A utunno 2016: alcuni impiegati all’Ambasciata americana a Cuba cominciano ad avvertire strani disturbi. Giramenti di testa, perdita della memoria, difficoltà di parola, alterazioni del sonno, nausea, acufeni, cali dell’udito. Le vittime sono una dozzina, poi sedici. Sembra che in primavera l’emergenza cessi, ma d’estate le segnalazioni ricominciano: le persone colpite diventano più di venti.
Luglio 2017: il Governo americano decide di prendere la cosa sul serio. Si comincia a parlare di “health attack”: la notizia esce sui giornali americani con l’etichetta di “mistero”. Si dice che potrebbe essere un “attacco sonico”, perpetrato da una sonic weapon, ma non si capisce bene come avvenga e chi lo stia guidando, se i cubani, i russi, i nordcoreani o chi altro ancora.
È una strana epidemia: è come se qualcuno avesse un’arma capace di produrre onde invisibili e la sapesse indirizzare esattamente e soltanto contro gli impiegati americani. I quali talvolta riferiscono di percepire strane vibrazioni o di avvertire suoni molto deboli o molto acuti come frinire di grilli o cigolii metallici. I colpiti non possono parlare ai giornalisti, ma qualcosa trapela: la frustrazione di chi si sente abbandonato e non trova sollievo.
Si comincia a investigare: ci vuole un po’ di pazienza.
E tenete duro anche voi: prima o poi arriveranno gli scienziati.
In questa storia ci sono molti strani elementi. Si dice che il malessere si presenti, o peggiori, soprattutto in alcune stanze dell’ambasciata, e c’è una segnalazione persino da un albergo: l’Hotel Capri, sul lungomare dell’Avana. Però a un certo punto l’epidemia si trasmette anche a persone di nazionalità canadese: eppure il Canada è sempre stato in buoni rapporti con Cuba. Di cubani colpiti, invece, non se ne registra nessuno.
Non solo. A ottobre, mentre l’Associated Press pubblica sul web lo scoop di un file audio che sarebbe proprio quello dell’attacco sonico, un lungo bip tremolante, il presidente Donald Trump dichiara con il suo miglior tono marziale: I do believe Cuba is responsible!
Ma Cuba reagisce con forza. Si tratta di una manovra pretestuosa dell’amministrazione Trump per deteriorare i buoni rapporti tra i due stati che si erano consolidati sotto Obama, accusano le autorità dell’isola. A novembre il ministro degli esteri Bruno Rodriguez lo dice senza mezzi termini: “Gli Stati Uniti stanno deliberatamente mentendo”. Intanto, gli Stati Uniti hanno ritirato il 60% degli impiegati dall’ambasciata all’Avana, hanno cancellato incontri ed eventi sportivi, culturali, studenteschi: stanno scoraggiando il turismo verso l’isola e ad agosto hanno rimandato a casa due diplomatici cubani da Washington.
Gli impiegati americani talvolta riferiscono di percepire strane vibrazioni o di avvertire suoni molto deboli o molto acuti, come frinire di grilli o cigolii metallici.
Ma soprattutto c’è di strano che non si capisce bene quale sia il problema. I sintomi descritti sono molti, molto diversi, quasi tutti assai vaghi e associati in maniera confusa. E l’arma di offesa? Deve essere per forza invisibile, come un’onda sonora appunto. Ma per quanto esistano ricerche sui disturbi associati all’esposizione a infrasuoni o a ultrasuoni (cioè suoni troppo gravi o troppo acuti per essere uditi dal nostro orecchio), si tratta sempre di setting sperimentali in cui la concentrazione delle onde sonore sul cervello di un animale modello è intensa e precisa. Là fuori, tra automobili, aerei e palazzi di città, è davvero difficile affermare che un “attacco sonico” possa produrre un’azione bellica efficiente. Sugli umani c’è chi è riuscito a riportare casi di nausea, nervosismo, disturbi dell’udito, da iperesposizione acustica. Ma sono sempre pochi e difficili da isolare, e senza un razionale sul perché succeda: anche questo rende l’eventualità di un attacco sonico mirato poco concreta. Per dire: nella seconda guerra mondiale Albert Speer, l’architetto di Hitler, costruì un cannone acustico, e se non ne avete mai sentito parlare una ragione c’è. Mentre se avete sentito parlare di ecografie, innocue per i nostri tessuti, ecco: gli ultrasuoni sono quelli lì.
