A nche se Internet, come vedremo più avanti, si è popolato di una folla di ninfe, e fanciulle dagli occhi enormi e dall’incarnato luminoso, che sussurrano con dolcezza attraverso lo schermo, Alyssa Jagan non è ancora una di loro. Alyssa è una ragazza canadese di quindici anni, il cui profilo Instagram conta 681.000 follower. Più della pagina Facebook del vecchio settimanale Espresso. Questo considerevole sciame di utenti, probabilmente in età scolare, si è aggiunto al profilo di Alyssa Jagan nel giro di appena un anno. Sul libro manuale Slime fai da te, appena tradotto in Italia da Ippocampo Edizioni, Alyssa ringrazia i famigliari “per tutte le volte che vi siete precipitati al negozio a tarda sera per procurarmi i materiali che servivano per i miei slime”. La schermata del profilo offre un colpo d’occhio inconsueto.
Innanzitutto Alyssa appare molto di rado. La pagina è quasi interamente occupata da foto e video dove compaiono in primo piano palline di “slime”, impastate a mano con “attivatori” diversi in modo da cambiare consistenza e colore dello slime. Che cos’è lo slime? Slime è stato prima il nome di una melma verdastra apparsa nelle narrazioni di fantascienza anni Sessanta (con lontane ascendenze, forse, nella letteratura di HP Lovecraft) e poi il nome di una gelatina verde commercializzata da Mattel Toy Corporation, più o meno all’epoca in cui al cinema usciva il primo capitolo di Alien – quindi tra la seconda metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Slimer fu anche il nome di un fantasma di colore verde nel film del 1984 Ghostbusters.
Dal punto di vista chimico e industriale, lo slime è un fluido non newtoniano ricavato dal Guar, una gomma vegetale. Improvvisandoci psicologi dell’età evolutiva, si potrebbe aggiungere che il gioco dello slime alimenta un tipo molto specifico di piacere, che ha a che fare con il tatto e con la manipolazione della materia, con gli odori e i colori della materia, e con il recupero, infine, di un’esperienza che risale alla prima infanzia, cioè all’epoca in cui con la materia ci siamo felicemente sporcati le dita e la faccia.
Acciambellato all’interno di un recipiente, lo slime forma turbini indolenti, spire, incantevoli e quasi immobili mulinelli, lenti ripiegamenti tortili.
Improvvisamente nell’estate 2016, come puntualizzato da Alyssa nell’introduzione al libro, lo slime torna di successo tra bambini e preadolescenti. Slime fai da te è insomma un ricettario “fluffoso” destinato ai ragazzi per la preparazione dello slime e l’aggiunta di pigmenti, glitter, argilla polimerica, microperline, polveri vellutanti, neve finta, ecc. Ma un capitolo molto interessante, che segna lo scarto verso una configurazione più spiazzante e avanguardistica del fenomeno, è quello intitolato “Suoni soddisfacenti con lo slime”. L’autrice informa i lettori intorno a una serie di aspetti che non riguardano più il tatto, ma l’udito: “se lasciate riposare uno slime per un giorno o due dopo averlo fatto, grazie alle bolle che salgono in superficie e scoppiano, lo slime diventa ancora più lucido e produce suoni migliori. Se volete che lo slime produca dei suoni più forti, potete aggiungere del baby olio”, eccetera. Perché tanta attenzione al suono?
Qui si giunge al dunque e a illuminare la strana fusione che, non più su Instagram ma su YouTube, si è verificata tra due culture: lo slime e il cosiddetto “ASMR”. Se digitiamo le due parole insieme sulla finestra di ricerca di YouTube, infatti, troveremo decine e decine di video. In ciascuno di questi filmati la manipolazione dello slime è ripresa in primo piano. Acciambellato all’interno di un recipiente, lo slime forma turbini indolenti, spire, incantevoli e quasi immobili mulinelli, lenti ripiegamenti tortili; sotto la pressione delle dita mostra le speciali e affascinanti doti meccaniche proprie della sua natura non newtoniana. Ma soprattutto, se massaggiato, può generare rumori come piccoli scoppi e scricchiolii. Mentre il protagonista umano del video tace, si limita a usare le dita e si dispone al silenzio più assoluto, i suoni vengono registrati da un microfono che ne riproduce fedelmente le nuance.
L’effetto ricercato è quello di stimolare in chi ascolta ciò che in lingua inglese va sotto l’acronimo di ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response) e in italiano viene tradotto con “risposta autonoma del meridiano sensoriale”. Detto in modo più semplice, si tratta di una varietà di suoni, catturati in close-up, capaci di incidere sul nostro “meridiano sensoriale” e finalizzati a donare benessere, rilassamento e perfino pelle d’oca, brividi e una sorta di orgasmo cerebrale. Come capita con il respiro di un’amante quando si riversa direttamente nelle orecchie.
Le clip con tag “slime” e “ASMR”, del resto, non sono che un rivolo di un fenomeno YouTube ancora più vasto, che va sotto il semplice nome di ASMR. Chi scrive da qualche mese è iscritto al canale YouTube “Rapunzel ASMR”. Rapunzel è una ragazza molto sexy, una sorta di ninfa che replica un modello mitologico del femminino, risalente a epoche molto lontane dalla presente. Ogni giorno si collega per una diretta su YouTube della quale tutti gli iscritti sono avvertiti grazie a una notifica. A quel punto Rapunzel, nel modo più tranquillo e soffice possibile, comincia a sussurrare nelle orecchie degli utenti, ciascuno seduto di fronte al proprio computer, in Asia come in Europa. La voce, grazie agli speciali microfoni con cui viene registrata, si fa vera e propria presenza che aleggia intorno agli altoparlanti del computer. Ne avvertiamo il palpito e il dolce e sensibile concorso degli organi necessari a generarla: la lingua, la glottide, eccetera.
