è attenta. Prende medicine ogni giorno, io solo quando sto male. Nostro padre ha successo. Ci vestiamo bene, senza vestiti griffati, e non facciamo sfoggio di essere benestanti. È morto nonno e alla preghiera lo ricordiamo. A casa nostra non si litiga, si discute. Io sono un genio dei numeri, sono un bambino geniale.
10.
Siamo entrati nel salotto e accanto all’albero, su un tappeto scuro e luminoso, c’era un’area di un metro quadro coperta di regali. Scatole voluminose, sottili buste da libro o da calendario nuovo. L’incarto spiegazzato con dentro un morbido pullover. Ogni singolo pacco era per me, non c’era niente per mia sorella. Abbiamo controllato insieme, sotto gli occhi dei genitori, quattro o cinque della dozzina abbondante di regali, e ogni foglietto, legato con cordino dorato e scotch alla carta, aveva il mio nome, nella scrittura che io già riconoscevo essere di mia madre e mia sorella credeva ancora di Gesù Bambino.
I genitori hanno detto a mia sorella: “Per te Gesù Bambino arriverà più in là”.
Lei ha domandato “Non c’è niente per me?” È andata dietro l’albero di Natale a vedere. Ha preso un cioccolatino da quelli attaccati all’albero, lo ha scartato e se l’è mangiato.
“…Perché Gesù Bambino” hanno aggiunto “vuole vederla comportarsi meglio”.
È cosa nota che mia sorella non si impegna a scuola e non mette in ordine la stanza ed è ormai qualche anno che leggiamo ogni cosa che fa attraverso questa lente, anche nei pensieri più profondi. Ha pianto e ci siamo messi a giocare con i miei regali. Le ho detto che Gesù Bambino sarebbe arrivato presto anche per lei, ora si sarebbe comportata meglio.
11.
Ho finalmente un amico, oltre al mio cugino coetaneo. Era amico di un altro, che era il suo confidente agli scout e al catechismo. Io sono più intelligente, e ascolto meglio, e so dare consigli. Scartando la pista di macchine di Formula Uno, caccio via mia sorella che cercava di incastrare la base di una piccola vettura al solco della pista senza prima capire il funzionamento. Mia sorella si lamenta perché non sto più con lei. So di non poterci stare.
12.
Un compagno di classe ha la madre in manicomio. Un giorno è venuto a pranzo a casa mia per nessun motivo, perché non l’aveva mai fatto prima, e a tavola da soli mi ha chiesto quanto guadagnava mio padre. Eravamo tornati a piedi da scuola ed entrando in questa parte di Roma – la scuola è sul confine tra due quartieri – aveva cominciato a domandarmi: “Qual è la metratura della casa?” Le vacanze di Natale mi hanno concesso un po’ di respiro: non riesco ad ambientarmi alla scuola media, non sono capace di fare alleanze, non mi affeziono a nessuno fino in fondo. Vivo come un diplomatico, ma non so spiegarlo.
13.
Non c’è stato in questi tre anni un regalo bello come la grande casa di bambola larga un metro e alta ottanta centimetri, con sei stanze e una facciata all’antica, consegnata a mia sorella dopo la punizione, a gennaio: comparve dal nulla un sabato mattina, accanto all’albero non ancora smantellato.
Questo, comunque, è un Natale ancora peggiore di quello passato e mi rifugio nei regali, passo tutta la vacanza a giocare e a suonare la chitarra elettrica nuova, comprata usata. La mia capacità di parlare mi ha portato dei problemi: notando delle nuove alleanze tra compagni, ho chiesto a uno di loro, un bassetto un anno avanti, sempre griffato e col padre famoso: “Perché mi state emarginando?” Da allora mi chiamano L’Emarginato: il compagno non aveva mai sentito quella parola, la prima volta se l’è fatta spiegare da me che l’avevo usata. Hanno scritto una canzone su di me, sul fatto che ho le mutande sporche. È vero, non mi lavo mai: non è una cosa che so, di cui mi rendo conto. Passo le ore in bagno con la doccia accesa ma rimango seduto sul coperchio del water a toccarmi.
14.