È vero invece che esistono armi non letali, costruite apposta per fermare i sediziosi e non per ucciderli: è vero anche che tra queste qualche arma di tipo acustico si trova, usata nel tentativo di allontanare i pirati al largo delle coste africane o per disperdere assembramenti turbolenti e manifestazioni poco gradite. Ma sono pochi esempi, e tutti in casa americana. A Cuba, sostengono i cubani, di attrezzi del genere non ce ne sono, e nessuno li ha mai portati. Infatti nessuno riesce a trovarli.
Ed eccoli, finalmente, gli scienziati. A inizio 2018.
Ecco anche la soluzione del mistero? No, aspettate ancora.
Siamo a inizio 2018, dicevamo: adesso ci sono 24 persone, impiegati dell’ambasciata americana, che tra novembre 2016 e agosto 2017 hanno ricevuto una diagnosi di “lieve danno cerebrale traumatico”, riferito a “cause non naturali”. Ventuno di loro vengono esaminati da un team medico dell’Università della Pennsylvania e i risultati sono pubblicati sulla rivista medica JAMA – The Journal of the American Medical Association. Lo studio è commissionato dal governo americano.
I risultati sono inconcludenti, eppure vengono presentati con grandi fanfare. Si escludono problemi di natura infettiva o tossica, si conferma l’ampio spettro dei sintomi, ma solo tre pazienti hanno un calo dell’udito clinicamente significativo e le risonanze magnetiche dell’encefalo sono tutte nella norma. Mistero, è proprio un mistero. Il commento del primo autore nella sezione “Medical News & Perspectives” lo descrive così: “se prendi uno qualsiasi di questi pazienti e lo ricoveri in un reparto specializzato in traumi neurologici senza sapere niente della sua storia, puoi pensare che abbia avuto un danno da incidente stradale o bellico. Sono come commozioni cerebrali, senza commozione cerebrale”, cioè senza aver sbattuto la testa.
Intanto anche gli scienziati cubani hanno cominciato a lavorare: si è riunito un team di neuroscienziati, clinici, fisici, esperti di tecnologie, e anche le loro indagini non risparmiano nessun dettaglio, per quanto possibile, comprese analisi su altre persone abitanti della zona e test di diffusione delle onde sonore attraverso le pareti. Ma la cosa non torna, in nessun modo, secondo nessuna legge della fisica o della fisiologia. Quanto ai suoni che qualcuno ha registrato e ha passato di nascosto all’Associated Press: si tratta davvero di grilli, peraltro viziati da una qualità audio assai scarsa.
Sta’ a vedere che… non è altro che suggestione.
Suggestione, isteria di massa o, per dirla meglio, e in inglese, “mass psychogenic illness” (MPI). Insomma: sta’ a vedere che queste persone si sono convinte di star male e hanno cominciato a star male davvero, con sintomi vaghi che non facevano che peggiorare il proprio malessere, e quello degli altri. Sta’ a vedere che non c’è nessuna malattia misteriosa, ma soltanto un sacco di paura che non trova un nome. E che è aumentata quando si è cominciato a parlare di “arma segreta”.
A dire il vero se ne sussurra da un po’. Anche il commento su JAMA dà spazio a chi la pensa così, come un sociologo neozelandese che sostiene: le persone colpite si conoscono, lavorano insieme e per di più in un ambiente straniero che sentono ostile, in un momento storico complicato, del resto l’inimicizia tra Cuba e Stati Uniti non è mica cominciata ieri e quante ne sono successe agli impiegati americani all’Avana in tempi passati. Ma un rigo sotto, ecco un neurologo americano che smentisce recisamente: alcuni tra i colpiti non conoscono affatto i propri colleghi, poi i casi di MPI sono brevi, non durano mesi, e queste sono persone giovani, intorno ai quarant’anni. Il resto del commento è tutto di questo segno, e gli americani non sembrano volerlo mettere in dubbio. Salvo, forse, cominciare a parlarne un po’ meno. Molto meno.
Invece dobbiamo parlarne. Soprattutto perché li stavamo aspettando davvero, gli scienziati. Invece è successo qualcosa di grave: l’impiego dei dati scientifici a sostegno di una tesi politica, letti forzatamente in una cornice precostituita, in cui i cubani sono colpevoli e non si discute. Tanto che i dati clinici dei 24 pazienti non sono stati forniti al gruppo di ricerca dell’Avana, sostenendo di doverne difendere la privacy, salvo poi apparire sulla rivista americana già all’interno di un’interpretazione definita: quelli sono dati clinici riconducibili a una sindrome misteriosa, causata da qualche malefatta cubana.
