C omincia tutto con un biglietto. Poche righe racchiuse in una busta non sigillata tenuta ferma da un portasigarette vuoto decorato con motivi egizi. “Non posso vivere senza di te. ‘L’altra Bocca dell’Inferno’ mi prenderà. Non sarà tanto ardente quanto la tua!”.
Siamo a Cascais, una piccola città costiera a ovest di Lisbona. È la sera del 25 settembre 1930. Lettera e portasigarette si trovano sul ciglio di una profonda crepa tra quella porzione di scogli della costa che i locali chiamano Boca do Inferno, Bocca dell’Inferno. Una specie di cerchio nero scavato tra le rocce corrose che porta a un angusto accesso al mare: le onde gli si riversano all’interno con la forza della burrasca, il suono del loro infrangersi è simile a un lamento. È un luogo di grande fascino naturalistico, ma dalla fama sinistra: cadere dal ciglio del cerchio nero significa morire. L’impeto delle acque è tale da vincere la resistenza di qualsivoglia nuotatore; nessun corpo precipitato da lì è mai stato ritrovato. Il teatro ideale di molti suicidi.
A rinvenire il biglietto è Augusto Ferreira Gomes, uno dei redattori del principale giornale illustrato portoghese, il Notícias Ilustrado. L’intestazione è scritta in inglese:
Alla signorina Hanni L. JaegerSi prega di inoltrare.
Hanni è a Lisbona da qualche settimana. Ha 19 anni, ricchi natali, la doppia cittadinanza tedesca e americana, una personalità instabile e un talento artistico caparbio e drammatico come solo per un’inquieta avanguardia del Novecento avrebbe potuto essere.
All’inizio dell’estate ha conosciuto a Berlino l’occultista inglese Aleister Crowley e insieme sono fuggiti verso le spiagge di Estoril, dimentichi della seconda moglie di lui, la nicaraguense Maria Teresa Ferrari de Miramar, sposata solo pochi mesi prima, e dei 36 anni d’età che li separano. La relazione è prevedibilmente tempestosa: Hanni è sensuale e volubile, Crowley la ribattezza Anu, il dio celeste della mitologia mesopotamica artefice del creato. Quando scrive di lei, la indica come la “Donna Scarlatta” o il “Piccolo Mostro”. Litigano furiosamente e con altrettanta passione si riappacificano. Una lunga serie di addii e conciliazioni. Fino a quando, una sera di settembre, lei decide di tornare a Berlino. Lui scrive quel biglietto, firmandolo enigmaticamente Tu Li Yu, un saggio cinese del IV secolo di cui sostiene di essere l’incarnazione (ma la sigla significa semplicemente “addio”). Poi sparisce dalla faccia della terra. Scotland Yard invia un investigatore in Portogallo per far luce sulla vicenda.
La storia ci dice che Hanni Jaeger perirà tragicamente nel marzo di tre anni dopo: si suicida a soli 22 anni con un’overdose di morfina in una stanza dell’Hotel Alhambra di Palma di Maiorca. Crowley invece ricomparirà in Germania quello stesso inverno in compagnia di una nuova Donna Scarlatta, Bertha Busch (“Ora che il mio corpo è stato ritrovato mi sento più tranquillo” scrive). Vivrà spericolatamente il resto della sua lunga vita fino al 1947: morirà (questa volta in via definitiva) ultrasettantenne in un ospedale del Sussex stroncato da una polmonite. Cosa è successo dunque in quell’estate del ’30 alla Bocca dell’Inferno?
Orbene, che idea è stata mai questa d’inviarmi una nebbia lassù?