Ho scritto una canzone sul Natale, è una predica in piena regola. L’ho cantata il 25 sera alla riunione di famiglia, dove siamo una trentina di persone tra zii e cugini: mi hanno interrotto e io mi sono arrabbiato e ho detto: “Non potete prima chiederci di esprimerci e poi distrarvi e non prestare attenzione”. (Mentre lo dicevo ho completamente dimenticato di essere la stessa persona che l’estate prima, giocando a “Mezzanotte scocca”, ha approfittato del buio per mettersi a sputare in faccia alle cugine.)
15.
L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze hanno permesso a me e al mio migliore amico di suonare insieme due canzoni al concerto nell’atrio. Il palco era fatto di pedane. Quando la canzone recitava “poi mi dice sono di Berlino” io ho fatto il saluto romano. Mi pareva un gesto furbo, spiazzante.
A cena, la vigilia di Natale, penso al liceo con emozione. Finora di tutti i posti della mia vita è l’unico dove posso essere me stesso. Parlo, e mi ascoltano. Anche se non riesco a dirmelo, in verità non mi affeziono a nessuno. Ci sono delle persone che bramo, gruppi soprattutto che bramo. Vorrei far parte di cerchie, di crocicchi in corridoio, e sto imparando a fumare: ma non voglio bene a nessuno. Questo non mi toglie il piacere di andare al collettivo dopo pranzo, di intrecciare braccialetti a ricreazione con una compagna sulle ginocchia, di guardare gli alberi che strusciano sui vetri.
16.
È il primo Natale nella casa nuova. È una casa più buia dell’altra, ma è grande una volta e mezzo. Mi dà sicurezza. A scuola un chitarrista fenomenale di un altro liceo è venuto durante l’occupazione e mi ha sentito suonare assoli blues seduto sul mio amplificatorino nella sala tecnica, in duetto con un altro chitarrista. Sentire quei complimenti fa di me, ora, quello che sono. Non esistono oggetti che possano competere con questa sensazione di essere qualcuno. Mia sorella mi fa continui interrogatori sulla vita del liceo e io rispondo sciattamente, non mi fermo neanche una volta a pensare che ciò che lei sogna interpretando le mie parole è una parte fondamentale della sua vita e del suo futuro.
17.
Ho scoperto che mia madre tiene i regali negli sportelli in alto, nel suo armadio. Le poche volte che non è in casa prendo la scala, salgo fin quasi al soffitto soppalcato, e guardo i pacchi impilati e già incartati. Alla terza volta decido che quello dalla forma che ricorda indiscutibilmente la confezione di un pedale di effetti per la chitarra elettrica si può aprire perché ha una carta plasticata che non si rovinerebbe staccando lo scotch. È un digital delay dal corpo metallico freddo, color azzurro ghiaccio. Per alcuni giorni, le sue quattro piccole manopole che regolano lunghezza e decay del suono ripetuto si rivelano in quello spazio astratto che è la casa quando non c’è nessuno, come un’emanazione del mio pensiero, la casa vuota e quel suono nuovo che esce dall’amplificatore: il pedale è l’oggetto più speciale che possiedo. Come mi sento quando rubo a me stesso i miei regali? Sono eccitato dall’oggetto e la mia vita è tutta nelle possibilità di quei suoni.
18.
Sono ormai anni che vado alla cena di Natale senza vestirmi in modo particolare. È dalle medie che ho uno stile monacale ma disordinato. Ho cominciato a scrivere, voglio fare lo scrittore. Scrivo cose molto più stupide di me e allora trasferisco la sensazione di essere una persona di valore in una nuova sensazione: di avere uno scopo.
19.