È successo qualcosa di grave: l’impiego dei dati scientifici a sostegno di una tesi politica, letti forzatamente in una cornice precostituita, in cui i cubani sono colpevoli e non si discute.
Si può aggiungere che in generale l’invenzione delle sindromi misteriose è un trucco facile. Quando lo si usa si citano storie edificanti rilette a posteriori, in cui un audace scienziato, solitario combattente, viene dopo anni riabilitato e si capisce che aveva ragione lui, lui contro tutti. Sono storie vere, sia chiaro, ma sono solo le storie a lieto fine: quanti altri scienziati che si credevano solitari combattenti sono finiti nella pattumiera della storia della scienza, perché non avevano scoperto proprio niente di nuovo? Tantissimi, quasi tutti. È che a noi le eccezioni piacciono da morire: ci piacciono gli eroi, i misteri, i capovolgimenti della trama. E ricordiamo solo quelli.
Infatti a sostegno del solito paper di JAMA viene pubblicato un editoriale che comincia con la storia dei due medici dell’Ottocento, Carl Wernicke e Sergej Sergeevič Korsakov, che descrivono una misteriosa sindrome neurologica: quasi cinquant’anni più tardi si è capito essere collegata all’alcolismo e al deficit nutrizionale associato, e oggi la chiamiamo coi loro nomi. Ma non è detto che succeda lo stesso agli scienziati che hanno studiato i ventun casi di Cuba. La nostra scommessa è per il no.
È un po’ più della nostra scommessa, a dire il vero. Perché la questione ha anche una lettura più profonda: quella rivista, JAMA, è tra le più importanti riviste di medicina, ma la ricerca in questione è un’autentica porcheria. E a dirlo chiaro e tondo sono due neuroscienziati italiani Sergio Della Sala, professore all’Università di Edimburgo, e Roberto Cubelli, dell’Università di Trento, sull’altrettanto prestigiosa rivista medica Cortex. Commentano il caso così: “il vero mistero è come un articolo tanto modesto abbia potuto passare il vaglio degli esperti revisori di una rivista scientifica di prima categoria”.
I dati sono usati male dal punto di vista clinico e metodologico. Di 21 pazienti esaminati (un campione comunque limitato), solo 6 hanno fatto tutti i test. Ma soprattutto si è decisa arbitrariamente la soglia al di sotto della quale un test risulta anomalo, e una soglia arbitraria può essere posizionata là dove conviene, per avere qualcosa da dire. Guarda caso, qui la soglia scelta è il quarantesimo percentile: il cinquantesimo percentile è il risultato che divide a metà la popolazione osservata, da una parte c’è chi ha avuto risultati più alti, dall’altra c’è chi li ha avuti più bassi, e il loro numero è esattamente uguale. Quindi se si prende il quarantesimo, significa che il 40% della popolazione è al di sotto. Un po’ alta, no, come soglia?
Considerato poi l’intero studio, che comprende 37 test, e ammettendo che sia affetto dalla misteriosa sindrome sonica chiunque abbia un risultato positivo in almeno uno dei test, la statistica ci dice che ciascuno di noi ne risulterebbe colpito. Io che sto scrivendo, Della Sala e Cubelli che hanno fatto i calcoli, l’intero corpo diplomatico americano, voi che state leggendo. E persino i cubani.
In conclusione, nessuna nuova sindrome in arrivo: niente a che vedere con la storia di Carl Wernicke e Sergej Sergeevič Korsakov. Niente di nuovo nemmeno sugli attacchi acustici di cui la storia è piena, dalle bibliche trombe che fecero crollare le mura di Gerico in poi. Qualcosa di vecchio e maleodorante, invece.
Forse serviva solo un pretesto per fare baruffa con Cuba: non c’erano razzi lunghi né bottoni grandi, alle porte non c’erano guerre, nuovi dazi, masse di migranti, tensioni internazionali. C’erano degli impiegati spaventati e c’erano dei cattivi scienziati appollaiati sulle loro ansie pronti a inventarsi nuove malattie pur di costruire una panzana che non stava in piedi, e di compiacere il potere.
Chissà se hanno davvero pensato di passare alla storia come Wernicke e Korsakov. Onestamente, è difficile crederlo.
Quanto ai ventiquattro impiegati americani a Cuba, arrivino loro i nostri sinceri auguri di una rapida guarigione.