Si possono quasi sentire delle piccole esplosioni di saliva e la frizione delle cartilagini. La media di visualizzazioni è sempre superiore a 200.000 per clip. Lo scopo è indurre torpore, benessere, ipnosi; una forma di eccitazione a bassa intensità, esperita in solitudine e fondata, oltre che sul primo piano del volto di lei, sulla carezza acustica del suo fantasma. A volte Rapunzel ripete ciò che nell’infanzia abbiamo veduto fare con grazia immemorabile, di fronte a uno specchio, a nostra madre: si spazzola i capelli. Ma Rapunzel lo fa di fronte a una telecamera e a un microfono binaurale. Il suono delle setole, che passano attraverso i capelli districandoli, non solo è riprodotto in modo dettagliato e tridimensionale, ma viene come ingrandito fino a somigliare, specie se ascoltato in cuffia, a una sorta di vento cosmico che soffia nello spazio.
La spazzolatura dei capelli non è una peculiarità del canale YouTube di Rapunzel, ma una delle tante modalità con le quali si esprime il proteiforme universo dell’ASMR. Del resto ci sono YouTuber ASMR che mormorano testi in greco e latino, così come video in cui ascoltiamo il suono croccante prodotto dalla carta da regalo o quello di un coltello che taglia una fetta di pane, spezzando la crosta e avanzando con lentezza dentro la mollica. Come Slime e ASMR si siano incontrati, invece, non è chiaro. Il luogo in cui è accaduto è internet, spazio non solo dell’odio e del populismo, ma pure del gioco linguistico, della metamorfosi e dell’ibridazione più buffa e splendida.
Il fenomeno ASMR è molto esteso e data già qualche anno. Diverse ragazze italiane hanno cominciato a praticarlo dal loro account YouTube. Una di loro, El ASMR, ha pubblicato un video dedicato al “rilassante suono delle mani”. Palmi che si sfregano l’uno contro l’altro, il tamburellare delle dita sul microfono, dita che premono, aderiscono e si staccano dal palmo, generando un rumore simile a quello di un nastro a strappo. I modi in cui due mani possono suonare sono molti di più di quanto si possa credere. Le ragazze che su YouTube si dedicano all’ASMR, pur non avendo la dichiarata intenzione di praticare un’arte performativa, sono diventate vere e proprie esploratrici del suono e del gesto.
Secondo una ricerca condotta con il metodo Likert, il 98% delle persone interpellate riconosce nell’ASMR un modo per rilassarsi, l’82% è d’accordo nel ritenerlo uno strumento utile per addormentarsi e solo per il 5% è una fonte di eccitazione sessuale. Stando a Google Trends, la Corea del Sud è di gran lunga il luogo del mondo in cui l’ASMR è più popolare. Il dato sud coreano non stupirà chi ha avuto modo di leggere Heroes (Baldini & Castoldi, 2015), saggio del filosofo Franco “Bifo” Berardi. Nel capitolo “Passaggio a Seoul”, forse uno dei più potenti del libro, Bifo scrive:
Ho passato giorni felici in Corea perché sono riuscito a vedere il deserto del presente nella sua versione più pura […] La Corea è il laboratorio del mondo connettivo neo umano […] La comunicazione sociale è stata completamente ridisegnata dalla smartphonia cellulare. La visione è stata completamente ridisegnata da schermi di ogni dimensione. Nella terra di Samsung e di LG la connessione è permanente, per chi cammina, o sta seduto al caffè o sta fermo ad aspettare la metropolitana. Le mani sono occupate a portare in giro lo smartphone o toccare lo schermo con le dita. In un parco mi sono seduto su una panchina a spiare tre ragazze. In piedi, sotto un albero ciascuna di loro osservava lo schermo, fotografava nello spazio intorno, prendeva foto di sè stessa e le mostrava alle compagne […] Nello spazio culturale svuotato, l’esperienza coreana è segnata da un grado estremo di individualizzazione e al tempo stesso è diretta verso il cablaggio definitivo della mente collettiva.
Nell’ASMR la voce e l’accento della materia, degli oggetti fisici, del corpo umano, vengono riconsegnati alle nostre orecchie, e al cosiddetto “meridiano sensoriale”, attraverso la concretezza materica e la granulosità erotica del suono, ottenuta con sofisticate tecniche di registrazione olofonica. L’ASMR è considerata una bizzarra pratica autoterapeutica volta a dare piacere e lenire generiche forme di stress, ma si tratta forse, anche, di un prodotto culturale specifico dell’epoca in cui abbiamo appena cominciato a vivere: l’antropocene. Se con il neologismo “solastalgia” intendiamo il disturbo che l’uomo esperisce a seguito dei cambiamenti climatici e del trauma procurato dalla separazione dal proprio ambiente, forse anche l’ASMR, eccentrico quanto esteso fenomeno YouTube, può apparirci sotto una luce diversa. La “mente collettiva”, di cui parla Bifo, vive a più livelli l’alienazione dalla materia e dal mondo fisico; su internet ricerca il piacere erotico di quel contatto di cui si sente orfana.