Mi sto per fidanzare ed è come se fosse inevitabile, ma non so in cosa consista fidanzarsi perché non ho spinte fortissime verso il sesso e finora, al di là di chi ho baciato, non ho avuto che due amicizie forti con persone dell’altro sesso. Sento nel profondo che vanno chiamate altro sesso, più che “ragazze” o “donne”, perché non so cosa siano. Ora che mi fidanzerò, il tempo cambierà, ci saranno cose da fare, appuntamenti fissi. Il mio migliore amico, fidanzato da anni, mi ha detto che è come il rapporto tra me e lui, più il sesso. A Natale, due che stanno per fidanzarsi si possono incontrare solo nei ritagli di tempo, furtivamente. Un ragazzo e una ragazza già disposti a sottomettersi a responsabilità e orari come non sono ancora mai stati. Guardandoci allo specchio ci troviamo adulti: io ho il pizzetto, i miei arti non hanno fatto che crescere; loro hanno grandi dolori mestruali. Sentiamo delle rughe dove non ci sono.
20.
Di punto in bianco, a cena il 24 con degli zii e cugini invitati nella stanza con il trompe l’oeil che simula un giardino francese del Settecento, mia sorella fa polemica su quel Natale in cui vide che sotto l’albero non c’erano regali per lei. “Mi ha segnato, quella cosa”, dice. Da quando è al liceo è una specie di maschio straccione. Mio padre risponde: “Sei ideologica”. Zia ci scherza su con quel tono minimizzante e giudicante che fa sentire stupidi, mia madre si arrabbia: “Ma se Gesù Bambino ti ha portato poco dopo una casa bellissima che ancora ci giochi!”
“Vabbè meglio se sto zitta eh”.
“E la tieni ancora così male…”
Ma ogni anno la cena è di una bontà… I miei genitori hanno sempre organizzato cene pranzi e feste con amore. Il piatto che preferiamo è una composizione di gamberetti nella salsa rosa in cui è immersa una julienne di carote. La cena, dagli antipasti di pesce ai dolci comuni più quei tocchetti rosa di zucchero con dentro i pinoli e i canditi che prepara mia madre, è una canzone con le strofe e i ritornelli che una volta all’anno cantiamo in coro come se il cibo fosse alcolico.
21.
Ho conosciuto due amici speciali, le prime persone che mi hanno capito fino in fondo. Insieme parliamo di Thomas Mann e ascoltiamo musica anni Sessanta. Ci regaliamo dei cd per Natale. Credono che io non debba prendere seriamente l’università: se voglio diventare uno scrittore devo passare la giornata nel centro di Roma. Per questo motivo, ho smesso di frequentare tutte le altre persone e vedo la mia vita come l’esperimento di un regista che chiede il contributo di un mio slancio, un sacrificio. La storia si scrive da sé. Facciamo tardi la notte per passeggiare.
22.
Il Natale è una parentesi in mezzo a continui fine settimana in cui io e lei diciamo bugie agli altri per restare soli. Siamo nudi gran parte del tempo.
23.
È tornata per le feste, non avrei voluto che partisse dopo l’estate, ero preoccupato che abbattessero il suo aereo o facessero esplodere la metropolitana. A cena ho invitato uno studente straniero che non sapeva dove passare il Natale. C’erano anche degli zii con i figli, tutti religiosi come me e lei, e lo studente ha ricevuto la testimonianza della nostra vita cristiana. Io e lei crediamo. Lei in questi giorni mi ha detto che se non stessimo seguendo la dottrina cattolica in materia di astinenza sessuale per lei sarebbe molto più difficile stare lontana da me, in un’altra città.
24.
Il miracolo è che nasca ogni anno per noi, teste dure.
25.
Per merito dello Spirito Santo riesco a vedere mio padre: ha smesso di essere l’infrasuono sotto il pavimento che mi tiene in piedi.
26.
Lei è partita con i genitori per tutte le feste. La mia vita non cambia: scrivo, registro musica elettronica, frequento quelli del gruppo religioso in cartate amichevoli in cui non ci ubriachiamo. Noi due non sapremmo con chi altro uscire, insieme, e non la conosco più così bene, non dormo mai a casa sua. Lei è andata a vivere da sola e io sto a casa dei miei genitori. Vorrei pubblicare un romanzo prima di laurearmi e nella mia vita non c’è altro che la chiesa, i romanzi, la musica.
27.
Passo tutta la sera del 25 a imparare a operare il computer nuovo: in pigiama, sul divano, mi sento solo, lo schermo luminoso mi bagna la faccia nell’oscurità del nostro soggiorno.
28.