Comincia tutto con un viaggio. Il pomeriggio del 2 settembre 1930 Aleister Crowley – mago famigerato, poeta, pittore e alpinista, “l’uomo più cattivo del mondo”, la “Bestia 666” – è a bordo del piroscafo britannico Alcantara. È partito cinque giorni prima da Southampton e aspetta con impazienza di attraccare al porto di Lisbona. Una strana, fitta nebbia al largo di Vigo ha causato un ritardo di un giorno rispetto alle previsioni di sbarco. Al suo fianco l’irrequieta Hanni, alle spalle i travagli di una vita esagerata. Da tempo l’occultista inglese ha dilapidato la cospicua eredità di famiglia, viaggiando intorno al mondo e pubblicando regolarmente a proprie spese edizioni di pregio dei suoi libri. Ha più volte dichiarato bancarotta, i creditori lo assediano. Flaccido e imbolsito, a 55 anni comincia ad accusare problemi di salute; il ruolo di maestro spirituale (del culto di Thelema, che ha fondato nel 1904 dopo un’esperienza mistica al Cairo) è un cappio soffocante: le attenzioni dei suoi discepoli, sua unica fonte di sostentamento finanziario, sono diventate pressanti responsabilità.
Eppure per tutti Aleister Crowley è l’eccentrico e carismatico avventuriero internazionale che fa sensazione ovunque vada. A Londra è a suo agio nell’alta società e frequenta il cabaret d’avanguardia gestito da Frida Uhl, ex moglie dello scrittore svedese August Strindberg. A Parigi si immerge nella bohème artistica, diventa amico di Rodin (che illustra uno dei suoi volumi di versi, Rodin in Rime), sposa la sorella del pittore Gerald Kelly, Rose, e ispira a Somerset Maugham il personaggio di Oliver Haddo nel romanzo del 1908 Il Mago (tra i due non finirà bene: Crowley scriverà una caustica recensione al libro firmandosi con il plateale pseudonimo di O. Haddo e accusando Maugham di plagio; quest’ultimo lo bollerà come “un abile ciarlatano dalla conversazione fin troppo brillante”). A Cefalù getta scompiglio fra i pescatori fondando una “comune” religiosa con una dozzina di discepoli provenienti da diversi paesi. I negozianti invece lo adorano perché “con le sue spese per generi alimentari ed altro ha alimentato il piccolo commercio locale”, scrivono in una petizione contro il decreto di espulsione che lo raggiunge nel 1923 – il regime fascista mal tollera le società segrete e l’idillio con Mussolini finisce con un libretto di feroci poesie satiriche, Songs for Italy, Canzoni per l’Italia.
Sul ponte dell’Alcantara Crowley pensa al suo passato in pezzi e all’immediato futuro di dolcezze con la giovanissima amante Hanni. Pensa alla nebbia che gli sta facendo ritardare lo sbarco e all’improbabile amico che lo aspetta a terra. Quando alle quattro meno un quarto il piroscafo attracca al porto di Lisbona, scende deciso alla volta dell’uomo esile vestito di nero che attende sul molo. Crowley indossa un ampio mantello che ondeggia scenografico al ritmo della brezza oceanica, sul viso l’espressione di furbizia luciferina che l’ha reso famoso nei salotti bene d’Europa. Tende la mano al suo ospite ma, eludendo ogni presentazione, quasi urla: “Orbene, che idea è stata mai questa d’inviarmi una nebbia lassù?”. Fernando Pessoa gli stringe la mano senza dire nulla. Forse non vorrebbe trovarsi lì.
Gentili Signori della Mandrake Press, mi scuso con voi per questa intrusione di natura puramente fantastica in quella che è, dopotutto, solo una lettera commerciale. Se tuttavia avete, come è probabile, la possibilità di comunicare col sig. Aleister Crowley, vi pregherei di informarlo che il suo tema natale non è corretto.
Comincia tutto con un oroscopo. Appassionato di Cabala e spiritismo (con cui cerca di mitigare i sintomi di una profonda crisi depressiva), già da tempo Fernando Pessoa piange la morte della madre, s’imbottisce di alcol e traduce libri di teosofia e astrologia. Sebbene, ad oggi, non si conosca alcuna affiliazione ufficiale del poeta a una loggia o fraternità massoniche, il suo interesse per la materia è da lui stresso dimostrato. Nella Nota biografica con cui introduce il poemetto del 1920 Alla memoria del Presidente-Re Sidónio Pais si definisce “iniziato, per comunicazione diretta da Maestro a Discepolo, nei tre gradi minori dell’(apparentemente estinto) Ordine templare di Portogallo”. Pessoa è anche uno gnostico convinto, “interamente opposto a tutte le Chiese organizzate e soprattutto alla Chiesa di Roma – scrive ancora -, fedele alla Tradizione Segreta del Cristianesimo”. Nessuna sorpresa dunque che possa conoscere e apprezzare l’opera del maestro dell’Hermetic Order of the Golden Dawn e fondatore dell’Ordo Templi Orientis, Aleister Crowley.
