“I n fondo queste due persone sentono ancora il bisogno di parlarsi, significa che provano qualcosa. È un tipo di amore strano, è quando ti attacchi a una persona e non la lasci più andare”. Così Tom Ford ha commentato a Venezia 73 il suo Animali notturni. Il film, Gran Premio della Giuria a Venezia, conta nel cast i nomi di Jake Gyllenhaal e Amy Adams, e arriverà nelle sale italiane il 17 novembre, lasciandoci tutto il tempo di leggere lo straordinario romanzo dal quale è tratto: Tony & Susan.
A scriverlo, nel 1993, è stato Austin Wright, professore di Letteratura Inglese all’Università di Cincinnati, autore di saggi e di sette romanzi: il terzo era il prediletto di Saul Bellow, ed era Tony & Susan. L’autore di Herzog aveva accolto il romanzo di Wright con queste parole: “Scritto meravigliosamente. L’ultima cosa che ti aspetteresti da una storia di sangue e vendetta”. In Italia, il romanzo di Austin Wright è arrivato nel 1994 con Rizzoli e poi, nel 2011 con Adelphi: è questa l’edizione di Tony & Susan, nella traduzione di Laura Noulian, che ritroviamo in questi giorni tra le novità.
Di cosa parla Tony & Susan? Perché per uno dei suoi ammiratori è una storia d’amore e per un altro una storia di vendetta? Cosa accomuna un dimenticato professore nato nel 1922 e uno stilista di successo nato nel 1961 e diventato famoso per aver rilanciato una casa di moda italiana sull’orlo della bancarotta?
I lettori di David Foster Wallace potrebbero rispondere con una frase da Il re pallido: “Ogni storia d’amore è una storia di fantasmi”. Tutti ne abbiamo. È la sua storia di fantasmi che ha portato Tom Ford a confessare: “Sono io che devo raccontare questa storia, parla di me”.
Anche la protagonista del romanzo di Wright spera che ci sia una storia che parli di lei. Dopo venticinque anni dalla loro rottura, Susan riceve una lettera dal suo primo marito, Edward. Lui le chiede se le andrebbe di leggere il suo romanzo, Animali Notturni. Edward le scrive che per lui il manoscritto merita, ma ha paura che manchi qualcosa. Il suo ritorno turba Susan. Ora ha 49 anni, è madre di tre figli, moglie di un famoso chirurgo, ha detto addio alla sua giovinezza femminista e bohémien per passare a una vita adulta dove ogni mossa ricorda una pedina su una scacchiera. È stata lei a sedurre Edward, lei a lasciarlo perché riteneva che la sua carriera di scrittore fosse destinata a essere una carriera da scrittore fallito. Un suo libro non può non parlare di lei. Perché altrimenti lui si firmerebbe con “il tuo vecchio Edward, che ricorda”?
In 400 pagine, Wright costruisce un raffinato gioco di specchi tra le due narrazioni, dove un riflesso può essere dato anche da un’espressione (gli animali notturni, o l’essere accecati), in cui ogni tassello che fa avanzare in una delle due storie fa tornare più indietro nell’altra.
È qui che Austin Wright ci sorprende. Il libro dentro al libro, il romanzo dentro Tony & Susan, il manoscritto che Susan legge col terrore di non ritrovare se stessa e di essere: “costretta a contemplare immagini più significative per altri che per lei”, Animali notturni, non è un romanzo rosa. Ma è un vero e proprio thriller, che ha come protagonista un professore di matematica, Tony, che conosciamo mentre guida la macchina che dovrebbe portare lui, la moglie e la figlia al loro cottage nel Maine. Una destinazione alla quale non arriveranno mai, e l’inizio di una lettura che porterà Susan a scoprire qualcosa di più su di lei.
In 400 pagine, Wright costruisce un raffinato gioco di specchi tra le due narrazioni, dove un riflesso può essere dato anche da un’espressione (gli animali notturni, o l’essere accecati), in cui ogni tassello che fa avanzare in una delle due storie fa tornare più indietro nell’altra, tesse una trama dove il riverbero dell’immaginazione illumina le ombre della vita reale e delle scelte che comporta: condurre una vita ‘civile’ o no, fingere o essere se stessi, agire o lasciare che le cose accadano davanti ai nostri occhi.
Animali notturni è una storia d’amore e una storia di vendetta, ma è anche una storia sullo scrivere e sul vivere.
“A volte Susan chiedeva a Edward perché volesse scrivere. Non perché volesse essere uno scrittore, ma perché volesse scrivere. E lui le dava ogni volta una risposta diversa. È come mangiare e bere. Si scrive perché tutto muore, si scrive per salvare quello che muore. Si scrive perché il mondo è un caos inarticolato, e non riesci a vederlo finché non ne disegni la mappa con le parole. Si scrive perché scrivere è come mettersi gli occhiali quando si ha la vista debole. No, si scrive perché si legge, si scrive per ripetere a proprio uso e consumo le storie della nostra vita. Si scrive perché nella mente c’è un brusio, e scrivere è come tracciare un sentiero nel brusio per riuscire a raccapezzare un senso di sé. No, si scrive perché si è chiusi nel guscio del proprio cranio. Scrivere significa mandare una sonda nei crani altrui, aspettando che qualcuno risponda”.