La vita di un adulto è questa, allora. Ho un paio di brutti occhiali, maglioni con la chiusura lampo e sto per lasciare la casa dei genitori. Questo Natale durante la preghiera mia madre fa un commosso riferimento al fatto che è l’ultimo che passerò da residente in casa. Abbiamo cristalli e argenti in tavola; ognuna delle quattro sale che compongono il salotto ha quattro interruttori per le luci. Alla fine sono diventato uno scrittore ma non ho con chi festeggiare. Ci siamo detti che quando saremo finalmente sposati vivremo con meno durezza la nostra missione, saremo più miti, come ha detto Gesù, saremo più dolci.
29.
È il primo Natale in cui il fidanzato di mia sorella viene a stare da noi. Dorme nella stanza degli ospiti, che sa sempre di profumato e umido: lì la donna delle pulizie stira i vestiti. La stanza ha anche un suo bagno, il terzo della casa, quello che uso quando voglio privacy.
30.
Non vedo cos’è mia sorella. Non vive a casa, ha fatto uno stage in una galleria d’arte e ha un nuovo fidanzato: l’ho criticata perché è andata ad abitare da sola prima del matrimonio.
31.
La preghiera di Natale mi trasporta indietro nel tempo, alle altre solenni, commosse preghiere di Natale. Siamo solo in quattro, non abbiamo invitato nessuno. Mia madre ha un modo bellissimo di trattenere la commozione: è una donna per tanti versi disattenta, ma quando accade una sfortuna diventa un cerimoniere. “Preghiamo per Francesco in questo periodo molto duro”. Io sono seduto al tavolo del soggiorno, la stanza è calda, marrone verde e rossa, decorata in ogni dettaglio. “Noi non capiamo tutto ma Tu sei nostro padre abbiamo fiducia nelle tue vie”. Non mi vergogno di piangere davanti a loro per essere stato lasciato da mia moglie, però avverto tutto lo scandalo che ho creato: nelle due famiglie da cui proveniamo non si è separata nemmeno una coppia in quasi trent’anni di legge sul divorzio. Non ho ancora una casa in cui spostarmi a partire da gennaio; forse dovrò tornare a vivere qui, con loro, il che quando mi ci concentro mi suscita conati di vomito: l’ho lasciata solo tre anni fa.
32.
“Vorrei ringraziare il Signore: questo è stato l’anno più bello della mia vita”. C’è il brindisi, la cena, poi esco e vado in una casa di amici dove le persone che hanno i parenti a Roma, e quindi fanno il Natale in città, vengono, così dice l’invito, “ad ammazzare il Natale”. La donna con cui vivo prepara una canna e la fa passare. Non pensavo che di colpo… così… eppure sono sempre io: quel ragazzo che non si conosce. Non posso sbagliarmi, ho ancora la erre moscia, sono ancora un estroverso impacciato, che non capisce da chi è amato. Ma in questo anno ho dormito in così tanti letti che non sono più tutto me stesso. Ho bussato e mi hanno aperto, sono stato accolto nelle case di tutte persone che hanno rifiutato Gesù Cristo. Ciò mi fa sentire molto religioso. Faccio una cartata di cortesia dagli amici cattolici che per sette anni sono stati tutta la mia vita e non hanno saputo come trattarmi quando mi sono separato. Io sono così: sento e poi di colpo non sento, come se non avessi mai sentito. Forse non ho mai sentito. Ora la mia norma è correre la notte in motorino dopo le cene, le feste, con gli occhi quasi chiusi, la testa separata dal mondo; spesso abbracciata dietro di me c’è una donna che si diverte a trattarmi come un novellino del mondo.
33.
Che anno indimenticabile di viaggi e di orge. Com’è bello ritrovarsi a cena, ubriacarsi con mio padre senza dircelo – poi mentre sono in bagno perché devo mandare qualche messaggio dal telefono, piango per la delicatezza di questa sera e questa notte che ogni anno ritentiamo sperando che saremo più fortunati – e a volte, come stasera, lo siamo.
34.
“Ma in realtà”, dice mia sorella sparecchiando, “è inutile che provi a piacergli: per loro tu sei pazzo, non ti capiscono”.