Quando riceve dalla casa editrice londinese Mandrake Press l’annuncio della pubblicazione dei primi due libri dell’autobiografia del mago inglese, le sue Confessions, scrive subito per acquistare i costosi volumi – lui che da tempo versa in ristrettezze economiche. Dopo aver dato un’occhiata al primo tomo, si accorge immediatamente che qualcosa non torna. La lettera che spedisce alla Mandrake Press è datata 4 dicembre 1929: “Se avete, come è probabile, la possibilità di comunicare col Sig. Crowley, vi pregherei di informarlo che il suo oroscopo non è corretto”. L’ora indicata dall’occultista per la sua nascita – spiega il provetto astrologo Pessoa – non sembra giusta: se l’avesse spostata leggermente in avanti, avrebbe offerto un tema più coerente con la sua personalità. “Mi scuso con voi – continua – per questa intrusione di natura puramente fantastica in quella che è, dopotutto, solo una lettera commerciale”. Allega anche la traduzione in portoghese dell’Inno a Pan, una poesia non del tutto priva di qualità letterarie che Crowley aveva scritto diversi anni prima e inserito all’inizio della sua summa sulla magia, Magic in Theory and Practice.
L’amo è gettato con ottocentesca deferenza. Crowley risponde dopo appena una settimana: sarà l’inizio di una corrispondenza epistolare lunga un anno. Ogni lettera si apre con un massonico “Care Frater”. Ma non solo di esoterismo si tratta. Sebbene sia di tredici anni più giovane, anche Pessoa è entrato come Crowley nella parabola discendente della sua vita. Sono lontani gli anni giovanili dell’attivismo modernista, falliti i vari tentativi di avviare delle case editrici. Un Pessoa incupito dal bere e dalla perdita del suo unico amore, Ophélia Queiroz (con cui ha vissuto un rapporto altalenante fatto di casti accompagnamenti, scenate di gelosia, ricatti morali e grandi fughe emotive) sopravvive mestamente in qualità di collaboratore esterno di varie ditte commerciali. Non di rado è costretto a ricorrere a prestiti per far fronte alle spese impreviste. Dopo il suo ritorno dall’Africa del Sud nel 1905, all’età di diciassette anni, non si è più mosso da Lisbona: “Passo e rimango come l’Universo”, scrive. Una vita statica trasfigurata nel mito e nel sogno.
Un’esistenza schiva vissuta all’ombra della grande “onda nera” (così la chiama) della depressione. La solitudine intensa e sofferta della scrittura come unica via di salvezza. Pessoa svicola nella finzione letteraria, la più nobile forma di menzogna: per lui il poeta è prima di tutto “un fingitore” che invece di vivere inventa travestimenti, colpi di scena, equivoci… Per questo è sempre pudico, sempre restio a mostrarsi (il tesoro sommerso dei suoi scritti vedrà la luce solo nel 1935, dopo che una crisi epatica l’avrà ucciso a soli 47 anni). Per lui agire è scegliere. Agire è mutilarsi.