35.
L’ultima “lettera a Gesù Bambino” per chiedere i regali con la massima precisione (e a volte i negozi in cui trovarli), l’ho scritta l’ultimo anno che ho passato a casa. Quest’anno ho trasformato la lettera in una lista dei desideri su Amazon e così ho ricevuto dei fumetti, dei libri e delle apparecchiature che mia madre, e Gesù Bambino, non sarebbero mai stati in grado di comprare da soli.
36.
In uno degli ultimi incontri prima delle feste, la psicanalista ha strabuzzato gli occhi davanti alla storia del Natale in cui mia sorella non ricevette alcun regalo.
“Ma…”
“Dice che è così grave?”
“Ma… Ma… Sì, povera bambina… Povero tesoro, poverina…” Le si aggrottano le sopracciglia, ha gli occhi persi e insieme duri. Una donna di sessant’anni, di origini greche, bella e vestita sempre tono su tono. Morirà l’estate dopo. “Si immagini di vedere l’albero con sotto i regali solo per il fratello e niente per lei. Mi si stringe il cuore”.
Anche la mia nuova fidanzata è bella, e si veste bene come un regalo. Non facciamo il Natale insieme perché torna dai suoi per le feste.
37.
Quando mia madre è salita in macchina per andare da mia sorella e dal marito – la mia fidanzata è dai suoi genitori, fuori Roma, mio padre a letto con la febbre – è come se nell’abitacolo fosse entrato un presidente, un dittatore. Prima quella macchina era vuota, c’erano solo i miei occhi, e di colpo era come una parata di carrarmati in un viale coperto dai rami dei platani. Siamo troppo grossi io e lei nella mia piccola utilitaria di terza mano. Nel tragitto l’ho fatta piangere e non ricordo perché, ma ricordo che quando ha pianto l’ho finalmente trovata sopportabile, anzi adorabile.
38.
Mia sorella e suo marito passano la notte in ospedale: lei ha appena partorito. Io dormo a casa di mia sorella, che è la stessa casa in cui sono cresciuto, ora assegnata a lei e alla sua famiglia, e accudisco mia nipote, che ha febbri croniche con svenimenti, insieme ai miei genitori: in certi momenti, a tavola, è come se di colpo avessi una sorellina che ha trentacinque anni meno di me invece che tre, o come se fossi bambino e avessi genitori settantenni: come se insomma tutto uscisse dalla mia testa appoggiata sullo schienale del lettino del mio nuovo psicanalista.
39
Siamo a cena in una casa di una città dall’altra parte del mondo. Prima di salire in questo palazzo per la cena della vigilia siamo quasi caduti in una fogna a cielo aperto sotto le tavole malsicure che conducevano nel palazzo. Il ristorante privato è al primo piano, ci sediamo al lume di candela perché manca la luce in tutta la zona. Ci vengono a servire dei bambini: la cooperativa li mantiene, crea una piccola comunità. Provano a spiegarci i piatti nella loro lingua ma non riusciamo a leggere i menù. Le luci fortissime dei telefonini appaiono nell’oscurità che le candele deboli sembrano ispessire. Sono deluso dai miei compagni di viaggio, da mia moglie, per questo non Natale. Per venire qui ho dovuto telefonare a mia madre e spiegarle che saremmo partiti il 23 e quando lei ha capito di cosa stavo parlando – che non ci sarei stato per Natale – ho sentito una fitta nello stomaco per la sua voce tutt’a un tratto più debole.
40.
Questo sarà il primo Natale che passerò con mia moglie; quello dell’anno scorso non conta, perché non eravamo in Italia. Quanto piace ai miei genitori, la mia bella moglie, che gioia sentirli parlare in tre, insieme, quando giocano con i nipoti nel salotto di mia sorella. Che gioia quando parlotta con mia sorella. A volte mi pare che sia un’attrice che pago per accompagnarmi dalla mia famiglia. Sblocca nei miei genitori alcune caratteristiche di cui non mi ero mai giovato prima. Sono ospitali, generosi, conversano in maniera mai noiosa di politica ed economia, sono golosi come me, amano i regali.