Sul molo del porto di Lisbona, quel pomeriggio del 2 settembre 1930, è quindi un uomo intimorito dal peso stesso dell’esistenza che viene investito dalla straboccante esuberanza del moderno Cagliostro Crowley. Due personalità diversissime congiunte da in un’improbabile coincidenza di gusti e occasioni. Una è certamente la comune attrazione per l’occulto: narra infatti la leggenda che la vacanza lusitana dell’occultista inglese sarà anche l’occasione per iniziare Pessoa alle pratiche di magia sessuale dell’Ordo Templi Orientis, complice il richiamo della bella Hanni, a cui il poeta lusitano dedica i versi piuttosto espliciti dell’ode Dà la sorpresa di essere:
È alta, di un biondo scuro
Fa bene anche solo pensar di
Vederne il corpo mezzo maturo
Ma in quell’incontro precipita anche un intreccio di interessi ed equivoci fomentati da un anno di epistole. Pessoa già s’immagina direttore della filiale portoghese della Mandrake Press, la casa editrice londinese con cui Crowley pubblica i suoi ricercati volumi; il mago inglese dal canto suo aspetta di conoscere il finanziatore presso di cui Pessoa ha millantato credito, un misterioso “capitalista” che non riuscirà mai a incontrare. Forse perché non esiste.
C’è una collisione di mondi in quella stretta di mano al porto della Città Bianca. Per un attimo la magnetica espansività di Crowley s’infrange e si confonde con la caparbia ritrosia di Pessoa. Per un attimo ci chiediamo chi sta ingannando chi. La più incredibile premessa per un’alleanza.
Devo dire che lei ha gestito la faccenda dannatamente bene! Il prossimo passo è – se avete qualche medium famoso lì a Lisbona – ricevere un Messaggio dall’Illustre Estinto.Sto provando a far questo a Londra, a Berlino e negli Stati Uniti. Poi, al momento giusto, sveliamo ogni cosa. Da una parte faremo ridere tutti e poi daremo una bella spinta alla Ditta.
Comincia tutto con un’idea. Una burla, una messinscena, una blague.
L’ansiosa resistenza di Pessoa è presto vinta. “Care frater, cosa le è successo? – gli scrive suadente la bella Hanni –. Speravamo davvero di vederla la settimana scorsa”. “Sto ancora facendo la mia cura – traccheggia lui –, per cui non sarò in grado di venire a Estoril”. Poi cede al compromesso e decide di incontrare la coppia. A Lisbona, naturalmente, perché lui non viaggia. Ma a un tavolino appartato del Café Arcada lo aspetta solo Crowley: Hanni, il “Piccolo Mostro”, ha già dato prova del suo carattere di fuoco distruggendo le stanze dell’hotel in cui alloggiano e facendosi espellere da quasi tutti i ristoranti della città. Quindi non è presente. Di lì a qualche giorno farà definitivamente le valigie e tornerà a Berlino con l’aiuto del console americano. Forse i due anziani maschi trovano una solidarietà comune contro la frenetica femminilità di quella amante quasi adolescente. Forse il timido Pessoa immagina trasversali rivincite sugli amori che non ha consumato. Più semplicemente si lascia irretire dal ricordo dei suoi anni giovanili intellettualmente movimentati, gli anni oltraggiosi e lontani della rivista Orpheu con cui sbalordiva la borghesia e cercava di imprimere un nuovo corso modernista alla cultura portoghese.
Certo è che, quando Crowley gli propone di sfruttare l’improvvisa partenza dell’amante per simulare una rottura che lo ha spezzato e mettere in scena un suicidio d’amore che riecheggi sulla stampa internazionale, lui accetta volentieri. Di più. Coinvolge il suo “fratello occultista” e giornalista Augusto Ferreira Gomes, il quale finge di trovare casualmente il biglietto d’addio che Crowley ha lasciato alla Bocca dell’Inferno e si occupa di darne notizia alla stampa. A Pessoa tocca il ruolo dell’esperto che, avendo frequentato il mago durante il suo soggiorno lusitano e avendo dimestichezza con le sue opere, è in grado di interpretare le strane sigle che compaiono nella nota e le misteriose immagini (una cena alchemica e un iniziato in posizione fetale) incise sul dorso del portasigarette che ha protetto la pagina con le ferali parole dall’impeto del vento di mare. La polizia apre un’inchiesta, ma in mancanza di un cadavere non approda a nulla. Gomes e Pessoa vengono interrogati e per un attimo rischiano l’arresto.
La farsa è iniziata. “Quali erano le intenzioni di Crowley quando ha scritto quella lettera allucinata?”, chiede Ferreira Gomes al poeta complice in un articolo che pubblica il 5 ottobre sul periodico Notícias Ilustrado. La rivista Girasol ipotizza subito l’omicidio, Pessoa – nuovamente intervistato – finge vaghezza. I francesi di Détective sono più filosofici nel fornire i loro dubbi: “A quale mondo appartiene questo caso? a quello allucinato dei falsi morti o dei falsi vivi?”. L’Oxford Mail del 14 ottobre riferisce che a Londra si sta preparando una seduta per entrare in contatto con lo spirito del mago scomparso.
Il piano può dirsi riuscito, i due protagonisti si godono il divertimento. Mentre Crowley rientra di nascosto in Germania, pronto a sfruttare il battage pubblicitario intorno alla sua persona per riproporsi come pittore (ha già in vista una mostra presso l’importante galleria di Karl Niederdorf a Berlino), scrive a Pessoa per complimentarsi: “Devo dire che lei ha gestito la faccenda dannatamente bene!”. Di “svelare ogni cosa” non ha fretta, né la ha Pessoa, tutto preso dalla seconda parte del progetto: scrivere un romanzo in inglese per mantenere desto l’interesse del pubblico. Un romanzo poliziesco, in effetti, che si presenti come il resoconto di un detective privato incaricato di indagare sulla misteriosa sparizione dell’occultista. Pessoa ne scrive una parte sostanziosa, abbozzando in una forma almeno preliminare tutti i capitoli previsti, poi lascia cadere l’idea. La crepa del Diavolo (questo il titolo papabile) rimane una delle sue molte prove incompiute.
L’universo è una successione di fenomeni che si interpenetrano, per cui ogni esperienza è una confusione di cose, una nebbia di realtà; ora, la caratteristica che ci fa vedere effettivamente l’universo come nebbia e incertezza è la miopia; pertanto, in una persona, la miopia è la caratteristica superiore a tutte le altre. Come può vedere, io sono miope.
Comincia tutto con un libro. S’intitola La bocca dell’Inferno e lo pubblica con cura d’altri tempi Federico Tozzi editore in Saluzzo (si firma così). Dentro, fanno bella mostra di sé le meticolose ricostruzioni dal curatore Marco Pasi, professore di ermeneutica dell’università di Amburgo: l’incredibile carteggio fra Crowley e Pessoa, gli articoli usciti sulla stampa all’epoca dei fatti, e soprattutto i capitoli del romanzo tentato dal poeta portoghese. Che, pur nell’incompletezza del testo, riflettono tutti i temi nevralgici del suo canone.
In mano a Pessoa il sensazionalismo giornalistico cede il passo a una dimensione tutta letteraria, la rivelazione del mistero si scompone in un esperimento magico. Man mano che lo scrittore, sotto la maschera di detective, si avvicina ai fatti, gli avvenimenti si sdoppiano. E si frantumano, si confondono rivelando i loro effimeri fondamenti. La verità stessa è una trama d’ombra: “L’universo è una successione di fenomeni che si interpenetrano, per cui ogni esperienza è una confusione di cose, una nebbia di realtà”, spiega Pessoa al se stesso personaggio. Nel gioco di specchi tra identità e punti di vista che imbastisce con gusto pirandelliano, nel romanzo come nella vita, Pessoa diventa “l’uomo interiore, chiuso nei suoi sentimenti e pensieri profondi e ritrattosi da ogni manifestazione”. E fa di Crowley il suo simbionte, “l’uomo esteriore, che muta a seconda delle circostanze e delle situazioni”. Quanto è vera questa finzione? Quanto reggerà?
La messinscena ordita da Crowley e Pessoa non risollevò come sperato le finanze dei due. A svelare il mistero ci misero molto. Troppo. Ormai l’attenzione generale era scemata. Era scemato anche l’interesse di Pessoa che smise di rispondere alle lettere di Crowley per tornare alla sua ostinata e bianca solitudine. Si persero di vista. Vissero lontani il resto delle loro vite, ciascuno morì della propria morte. Una lastra di pietra collocata presso la Bocca dell’Inferno e rivolta verso il mare ricorda ancora oggi al mondo la loro stramba, improbabilissima impresa.